| SENTENZA N. 224 ANNO 2012 
 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:  Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio  LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI, 
 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo  18 della legge della Regione autonoma Sardegna 29 maggio 2007, n. 2  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della  Regione. Legge finanziaria 2007), come sostituito dall’art. 6, comma 8,  della legge della Regione autonoma Sardegna 7 agosto 2009, n. 3  (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale), promosso dal  Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna nel procedimento  vertente tra il Comune di Ulassai e la Regione autonoma Sardegna ed  altri, con ordinanza dell’8 luglio 2011, iscritta al n. 216 del registro  ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2011. Visti gli atti di costituzione del Comune di Ulassai, della Sardeolica s.r.l. e della Regione autonoma Sardegna; udito nell’udienza pubblica del 18 settembre 2012 il Giudice relatore Gaetano Silvestri; uditi gli avvocati Massimo Lai per il Comune di Ulassai,  Stefano Grassi per la Sardeolica s.r.l. e Massimo Luciani per la  Regione autonoma Sardegna. 
 Ritenuto in fatto 1.— Con ordinanza deliberata l’8 luglio 2011, il  Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha sollevato  questione di legittimità costituzionale dell’articolo 18 della legge  della Regione autonoma Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per  la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione. Legge  finanziaria 2007), come sostituito dall’art. 6, comma 8, della legge  della Regione autonoma Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni  urgenti nei settori economico e sociale), in riferimento agli artt. 117,  secondo comma, lettera s), e terzo comma della Costituzione, nonché  agli artt. 3 e 4 dello statuto speciale per la Sardegna, approvato con  la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in relazione all’art. 12  del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica  prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno  dell’elettricità). 1.1.— Nel giudizio principale, il Comune di Ulassai ha  proposto ricorso contro la Regione Sardegna, nonché contro i Comuni di  Perdasdefogu e di Jerzu, e nei confronti della Sardeolica s.r.l., per  ottenere l’annullamento del provvedimento in data 27 gennaio 2010, prot.  n. 2301, emesso dal dirigente del Servizio sostenibilità ambientale,  valutazione impatti e sistemi informativi ambientali (SAVI), presso  l’Assessorato della difesa dell’ambiente della Regione Sardegna, nonché  di ogni altro atto presupposto, connesso o collegato al predetto  diniego, ivi compresi, per quanto occorrente, lo studio specifico di cui  all’articolo 112 delle norme tecniche di attuazione del Piano  paesaggistico regionale, già approvato con delibera di Giunta regionale  n. 28/56 del 26 luglio 2007, e poi modificato con delibera n. 3/17 del  16 gennaio 2009, ed entrambe le delibere indicate. Il rimettente riferisce che nel territorio del Comune di  Ulassai, in località situata in zona agricola, è funzionante dal 2006  un impianto di energia elettrica da fonte eolica, realizzato a seguito  di convenzione tra il medesimo Comune e la Sardeolica s.r.l., la quale  si occupa anche della gestione dell’impianto. La società ha presentato  un progetto di ampliamento del parco eolico, in zona contigua a quella  occupata dal predetto impianto, in parte insistente nel territorio dei  confinanti Comuni di Perdasdefogu e di Jerzu. Il progetto è stato  respinto con il provvedimento oggetto di impugnazione nel giudizio  principale, in quanto la localizzazione dell’ampliamento in zona  classificata come agricola risulterebbe incompatibile con l’art. 18  della legge reg. Sardegna n. 2 del 2007, come modificato dalla legge  reg. Sardegna n. 3 del 2009, e con le indicazioni contenute nello studio  per l’individuazione delle aree in cui ubicare gli impianti eolici,  allegato alla delibera di Giunta regionale n. 3/17 del 16 gennaio 2009. Il ricorrente Comune di Ulassai ha dedotto motivi di  illegittimità diretta del provvedimento di diniego dell’ampliamento del  parco eolico, nonché derivata, per l’asserito contrasto dell’art. 18  della legge reg. Sardegna n. 2 del 2007 con numerosi parametri  costituzionali e statutari. Il rimettente riferisce che nel giudizio principale si è  costituita la Regione Sardegna per chiedere il rigetto del ricorso, e  che il Comune di Ulassai ha depositato, in data 5 maggio 2010, ricorso  per motivi aggiunti, per ottenere l’annullamento del successivo  provvedimento del direttore del SAVI, n. 9217 del 14 aprile 2010, di  conferma del diniego di avvio della valutazione di impatto ambientale  del progetto di ampliamento del parco eolico, nonché della delibera di  Giunta regionale n. 10/3 del 12 marzo 2010. Avverso i predetti provvedimenti sono prospettati motivi  di impugnazione ulteriori rispetto a quelli già indicati nel ricorso  introduttivo. 1.2.— Il giudice a quo procede ad esaminare, ai fini  della rilevanza, i motivi di impugnativa prospettati dal ricorrente,  escludendone l’accoglibilità. In primo luogo, il rimettente osserva come la norma  censurata, nell’individuare «soltanto» le aree ove è consentita la  realizzazione di nuovi impianti eolici, contenga il divieto di  posizionare tali impianti nelle zone non indicate, non essendo a tal  fine significativo che la stessa norma faccia riferimento ai «nuovi  impianti»: la ratio legis di preservare talune zone dalla trasformazione  che consegue alla realizzazione di nuovi aerogeneratori, varrebbe sia  per l’installazione di nuovi impianti, sia per l’ampliamento di quelli  preesistenti. In questa prospettiva, il provvedimento di diniego  impugnato con il ricorso introduttivo costituirebbe «atto vincolato»,  discendendo direttamente dalla previsione di legge che non consente la  realizzazione di impianti eolici in zona agricola, e in quanto tale, lo  stesso provvedimento non risulterebbe invalidato dalla mancata  comunicazione del preavviso di rigetto (è richiamata in proposito la  sentenza del Consiglio di Stato n. 4802 del 2009). Rileva inoltre il Tar come, una volta che si ritenga la  norma regionale applicabile anche all’ampliamento di impianti  preesistenti, risulti inconsistente il motivo di impugnazione avente ad  oggetto lo studio per l’individuazione delle aree idonee all’ubicazione  degli impianti eolici, che, al pari della norma, fa espressamente  riferimento soltanto ai nuovi impianti. 1.3.— Quanto ai motivi di impugnazione dedotti nel  ricorso per motivi aggiunti, il rimettente precisa che il «nuovo atto di  diniego» (nota prot. 9217 del 14 aprile 2010) è basato, oltre che sulle  ragioni già espresse nel precedente, sul blocco generalizzato delle  autorizzazioni all’installazione di impianti eolici, disposto con la  delibera di Giunta regionale n. 10/3 del 12 marzo 2010. Al riguardo il Tar osserva che, «se tale blocco fosse  considerato legittimo, il ricorso introduttivo diverrebbe improcedibile  per sopravvenuta carenza di interesse. Il successivo diniego […]  renderebbe chiara e certa l’inutilità della sentenza sul primo». Lo stesso rimettente procede quindi ad enucleare le  ragioni per cui deve ritenersi illegittima l’adozione, da parte della  Giunta regionale, della misura del blocco generalizzato, già espresse  nella sentenza 14 gennaio 2011, n. 27, del medesimo Tar, che ha  annullato la delibera di Giunta n. 10/3, e che si sostanziano nel  contrasto sia con l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e, per suo  tramite, con l’art. 117, terzo comma, Cost., sia con i principi  sovranazionali e comunitari, univocamente tesi alla valorizzazione ed  incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili. Sono  richiamati, a tale riguardo, la direttiva 27 settembre 2001, n.  2001/77/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla  promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche  rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), e il Protocollo di  Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti  climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997, e ratificato con la legge  1° giugno 2002, n. 120. Le esigenze di tutela del paesaggio, osserva il Tar, non  possono giustificare una misura di tale portata, tenuto conto che  «l’ordinamento predispone idonei strumenti volti alla valutazione della  compatibilità paesaggistica degli impianti di produzione di energia  eolica». Conclusivamente, il rimettente afferma che la decisione  della controversia dipende dalla risoluzione della questione di  legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge reg. Sardegna n. 2  del 2007. 1.4.— Il Tar procede quindi a ricostruire il quadro  normativo di riferimento, esaminando la normativa sia comunitaria, sia  statale in materia di energie rinnovabili. In primo luogo è richiamata la direttiva n. 2001/77/CE  che, dopo aver riconosciuto «la necessità di promuovere in via  prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste  contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo  sostenibile», impone agli Stati membri di fissare obiettivi quantitativi  precisi di incremento delle fonti rinnovabili, che siano coerenti con  gli impegni, assunti dai singoli Stati e dall’Unione europea con il  Protocollo di Kyoto, di riduzione delle emissioni di gas ad effetto  serra. In ambito nazionale la citata direttiva è stata attuata  con il d.lgs. n. 387 del 2003, e il Tar si sofferma in particolare sul  contenuto dell’art. 12 del citato decreto. Al comma 3 dell’art. 12 il legislatore statale ha  previsto che la costruzione e l’esercizio degli impianti per la  produzione di energia da fonti rinnovabili, la realizzazione delle opere  connesse e delle infrastrutture indispensabili, le eventuali modifiche  agli stessi impianti, sono assoggettati all’autorizzazione unica,  rilasciata dalla Regione (o dalla Provincia delegata), nel rispetto  delle normative vigenti a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del  patrimonio storico-artistico. Nella medesima disposizione è precisato  che l’autorizzazione unica costituisce, ove occorra, variante allo  strumento urbanistico. Il comma 7 dell’art. 12 stabilisce a sua volta che gli  impianti possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai  vigenti piani urbanistici. Infine, il comma 10 dell’art. 12 ha previsto  l’approvazione, in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni, delle  linee guida, anche al fine di assicurare il corretto inserimento degli  impianti eolici nel paesaggio. Nel disegno del legislatore statale,  dunque, le Regioni avrebbero dovuto procedere ad individuare aree e siti  non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti,  sulla base dei criteri indicati nelle linee guida, adeguando le  rispettive discipline entro novanta giorni dall’entrata in vigore delle  medesime. Il rimettente segnala il notevole ritardo che ha  contraddistinto l’approvazione delle citate linee guida, avvenuta  soltanto con il decreto del Ministro dello sviluppo economico, di  concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e  del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali, 10  settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti  alimentati da fonti rinnovabili), sicché nel frattempo molte Regioni,  tra cui la Sardegna, hanno ritenuto di dotarsi di proprie linee guida,  pur in presenza della disposizione di cui al comma 9 dell’art. 12, a  mente della quale il procedimento di autorizzazione avrebbe dovuto  trovare applicazione a prescindere dall’approvazione delle linee guida  nazionali, onde consentire medio tempore la localizzazione degli  impianti sulla base degli strumenti ordinari di tutela del paesaggio. Il Tar richiama anche la più recente normativa  comunitaria in materia, e cioè la direttiva 23 aprile 2009, n.  2009/28/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla  promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) –  attuata con il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 –, che ha  affermato (art. 13) la necessità che le procedure amministrative siano  «proporzionate e necessarie», e che le norme in materia di  autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano, a loro  volta, «oggettive, trasparenti, proporzionate, non contengano  discriminazioni tra partecipanti e tengano pienamente conto delle  specificità di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili». 1.4.1.— Il rimettente si sofferma quindi sul contenuto  delle linee guida nazionali, di cui al decreto 10 settembre 2010,  evidenziando come la citata normativa stabilisca che l’individuazione  delle aree non idonee alla localizzazione di impianti eolici è  finalizzata non già a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì  ad offrire agli operatori un quadro di riferimento certo, che possa  orientarne gli investimenti. Le linee guida prevedono che all’individuazione di tali  aree provvedano le Regioni, «tenendo conto dei pertinenti strumenti di  pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le  modalità indicate al paragrafo 17» e sulla base dei principi e criteri  dettati nell’allegato 3. L’allegato 3, alla lettera c), stabilisce che, «ai sensi  dell’art. 12, comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani  urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non  idonei»; e, alla lettera d), che «l’individuazione delle aree e dei  siti non idonei non può riguardare porzioni significative del territorio  o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e  del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di  fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e  motivate esigenze di tutela. La tutela di tali interessi è infatti  salvaguardata da norme statali e regionali in vigore ed affidate, nei  casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle  Regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all’uopo  preposte, che sono tenute a garantirla all’interno del procedimento  unico e della procedura di Valutazione dell’Impatto ambientale nei casi  previsti». 1.4.2.— Il giudice a quo ripercorre l’evoluzione della  normativa regionale in tema di energie rinnovabili, partendo dal testo  originario dell’art. 18 della legge reg. Sardegna n. 2 del 2007, fino a  quello attuale, introdotto dall’art. 6, comma 8, della legge reg.  Sardegna n. 3 del 2009, oggetto di censura. La norma, nel testo vigente, stabilisce che «1. In base  alle indicazioni del Piano paesaggistico regionale la realizzazione di  nuovi impianti eolici è consentita nelle aree industriali,  retroindustriali e limitrofe, anche se ricadenti negli ambiti di  paesaggio costieri oltre la fascia dei 300 metri, o in aree già  compromesse dal punto di vista ambientale, da individuarsi puntualmente  nello studio specifico di cui all’articolo 112 delle norme tecniche di  attuazione del Piano paesaggistico regionale». È richiamata la delibera di Giunta regionale 26 luglio  2007, n. 28/56, con la quale la Regione Sardegna ha approvato lo studio  per l’individuazione delle aree in cui ubicare gli impianti eolici, e la  successiva delibera 16 gennaio 2009, n. 3/17, che ha apportato  modifiche alla precedente. In particolare, il rimettente evidenzia il  contenuto dell’art. 3 dello studio citato, rubricato «Aree ammissibili  alle installazioni di impianti eolici», che indica appunto tra le «aree  idonee» ai fini della realizzazione di fattorie eoliche, le grandi aree  industriali del territorio regionale, le aree relative ai Piani per gli  Insediamenti Produttivi (P.I.P.), le aree contermini alle due  precedenti, definite retroindustriali. Con riferimento esclusivo agli  impianti di potenza complessiva non superiore a 100 KW, da realizzare da  parte di enti locali, con un numero totale di aerogeneratori non  superiore a tre unità, sono inoltre considerate idonee le «altre aree  industriali o artigianali così come individuate dagli strumenti  pianificatori vigenti», nonché «le aree di pertinenza di  potabilizzatori, depuratori, impianti di trattamento, recupero e  smaltimento rifiuti, impianti di sollevamento delle acque o attività di  servizio in genere», e quelle «compromesse dal punto di vista  ambientale». 1.5.— Prima di esporre le ragioni del dubbio sulla  legittimità costituzionale della norma regionale, il rimettente si  sofferma sul rapporto tra quest’ultima e la normativa comunitaria,  ritenendo insussistente un «contrasto immediato e diretto tra la  direttiva 2001/77/CE […] e le richiamate norme regionali, tanto da  procedere ad una disapplicazione di queste ultime nel nome della  primazia delle fonti comunitarie». Un contrasto diretto non sarebbe  individuabile neppure in riferimento alla più recente direttiva n.  2009/28/CE, che impone agli Stati membri di ridurre gli ostacoli  all’aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili,  anche razionalizzando ed accelerando le procedure amministrative. Ciò  infatti non esclude che siano contemperati, dagli Stati membri,  l’interesse alla promozione della produzione energetica, nelle forme  indicate, con la salvaguardia dell’ambiente e la tutela del territorio,  finalità che sottendono valori anch’essi di evidente rilievo  comunitario. Non sussisterebbero, pertanto, neppure i presupposti per  effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione  europea. 1.5.1.— Secondo il rimettente, la disciplina regionale  sarda in tema di localizzazione degli impianti eolici deve essere  sottoposta a scrutinio di legittimità costituzionale in quanto  «capovolge» il criterio stabilito dal legislatore statale – finalizzato  alla promozione delle fonti rinnovabili – della indicazione di aree e  siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, e  lo sostituisce con quello, diametralmente opposto, della indicazione di  aree e siti idonei, con l’effetto di introdurre, in ambito regionale,  una preclusione generale di intervento in tutte le aree ed i siti non  espressamente indicati. Il giudice a quo richiama le argomentazioni già svolte  riguardo alla ritenuta applicabilità della norma in esame a tutti gli  impianti eolici, sia nuovi sia ampliativi di impianti preesistenti, e  ribadisce che il provvedimento di diniego oggetto del ricorso  introduttivo è fondato esclusivamente sul divieto di edificare i  predetti impianti in zona agricola, come stabilito dalla norma regionale  censurata, fatti salvi i casi in cui la zona agricola coincida con le  aree indicate nello studio approvato con delibera della Giunta regionale  n. 3/17, circostanza questa che nella specie non ricorre. Soltanto nel caso in cui la Corte costituzionale  dichiarasse l’illegittimità della norma regionale censurata, il ricorso  proposto dal Comune di Ulassai potrebbe essere accolto, con conseguente  annullamento dell’impugnato provvedimento di diniego. Quanto alle restrizioni contenute nello studio per  l’individuazione delle aree in cui ubicare gli impianti eolici, il Tar  rileva come le stesse trovino legittimazione e fondamento nella norma  regionale censurata, sicché la caducazione di quest’ultima «renderebbe  tali atti amministrativi privi di presupposto normativo e, pertanto,  siccome debitamente impugnati, essi sarebbero oggetto di annullamento  per quanto di interesse dedotto dal ricorrente». 1.5.2.— Sotto il profilo della non manifesta  infondatezza della questione, il rimettente sottolinea la scelta  compiuta dalla Regione Sardegna, di demandare ad un atto legislativo «la  fissazione di prescrizioni localizzative» degli impianti. Pur non essendo vietato in linea generale alle Regioni  di perseguire indirettamente scopi di tutela ambientale, nondimeno, come  ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, la  disciplina della tutela dell’ambiente compete in via esclusiva allo  Stato (è richiamata la sentenza n. 378 del 2007), e a quest’ultimo  compete egualmente di individuare il punto di bilanciamento tra la  predetta tutela e il perseguimento di altri interessi, pure di rilievo  costituzionale, eventualmente contrapposti alla prima (è richiamata la  sentenza n. 214 del 2008). Da ciò discenderebbe che alle Regioni è precluso il  potere di prevedere «deroghe agli istituti di protezione ambientale  uniformi, validi in tutto il territorio nazionale» (sentenza n. 232 del  2008 della Corte costituzionale), e, più in generale, che le discipline  regionali non possono contraddire gli obiettivi fissati dal legislatore  statale in materia di tutela dell’ambiente (è nuovamente richiamata la  sentenza n. 214 del 2008). Su tale premessa il giudice a quo evidenzia come l’art.  12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 – che ha previsto  l’approvazione in sede di Conferenza unificata delle linee guida  relative al procedimento di rilascio dell’autorizzazione  all’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili –  costituisca espressione della competenza statale in materia di tutela  dell’ambiente, e ciò in quanto la citata disposizione, «sebbene inserita  nell’ambito della disciplina relativa alla produzione di energia da  fonti rinnovabili, ha quale precipua finalità quella di proteggere il  paesaggio». Scopo delle linee guida è, infatti, il corretto inserimento  degli impianti eolici nel paesaggio. La prevalenza assegnata alla tutela paesaggistica non  escluderebbe, peraltro, che la disciplina in esame incida anche sulla  materia, di competenza concorrente, della produzione, trasporto e  distribuzione nazionale dell’energia elettrica, ciò che giustifica il  rinvio alla sede della Conferenza unificata per l’approvazione delle  linee guida, ma non consente alle Regioni di provvedere autonomamente  alla individuazione dei criteri per il corretto inserimento degli  impianti alimentati da fonti rinnovabili (è richiamata la sentenza n.  166 del 2009 della Corte costituzionale). Diversamente, osserva il Tar, la Regione Sardegna ha  disciplinato la materia, finanche introducendo «ampie e tassative  fattispecie di divieto di installazione degli impianti eolici», con il  risultato di ostacolare anziché favorire la diffusione di tali impianti,  secondo il principio fissato dal legislatore statale. La norma regionale risulterebbe quindi lesiva del  parametro che attribuisce alla Stato la competenza esclusiva in materia  di tutela dell’ambiente, pure in presenza delle prerogative di autonomia  speciale di cui è titolare la Regione Sardegna. Sotto diverso profilo, prosegue il rimettente, la stessa  norma sarebbe sospetta di illegittimità costituzionale in riferimento  all’art. 4, lettera e), dello statuto speciale di autonomia e all’art.  117, terzo comma, Cost. Il parametro statutario richiamato attribuisce alla  competenza concorrente di Stato e Regione la materia della «produzione e  distribuzione dell’energia elettrica», là dove l’art. 117, terzo comma,  Cost. individua la materia di competenza concorrente nella «produzione,  trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». Il confine tra le  due previsione risiederebbe, dunque, nella diversa dimensione, nazionale  o non, delle attività connesse alla distribuzione, e tuttavia, prosegue  il Tar, la norma regionale censurata inciderebbe «complessivamente su  dette materie, perché prevede, in sostanza, un generalizzato divieto di  installazione di impianti eolici», mentre la normativa statale non  riconosce alla Regione simili poteri. Ad avviso del rimettente, infatti, l’art. 12 del d.lgs.  n. 387 del 2003 esprimerebbe, tra l’altro, il principio fondamentale  della «indifferenza urbanistica» della costruzione di impianti eolici,  come dimostrano le previsioni contenute nei commi 3, 7 e 10, in  precedenza esaminati. La competenza concorrente della Regione Sardegna in  materia di produzione e distribuzione dell’energia elettrica,  riconosciuta dall’art. 4, lettera e), dello statuto speciale di  autonomia, incontra il limite del rispetto dei principi fondamentali  stabiliti dalle leggi dello Stato – non diversamente da quanto avviene  per le Regioni ordinarie –, con la conseguenza che la norma regionale  censurata, in quanto contrastante con i principi desumibili dalla  normativa comunitaria richiamata e dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del  2003, risulterebbe altresì lesiva dell’evocato parametro statutario. In subordine, e conclusivamente, il rimettente assume  che se anche si volesse ritenere che la norma regionale censurata sia  stata approvata nell’esercizio della potestà legislativa in materia di  paesaggio, tenendo conto dei principi affermati dalla Corte  costituzionale nella sentenza n. 51 del 2006, ugualmente essa  risulterebbe in contrasto con l’art. 3 dello statuto speciale di  autonomia. Quest’ultima disposizione, alla lettera f), attribuisce  alla Regione Sardegna la potestà legislativa primaria in materia di  edilizia ed urbanistica, prevedendo altresì che la Regione è tenuta ad  esercitare tali competenze in armonia con la Costituzione, con i  principi fissati dall’ordinamento giuridico della Repubblica e nel  rispetto degli obblighi internazionali nonché delle norme fondamentali  di riforma economico-sociale. Pertanto, nel dettare la disciplina della  localizzazione degli impianti eolici, la Regione Sardegna deve osservare  le disposizioni di principio e di attuazione degli obblighi comunitari  previste nel d.lgs. n. 387 del 2003, quali sono quelle contenute nel più  volte richiamato art. 12. Le norme statali indicate, di recepimento delle  direttive comunitarie, nel prevedere un sistema chiaramente orientato  all’incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti  rinnovabili, e nel delineare un nuovo quadro di politica energetica,  costituirebbero norme fondamentali di riforma economico-sociale, là dove  il conseguimento degli obiettivi di politica energetica nazionale  risulta pregiudicato dal divieto generalizzato posto dalla norma  regionale censurata. Nella medesima prospettiva, osserva ancora il giudice a  quo, la norma regionale censurata si porrebbe in contrasto con gli  impegni internazionali alla riduzione delle emissioni di gas serra,  assunti dall’Italia e recepiti con la legge n. 120 del 2002, di  autorizzazione alla ratifica e di esecuzione del Protocollo di Kyoto. 2.— Con atto depositato il 3 novembre 2011 si è  costituito, in persona del sindaco pro-tempore, il Comune di Ulassai,  ricorrente nel giudizio principale, per chiedere l’accoglimento della  questione di legittimità costituzionale. 2.1.— La difesa del Comune di Ulassai, nella complessiva  condivisione del percorso argomentativo svolto dal rimettente,  evidenzia le affermazioni contenute nella giurisprudenza della Corte  costituzionale, secondo cui l’avvenuta approvazione delle linee guida  nazionali, con il decreto 10 settembre 2010, non assume valore sanante  delle leggi regionali in precedenza adottate in materia di  localizzazione degli impianti per la produzione di energia da fonti  rinnovabili. Tali leggi pertanto, ove impugnate, devono essere  dichiarate illegittime (è citata la sentenza n. 67 del 2011). Nel caso di specie, peraltro, l’emanazione del decreto  10 settembre 2010 avrebbe reso «tanto più grave ed evidente tale  illegittimità in quanto la norma regionale non risulta semplicemente  adottata in assenza delle linee guida nazionali ma addirittura in  diretto, palese e vistoso contrasto con esse». Con la norma censurata, prosegue la difesa del Comune di  Ulassai, il legislatore regionale avrebbe invaso l’ambito di competenza  esclusiva dello Stato di tutela dell’ambiente, dettando una previsione  incompatibile con la normativa statale e con i relativi obiettivi, come  concordati in sede di Conferenza unificata. La stessa norma contrasterebbe anche con i parametri  statutari (artt. 3 e 4) che disciplinano l’esercizio della potestà  legislativa concorrente della Regione Sardegna in materia di energia. In proposito, la difesa del ricorrente segnala che la  Corte costituzionale ha ripetutamente affermato, a partire dalla  sentenza n. 364 del 2006, che il d.lgs. n. 387 del 2003, attuativo della  direttiva n. 2001/77/CE, contiene i principi fondamentali della materia  della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, di  competenza concorrente. Tale giurisprudenza sarebbe applicabile al caso  di specie, in quanto «la materia della produzione e distribuzione  nazionale dell’energia risulta senz’altro compresa nell’ambito della  competenza legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 4, comma 2,  lettera e), dello statuto», e dunque la Regione è assoggettata al  rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. La difesa del Comune di Ulassai richiama ulteriori  pronunce della Corte costituzionale in tema di localizzazione degli  impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, con  particolare riguardo al significato delle previsioni contenute nell’art.  12 del d.lgs. n. 387 del 2003 (sentenze n. 168 e 124 del 2010; n. 282  del 2009; n. 364 del 2006), evidenziando altresì la coerenza dei  principi ivi fissati dal legislatore statale sia con la politica  energetica comunitaria, sia con gli impegni assunti dal Paese in ambito  internazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra, e quindi  per la promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili. In questa prospettiva, la norma regionale censurata  risulterebbe lesiva dell’art. 4 dello statuto speciale di autonomia, il  quale impone, anche nelle materie di competenza concorrente, il rispetto  degli obblighi internazionali, in forza del richiamo all’art. 3 del  medesimo statuto. 2.2.— La difesa del ricorrente assume inoltre che la  normativa comunitaria, e quella statale di recepimento in materia di  produzione di energia da fonti rinnovabili, costituiscano «vere e  proprie norme fondamentali di grande riforma economico-sociale, essendo  dirette, nel rispetto di specifici obblighi internazionali, alla  progressiva modifica dello stesso modello di sviluppo produttivo, fino  ad ora indissolubilmente legato all’utilizzo di combustibili fossili e,  pertanto, alla (sovra)produzione di anidride carbonica, con gli ormai  noti effetti sul clima». In tale contesto, una disposizione quale l’art. 18 della  legge reg. Sardegna n. 2 del 2007, che sottrae la maggior parte del  territorio regionale all’utilizzo ai fini della produzione di energia da  fonti rinnovabili, si porrebbe in evidente contrasto con tutta la  normativa statale finalizzata al «superamento del legame tra energia e  sviluppo, da una parte, e inquinamento e produzione di CO2, dall’altra».  La stessa disposizione, poi, in quanto contiene un divieto  generalizzato, risulterebbe incompatibile con l’interesse nazionale,  pure previsto dallo statuto speciale di autonomia come limite al potere  legislativo regionale. In proposito, è richiamato l’art. 1, comma 3, lettera  e), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico,  nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in  materia di energia), nel quale sono identificati gli obiettivi della  politica energetica nazionale, e, tra essi, il «miglioramento della  sostenibilità ambientale dell’energia, anche in termini di uso razionale  delle risorse territoriali, di tutela della salute e di rispetto degli  impegni assunti a livello internazionale, in particolare in termini di  emissioni di gas ad effetto serra e di incremento dell’uso delle fonti  energetiche rinnovabili». 2.3.— Secondo la difesa del ricorrente, le  considerazioni finora svolte rimarrebbero valide se anche si ritenesse  la norma regionale censurata espressione della potestà legislativa  regionale in materia di tutela del paesaggio, argomentando sulla base di  una interpretazione, peraltro non condivisa dalla stessa difesa, della  sentenza n. 51 del 2006 della Corte costituzionale. La citata pronuncia ha ritenuto di applicare il  principio del parallelismo, dettato dall’art. 6 dello statuto speciale  di autonomia per la Regione Sardegna, «anche al fine di trarre dalla  delega di potestà amministrativa in tema di paesaggio, contenuta nelle  norme di attuazione dello statuto (d.P.R. n. 480 del 1975 e n. 348 del  1979), la creazione, in via interpretativa, di una competenza  legislativa regionale in materia di paesaggio». In realtà, le norme di  attuazione dello statuto speciale di autonomia avrebbero trasferito alla  Regione le competenze amministrative riguardanti le materie nelle quali  essa già vantava competenze legislative, limitandosi a «delegare» le  competenze in materia di paesaggio, materia non compresa tra quelle  statutariamente attribuite. Peraltro, ribadisce la difesa del Comune di Ulassai,  anche ritenendo sussistente una competenza legislativa primaria della  Regione Sardegna in materia di paesaggio, la norma regionale censurata  violerebbe i principi stabiliti dalle leggi statali, gli obblighi  internazionali, gli interessi nazionali e le norme fondamentali di  riforma economico-sociale della Repubblica. Ciò sarebbe vero pure nell’ipotesi in cui la stessa  norma fosse «artificiosamente» ricondotta all’esercizio della potestà  legislativa primaria regionale in materia di urbanistica o di governo  del territorio, con le inevitabili implicazioni in tema di tutela del  paesaggio. 3.— Con memoria depositata il 7 novembre 2011, si è  costituita in giudizio la Sardeolica s.r.l., per chiedere l’accoglimento  della questione. La società precisa di essere parte del procedimento  principale, interessata all’accoglimento del ricorso proposto dal Comune  di Ulassai, e di avere proposto essa stessa ricorso, in un giudizio  avente identico oggetto, iscritto al n. 319/2010 del registro ricorsi  del Tar Sardegna, attualmente sospeso in attesa della decisione del  presente incidente di legittimità costituzionale. 3.1.— Dopo aver richiamato il contenuto dell’ordinanza  di rimessione, la parte privata si sofferma sul contenuto dello studio  specifico di cui all’art. 112 delle norme tecniche di attuazione del  Piano paesaggistico regionale, al quale fa esplicito rinvio il censurato  art. 18 della legge reg. Sardegna n. 2 del 2007, e che è stato  approvato con delibera di Giunta regionale n. 28/56 del 2007, quindi  modificato con delibera n. 3/17 del 2009, e da ultimo confermato, con  modifiche ed integrazioni, con delibera n. 27/16 del 2011, non  applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame. A parere della Sardeolica s.r.l., la ratio della  disciplina regionale sarebbe evidenziata dal punto 3 dello studio, nel  quale «si individuano alcune (rare) aree ritenute idonee alla  realizzazione degli impianti eolici, imponendo – a contrario – un  generalizzato divieto di installazione di tale tipologia di impianti nel  territorio della Regione Sardegna». Più specificamente, e per quanto  qui rileva, il divieto comprende le aree classificate come agricole dai  vigenti piani urbanistici, salvo che si tratti di zone contermini a  grandi aree industriali. La difesa della Sardeolica s.r.l. richiama quindi le  pronunce della Corte costituzionale che hanno considerato l’art. 12,  comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 espressione della competenza  esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente (sentenze n. 67 del  2011, n. 344 e n. 119 del 2010, n. 166 del 2009). In particolare, sono evidenziate le affermazioni della  sentenza n. 67 del 2011, nella quale si ribadisce che la suddetta  disposizione statale «ha la finalità precipua di proteggere il  paesaggio», e si esclude che, nelle more dell’approvazione delle linee  guida nazionali, le Regioni possano adottare normative che producano  l’impossibilità di realizzare impianti alimentati da energie rinnovabili  in un determinato territorio. La norma regionale censurata sarebbe dunque invasiva della competenza statale in materia di tutela dell’ambiente. La difesa della parte privata osserva, poi, come la  stessa norma risulterebbe costituzionalmente illegittima anche se  ritenuta espressione della potestà legislativa primaria della Regione  Sardegna in materia di edilizia ed urbanistica, secondo  l’interpretazione “ampia” di tale competenza, affermata dalla Corte  costituzionale nella sentenza n. 51 del 2006, tale cioè da riconoscere  alla stessa Regione «anche il potere di intervenire in relazione ai  profili di tutela paesistico-ambientale». Nella citata pronuncia, invero, la Corte si è  preoccupata di precisare che «il legislatore statale conserva […] il  potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione  speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme  economico-sociali”: e ciò anche sulla base […] del titolo di competenza  legislativa nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei  beni culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s)». Nel caso di specie, prosegue la Sardeolica s.r.l.,  risulta difficile negare che i criteri dettati dall’art. 12 del d.lgs.  n. 387 del 2003, in particolare nel comma 10, siano riconducibili alla  categoria delle norme fondamentali di riforma economico-sociale, come  tali vincolanti l’autonomia speciale, nell’esercizio delle competenze  primarie regionali. A conclusioni non dissimili si dovrebbe giungere anche  nel caso si considerasse la disposizione regionale censurata espressione  della competenza concorrente in materia di produzione, trasporto e  distribuzione nazionale dell’energia, di cui all’art. 117, terzo comma,  Cost., ovvero in materia di produzione e distribuzione di energia  elettrica, di cui all’art. 4, comma 1, lettera e), dello statuto  speciale di autonomia. Sono richiamate in proposito le numerose pronunce della  Corte costituzionale nelle quali si trova affermato che la disciplina  contenuta nell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 stabilisce i principi  fondamentali della materia di competenza concorrente della produzione,  trasporto e distribuzione nazionale di energia, applicabili anche nei  confronti delle Regioni dotate di autonomia speciale (così la sentenza  n. 168 del 2010, riguardante disposizioni di legge della Valle d’Aosta/  Vallée d’Aoste). La difesa della parte privata richiama la sentenza n.  192 del 2011 – che sarebbe stata confermata dalla sentenza n. 275 del  2011 –, nella quale si legge, tra l’altro, che «la normativa comunitaria  è stata recepita dal decreto legislativo n. 387 del 2003, il cui art.  12 enuncia i principi fondamentali della materia, di potestà legislativa  concorrente, della “produzione, trasporto e distribuzione di energia”,  cui le Regioni sono vincolate (sentenze nn. 124, 168, 332 e 366 del  2010). Pur non potendosi trascurare la rilevanza che, in relazione agli  impianti che utilizzano fonti rinnovabili, riveste la tutela  dell’ambiente e del paesaggio, il bilanciamento tra le esigenze connesse  alla produzione di energia e gli interessi ambientali impone una  preventiva ponderazione concertata in ossequio al principio di leale  cooperazione, che il citato art. 12 rimette all’emanazione delle linee  guida, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto  con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,  d’intesa con la Conferenza unificata. Solo in base alla formulazione  delle linee guida, ogni Regione potrà adeguare i criteri così definiti  alle specifiche caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali,  non essendo nel frattempo consentito porre limiti di edificabilità degli  impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, su determinate  zone del territorio regionale (sentenze nn. 166 e 382 del 2009; nn. 119 e  344 del 2010; n. 44 del 2011), e nemmeno sospendere le procedure  autorizzative per la realizzazione degli impianti di produzione di  energia da fonti rinnovabili in determinate parti del territorio  regionale, fino all’approvazione delle linee guida nazionali (sentenze  n. 364 del 2006, n. 382 del 2009, nn. 124 e 168 del 2010)». Sarebbe in tal senso confermata la tesi del rimettente,  secondo cui la norma regionale, in quanto ha introdotto un divieto  generalizzato – con tassative eccezioni – di installazione di impianti  eolici nel territorio sardo, si porrebbe in contrasto con i principi  fondamentali in materia di energia. 4.— Con memoria depositata l’8 novembre 2011, è  intervenuta in giudizio la Regione autonoma Sardegna, in persona del  Presidente pro-tempore, per chiedere la declaratoria di inammissibilità  o, comunque, di non fondatezza della questione in esame. 4.1.— Dopo avere richiamato il contenuto dell’ordinanza  di rimessione, e facendo riserva di ulteriori deduzioni, la difesa  regionale illustra le ragioni a sostegno delle indicate conclusioni, a  partire dalla eccepita inammissibilità della questione per difetto di  motivazione sulla rilevanza. Si assume, in particolare, che il rimettente avrebbe  offerto una ricostruzione della vicenda non sufficiente a chiarire «il  rapporto che intercorre tra gli atti impugnati con il ricorso principale  e quelli impugnati con i motivi aggiunti al ricorso», né quale sia  l’effetto dell’annullamento della delibera di Giunta regionale n. 10/3  sul giudizio a quo. Difetterebbe cioè quella chiarezza sull’andamento  processuale del giudizio principale che la giurisprudenza costituzionale  ritiene essenziale, come affermato, ex plurimis, nell’ordinanza n. 81  del 2009. 4.2.— La Regione Sardegna prosegue con le eccezioni  preliminari richiamando la sopravvenuta sentenza n. 275 del 2011 della  Corte costituzionale, che ha annullato parzialmente il decreto 10  settembre 2010, nei confronti delle Province autonome di Trento e di  Bolzano. L’annullamento dei punti 1.2. e 17.1. delle linee guida,  pronunciato su ricorso della Provincia autonoma di Trento, avrebbe  determinato un mutamento di quadro normativo sufficiente ad imporre la  restituzione degli atti al rimettente per un nuovo esame della  rilevanza, in considerazione dell’autonomia speciale della Regione  Sardegna. 4.3.— La difesa regionale prospetta inoltre  l’inammissibilità della questione per incompleta ricostruzione del  quadro normativo: il giudice a quo, infatti, non avrebbe considerato le  disposizioni di cui agli artt. 5 e 6 del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480  (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma  della Sardegna). Tali previsioni stabiliscono, rispettivamente, che  spetta alla Regione Sardegna l’approvazione dei piani territoriali di  coordinamento e che «sono trasferite […] le attribuzioni già esercitate  dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica  istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 ed attribuite al  Ministero per i beni culturali e ambientali con decreto-legge 14  dicembre 1974, n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonché  da organi centrali e periferici di altri Ministeri. Il trasferimento  predetto riguarda altresì la redazione e l’approvazione dei piani  territoriali paesistici di cui all’art. 5 della legge 29 giugno 1939, n.  1497». Si osserva dalla difesa regionale che il rimettente non  poteva valutare «la legittimità degli atti originariamente impugnati, in  special modo per il profilo del loro fondamento normativo», senza  considerare le attribuzioni conferite dalle richiamate disposizioni di  attuazione dello statuto. Lo stesso rimettente avrebbe poi trascurato la  previsione contenuta nell’art. 1 della legge reg. Sardegna 25 novembre  2004, n. 8 (Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la  pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale),  rubricato «Pianificazione paesaggistica regionale», che stabilisce che  la Giunta regionale adotta il piano paesaggistico regionale (PPR) quale  principale strumento della pianificazione territoriale regionale ai  sensi dell’art. 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10  della legge 6 luglio 2002, n. 137), al fine di assicurare un’adeguata  tutela e valorizzazione del paesaggio, e che il piano paesaggistico  regionale costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento degli  atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale. 4.4.— Nel merito della questione, la Regione Sardegna  ritiene che la stessa non sia fondata, in quanto l’art. 12, comma 10,  del d.lgs. n. 387 del 2003 – sul quale sarebbe basato l’intero  ragionamento del rimettente – non troverebbe applicazione nei confronti  della Regione Sardegna. La disposizione contenuta nell’art. 19 del  medesimo d.lgs. n. 387 del 2003 stabilisce che «sono fatte salve le  competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto  legislativo ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative  norme di attuazione». A conferma della suddetta interpretazione sono  richiamate le affermazioni contenute nella sentenza n. 275 del 2011  della Corte costituzionale, secondo cui, con la disposizione da ultimo  esaminata, «il legislatore nazionale ha avuto cura altresì di inserire  nella norma-base la cosiddetta “clausola di salvezza” delle competenze  delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome». Nella citata sentenza, inoltre, la Corte ha sottolineato  che «nessun riferimento alle stesse [Province autonome] si rinviene nel  d.lgs. n. 387 del 2003, che si rivolge alle Regioni ordinarie ed  esplicitamente fa salve le competenze, per quel che qui interessa, delle  Province autonome di Trento e di Bolzano». La sentenza n. 275 del 2011 avrebbe dunque limitato  l’applicabilità del d.lgs. n. 387 del 2003 alle sole Regioni ordinarie,  evidenziando come, nella specie, le Province autonome fossero  legittimate ad intervenire nella disciplina dell’inserimento nel  territorio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili  in quanto competenti in materia di tutela del paesaggio, ad esse  attribuita dall’art. 8, n. 6), dello statuto speciale per il  Trentino-Alto Adige, approvato con D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670  (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Ciò premesso, secondo la difesa regionale «la posizione  costituzionale delle Province autonome e quella della Regione Sardegna  non presentano profili differenziali», tenuto conto che la materia  urbanistica ed edilizia, attribuita alla competenza primaria della  stessa Regione dall’art. 3, comma 1, lettera f), dello statuto di  autonomia, «ricomprende necessariamente anche l’ambito materiale della  tutela del paesaggio, come affermato in maniera esplicita nella  giurisprudenza costituzionale, ed in particolare nella sentenza n. 51  del 2006». Dopo avere richiamato alcuni passaggi motivazionali  della pronuncia citata, la stessa difesa evidenzia come, posta la  inapplicabilità del d.lgs. n. 387 del 2003 nei termini delineati dal  rimettente, non sussisterebbe alcuna violazione delle competenze  statali, là dove la Regione Sardegna, con la norma censurata, ha  esercitato la propria competenza in materia di tutela del paesaggio. Nella già citata sentenza n. 275 del 2011, si trova  affermato che il punto 17.1. delle linee guida, riguardante le modalità e  i criteri per l’individuazione delle aree e dei siti non idonei alla  installazione di specifiche tipologie di impianti, «nella parte in cui  si riferisce alle Province autonome, non trova giustificazione né in  norme di rango costituzionale, né nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n.  387 del 2003 e lede, pertanto, per questo aspetto, le competenze  costituzionalmente garantite della ricorrente». A conclusioni non dissimili si dovrebbe pervenire,  secondo la Regione Sardegna, quand’anche si negasse una competenza  regionale in materia di tutela del paesaggio: la localizzazione degli  impianti eolici rientrerebbe, quanto meno, nell’ambito materiale  dell’urbanistica, come dimostrerebbero i riferimenti contenuti nell’art.  12, commi 3 e 7, del d.lgs. n. 387 del 2003 agli strumenti urbanistici e  alla relativa classificazione del territorio. La tesi del rimettente, secondo il quale queste stesse  disposizioni dimostrerebbero l’«indifferenza urbanistica» della  costruzione di impianti eolici, sarebbe stata smentita proprio dalla  Corte costituzionale nella sentenza n. 275 del 2011. 4.5.— La Regione Sardegna procede quindi all’esame della  censura che il Tar prospetta in riferimento agli artt. 3 e 4 dello  statuto di autonomia, assumendo a parametro interposto anche i principi  desumibili dalle direttive comunitarie succedutesi in tema di fonti  energetiche rinnovabili (direttive n. 2001/77/CE e n. 2009/28/CE, che ha  abrogato e sostituito la precedente). Secondo la difesa regionale, la censura sarebbe  inammissibile per genericità e difetto di indicazione del parametro  interposto, attesa la complessità delle richiamate direttive – nello  specifico della vigente direttiva n. 2009/28/CE –, e la eterogeneità  delle disposizioni ivi contenute. Quanto alla legge n. 120 del 2002, di ratifica ed  esecuzione del cosiddetto Protocollo di Kyoto, la stessa difesa  sottolinea come l’impegno alla riduzione delle emissioni di gas serra  non sia perseguibile soltanto attraverso l’aumento dell’energia prodotta  dalle fonti rinnovabili, e come, pertanto, il richiamo generico a tale  impegno, senza l’indicazione di specifici strumenti attuativi, renda  inammissibile la lamentata violazione della legge n. 120 del 2002,  richiamata quale parametro interposto. La censura sarebbe comunque priva di fondamento, alla  luce della sentenza n. 275 del 2011 della Corte costituzionale, che ha  affermato che le Regioni, anche speciali, e le Province di Trento e di  Bolzano, sono tenute ad osservare gli impegni di produzione a ciascuna  assegnati. Ciò è esattamente quanto realizzato dalla Regione  Sardegna, la quale, diversamente da quanto affermato dal rimettente, non  solo non ha adottato alcuna norma che potesse ostacolare il  raggiungimento degli obiettivi fissati, ma potrebbe essere inserita tra  le Regioni virtuose. A fronte dell’obiettivo, assegnato all’Italia dalla  direttiva n. 2009/28/CE (Allegato I), di raggiungere, per l’anno 2020,  una quota di utilizzo di energie rinnovabili pari al 17% sul consumo  finale di energia, i dati resi noti dalla società di gestione della rete  elettrica nazionale (TERNA) evidenziano che la Regione Sardegna  presenta un ampio ed articolato parco di impianti di produzione di  energia da fonti rinnovabili, sicuramente in grado di conseguire  l’obiettivo sopra indicato. Diversamente, risulta carente il collegamento del  territorio sardo con la rete elettrica nazionale, posto che lo scambio  dell’eventuale esubero di produzione può avvenire soltanto attraverso  pochi cavi sottomarini, e dunque con potenzialità limitate. Sarebbe quindi dimostrata per tabulas l’infondatezza  della tesi del rimettente, secondo cui la norma regionale censurata  potrebbe ostacolare il raggiungimento degli obiettivi nazionali di  utilizzo di fonti di energia rinnovabili. 5.— Nell’imminenza dell’udienza pubblica, tutte le parti  hanno depositato memorie nelle quali richiamano gli argomenti già  svolti negli atti di costituzione e replicano alle eccezioni e deduzioni  avversarie. 6.— La Regione Sardegna, con memoria depositata il 10  agosto 2012, ribadisce le eccezioni di inammissibilità della questione,  evidenziando la necessità di procedere alla restituzione degli atti al  rimettente a seguito della sopravvenuta sentenza n. 275 del 2011 della  Corte costituzionale. Nel merito, la difesa regionale insiste per la  infondatezza della questione, ribadendo che la norma censurata è  espressione della competenza regionale in materia di tutela del  paesaggio, riconosciuta dalla sentenza n. 51 del 2006 della Corte  costituzionale. 7.— Il Comune di Ulassai, con memoria depositata il 20  agosto 2012, replica alle eccezioni di inammissibilità della questione  formulate dalla difesa della Regione Sardegna nell’atto di costituzione,  ripercorrendo le argomentazioni del giudice a quo per evidenziarne la  esaustività sotto il profilo sia della descrizione della fattispecie sia  della motivazione sulla rilevanza. Lo stesso Comune contesta poi la sussistenza dei  presupposti per la restituzione degli atti al rimettente, sul rilievo  che la sentenza n. 275 del 2011 della Corte costituzionale non  rivestirebbe rilevanza ai fini del presente scrutinio. La pronuncia citata, infatti, ha riguardato le Province  autonome di Trento e di Bolzano, titolari di potestà legislativa  primaria statutaria in materia di tutela del paesaggio, senza peraltro  svincolare le stesse Province dall’osservanza dei principi generali  dettati dalla normativa statale in materia di energie rinnovabili, quali  sono quelli dettati dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, che  l’odierno rimettente assume violati dalla norma regionale censurata. Pertanto, per un verso, il contenuto delle linee guida  risulterebbe ininfluente ai fini della decisione, e con esso la sentenza  n. 275 del 2011, nella parte in cui di quel contenuto si occupa; per  altro verso, invece, la pronuncia citata conferma la precedente  giurisprudenza costituzionale nel ritenere tutte le Regioni, anche  quelle ad autonomia speciale e le Province autonome, tenute  all’osservanza dei principi dettati dal d.lgs. n. 387 del 2003, con  conseguente infondatezza della tesi esposta dalla difesa regionale. Quanto, infine, alla prospettata assimilabilità delle  prerogative della Regione Sardegna a quelle delle Province autonome di  Trento e di Bolzano in materia di tutela del paesaggio, la difesa del  Comune osserva come argomenti di segno contrario emergano dalla stessa  sentenza n. 51 del 2006, la quale si sarebbe limitata a riconoscere alla  Regione Sardegna la possibilità di intervenire indirettamente su  profili di tutela paesaggistico-ambientale, nell’esercizio delle  competenze statutarie primarie in materia di edilizia ed urbanistica. Peraltro, quand’anche si ritenesse la Regione Sardegna  titolare di competenza primaria in materia di tutela del paesaggio, la  norma regionale censurata risulterebbe illegittima in quanto non  rispettosa dei limiti fissati dall’art. 3 dello statuto di autonomia. La difesa del Comune di Ulassai conclude insistendo per  la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma regionale  censurata. 8.— Con memoria depositata il 28 agosto 2012, la  Sardeolica s.r.l. replica anch’essa alle eccezioni di inammissibilità  della questione formulate dalla difesa della Regione Sardegna nell’atto  di costituzione, rilevando la completezza della motivazione fornita dal  rimettente in punto di rilevanza. La parte privata contesta, come già il Comune di  Ulassai, la sussistenza dei presupposti per la restituzione degli atti  al rimettente, posto che le linee guida approvate con decreto 10  settembre 2010, oggetto della sentenza n. 275 del 2011, non  rileverebbero ai fini della decisione del presente giudizio di  costituzionalità. Nel merito, la difesa della Sardeolica s.r.l. confuta  l’argomento centrale svolto dalla Regione Sardegna, secondo cui la  sentenza n. 275 del 2011 avrebbe reso inapplicabile il d.lgs. n. 387 del  2003 alle autonomie speciali, osservando come, al contrario, nella  citata pronuncia la Corte abbia affermato l’applicabilità alle Province  autonome di alcune previsioni contenute nelle linee guida – dunque in un  atto regolamentare –, e rigettato in parte il ricorso per conflitto  proposto dalla Provincia autonoma di Trento. La stessa difesa contesta anche la lettura della  sentenza n. 51 del 2006 prospettata dalla difesa regionale. Lungi dal  riconoscere una competenza diretta in materia di tutela del paesaggio,  al pari di quella di cui sono titolari per statuto le Province autonome,  la Corte costituzionale si sarebbe limitata ad affermare che la Regione  Sardegna, nell’esercizio delle competenze primarie in materia di  edilizia ed urbanistica, può intervenire in relazione ai profili di  tutela paesistico-ambientale. In ogni caso, la norma regionale censurata, che  impedisce la realizzazione di impianti eolici sulla quasi totalità del  territorio sardo, risulterebbe illegittima anche se ritenuta espressione  della potestà legislativa primaria della Regione, per mancato rispetto  dei limiti fissati dall’art. 3 dello statuto di autonomia. La parte privata insiste quindi per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma regionale censurata. 
 Considerato in diritto 1.— Il Tribunale amministrativo regionale per la  Sardegna dubita della legittimità costituzionale dell’art. 18 della  legge della Regione autonoma Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni  per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione.  Legge finanziaria 2007), come sostituito dall’art. 6, comma 8, della  legge della Regione autonoma Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni  urgenti nei settori economico e sociale), per contrasto con gli artt.  117, secondo comma, lettera s), e terzo comma della Costituzione, nonché  con gli artt. 3 e 4 dello statuto speciale per la Sardegna, approvato  con la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in relazione  all’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione  della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia  elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno  dell’elettricità). 2.— Il dubbio del rimettente si incentra, pur nella  varietà dei parametri evocati e delle possibili classificazioni della  norma censurata sul piano competenziale, sul criterio di selezione del  territorio adottato dal legislatore regionale sardo, ai fini  dell’installazione degli impianti eolici. Mentre il legislatore statale  ha stabilito che le Regioni individuano «le aree e i siti non idonei»,  la norma regionale censurata indica le aree nelle quali è possibile  installare impianti eolici, escludendo in tal modo la restante parte del  territorio, comprese le zone agricole di cui si discute nel giudizio  principale. 3.— Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale. 3.1.— Risulta non fondata l’eccezione di manifesta inammissibilità delle questioni per carente descrizione della fattispecie. L’ordinanza di rimessione contiene, invero, una  dettagliata ricostruzione della vicenda processuale, che consente il  controllo sulla rilevanza, sia riguardo al contenuto dei ricorsi,  principale e per motivi aggiunti, proposti dal Comune di Ulassai,  avverso i provvedimenti di diniego della richiesta di ampliamento del  parco eolico, sia riguardo alla legittimità degli atti impugnati. Il  rimettente esamina i motivi di impugnazione per evidenziare che  l’accoglimento del ricorso (principale e per motivi aggiunti) è  subordinato alla declaratoria di illegittimità costituzionale della  norma regionale, dalla quale discende il divieto di installazione di  impianti eolici in zone diverse da quelle indicate dalla norma stessa,  anche attraverso il rinvio allo «studio per l’individuazione delle aree  in cui ubicare gli impianti eolici», approvato con delibera di Giunta  regionale n. 28/56 del 26 luglio 2007, quindi modificato con delibera n.  3/17 del 16 gennaio 2009, applicabile ratione temporis al giudizio  principale. La norma regionale, infatti, indica le «aree  industriali, retroindustriali e limitrofe, anche se ricadenti negli  ambiti di paesaggio costieri oltre la fascia dei 300 metri» e le «aree  già compromesse dal punto di vista ambientale, da individuarsi  puntualmente nello studio specifico di cui all’articolo 112 delle norme  tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale». Nel giudizio  principale si discute dell’utilizzabilità di zone classificate agricole,  che non risultano compromesse dal punto di vista ambientale. Non sembra del resto discutibile che la limitazione  contenuta nella norma censurata riguardi allo stesso modo  l’installazione di nuovi impianti eolici e l’ampliamento dei  preesistenti, tanto più che dal testo vigente, introdotto con la legge  reg. Sardegna n. 3 del 2009, è stato eliminato anche l’inciso che  consentiva, nei limiti quantitativi stabiliti dal Piano energetico  ambientale regionale e secondo modalità precise, l’ampliamento degli  impianti già realizzati. Quanto al ricorso per motivi aggiunti, va osservato  come, per un verso, dalla descrizione della fattispecie emerga con  sufficiente chiarezza la tempestività del ricorso stesso, peraltro non  contestata dalle parti, e, per altro verso, non si possa dubitare  dell’efficacia erga omnes dell’annullamento parziale della delibera di  Giunta regionale n. 10/3 del 12 marzo 2010, pronunciato dal medesimo Tar  per la Sardegna, con la sentenza 14 gennaio 2011, n. 27, con cui è  stato rimosso il «blocco generalizzato» delle autorizzazioni  all’installazione di impianti eolici sul territorio regionale, che  impediva l’installazione anche nelle zone espressamente indicate dalla  norma censurata. Trattandosi di un atto a contenuto generale e  inscindibile, che «non può esistere per taluni e non esistere per  altri», gli effetti dell’annullamento non sono circoscrivibili alle  parti ricorrenti del giudizio nel quale l’annullamento è stato  pronunciato (ex plurimis, Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza n.  7023 del 2009). 3.2.— Risultano non fondate anche le eccezioni di  manifesta inammissibilità della questione per l’asserita incompleta  ricostruzione del quadro normativo e per la genericità che segnerebbe la  formulazione delle censure, avuto riguardo all’indicazione, come  parametri interposti, delle direttive 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE  (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione  dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel  mercato interno dell’elettricità), e 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE  (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione  dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), e della  legge 1° giugno 2002, n. 120 (Ratifica ed esecuzione del Protocollo di  Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti  climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997). Quanto alla prima eccezione, è sufficiente osservare che  il richiamo operato dal rimettente alla sentenza n. 51 del 2006 di  questa Corte implica la considerazione della normativa di attuazione  dello statuto di autonomia. La sentenza citata, infatti, valorizza la  portata delle disposizioni contenute nel d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480  (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma  della Sardegna) e nel d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di  attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla  legge 22 luglio 1975, n. 382, e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), per  affermare che «la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie  competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del  potere di intervenire in relazione ai profili di tutela  paesistico-ambientale». Quanto al secondo profilo segnalato dalla difesa  regionale, va rilevato che i riferimenti del rimettente alla normativa  comunitaria e sovranazionale sono finalizzati ad evidenziare la portata  dei principi contenuti nel d.lgs. n. 387 del 2003, in attuazione degli  obiettivi fissati in ambito comunitario, che la stessa direttiva n.  2001/77/CE ha inequivocabilmente collegato al Protocollo di Kyoto. Nel  3° considerando della citata direttiva si legge che «il maggior uso di  elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una parte  importante del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al  Protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui  cambiamenti climatici e dei pacchetti di politiche intese ad onorare  ulteriori impegni». 3.3.— La difesa regionale segnala, infine, un ulteriore  impedimento all’esame del merito della questione, costituito dalla  sopravvenuta sentenza n. 275 del 2011 di questa Corte, di parziale  annullamento, nei confronti delle Provincie autonome di Trento e di  Bolzano, del decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto  con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e  con il Ministro per i beni e le attività culturali, 10 settembre 2010  (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti  rinnovabili), che imporrebbe la restituzione degli atti al rimettente. Nemmeno questa soluzione può essere condivisa, giacché  la sentenza n. 275 del 2011 non ha prodotto un mutamento di quadro  normativo tale da richiedere la rivalutazione, da parte del rimettente,  della rilevanza della questione odierna. Contrariamente a quanto sostiene la difesa regionale, la  sentenza indicata non ha svincolato le Provincie autonome di Trento e  di Bolzano dall’osservanza dei principi fondamentali dettati dal d.lgs.  n. 387 del 2003 in materia di localizzazione degli impianti eolici,  limitandosi a riconoscere che le stesse Province, in quanto titolari di  potestà legislativa primaria in materia di tutela del paesaggio, non  sono tenute al rispetto delle disposizioni regolamentari e di dettaglio,  contenute nei punti 1.2., 17.1. e nell’allegato 3 delle citate linee  guida. Pertanto, se anche si volesse ritenere che le  affermazioni contenute nella sentenza n. 275 del 2011 di questa Corte  non possano non giovare alle altre autonomie speciali dotate di  competenza primaria in materia di tutela del paesaggio, e tra queste  alla Regione autonoma Sardegna, nondimeno la questione posta  dall’odierno rimettente rimarrebbe rilevante, essendo la norma regionale  sospettata di contrasto con le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 387  del 2003 e con i principi da esse desumibili. 4.— Nel merito, la questione sollevata in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. è fondata. 4.1.— La normativa europea e nazionale rilevante ai fini  della definizione del presente giudizio è costituita dalla direttiva n.  2001/77/CE, in vigore alla data di emanazione della disposizione  regionale impugnata nel presente giudizio (poi abrogata e sostituita  dalla direttiva 2009/28/CE), e dal d.lgs. n. 387 del 2003, attuativo  della stessa. Nel 2° considerando della direttiva n. 2001/77/CE si  legge: «la promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche  rinnovabili è un obiettivo altamente prioritario a livello della  Comunità […] per motivi di sicurezza e diversificazione  dell’approvvigionamento energetico, protezione dell’ambiente e coesione  economica e sociale». L’orientamento dell’Unione europea in materia è  confermato dal 1° considerando della direttiva n. 2009/28/CE, ove si  legge: «il controllo del consumo di energia europeo e il maggior ricorso  all’energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici  e ad un aumento dell’efficienza energetica, costituiscono parti  importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni  di gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della  convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli  ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la  riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali  fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza  degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo  tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo  regionale, specialmente nelle zone rurali e isolate». L’art. 3 della direttiva n. 2001/77/CE prevede gli  obiettivi indicativi nazionali. In attuazione di tale norma europea,  l’art. 2, comma 167, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 (Disposizioni  per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge  finanziaria 2008) prevede «la ripartizione fra regioni e province  autonome di Trento e Bolzano della quota minima di incremento  dell’energia prodotta con fonti rinnovabili per raggiungere l’obiettivo  del 17 per cento del consumo interno lordo entro il 2020 ed i successivi  aggiornamenti proposti dall’Unione europea». 4.2.— Questa Corte ha incluso l’art. 12 del d.lgs. n.  387 del 2003 – attuativo della normativa europea in materia di  produzione di energia da fonti rinnovabili – tra i princìpi fondamentali  della materia, di competenza legislativa concorrente, «produzione,  trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (ex plurimis, sentenze  n. 192 del 2011, n. 124 del 2010, n. 282 del 2009). Poiché la disciplina relativa alla localizzazione degli  impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili ricade negli  ambiti di diverse competenze legislative, nazionali e regionali, questa  Corte ha ulteriormente precisato che «l’armonizzazione profilata  nell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, tra competenze statali,  regionali e provinciali costituisce una modalità di equilibrio  rispettosa delle competenze di tutti gli enti coinvolti nella  programmazione e nella realizzazione delle fonti energetiche  rinnovabili». Ciò sul presupposto che, pur rivolgendosi il d.lgs. n.  387, nella sua interezza, soltanto alle Regioni ordinarie – in base alla  “clausola di salvezza” contenuta nell’art. 19 del medesimo decreto – la  competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle  Province autonome «deve tuttavia coesistere con la competenza statale in  materia di tutela dell’ambiente e con quella concorrente in materia di  energia» (sentenza n. 275 del 2011). Le conseguenze della citata statuizione generale sono  state l’annullamento – in esito a conflitto di attribuzione tra Stato e  Province autonome di Trento e Bolzano – di due punti delle linee guida  previste dall’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, e la  dichiarazione che spettava, invece, allo Stato l’emanazione di un altro  punto delle suddette linee guida, pure impugnato. L’esito differenziato  della valutazione sulla legittimità di singoli punti delle linee guida  presuppone ovviamente la loro applicabilità, in via generale – e a  fortiori quella della norma legislativa che le prevede – anche alle  Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome, pur dovendosi  escludere che queste ultime siano vincolate da prescrizioni dettagliate,  invasive dei propri ambiti di competenza costituzionalmente sanciti. Peraltro questa Corte ha già affermato in modo esplicito  che, pur non trascurandosi la rilevanza rivestita, in relazione agli  impianti di energia eolica, dalla tutela dell’ambiente e del paesaggio,  anche le Regioni a statuto speciale sono tenute al rispetto dei princìpi  fondamentali in materia di “energia” dettati dal legislatore statale  (sentenza n. 168 del 2010). 4.3.— Il riconoscimento espresso da questa Corte, nella  giurisprudenza prima richiamata, dell’art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003  come norma fondamentale di principio nella materia “energia”, vincolante  anche le Regioni a statuto speciale, e, nel contempo, della stessa  disposizione come espressione di equilibrio rispettoso di tutte le  competenze, statali e regionali, che confluiscono nella disciplina della  localizzazione degli impianti eolici, impone una considerazione  specifica della norma regionale censurata, per verificarne la  compatibilità con il bilanciamento previsto dalla norma statale  interposta. 4.4.— La difesa regionale rammenta che la Regione  Sardegna, sulla base del Capo III del d.P.R. n. 480 del 1975, «dispone,  nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia e  urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di  tutela paesistico-ambientale» (sentenza n. 51 del 2006). Nell’esercizio  di tale competenza primaria, la stessa Regione avrebbe legittimamente  legiferato, nel senso di indicare espressamente le aree in cui è  consentita la realizzazione di nuovi impianti eolici, escludendo, a  contrario, tutte quelle non esplicitamente menzionate nell’art. 18 della  legge reg. Sardegna n. 7 del 2007. Si deve al riguardo osservare che, nella fattispecie, si  rende necessaria la delimitazione di campo e il bilanciamento tra due  competenze legislative: quella dello Stato a stabilire i princìpi  fondamentali in materia di “energia” (art. 117, terzo comma, Cost.) –  applicabili anche alle Regioni a statuto speciale, come affermato dalla  richiamata sentenza n. 168 del 2010 – e quella della Regione Sardegna,  competente a disciplinare gli aspetti paesistico-ambientali,  nell’esercizio della propria competenza legislativa in materia di  edilizia e urbanistica – come stabilito dalle norme di attuazione dello  statuto, integrative del parametro statutario. Si deve altresì rilevare che questa Corte, nella citata  sentenza n. 168 del 2010, ha constatato che la competenza a fissare i  princìpi fondamentali in materia di energia non appartiene, secondo lo  statuto speciale, alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste,  pur disponendo la stessa, in forza del medesimo statuto, di competenza  primaria in materia di “paesaggio”. 4.5.— Una prima conclusione, che si ricava dal quadro  normativo e giurisprudenziale sopra richiamato, è che sia lo Stato sia  le Regioni a statuto speciale e le Province autonome non devono  travalicare i limiti delle rispettive competenze, adeguandosi  all’equilibrio prescritto dall’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del  2003, che questa Corte ha già riconosciuto – con la sentenza n. 275 del  2011 – rispettoso di tutte le competenze degli enti chiamati a  disciplinare, a diverso titolo, la materia della installazione degli  impianti eolici. L’attribuzione allo Stato della competenza a porre i  princìpi fondamentali della materia “energia” non annulla quella della  Regione Sardegna a tutelare il paesaggio, così come la competenza  regionale in materia paesaggistica non rende inapplicabili alla medesima  Regione i princìpi di cui sopra. Si tratta di vedere, quindi, se la  norma regionale censurata si sia contenuta nell’ambito della tutela del  paesaggio, o abbia invece violato un principio fondamentale in materia  di “energia”. L’esame della norma in questione induce all’osservazione  che la stessa è in contrasto con un principio fondamentale contenuto  nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003. La norma statale  infatti stabilisce che «le regioni possono procedere alla indicazione di  aree e siti non idonei alla istallazione di specifiche tipologie di  impianti». La competenza primaria attribuita ad una Regione speciale o  ad una Provincia autonoma in materia di tutela del paesaggio rende  inapplicabili alle suddette autonomie speciali le linee guida nella loro  interezza, ma non esonera le medesime dall’osservanza delle  disposizioni a carattere generale contenute nelle linee guida. In ogni  caso, non sono ammissibili nei confronti delle autonomie speciali  «vincoli puntuali e concreti» (sentenza n. 275 del 2011). Che le linee  guida siano, con i limiti ora precisati, applicabili anche alle Regioni a  statuto speciale lo ha stabilito la sentenza n. 168 del 2010, che ha  dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione di legge  della Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, perché emanata prima  dell’adozione delle stesse. La ratio ispiratrice del criterio residuale di  indicazione delle aree non destinabili alla installazione di impianti  eolici deve essere individuata nel principio di massima diffusione delle  fonti di energia rinnovabili, derivante dalla normativa europea  richiamata al paragrafo 4.1. Quest’ultimo trova attuazione nella  generale utilizzabilità di tutti i terreni per l’inserimento di tali  impianti, con le eccezioni, stabilite dalle Regioni, ispirate alla  tutela di altri interessi costituzionalmente protetti nell’ambito delle  materie di competenza delle Regioni stesse. Ove la scelta debba essere operata da Regioni speciali,  che possiedono una competenza legislativa primaria in alcune materie,  nell’ambito delle quali si possono ipotizzare particolari limitazioni  alla diffusione dei suddetti impianti, l’ampiezza e la portata delle  esclusioni deve essere valutata non alla stregua dei criteri generali  validi per tutte le Regioni, ma in considerazione dell’esigenza di dare  idonea tutela agli interessi sottesi alla competenza legislativa  statutariamente attribuita. Nel caso oggetto del presente giudizio, bene avrebbe  potuto la Regione Sardegna individuare le aree non idonee  all’inserimento di impianti eolici con riferimento specifico alla  propria competenza primaria in materia paesistica, differenziandosi così  dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita. Non appartiene  invece alla competenza legislativa della stessa Regione la modifica,  anzi il rovesciamento, del principio generale contenuto nell’art. 12,  comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003. Con tale inversione del criterio  di scelta, la Regione Sardegna ha superato i limiti della tutela del  paesaggio, per approdare ad una rilevante incisione di un principio  fondamentale in materia di “energia”, afferente alla localizzazione  degli impianti, la cui formulazione, ai sensi dell’art. 117, terzo  comma, Cost., spetta in via esclusiva allo Stato, come ripetutamente  affermato dalla sopra citata giurisprudenza di questa Corte. Né potrebbe dirsi che la trasformazione dell’eccezione  in regola sia operazione neutra rispetto alla consistenza del principio  di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, che risulta  logicamente e praticamente contraddetto, in via generale, dalla  implicita dichiarazione di inidoneità dell’intero territorio regionale,  desumibile in modo univoco dalla norma censurata. Osta a tale  rovesciamento metodologico anche la considerazione che l’inserimento di  eccezioni al principio di massima diffusione delle fonti di energia  rinnovabili dovrebbe essere sorretta da adeguate e concrete ragioni di  tutela paesaggistica, mentre la generale esclusione di tutto il  territorio – tranne le aree tassativamente indicate – esime dalla  individuazione della ratio che presiede alla dichiarazione di inidoneità  di specifiche tipologie di aree. 
 per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo  18 della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni  per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione.  Legge finanziaria 2007), come sostituito dall’art. 6, comma 8, della  legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti  nei settori economico e sociale). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2012. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Gaetano SILVESTRI, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'11 ottobre 2012. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI |