Consiglio di Stato Sez. III n. 3522 del 23 aprile 2025
Caccia e animali. Presupposti per il diniego del rinnovo della licenza per il porto di fucile ad uso caccia 

Non sussiste una posizione di diritto soggettivo assoluto in relazione all’ottenimento ed alla conservazione del permesso di detenzione e porto di armi in deroga al generale divieto di cui all’art. 699 c.p. e di cui all’art. 4, comma 1, l. 18 aprile 1970, n. 110. Ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 del Tulps, infatti, l’Amministrazione può legittimamente fondare il giudizio di “non affidabilità” del titolare del porto d’armi valorizzando il verificarsi di situazioni genericamente non ascrivibili alla “buona condotta” dell’interessato, non rendendosi necessario al riguardo né un giudizio di pericolosità sociale del soggetto né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi in quanto, ai fini della revoca della licenza, l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché l’apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo, trattandosi di un provvedimento, privo di intento sanzionatorio o punitivo, avente natura cautelare al fine di prevenire possibili abusi nell’uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati. Proprio la natura cautelare del provvedimento fa sì che lo stesso si fondi su considerazioni probabilistiche, basate su circostanze di fatto assistite da sufficiente fumus al momento della loro adozione. Corollario dei suddetti principi è che la valutazione fatta dall’Amministrazione debba essere sorretta da una motivazione che dia adeguato conto degli elementi concreti che, nel caso di specie, hanno determinato l’autorità prefettizia a sospettare delle garanzie di buona condotta nella detenzione e nell’uso delle armi fornite dall’interessato.

Pubblicato il 23/04/2025

N. 03522/2025REG.PROV.COLL.

N. 02879/2023 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2879 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Achille Morcavallo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno n.6;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Cosenza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 2203/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Cosenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2025 il Cons. Raffaello Scarpato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. -OMISSIS- ha impugnato, dinanzi al T.a.r. per la Calabria, Catanzaro, il diniego del rinnovo della licenza per il porto di fucile “uso caccia”, emesso dal Questore della Provincia di Cosenza ai sensi degli artt. 11 e 43 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS), in ragione della riscontrata insussistenza di una prognosi positiva sul buon uso delle armi.

2. Il T.a.r. adito ha respinto il ricorso, sulla base dei precedenti penali emersi a carico del richiedente e della riscontrata e reiterata frequentazione di soggetti pregiudicati.

3. Con ricorso in appello ritualmente notificato e depositato, l’originario ricorrente ha impugnato la decisione lamentando la mancata considerazione delle osservazioni prodotte dall’interessato ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, insistendo sulla scarsa rilevanza e sulla risalenza nel tempo dei precedenti contestati.

4. Il Ministero dell’interno e la Questura di Cosenza si sono costituiti depositando la documentazione relativa al giudizio di primo grado.

5. All’udienza pubblica del 3 aprile 2025 l’appello è stato introitato per la decisione.

6. L’appello non è fondato.

7. La giurisprudenza consolidata ha chiarito l’insussistenza di una posizione di diritto soggettivo assoluto in relazione all’ottenimento ed alla conservazione del permesso di detenzione e porto di armi in deroga al generale divieto di cui all’art. 699 c.p. e di cui all’art. 4, comma 1, l. 18 aprile 1970, n. 110 (Corte cost. n. 440 del 1993; Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018; n. 3502 del 2018). Ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 del Tulps, infatti, l’Amministrazione può legittimamente fondare il giudizio di “non affidabilità” del titolare del porto d’armi valorizzando il verificarsi di situazioni genericamente non ascrivibili alla “buona condotta” dell’interessato, non rendendosi necessario al riguardo né un giudizio di pericolosità sociale del soggetto né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi (Cons. Stato, sez. III, n. 2987 del 2014; n. 4121 del 2014; n. 4518 del 2016; sez. VI, n. 107 del 2017; sez. III, n. 2404 del 2017; n. 4955 del 2018; n. 6812 del 2018) in quanto, ai fini della revoca della licenza, l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché l’apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo (Cons. Stato, sez. VI, n. 107 del 2017; sez. III, n. 2974 del 2018; n. 3502 del 2018), trattandosi di un provvedimento, privo di intento sanzionatorio o punitivo, avente natura cautelare al fine di prevenire possibili abusi nell’uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati (Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018).

8. Proprio la natura cautelare del provvedimento fa sì che lo stesso si fondi su considerazioni probabilistiche, basate su circostanze di fatto assistite da sufficiente fumus al momento della loro adozione (Cons. Stato, sez. III, n. 3979 del 2013; n. 5398 del 2014; n. 2404 del 2017; n. 6812 del 2018).

9. Corollario dei suddetti principi è che la valutazione fatta dall’Amministrazione debba essere sorretta da una motivazione che dia adeguato conto degli elementi concreti che, nel caso di specie, hanno determinato l’autorità prefettizia a sospettare delle garanzie di buona condotta nella detenzione e nell’uso delle armi fornite dall’interessato.

10. L’autorità prefettizia dovrà tenere in considerazione tutti gli indizi concreti dai quali emerga un’indole inaffidabile del soggetto, e questo prescindendo dall’esistenza di fatti o condotte criminose: l’esigenza di tutela dell’ordine pubblico sottesa alla disciplina della sicurezza pubblica impone infatti l’adozione di misure di tutela anticipate alla commissione di fatti penalmente rilevanti, in un’ottica di prevenzione della commissione di illeciti, ma comunque postula l’esistenza di circostanze serie ed oggettivamente apprezzabili, valutate secondo i canoni della ragionevolezza e della proporzione (Cons. St., sez. III, 6457/2019; 6192/2018; 2974/2018; 4899/2018; 5313/2017).

11. Nel caso di specie, i precedenti penali dall’interessato in tema di omicidio colposo in concorso e di omicidio colposo in cooperazione, nonché l’imputazione per violenza privata aggravata dall’uso delle armi (reato successivamente dichiarato estinto per intervenuta prescrizione), nonché la frequentazione di altri e numerosi soggetti pregiudicati per reati violenti, devono ritenersi elementi sintomatici sufficienti a ritenere fondato un pericolo di abuso da parte del titolare, stante il carattere cautelativo della misura.

Appare particolarmente significativa la circostanza relativa all’imputazione per violenza privata aggravata dall’uso delle armi, che, sebbene risalente nel tempo, è risultata posta in essere attraverso l’utilizzo di un’arma da caccia regolarmente denunciata.

12. Alla luce di tali incontestati elementi fattuali la decisione dell’Autorità amministrativa risulta esente dai profili di censura contenuti in appello, inidonei ad incrinare il portato motivazionale del provvedimento impugnato.

14. La decisione deve pertanto essere confermata, risultando l’appello infondato.

15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio e le liquida nella somma di € 1.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:

Michele Corradino, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Raffaello Scarpato, Consigliere, Estensore