 Cons. Stato Sez. IV n. 4072 del 7 luglio 2011
Cons. Stato Sez. IV n. 4072 del 7 luglio 2011
Ambiente in genere. V.i.a.
Tra due elaborati di progettazione preliminare e definitiva è ragionevole che emerga una differenza nella parte in cui la progettazione definitiva raccoglie i suggerimenti emersi nel corso della conferenza di servizi; si tratta di una integrazione che la normativa (artt. 18 e 25 D.P.R. 554 del 1999) e le fasi dei diversi livelli di progetto considerano fisiologica. Infatti, non avrebbe significato la previsione di distinti momenti e livelli progettuali, ove sia fin da subito prevista tutta la conformazione possibile dell’opera. La normativa successiva, in piena aderenza alla normativa comunitaria, ha previsto (con modifiche introdotte dal decreto legislativo n.113 del 31 luglio 2007 all’art. 185 codice dei contratti pubblici) che l’opera pubblica approvata con progetto preliminare debba essere nuovamente sottoposta a valutazione ambientale, ove vi sia stata in sede di approvazione del progetto definitivo una sensibile variazione rispetto alla valutazione effettuata al momento del progetto preliminare e vi sia stata una significativa modificazione dell’impatto globale del progetto sull’ambiente, in conformità con le direttive in materia (85/337CE e 97/11/CE) che prevede che la valutazione ambientale debba coincidere con l’atto che autorizza alla realizzazione dell’intervento.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 04072/2011REG.PROV.COLL.
 N. 08129/2004 REG.RIC.
 N. 08095/2006 REG.RIC.
 N. 03636/2008 REG.RIC.
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 8129 del 2004, proposto da:
 Magri Gaspare & C. S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Mario Alberto  Quaglia, con domicilio eletto presso M. Alberto Quaglia in Roma, via G.  Carducci, 4;
 contro
 Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Edda Odone, Gabriele Pafundi,  con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;  Regione Liguria, rappresentato e difeso dagli avv. Gigliola Benghi, Michela  Sommariva, con domicilio eletto presso Sett.Rat.Ti Ist.Li Regione Liguria in  Roma, piazza Madama,9;
 
 
 sul ricorso numero di registro generale 8095 del 2006, proposto da:
 Magri Gaspare & C. S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Mario Alberto  Quaglia, con domicilio eletto presso M. Alberto Quaglia in Roma, via G.  Carducci, 4;
 contro
 Comitato Interministeriale Programmazione Economica, Ministero delle  Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura,  domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero dell'Economia e  delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e  della Tutela del Territorio, Regione Liguria, Ferrovie dello Stato S.p.A.;  Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Edda Odone, Gabriele Pafundi,  con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, 14 Sc  A/4; Provincia di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi,  Michela Sommariva, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V.  Giulio Cesare, 14 Sc A/4; Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., rappresentato e  difeso dall'avv. Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto presso Fabrizio  Paoletti in Roma, via G. Bazzoni, 3;
 
 
 sul ricorso numero di registro generale 3636 del 2008, proposto da:
 Magri Gaspare & C. Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Alberto Quaglia,  con domicilio eletto presso Mario Alberto Quaglia in Roma, via G. Carducci, 4;
 contro
 Comitato Interministeriale Per Programmazione Economica-Cipe, Ministero delle  Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell'Economia e delle Finanze,  Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentati e difesi  dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune  di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Edda Oddone, Gabriele Pafundi, con  domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, 14 Sc A/4;  Provincia di Genova, Ferrovie dello Stato Spa, Italferr Spa, Tav Spa, Consorzio  Cociv, Presidenza Consiglio dei Ministri, Ministero Ambiente; Regione Liguria,  rappresentato e difeso dagli avv. Gigliola Benghi, Gabriele Pafundi, Michela  Sommariva, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio  Cesare, 14 Sc A/4; Rete Ferrovie Italiane Spa, rappresentato e difeso dall'avv.  Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto presso Fabrizio Paoletti in Roma, via  G. Bazzoni, 3;
 
 per la riforma
 
 quanto al ricorso n. 8129 del 2004:
 
 della sentenza del T.a.r. Liguria - Genova: Sezione I n. 00879/2004, resa tra le  parti, concernente APPROVAZIONE PIANO URBANISTICO COMUNALE DI GENOVA
 
 quanto al ricorso n. 8095 del 2006:
 
 della sentenza del T.a.r. Liguria - Genova: Sezione I n. 00347/2006, resa tra le  parti, concernente POTENZIAMENTO INFRASTRUTTURALE TRATTA FERROVIARIA GENOVA  VOLTRI- GENOVA-BRIGNOLE
 
 quanto al ricorso n. 3636 del 2008:
 
 della sentenza del T.a.r. Liguria - Genova: Sezione I n. 00373/2008, resa tra le  parti, concernente APPROVAZIONE PROGRAMMA INFRASTRUTTURE STRATEGICHE DEL NODO DI  GENOVA
 
 
 Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
 
 Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comitato Interministeriale  Programmazione Economica e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e  di Comitato Interministeriale Per Programmazione Economica-Cipe e di Ministero  delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ministero dell'Economia e delle  Finanze e di Ministero Per i Beni e le Attivita' Culturali;
 
 Viste le memorie difensive;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2011 il Cons. Sergio De  Felice e uditi per le parti gli avvocati Mario Alberto Quaglia, Gabriele Pafundi,  Piergiorgio Alberti e Giovanni Palatiello (Avv. St.);
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 L’attuale appellante, Magri Gaspare e c. s.r.l., con un primo ricorso proposto  dinanzi al Tar Liguria agiva per l’annullamento del PUC di Genova, oggetto della  deliberazione del consiglio comunale 16 luglio 1997 n.74, 7 luglio 1999 n.85,  del decreto del Presidente della Giunta Regionale 10 marzo 2000 n.44, della  deliberazione del consiglio comunale 10 luglio 2000, n.90.
 
 Tale strumento urbanistico interessava un immobile di proprietà del ricorrente,  per la futura riorganizzazione degli impianti ferroviari di Voltri, limitandone  gli interventi alla sola manutenzione.
 
 Il giudice di primo grado, con la sentenza n.879 del 2004, considerato che nelle  more del giudizio il CIPE aveva approvato il progetto preliminare delle opere  ferroviarie di Voltri secondo la procedura stabilita dal Decreto Legislativo  n.190 del 2002, con automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti, e  considerato che i provvedimenti impugnati erano stati sostituiti dal progetto  strategico di potenziamento ferroviario, dichiarava la improcedibilità parziale  del ricorso originario, il quale veniva dichiarato invece inammissibile quanto  alla proposta domanda risarcitoria.
 
 Avverso tale sentenza viene proposto l’appello r.g.n.8129 del 2004, nel quale in  sostanza si lamenta la erroneità della sentenza impugnata, nel punto in cui  avrebbe ritenuto improcedibile il ricorso perché superato dai nuovi  provvedimenti di approvazione, senza tenere conto che (pagina 8 dell’appello),  essendo ancora pendente il termine per impugnare i nuovi provvedimenti, non  verrebbe meno l’interesse alla caducazione dei precedenti atti, ritenuti  sostituiti dai successivi.
 
 Con altro motivo di appello viene dedotta la erroneità del capo di sentenza che  ha dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria, in quanto il giudice  avrebbe dovuto provvedere alla condanna adottando i criteri di cui all’art.35  comma 2 d.lgs.80 del 1998.
 
 Si sono costituiti il Comune di Genova e la Regione Liguria, chiedendo il  rigetto dell’appello perché infondato.
 
 Con tre distinti ricorsi proposti dinanzi al Tar Liguria la medesima parte  ricorrente, proprietaria di un immobile insistente su area destinata dal  progetto di riorganizzazione e potenziamento degli impianti ferroviari alla  esecuzione dei lavori, impugnava: 1) la delibera Cipe avente ad oggetto ai sensi  della legge 443 del 2001 il “Primo programma opere strategiche- Potenziamento  infrastrutturale tratta ferroviaria Genova Voltri-Genova Brignole” e gli atti  antecedenti e connessi; (in sostanza il progetto preliminare) 2) la nota del  Ministero dell’Ambiente che ha escluso la competenza statale sulla VIA relativa  al progetto preliminare di tale opera; 3) la variante al PUC del Comune di  Genova relativa al territorio urbano interessato dal progetto.
 
 Il giudice di primo grado rigettava il ricorso con la sentenza n.347 del 2006,  ritenendolo infondato.
 
 Tale sentenza è stata fatta oggetto di appello r.g.n.8095 del 2006.
 
 Con altro ricorso proposto dinanzi al Tar Liguria la medesima società ha agito  per l’annullamento della deliberazione del 29 marzo 2006 con cui il CIPE ha  approvato il progetto definitivo dei lavori da eseguire per il potenziamento  della tratta ferroviaria Genova Voltri-Genova Brignole, il cui tracciato  attraversa il sedime di proprietà della stessa, comportandone quindi  l’ablazione.
 
 Anche tale ricorso è stato rigettato dal primo giudice con la sentenza n.373 del  2008, a sua volta appellata con il ricorso r.g.n.3636 del 2008.
 
 Con i due ultimi appelli menzionati – r.g.n.8095 del 2006 e r.g.n.3636 del 2008,  proposti rispettivamente avverso la sentenza 347 del 2006 e la sentenza 373 del  2008 del TAR Liguria, corrispondenti a grandi linee alla approvazione del  progetto preliminare e del progetto definitivo dell’opera de qua – vengono  proposti i seguenti motivi di appello, che consistono in sostanza nella  riproposizione delle censure già proposte e respinte in prime cure.
 
 Con il primo appello (r.g.n.8095 del 2006) si lamentano i seguenti vizi: 1) la  mancata adozione della comunicazione di avvio del procedimento che avrebbe  dovuto precedere la adozione della variante al PUC di Genova e la violazione  degli obblighi di partecipazione al procedimento; 2) la illegittimità della nota  del Ministero dell’ambiente, che ha ritenuto competente la Regione ad effettuare  la Via in luogo della amministrazione statale (da pagina 18 a pagina 26  dell’appello) con tutte le conseguenze procedimentali; 3) la irragionevolezza  delle scelte progettuali rispetto al sacrificio imposto al privato, consistente  tra l’altro nella imposizione di interventi di sola manutenzione (pagina 30  dell’appello); 4) l’ omessa pronuncia in merito ad altra censura, che viene  riproposta, che lamenta, nel progetto preliminare approvato dal CIPE, la  mancanza di un sufficiente livello di individuazione delle aree impegnate  dall’intervento, delle eventuali fasce di rispetto e delle occorrenti misure di  salvaguardia.
 
 In tale giudizio si sono costituiti Rete Ferroviaria Italiana spa, il Comune di  Genova, la Regione Liguria, le amministrazioni statali (Ministero dell’ambiente,  Ministero delle finanze, Ministero Infrastrutture e trasporti, Presidenza del  Consiglio dei Ministri, CIPE) chiedendo il rigetto dell’appello perché  infondato; le amministrazioni statali in via preliminare hanno dedotto la  inammissibilità a causa delle modalità di proposizione delle censure, che si  limitano a richiamare i motivi di primo grado.
 
 Con l’altro appello (r.g.n.3636 del 2008 proposto avverso la sentenza n.373 del  2008) sono state proposte le seguenti censure: 1) illegittimità del  provvedimento di approvazione del progetto definitivo, per violazione della  regola (art. 4 D.Lgs.190 del 2002) che sancisce la inderogabile corrispondenza  tra progetto preliminare e progetto definitivo; 2) viene lamentata la  circostanza che siano state apportate numerose modifiche, che tra l’altro  vengono elencate specificamente (pagina 12 dell’appello); 3) viene lamentata,  oltre la mancanza di corrispondenza tra il progetto preliminare e il progetto  definitivo, la mancanza delle garanzie partecipative, la consistenza degli  aggiornamenti; 4) viene dedotta la illegittimità della nota del Ministero  dell’ambiente, che ha ritenuto applicabile la VIA regionale in luogo di quella  statale; 5) viene contestata la sentenza del primo giudice, laddove ha rigettato  le censure proposte a causa delle adottate modifiche, in quanto esse riguardano  il riassetto globale dell’opera, coinvolgono direttamente l’area dell’immobile  di proprietà della parte appellante e quindi sussiste l’interesse a ricorrere;  6) viene riproposta la censura rigettata dal primo giudice, consistente nel  difetto di comunicazione dell’avvio del procedimento, nel mancato rispetto del  termine di trenta giorni tra la convocazione della Conferenza e lo svolgimento  della medesima; 7) viene riproposta la censura di illegittimità della  approvazione condizionata del progetto, in quanto non sono ammesse prescrizioni  successive alla approvazione del medesimo; viene dedotto che almeno una parte  delle inteferenze non è stata valutata ma demandata alla fase successiva del  definitivo; ulteriore illegittimità consiste nel fatto che a sua volta il  progetto definitivo rimanda al progetto esecutivo (pagina 26 dell’appello); 8)  viene riproposta la censura con la quale si sostiene che non sussiste la  indicazione degli elaborati nella delibera di approvazione del progetto  definitivo; 9) viene riproposta la censura consistente nel sostenere la mancanza  dello schema di contratto; 10) con altri motivi di appello (pagina 29 e  seguenti) viene dedotta la invalidità derivata della approvazione del progetto  definitivo in relazione alla invalidità degli atti presupposti (progetto  preliminare, Via regionale e non statale, livello di definizione del progetto,  difetto di comunicazione di avvio del procedimento sul progetto preliminare), la  invalidità derivata della delibera del Consiglio Comunale di Genova n.64 del  2004, di recepimento in toto del progetto dell’opera ferroviaria approvato dal  CIPE (pagina 33 dell’appello) e la illegittimità perché tale delibera comunale  non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, non potendo  sostenersi la natura ricognitoria dell’atto comunale, che comportava il vincolo  preordinato all’esproprio; 11) viene lamentata la illegittimità delle scelte  espropriative nel perseguimento dell’interesse pubblico; 12) con altro motivo di  appello si sostiene la illegittimità della delibera comunale che decide che sono  consentiti solo interventi di manutenzione senza cambio d’uso.
 
 Con altri motivi (pagina 41 dell’appello) con richiami ai punti e ai numeri di  cui alle censure proposte e rigettate in primo grado viene dedotta la  illegittimità degli atti impugnati per mancato assenso della autorità portuale,  trattandosi di demanio marittimo, la illegittimità degli atti ablativi, perché  emergerebbe una carenza nella stima del valore (pagina 44 dell’appello) la  inidoneità del valore di indennizzo (pagina47 dell’appello), la erroneità della  condanna alle spese del giudizio.
 
 Anche in tale giudizio si sono costituiti Rete Ferroviaria Italiana spa, il  Comune di Genova, la Regione Liguria, le amministrazioni statali (Ministero  dell’ambiente, Ministero delle finanze, Ministero Infrastrutture e trasporti,  Presidenza del Consiglio dei Ministri, CIPE) chiedendo il rigetto dell’appello  perché infondato.
 
 Alla udienza pubblica del 14 giugno 2011 le tre cause sono state trattenute in  decisione.
 DIRITTO
 
1.In via preliminare, vanno riuniti i tre appelli, per connessione sia  soggettiva, trattandosi di cause tra le stesse parti, che di connessione  oggettiva, essendo oggetto delle cause atti facenti parte di procedimenti  amministrativi certamente connessi (piano urbanistico comunale comportante  vincolo preordinato all’esproprio, approvazione di progetto preliminare e poi  definitivo ad opera del CIPE, successiva variante comunale di recepimento).
 
 2.E’ del tutto infondato e come tale da rigettare il primo appello (r.g.n.8129  del 2004), in relazione a entrambi i motivi proposti.
 
 E’ infondato il primo motivo, con il quale si contesta il capo di sentenza che  ha dichiarato improcedibile il ricorso originario, proposto avverso il Piano  Urbanistico Comunale, nel frattempo sostituito dalla decisione relativa alle  grandi opere e in particolare dalla approvazione in sede Cipe del progetto  preliminare dell’opera in questione “tratta ferroviaria Genova Voltri-Genova  Brignole”.
 
 Parte appellante sostiene che la possibilità di impugnare per pendenza dei  termini l’atto approvativo del progetto preliminare non elimina l’interesse a  impugnare il precedente piano regolatore comunale.
 
 Il rilievo è infondato.
 
 Una volta che i precedenti atti siano stati superati da ulteriori atti e  attività amministrative, che hanno avuto sostanzialmente una efficacia  sostitutiva degli atti precedenti, la eventuale sentenza favorevole sarebbe  “inutiliter data” perché riguardante atti oramai privi di efficacia lesiva.
 
 Nella specie, l’interesse dell’appellante originario ricorrente, assoggettato ad  atti ablativi a seguito della approvazione di un’opera pubblica, riguarda i soli  atti che attualmente sono da ritenersi efficaci in relazione alla lesione del  bene che lamenta.
 
 I nuovi provvedimenti approvativi, che hanno sotto tale punto di vista – e cioè  dei vincoli preordinati all’esproprio- completamente sostituito il precedente  piano urbanistico comunale, escludono anche la possibilità di fare valere danni  risarcibili in dipendenza del primo provvedimento sostituito (così Consiglio di  Stato, V, 6 marzo 2006, n.1052).
 
 L’appello è infondato anche in relazione al mezzo con il quale si sostiene la  erroneità della sentenza, che anziché dichiarare la inammissibilità per  genericità della domanda risarcitoria, avrebbe dovuto fare utilizzo degli  strumenti processuali e dei criteri di cui all’art. 35 comma 2 del D.Lgs.80 del  1998, integrando in un certo senso la domanda attorea.
 
 Infatti, la domanda risarcitoria era priva del benché minimo principio di prova  ed era soltanto asserita in via del tutto generica, al di là della declaratoria  di improcedibilità rispetto alla domanda di annullamento, che non consente di  dimostrare la illegittimità dell’atto impugnato.
 
 Costituisce principio pacifico di questo Consesso (così Consiglio Stato, V, 6  aprile 2009, n. 2143; V, 13 giugno 2008, n.2967) che in materia risarcitoria  valga pienamente il principio dispositivo e la regola dell’onere della prova  (art. 2697 codice civile).
 
 Pertanto, è inammissibile e comunque infondata la domanda risarcitoria formulata  in maniera del tutto generica, senza alcuna allegazione dei fatti costitutivi  (così Consiglio di Stato, V, 6 aprile 2009 su citato).
 
 Quando il soggetto onerato della allegazione e prova dei fatti non vi adempie,  per esempio, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex  art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone la impossibilità di provare  l’ammontare preciso del pregiudizio subito.
 
 La medesima considerazione deve valere per la applicazione dell’invocato art. 35  comma 2, (che consente al giudice di indicare i criteri per la quantificazione  da parte dell’autorità procedente) che non può certo elidere il principio  dell’onere della prova.
 
 3.Vanno ora esaminate le censure proposte con il secondo appello, che sono le  seguenti: 1) la mancata adozione della comunicazione di avvio del procedimento  che avrebbe dovuto precedere la adozione della variante al PUC di Genova e in  sostanza la violazione degli obblighi procedimentali di partecipazione; 2) la  illegittimità della VIA regionale in luogo di quella statale; 3) la  irragionevolezza delle scelte progettuali rispetto al sacrificio imposto al  privato, consistente tra l’altro nella imposizione di interventi di sola  manutenzione; 4) l’omessa pronuncia in merito ad altra censura, che viene  riproposta, che lamenta nel progetto preliminare approvato dal CIPE, la mancanza  di un sufficiente livello di individuazione delle aree impegnate  dall’intervento, delle eventuali fasce di rispetto e delle occorrenti misure di  salvaguardia.
 
 I motivi sono tutti infondati.
 
 La tratta ferroviaria Genova Voltri - Genova Brignole, facente parte dell'asse  ferroviario Ventimiglia - Genova - Milano è stata inserita nel primo programma  delle opere pubbliche di carattere strategico per lo sviluppo del paese.
 
 Il relativo progetto preliminare, redatto dalla Rete Ferroviaria Italiana  s.p.a., è stato sottoposto ai sensi dell'art. 3 d.lgs. n. 190 del 2002 all'esame  della Regione Liguria e del Comune di Genova, ottenendo in entrambi i casi  positivo riscontro.
 
 Il Ministero dell'Ambiente ha escluso che per caratteristiche e incidenza  dell'opera sul territorio, circoscritto entro i confini di quello urbano e  metropolitano, la progettazione dovesse essere sottoposta a VIA statale.
 
 Con deliberazione del 29 settembre 2003 il CIPE, a conclusione del procedimento,  ha approvato il progetto preliminare.
 
 Ai sensi dell'art. 3, comma 7, d. lgs. n. 190 del 2002 l’approvazione del  progetto comporta "automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti ed  adottati".
 
 Quindi, la variante al PUC, adottata dal comune di Genova, per il territorio  interessato dalla realizzazione delle opere, ed oggetto di specifica  impugnazione, è (era) confermativa di un effetto giuridico (già) prodottosi ex  lege.
 
 Inoltre la Giunta del comune di Genova con deliberazione (n. 1361/03) dava atto  che l'adozione della variante era finalizzata ad "una più completa  partecipazione" degli interessati in ragione delle forme di pubblicità previste  dall'art. 44 l.r. n. 36/97 per gli atti che comportano variante agli strumenti  urbanistici vigenti.
 
 In linea di principio ai sensi dell’art. 3 comma 3 d.lgs.190 del 2002 attuativo  della legge n.443 del 2001, per la realizzazione delle infrastrutture e degli  insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, ai fini della  approvazione del progetto preliminare, non è richiesta la comunicazione agli  interessati alle attività espropriative prevista dall’art. 11 D.P.R. n.327 del  2001.
 
 Nonostante tale principio, l’amministrazione comunale ha adottato, sebbene non  obbligata, le forme di pubblicità partecipative connesse alla variante, a sua  volta a valenza soltanto confermativa, integrando così l’eventuale mancanza  partecipativa che, come visto, per volontà di legge è connessa alla procedura  speciale sulla realizzazione in tempi rapidi delle opere strategiche.
 
 Con riguardo quindi alla doglianza di mancanza di adeguate forme di  partecipazione, il Collegio non può non rilevare, come fatto già dal primo  giudice, che i singoli procedimenti nei quali si è articolata la progettazione e  poi la variante, vanno visti e considerati nel loro complesso e non  singolarmente, in modo da ritenere completamente soddisfatte le esigenze  partecipative invocate.
 
 D’altronde, come detto, la variante comunale era invero superflua e comunque  meramente confermativa di un effetto giuridico già prodottosi, se vale la regola  di legge per cui (art. 3, comma 3, su citato) l’approvazione del progetto per la  realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e  di interesse nazionale, comporta “l’automatica variazione degli strumenti  urbanistici vigenti ed adottati”.
 
 E’ infondato anche il motivo con il quale si lamenta la illegittimità della VIA,  perché regionale invece che statale.
 
 Per stabilire, ai fini della individuazione dell’ente competente in materia di  VIA, se una determinata opera pubblica sia di rilevanza regionale o statale,  occorre verificare se tale opera incida o meno su un perimetro circoscritto del  territorio.
 
 Come correttamente ha osservato il primo giudice, nella disciplina previgente al  testo unico (o codice) ambientale di cui al d.lgs.152 del 2006 e modifiche e  quindi come tale valevole rationetemporis- che oggi rinvia agli allegati ai fini  della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni (articolo 7 che rinvia agli  allegati alla parte seconda) - sia la normativa nazionale (art. 1 DPCM 10 agosto  1988, n.377) che quella regionale, fanno (facevano) riferimento ad un criterio  ontologico strutturale e non già funzionale per stabilire la competenza sulla  VIA.
 
 Nella specie, l’opera incide su un ambito definito quale lo snodo ferroviario di  Genova anche se vi è connessione con l’intera rete ferroviaria.
 
 La rilevanza regionale scaturisce dal dato strutturale dell’incidenza sul  perimetro circoscritto del territorio, che coincide con quello di una singola  regione (in tal senso, per esempio, Consiglio di Stato, VI, 13 maggio 2002,  n.2572).
 
 D’altronde, l’appellante non ha argomentato in alcun modo uno specifico  interesse alla VIA statale in luogo di quella regionale, che pure vi era stata.
 
 Non sono stati evidenziati specifici profili critici della VIA regionale.
 
 Deve ritenersi infondato anche il motivo con il quale si contestano le scelte  localizzative, essendo principio pacifico in materia che la dislocazione delle  scelte delle opere ferroviarie scaturisce dalla progettazione tecnica e tale  scelta è sottratta ad ogni valutazione e sindacato qualora non sia  manifestamente illogica o arbitraria.
 
 E’ infondato anche il motivo di appello con il quale si lamenta il fatto che il  progetto preliminare sia eccessivamente generico e non dia conto della  individuazione delle scelte effettive, in quanto si tratta soltanto di  problematica connessa al livello di dettaglio dei progetti (preliminare,  definitivo, esecutivo).
 
 4.Va ora esaminato il terzo appello (r.g.n.3636 del 2008).
 
 Il Collegio osserva che sono da ritenersi infondati tutti i motivi con i quali  si propongono i vizi di invalidità derivata, susseguente alla asserita  illegittimità, in relazione all’atto di approvazione del progetto definitivo,  così come le illegittimità di cui agli atti presupposti, in quanto questo  Collegio giudicante le ha ritenute insussistenti, ritenendo al contrario  legittimo l’operato amministrativo.
 
 Sono altresì infondati tutti i motivi che in sostanza ripropongono, sotto  diversa forma o anche nella medesima formulazione, i vizi già ritenuti  insussistenti relativamente ad atti già oggetto di altra causa, come nel caso  della nota del Ministero dell’ambiente che sottopone a Via regionale, e non  statale, la valutazione di impatto ambientale.
 
 Sono pertanto infondati, sulla base di quanto già considerato, i motivi  riguardanti: la mancanza delle garanzie partecipative, la sottoposizione a via  regionale piuttosto che statale, il difetto di comunicazione, la illegittimità  della delibera comunale che, come visto, era meramente confermativa di quanto  approvato in sede di CIPE.
 
 Per tutti tali aspetti è sufficiente quanto già osservato nell’esame  dell’appello r.g.n.8095 del 2006.
 
 In ogni caso va ribadito che in realtà, l’art. 4 del d.lgs. 20 agosto 2002,  n.190, esplicitamente separa la fase dell’approvazione del progetto definitivo  dell’opera pubblica di rilievo nazionale da quella della espropriazione dei  sedimi necessari alla sua realizzazione.
 
 Si tratta di una previsione che ha natura acceleratoria della fase di studio  necessaria per la realizzazione di infrastrutture ritenute essenziali per lo  sviluppo della comunità.
 
 In tale contesto il legislatore ha apprezzato in tale legge speciale in modo non  irragionevole la comparazione degli interessi operata nel senso sopra esposto,  prevedendo una fase progettuale a contraddittorio limitato, e ammettendo la  partecipazione degli interessati nel momento ablatorio.
 
 Sono altresì infondate tutte le censure con le quali si lamenta una diversità di  dettaglio, peraltro fisiologica, da parte dei tre diversi livelli progettuali.
 
 Invero, le censure di parte appellante sono anche intrinsecamente  contraddittorie: da un lato si appuntano a contrastare una pretesa genericità  del primo livello di progettazione; dall’altro lato, stigmatizzano la  integrazione successiva, ritenendola indebita.
 
 Come ha correttamente osservato il primo giudice, tra i due elaborati di  progettazione preliminare e definitiva è ragionevole che emerga una differenza  nella parte in cui la progettazione definitiva raccoglie i suggerimenti emersi  nel corso della conferenza di servizi; si tratta di una integrazione che la  normativa (artt. 18 e 25 D.P.R. 554 del 1999) e le fasi dei diversi livelli di  progetto considerano fisiologica.
 
 Infatti, non avrebbe avuto significato la previsione di distinti momenti e  livelli progettuali, ove fosse stato fin da subito prevedere tutta la  conformazione possibile dell’opera.
 
 La normativa successiva, in piena aderenza alla normativa comunitaria, ha  previsto (con modifiche introdotte dal decreto legislativo n.113 del 31 luglio  2007 all’art. 185 codice dei contratti pubblici) che l’opera pubblica approvata  con progetto preliminare debba essere nuovamente sottoposta a valutazione  ambientale, ove vi sia stata in sede di approvazione del progetto definitivo una  sensibile variazione rispetto alla valutazione effettuata al momento del  progetto preliminare e vi sia stata una significativa modificazione dell’impatto  globale del progetto sull’ambiente, in conformità con le direttive in materia  (85/337CE e 97/11/CE) che prevede che la valutazione ambientale debba coincidere  con l’atto che autorizza alla realizzazione dell’intervento.
 
 Sono pertanto altresì infondati tutti i motivi di appello che riguardano i  seguenti profili: corrispondenza tra livelli progettuali, l’apporto di modifiche  tra un progetto e l’altro maggiormente specificativo, la consistenza degli  aggiornamenti e delle modifiche, a prescindere dalla vicinanza e dall’interesse  a ricorrere di parte appellante (i cui immobili si trovano a decine di  chilometri dalle modifiche apportate, come osserva il primo giudice), il profilo  di approvazione condizionata del progetto rispetto alle prescrizioni successive  e la integrazione ad opera del progetto esecutivo, la valutazione successiva  delle interferenze.
 
 E’ infondata la censura con la quale si deduce l’eccesso di potere e la carenza  di istruttoria nelle scelte progettuali sul luogo di dislocazione dell’opera  ferroviaria, censurabile, come detto, solo in caso di macroscopica illogicità o  erroneità, invero non riscontrabile nella specie.
 
 Sono parimenti infondati gli altri motivi, che sono i seguenti.
 
 Non sussiste la asserita violazione del termine di trenta giorni tra la  convocazione e lo svolgimento della conferenza di servizi, in quanto, al di là  della considerazione che la parte appellante non ha superato il rilievo di  inammissibilità per tardività evidenziato dal primo giudice, (pagina 15 della  sentenza, la conferenza si era tenuta dal luglio al settembre 2005, mentre  l’impugnativa è dell’aprile 2007), l’appellante non fa derivare, da tale  asserita carenza procedimentale e formale, alcuna sostanziale conseguenza.
 
 Sono infondate le censure con le quali si sostiene la mancanza della indicazione  degli elaborati nella delibera di approvazione del progetto definitivo e dello  schema di contratto: infatti, al di là dello specifico interesse a impugnare su  tali asserite mancanze, è da ritenere che, per come prospettate in relazione  all’interesse di parte appellante, esse, anche ove esistenti, in relazione agli  atti approvativi dell’opera e all’interesse del potenziale espropriato, non  siano superiori a mere irregolarità.
 
 Con altro motivo di appello viene lamentata la illegittimità della delibera  comunale che decide che sono consentiti solo interventi di manutenzione senza  cambio d’uso.
 
 Il motivo è infondato.
 
 Tale doglianza in sostanza replica quella con la quale si contesta la illogicità  della scelta del tracciato e che non può essere accolta; trattandosi di opera di  grande importanza per l’interesse pubblico, l’adozione del tracciato è stata la  più rispondente, deve ritenersi, all’interesse pubblico.
 
 Conseguentemente e logicamente, la misura di salvaguardia consistente  nell’inibire ogni opera eccedente la mera manutenzione si spiega perché  derivante dalla dislocazione del tracciato.
 
 Né può ritenersi che la adottata misura di salvaguardia non sia logica e  proporzionata.
 
 E’ infondato il motivo con il quale si lamenta il mancato assenso dell’autorità  portuale, in quanto – pur superando i rilievi di tardività della impugnazione  del verbale della conferenza di servizi e a prescindere dal profilo  dell’interesse effettivo a ricorrere – da un lato non è dimostrata la certezza  dell’utilizzo del demanio marittimo, che attrarrebbe la competenza della  invocata autorità e dall’altro canto tale autorità non è stata utilmente evocata  in giudizio, né in primo grado né in secondo grado.
 
 Con riguardo ai motivi con i quali si contesta la illegittimità degli atti  ablativi perché emergerebbe una carenza nella stima del valore e la inidoneità  del valore di indennizzo, il giudice di primo grado ha rigettato tali doglianze,  osservando che tali censure rientrano nella cognizione del giudice  amministrativo adito solo quando sono rivolte a denunciare la illegittimità del  piano finanziario allegato al progetto in questione, dovendosi altrimenti  ritenere che la domanda relativa alla adeguatezza della stima e dell’indennizzo  vadano proposte dinanzi al giudice ordinario e quindi alla corte di appello  competente.
 
 In realtà, come ha osservato la Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n.7  del 24 maggio 2007) la previsione dell’indennizzo, a differenza di quanto  affermato dalla Adunanza Plenaria n.24 del 1999 e in linea con la evoluzione  normativa, è considerato aspetto non incidente, neppure “in partequa”, sulla  legittimità dell’atto, costituendo questione patrimoniale da regolarsi  eventualmente dinanzi al giudice civile.
 
 Naturalmente, alla luce del rigetto di tutti i motivi di appello, del tutto  destituita di fondamento è la contestazione del capo di sentenza sulle spese,  che ha seguito il principio processuale della soccombenza nella lite.
 
 5.Per le considerazioni sopra svolte, i tre appelli, previa riunione dei  medesimi, vanno respinti.
 
 A causa della complessità delle questioni trattate, sussistono giustificati  motivi per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
 P.Q.M.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente  pronunciando sui tre ricorsi in appello indicati in epigrafe, così provvede:
 
 previa riunione dei tre appelli, li rigetta, confermando le impugnate sentenze.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2011 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Gaetano Trotta, Presidente
 Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
 Raffaele Greco, Consigliere
 Diego Sabatino, Consigliere
 Raffaele Potenza, Consigliere
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 07/07/2011
 
                    




