 Cass. Sez. III n.3692 del 28 gennaio 2014 (Ud 17 dic. 2013)
Cass. Sez. III n.3692 del 28 gennaio 2014 (Ud 17 dic. 2013)
Pres. Mannino Est. Ramacci Ric. La Valle ed altro
Rifiuti. Trasporto illecito di rifiuti pericolosi senza formulario e natura del FIR
L'art. 39, comma 2-bis d.lgs. 205\2010, come modificato dall'art. 4 d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121, laddove stabilisce l'applicabilità  delle sanzioni previste dall'articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «nella formulazione precedente all'entrata in vigore del presente decreto» ha natura di norma interpretativa e non innovativa, con la conseguenza che dette sanzioni sono applicabili ai fatti commessi antecedentemente alla entrata in vigore del d.lgs. 121\2011.
Il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa, con la conseguenza che, a differenza di ciò che avviene per la predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto, non sono applicabili le sanzioni penali stabilite dall'art. 258 d.lgs. 152\06 con richiamo all'art. 483 cod. pen.
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:         Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. MANNINO   Saverio F.        - Presidente  - del 17/12/2013
 Dott. SAVINO    Mariapia Gaetana  - Consigliere - SENTENZA
 Dott. RAMACCI   Luca         - rel. Consigliere - N. 3666
 Dott. ANDREAZZA Gastone           - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDRONIO  Alessandro Maria  - Consigliere - N. 11627/2013
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 LA VALLE EGIDIO N. IL 09/05/1965;
 LA VALLE FRANCESCO N. IL 25/02/1956;
 avverso la sentenza n. 2/2011 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA, del  16/10/2012;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2013 la relazione fatta dal  Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. M. Fraticelli, che  ha concluso per il rigetto del ricorso.
 RITENUTO IN FATTO
 1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del  16.10.2012, ha confermato la decisione con la quale, in data  6.7.2010, il Tribunale di quella città aveva riconosciuto LA VALLE  Francesco ed LA VALLE Egidio responsabili del reato di cui agli  artt. 99 e 110 c.p., D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, in  relazione all'art. 483 c.p., perché, in concorso tra loro e con  altri, nella qualità di soci amministratori della "ECO.F.A.L  s.r.l.", effettuavano il trasporto di kg 30.000 di rifiuti speciali  pericolosi attestandone falsamente nel F.I.R., esibito in sede di  controllo, la natura di rifiuti speciali non pericolosi con  attribuzione del codice CER 16.01.06 (veicoli fuori uso non  contenenti liquidi ne' altre sostanze pericolose), trattandosi,  invece, di rifiuti speciali pericolosi classificabili con il codice  CER 16.01.04 (fatto accertato il 29.2.2008. Recidiva specifica per  entrambi).
 Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso  per cassazione.
 2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione del D.Lgs.  n. 152 del 2006, art. 258, rilevando che, avuto riguardo alla  formulazione della richiamata disposizione dopo l'intervento  correttivo ad opera del D.Lgs. n. 205 del 2010, la condotta  contestata nel capo di imputazione non sarebbe più prevista dalla  legge come reato, mancando ora ogni riferimento al trasporto di  rifiuti pericolosi senza formulario che, invece, era contemplato  nella originaria stesura dell'articolo.
 3. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di  legge, osservando che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4,  attualmente vigente individua, quale condotta soggetta a sanzione  penale, esclusivamente quella di chi, nella predisposizione di un  certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla  natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche  dei rifiuti e di chi fa uso di un certificato falso durante il  trasporto e che, pertanto, a tale fattispecie non sarebbe  riconducibile il fatto loro ascritto nell'imputazione, avente ad  oggetto una diversa qualificazione del rifiuto trasportato nel  F.I.R., documento che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici  del gravame, non avrebbe alcuna funzione certificativa o  asseverativa, bensì soltanto descrittiva ed identificativa del  rifiuto.
 4. Con un terzo motivo di ricorso lamentano il vizio di motivazione,  asserendo che risulterebbe accertato in fatto, anche attraverso la  perizia effettuata sui rifiuti trasportati, che questi solo in parte  potevano qualificarsi come rifiuti pericolosi per il loro contenuto,  non più presente in gran parte degli oggetti, che risultavano,  conseguentemente, bonificati prima del trasporto.  5. Con un quarto motivo di ricorso rilevano che, a tutto voler  concedere, la condotta contestata potrebbe essere ricondotta alla  fattispecie di cui all'art. 258, comma 4 prima parte, soggetta alla  sola sanzione amministrativa.
 6. Con un quinto motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione,  rilevando che la Corte di appello non si sarebbe pronunciata in punto  di sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena  pecuniaria e di concessione della sospensione condizionale della pena  in favore di LA VALLE Francesco.
 7. Con un sesto motivo di ricorso lamentano, infine, l'eccessività  della pena in relazione alla non particolare gravità del fatto,  evidenziata dalla natura di rifiuti non pericolosi di parte di quelli  trasportati.
 Insistono pertanto per l'accoglimento del ricorso.  CONSIDERATO IN DIRITTO
 8. Premessa.
 Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.  Occorre premettere che la questione di preminente rilievo nella  vicenda in esame riguarda la applicabilità o meno del D.Lgs. n. 152  del 2006, art. 258, comma 4, disposizione che, come è noto, ha  subito modifiche ad opera del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con  rilevanti conseguenze circa l'individuazione dell'ambito temporale di  efficacia della disposizione medesima, rispetto al quale la  giurisprudenza di questa Sezione e la dottrina non sono giunte ad  univoche conclusioni.
 Tale questione, riproposta dagli odierni ricorrenti, merita pertanto  di essere nuovamente esaminata al fine di meglio delineare, alla luce  delle disposizioni richiamate e tenendo anche conto dei molteplici  interventi dottrinari, quale sia il regime sanzionatorio attualmente  applicabile al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario  ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o  inesatti, così esaminando le deduzioni formulate dagli odierni  ricorrenti nel primo, secondo e quarto motivo di ricorso.  9. La successione degli interventi normativi.
 Il reato di illecito trasporto di rifiuti pericolosi senza  formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati  incompleti o inesatti, era originariamente previsto dal D.Lgs. 5  febbraio 1997, n. 22, art. 52, comma 3, il quale prevedeva  l'applicabilità della pena di cui all'art. 483 c.p..  L'abrogazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, ad opera del D.Lgs. 3 aprile  2006, n. 152, non ha prodotto, inizialmente, alcun effetto rilevante,  in quanto l'art. 258, comma 4, aveva contenuto pressoché identico a  quello della disposizione previgente.
 L'art. 258, comma 4, nella formulazione originaria, stabiliva:
 "chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui  all'art. 193, ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o  inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da  milleseicento Euro a novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui  all'art. 483 c.p., nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale  ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un  certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla  natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche  dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il  trasporto".
 La disposizione così formulata prevedeva, dunque, l'applicazione  della sanzione amministrativa al trasporto di rifiuti non pericolosi  senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati  incompleti o inesatti, mentre per il trasporto nelle medesime  condizioni di rifiuti pericolosi, la sanzione applicabile era quella  stabilita dall'art. 483 c.p..
 Considerato il tenore letterale della norma in esame, il richiamo  all'art. 483 c.p., veniva ritenuto, da gran parte della dottrina e  dalla giurisprudenza di questa Corte, effettuato quoad poenam (v.  Sez. 3^ n. 1040, 29 maggio 2000; Sez. 3^ n. 1134, 4 maggio 2000) e,  per ciò che concerneva l'ipotesi di predisposizione di un  certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla  natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche  dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il  trasporto, si faceva invece rilevare in dottrina che, sempre secondo  la formulazione letterale della norma, detto reato prescindeva  dall'attività di trasporto cui veniva fatto riferimento nelle altre  ipotesi di reato contemplate dall'articolo 258 nell'originaria  formulazione, in quanto tale attività non veniva menzionata riguardo  a tale condotta. Inoltre, l'assenza di riferimenti, in questa parte  dell'articolo, ai rifiuti pericolosi, consentiva di ritenere la  disposizione applicabile indipendentemente dalla pericolosità o meno  del rifiuto, giustificando tale opzione ermeneutica in considerazione  della oggettiva diversità tra certificato e formulario (di cui si  dirà anche in seguito) ed individuando in tale disposizione una  fattispecie autonoma di reato, speciale rispetto a quella prevista  dall'art. 481 c.p..
 9.1. La situazione è rimasta immutata fino al 25.12.2010, data di  entrata in vigore del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, il quale, con  l'art. 35, comma 1, lett. c), ha disposto la sostituzione dell'art.  258, comma 4.
 Per effetto di tale intervento correttivo, l'art. 258, comma 4, nella  sua attuale formulazione così recita: "Le imprese che raccolgono e  trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all'art. 212,  comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di  controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'art.  188 bis, comma 2, lett. a), ed effettuano il trasporto di rifiuti  senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel  formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la  sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento Euro a  novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui all'art. 483 c.p., a  chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti,  fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle  caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un  certificato falso durante il trasporto".
 L'intervento modificativo è stato effettuato in previsione della  pressoché concomitante piena operatività del "SISTRI", il sistema  informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti la cui  introduzione era prevista dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 189, comma  3 bis, (introdotto con il D.Lgs. n. 4 del 2008) e che era finalizzato  alla trasmissione e raccolta di informazioni su produzione,  detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti ed alla realizzazione,  in formato elettronico, del formulario di identificazione dei  rifiuti, dei registri di carico e scarico e del M.U.D., da stabilirsi  con apposito decreto ministeriale, che il Ministero dell'ambiente e  della tutela del territorio e del mare ha emanato il 17 dicembre  2009, dando dunque attuazione alla disposizione richiamata (ed al  D.L. n. 78 del 2009, art. 14 bis, convertito, con modificazioni,  dalla L. n. 102 del 2009).
 Il contenuto del decreto ministeriale è stato successivamente  modificato ed integrato prorogando, però, anche i termini  originariamente fissati per la piena operatività del sistema.  Il D.Lgs. n. 205 del 2010, sempre considerando l'imminente entrata in  funzione del SISTRI, che sostanzialmente comporterebbe la  sostituzione della documentazione cartacea precedentemente utilizzata  (MUD, Registri di carico e scarico e FIR), ha provveduto, con l'art.  16, alla sostituzione degli artt. 188, 189, 190 e 193,  all'introduzione degli artt. 188 bis e 188 ter, nonché, con l'art.  36, alla previsioni di specifiche sanzioni, contemplate dagli artt.  260 bis e 260 ter.
 Il D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 16, comma 2, prevedeva, tuttavia, che  le disposizioni in esso contenute entrassero in vigore a decorrere  dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui al D.M. 17  dicembre 2009, art. 12, comma 2, (quindi all'effettivo avvio del  SISTRI), termine che però, come si è già detto, è stato più  volte prorogato.
 Al medesimo termine faceva riferimento anche il D.Lgs. n. 205 del  2010, art. 39, recante disposizioni transitorie e finali, per ciò  che concerneva le sanzioni relative SISTRI, prevedendone peraltro la  graduazione nel primo periodo di attività del nuovo sistema di  controllo della tracciabilità dei rifiuti.
 Nessun termine era invece previsto per l'entrata in vigore del D.Lgs.  n. 205 del 2010, art. 35, con la conseguenza di una immediata  efficacia delle modifiche apportate al D.Lgs. n. 152 del 2006, art.  258, comportanti, come si è visto, un restringimento dell'ambito  soggettivo di applicabilità della disposizione non riferita più a  "chiunque effettui il trasporto", bensì alle sole "imprese che  raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui  all'art. 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al  sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)" e  l'assenza dello specifico richiamo all'art. 483 c.p., per il  trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario ovvero con  indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti.  9.2. La diacronia nella vigenza delle singole decisioni è stata  oggetto di pesantissime e giustificate critiche da parte della  dottrina, che ha in più occasioni stigmatizzato non soltanto la  singolare situazione venutasi a creare, ma anche la soluzione  successivamente adottata per rimediarvi.
 Presa infatti coscienza dell'esistenza di quello che è stato da più  parti definito un evidente "vuoto normativo", il legislatore è  intervenuto con il D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, il quale, con l'art.  4, comma 2, ha apportato modificazioni al D.Lgs. n. 205 del 2010,  art. 39, disponendo, tra l'altro, l'inserimento dei commi 2 bis e 2  ter, che si riferiscono all'ambito di efficacia temporale del D.Lgs.  n. 152 del 2006, art. 258.
 Stabilisce, in particolare, il comma 2 bis, che "anche in attuazione  di quanto disposto al comma 1, i soggetti di cui al D.Lgs. 3 aprile  2006, n. 152, art. 188 ter, commi 1, 2, 4 e 5, e successive  modificazioni, che fino alla decorrenza degli obblighi di  operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei  rifiuti (SISTRI) di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 188  bis, comma 2, lett. a), e successive modificazioni, non adempiono  alle prescrizioni di cui all'art. 28, comma 2, del decreto del  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18  febbraio 2011, n. 52, sono soggetti alle relative sanzioni previste  dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, nella formulazione  precedente all'entrata in vigore del presente decreto".  Il D.M. n. 52 del 2011, art. 28, comma 2, come modificato dal  successivo D.M. 10 novembre 2011, n. 219, stabilisce che "al fine di  garantire l'adempimento degli obblighi di legge e la verifica della  piena funzionalità del SISTRI, fino al termine di cui all'art. 12,  comma 2, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio e del mare del 17 dicembre 2009 e successive modifiche e  integrazioni, i soggetti di cui agli artt. 3, 4 e 5 del presente  regolamento rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui al  D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 190 e 193, e successive  modificazioni e sono soggetti alle relative sanzioni previste dal  medesimo decreto legislativo precedentemente all'entrata in vigore  del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205".
 Il richiamo all'applicabilità delle previgenti sanzioni risulta  contenuto anche nel D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 52, comma 1,  convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ove, nel  sospendere il termine di entrata in operatività del SISTRI, si  precisa che i soggetti di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188  ter, "rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui al D.Lgs. 3  aprile 2006, n. 152, artt. 190 e 193, ed all'osservanza della  relativa disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente  all'entrata in vigore del D.Lgs. del 3 dicembre 2010, n. 205".  10. I precedenti arresti giurisprudenziali.
 Con un prima decisione (Sez. 3^ n. 29973, 27 luglio 2011) si è  affermato che il trasporto di rifiuti pericolosi senza il formulario  di identificazione dei rifiuti o con formulario che riporti dati  incompleti o inesatti, previsto come delitto dal D.Lgs. n. 152 del  2006, art. 258, comma 4, nella formulazione previgente alle modifiche  introdotte dal D.Lgs. n. 205 del 2010, non è più previsto dalla  legge come reato, rilevando anche che la nuova fattispecie del D.Lgs.  n. 152 del 2006, art. 260 bis, comma 7, introdotta sempre dal D.Lgs.  n. 205 del 2010, sanziona il trasporto di rifiuti pericolosi non  accompagnato dalla copia cartacea della scheda SISTRI e non anche  quello accompagnato dal F.I.R. o con un formulario con dati  incompleti o inesatti.
 Nell'occasione, tuttavia, si prescindeva dall'esaminare ulteriormente  le questioni derivanti dalla richiamata modifica legislativa e gli  eventuali problemi di continuità normativa, in quanto la fattispecie  oggetto del giudizio, riguardando rifiuti non pericolosi, doveva  ritenersi già, sulla base della disciplina previgente come  configurante, in astratto, un mero illecito amministrativo.  10.1. Una successiva pronuncia (Sez. 3^ n. 15732, 24 aprile 2012), in  piena adesione al principio appena ricordato, si affermava che, in  applicazione dei principi fissati dall'art. 2 c.p., le condotte  concernenti il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario,  ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o  inesatti oggetto del giudizio e poste in essere antecedentemente  all'intervento correttivo operato con il D.Lgs. n. 205 del 2010,  devono essere ritenute non più riconducibili all'ipotesi di reato  contemplate dalla disciplina previgente.
 Analogo richiamo alla sentenza 29973/2011 veniva effettuato in altra  decisione (Sez. 3^ n. 27383, 11 luglio 2012, non massimata)  pervenendo peraltro alla conclusione che per il trasporto di rifiuti  pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario  stesso di dati incompleti o inesatti deve ora ritenersi applicabile  la sanzione amministrativa pecuniaria prevista, in generale, dal  novellato comma 4, per le medesime condotte riguardanti i rifiuti non  pericolosi.
 In entrambe le occasioni, tuttavia, non veniva svolta alcuna  considerazione in ordine alle ulteriori modifiche apportate al D.Lgs.  n. 205 del 2010, art. 39, ad opera del D.Lgs. n. 121 del 2011, già  in vigore alla data della pronuncia.
 10.1. Il principio formulato nella sentenza 29973/2011 era poi  oggetto di mero richiamo in altre decisioni (Sez. 3^ n. 19682, 8  maggio 2013; Sez. 3^ n. 10244, 5 marzo 2013; Sez. 3^ n. 14086, 26  marzo 2013, non massimate) al fine di evidenziare l'evidente errore  in cui era incorso il giudice del merito nel ritenerli applicabili ad  ogni ipotesi di trasporto di rifiuti, tanto da dichiarare di non  doversi procedere nei confronti dell'imputato per il reato di cui al  D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a), e comma 2,  perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.  In una successiva pronuncia (Sez. 3^ n. 28909, 8 luglio 2013)  riguardante fatti commessi nel 2007, quindi antecedentemente  all'intervento correttivo del D.Lgs. n. 205 del 2010, viene invece  dato atto della postergazione della piena operatività del SISTRI,  cui risulta collegata l'entrata in vigore delle nuove disposizioni in  materia di trasporto di rifiuti e delle relative sanzioni penali,  ritenendo così la piena vigenza di quelle originariamente previste  "anche al fine di evitare un pericoloso vuoto normativo con possibile  contrasto con il precetto costituzionale di cui all'art. 3 Cost.,  (principio di ragionevolezza)" e, conseguentemente, accogliendo il  ricorso del Pubblico Ministero avverso la pronuncia del giudice del  merito, il quale aveva ritenuto il fatto non più previsto dalla  legge come reato.
 Ancor più recentemente (Sez. 3^ n. 32942, 30 luglio 2013) con  riferimento ad un sequestro probatorio eseguito il 20 febbraio 2012,  dunque successivamente alle modifiche apportate al D.Lgs. n. 152 del  2006, art. 258, dal D.Lgs. n. 205 del 2010, ed all'ulteriore  intervento ad opera del D.Lgs. n. 121 del 2011, si ricorreva  nuovamente al mero richiamo della sentenza 29973/2011 per sostenere  il venir meno della rilevanza penale del D.Lgs. n. 152 del 2006, art.  258, comma 4, per effetto delle modifiche apportatevi dal D.Lgs. n.  205 del 2010.
 11. La dottrina.
 Le conseguenze della successione di leggi in precedenza ricordata  sono state ovviamente, come si è detto, oggetto di attenzione da  parte della dottrina, che pure è giunta a posizioni non uniformi, le  quali hanno riguardato anche i contenuti delle pronunce di questa  Corte in precedenza ricordate e che meritano di essere sommariamente  sintetizzate.
 11.1. Antecedentemente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 121 del  2011, si era sostenuta, sulla base di una interpretazione ritenuta  rispondente a logica, l'applicabilità dell'art. 258 nella  formulazione previgente al correttivo del 2010, considerando che il  differimento dell'entrata in vigore del SISTRI comportava ancora  l'utilizzo dei formulari nell'attività di trasporto dei rifiuti.  Tale lettura della disposizione in esame - evidentemente finalizzata  a colmare il vuoto venutosi a creare con l'eliminazione effettiva  degli obblighi concernenti il formulario e la temporanea  inapplicabilità, a causa dei plurimi rinvii, delle nuove sanzioni  per le violazioni degli obblighi previsti dal SISTRI - è stata  tuttavia criticata da coloro che, al contrario, ne negavano ogni  ultrattività, ritenendo che l'eliminazione dall'art. 258, comma 4,  del riferimento al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario o  con formulario contenente dati incompleti o inesatti abbia sottratto  tali condotte alla sanzione penale.
 Secondo tale lettura delle disposizioni in esame vi sarebbe stato un  vuoto normativo nel periodo intercorrente tra il 25 dicembre 2010,  data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 205 del 2010, ed il 16 agosto  2011, data che segna l'inizio della vigenza del D.Lgs. n. 121 del  2011, con conseguente applicabilità dell'art. 2 c.p..  11.2. L'intervento, non a torto definito "riparatore", effettuato con  il D.Lgs. n. 121 del 2011, art. 4, comma 2, non ha tuttavia risolto  completamente la questione, dovendosi, anche in questo caso,  registrare le divergenti opinioni di quanti hanno ritenuto che la  richiamata disposizione abbia natura di norma penale innovativa,  restando così immutata la questione dell'applicabilità, in base  all'art. 2 c.p., della norma più favorevole per i fatti commessi in  epoca antecedente al 16 agosto 2011, rispetto a quelle di coloro che  vedono in questa disposizione una norma meramente interpretativa, la  cui efficacia retroagirebbe fino al 25 dicembre 2010, saldando così  la cesura tra le due date.
 Tale ultimo indirizzo critica il ricorso all'interpretazione  letterale del D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, secondo la quale  dovrebbe ritenersi che il legislatore non abbia volutamente inteso  differire l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258,  diversamente da quanto ha fatto per ciò che concerne il SISTRI e le  relative sanzioni, mantenendo in vigore l'obbligo di tenuta dei  registri e dei formulari secondo le vecchie regole e rileva come  detta interpretazione si ponga in contrasto con i principi espressi  dalla direttiva 2008/98/CE e, segnatamente, quelli contenuti  nell'art. 36 in tema di adeguatezza delle sanzioni e 13,  relativamente alla protezione della salute umana e dell'ambiente.  Conseguentemente, si osserva come una lettura comunitariamente  orientata delle disposizioni dovrebbe indurre a considerare che  nonostante lo specifico richiamo del D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39,  comma 1, alle sole sanzioni riguardanti la disciplina del SISTRI, la  cui efficacia viene differita, deve tenersi conto anche del  contestuale rinvio riguardante le modifiche al regime sostanziale di  riferimento (sostituzione degli artt. 188, 189, 190 e 193,  introduzione degli artt. 188 bis e 188 ter), giungendo così alla  conclusione che la posticipazione del sistema sanzionatorio deve  considerarsi riferita anche alle modifiche apportate al D.Lgs. n. 152  del 2006, art. 258.
 La citata dottrina ritiene di trovare una conferma dell'esattezza  dell'opzione ermeneutica proposta nel disposto dell'art. 39 citato,  comma 2 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 121 del 2011, laddove premette  la frase "anche in attuazione di quanto disposto al comma 1" nello  stabilire che, fino alla decorrenza degli obblighi di operatività  del SISTRI, continuano ad applicarsi il regime dei registri e  formulari ed il relativo regime sanzionatorio, manifestando così la  volontà di una saldatura con la disciplina esistente allo scopo di  chiarirne la portata ed assumendo, pertanto, valenza interpretativa e  non innovativa.
 12. Natura innovativa o interpretativa del D.Lgs. n. 205 del 2010,  art. 39, comma 2 bis.
 Come si è appena visto, l'intervento "riparatore" attuato dal D.Lgs.  n. 121 del 2011, modificando il D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, ha  posto l'ulteriore questione, prontamente affrontata dalla dottrina,  giunta, però, a soluzioni non unanimemente condivise, della natura  innovativa o interpretativa della disposizione e la cui soluzione,  nell'uno o nell'altro senso, incide anche sulla soluzione del caso in  esame, avente ad oggetto, come ricordato in precedenza, fatti  avvenuti nel 2008.
 Tale diversità di vedute pare al Collegio possa individuarsi anche  nelle richiamate pronunce della Sezione laddove le conclusioni  adottate, seppure in assenza di approfondimenti chiarificatori,  evidenziano un'implicita adesione all'una o l'altra tesi, propendendo  evidentemente, ad eccezione di un caso (Sez. 3^ n. 28809/13), per la  natura innovativa della disposizione in esame.
 12.1. Ciò posto ed osservato che alla preoccupante situazione di  incertezza venutasi a creare avrebbe potuto agevolmente ovviarsi  attraverso un più efficace e meno caotico coordinamento tra le  diverse disposizioni susseguitesi nel tempo, rileva il Collegio che  la soluzione che propende per la natura interpretativa del più volte  menzionato D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, sia preferibile per una  serie di ragioni.
 Invero, paiono del tutto condivisibili le osservazioni formulate in  dottrina e sommariamente ricordate in precedenza ma, sopratutto, la  soluzione adottata sembra più ragionevole e conforme all'effettiva  volontà del legislatore.
 12.2. L'introduzione degli artt. 188 bis e 188 ter, e la sostituzione  degli artt. 188, 189, 190, 193 e 194 avevano lo scopo di  armonizzazione le disposizioni sul SISTRI con quelle del D.M. 17  dicembre 2009, che lo istituiva, integrandosi con i principi della  direttiva 2008/98/CE, che stabiliscono come la tracciabilità dei  rifiuti debba essere garantita dalla loro produzione alla loro  destinazione finale.
 Allo stesso scopo, il D.Lgs. n. 205 del 2010, apportava modifiche al  D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258 (ed all'art. 255), contestualmente  inserendo i nuovi artt. 260 bis e 260 ter, predisponendo, così, un  nuovo sistema sanzionatorio adeguato al sistema di tracciabilità dei  rifiuti adottato e conforme ai principi della richiamata direttiva  che, nell'art. 36, richiede l'adozione, da parte degli Stati membri,  di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
 Si tratta, dunque, di un impianto sanzionatorio necessariamente  coordinato, attraverso modifiche di norme esistenti e l'inserimento  di nuove ipotesi di reato, con il nuovo sistema del SISTRI e che  soltanto una lettura sistematica rende coerente, non avendo  altrimenti senso il richiamo, presente anche nell'art. 258, al  sistema di tracciamento dei rifiuti non ancora operativo ed a  disposizioni, quali l'art. 188-bis, non ancora entrate in vigore.  Un ulteriore conferma della correttezza di tale soluzione  interpretativa può rinvenirsi nella relazione che accompagna il  D.Lgs. n. 121 del 2011.
 In detta relazione viene fatto presente che l'introduzione del D.Lgs.  n. 205 del 2010, art. 39, commi 2 bis e 2 ter, ha lo scopo di  chiarire l'ambito di applicazione temporale del D.Lgs. n. 152 del  2006, art. 258, come riformulato dal "correttivo" del 2010 e che con  essa sostanzialmente viene ribadito ciò che già è affermato nel  medesimo D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, comma 1.
 Si legge testualmente nella relazione "(...) nella sostanza, il  citato art. 39, comma 1, stabilisce, quindi, che fintanto che il  SISTRI coesisterà - in un regime dualistico - con il tradizionale  sistema di tracciabilità (MUD, registro di carico e scarico e  formulario), non si applica l'apparato sanzionatorio introdotto dal  D.Lgs. n. 205 del 2010, in vista della piena operatività del SISTRI,  bensì il regime sanzionatorio previgente al decreto legislativo  205/2010 che presidia la violazione degli obblighi di comunicazione,  di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari vigenti, e quindi  - come esplicitato dai commi 2 bis e 2 ter - anche il D.Lgs. 3 aprile  2006, n. 152, art. 258, nella formulazione precedente all'entrata in  vigore del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205".
 12.3. Peraltro stabiliscono altrettanto, come pure si è dianzi  ricordato, il D.M. n. 52 del 2011, art. 28, comma 2, come modificato  dal successivo D.M. 10 novembre 2011, n. 219, e il D.L. 22 giugno  2012, n. 83, art. 52, comma 1, convertito con modificazioni dalla L.  7 agosto 2012, n. 134.
 Dunque la disposizione in esame non apporta alcuna innovazione al  sistema sanzionatorio ne', tanto meno, amplia l'ambito di efficacia  del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, limitandosi a meglio chiarire  il significato da attribuire a quanto già disposto dal comma 1 del  medesimo art. 39, dovendosi conseguentemente escludere la sussistenza  di un "vuoto normativo" quale risultato della nuova e diversa  formulazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, per ciò che  attiene al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero  con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti.  Invero, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, trova comunque  applicazione e - è appena il caso di osservarlo - ciò non comporta  alcuna efficacia retroattiva della legge interpretativa, il cui  effetto, una volta specificato il significato della legge  interpretata, è esclusivamente la corretta applicazione di  quest'ultima. Dunque l'interpretazione autentica del legislatore è  applicabile anche se meno favorevole all'imputato di una  interpretazione giurisprudenziale precedente.
 12.4. Deve conseguentemente affermarsi il principio secondo il quale  il D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, comma 2 bis, come modificato dal  D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, art. 4, laddove stabilisce  l'applicabilità delle sanzioni previste dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n.  152, art. 258, nella formulazione precedente all'entrata in vigore  del presente decreto ha natura di norma interpretativa e non  innovativa, con la conseguenza che dette sanzioni sono applicabili ai  fatti commessi antecedentemente alla entrata in vigore del D.Lgs. n.  121 del 2011.
 Alla luce delle considerazioni appena svolte appare dunque evidente  che la lettura delle disposizioni richiamate effettuata dai giudici  del merito deve ritenersi non corretta.
 13. I formulari di identificazione dei rifiuti (F.I.R.).  Altro aspetto rilevante della questione trattata riguarda la corretta  individuazione della natura dei F.I.R. (formulari di identificazione  dei rifiuti), rispetto ai quali la Corte territoriale ha escluso,  nella decisione impugnata, la natura di mero documento di trasporto,  attribuendo loro, invece, natura certificativa della tipologia del  rifiuto trasportato.
 Sulla base di tale conclusione i giudici del gravame, dopo aver  affermato che il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario non  sarebbe più sanzionato dopo la modifica dell'art. 258, ad opera del  D.Lgs. n. 205 del 2010, aderendo così all'indirizzo interpretativo  appena confutato, sono pervenuti comunque alla reiezione dello  specifico motivo di appello ritenendo in ogni caso configurato il  reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, in ragione,  appunto, del fatto che il trasporto era stato effettuato in base a  documentazione inidonea ad attestare la natura di quanto trasportato.  L'assunto, tuttavia, non è corretto.
 13.1. I formulari di identificazione dei rifiuti sono contemplati dal  D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 193. Tale disposizione, come si è detto  in precedenza, ha subito nel tempo diverse modifiche, la più  rilevante delle quali è quella ad opera del D.Lgs. n. 205 del 2010,  che, come pure si è ricordato, lo ha sostituito adattandone i  contenuti alle esigenze di operatività del SISTRI, sebbene, come  pure si è detto, deve comunque tenersi conto del più volte  richiamato D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 16, comma 2, che ne ha  differito l'entrata in vigore.
 Dopo la novella del 2010, altri interventi modificativi sono stati  effettuati dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con  modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, e dal D.L. 22 giugno  2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012,  n. 134.
 Considerando dunque la disciplina attualmente applicabile, riferibile  anche alla fattispecie in esame, deve ricordarsi che il formulario di  identificazione è richiesto per il trasporto di rifiuti effettuato  da enti o imprese e deve contenere alcuni dati essenziali (nome ed  indirizzo del produttore e del detentore; origine, tipologia e  quantità del rifiuto; impianto di destinazione; data e percorso  dell'instradamento; nome ed indirizzo del destinatario) la cui  presenza è imprescindibile, pur non escludendosi, comunque, la  possibilità che il formulario contenga ulteriori informazioni, come  emerge dal tenore letterale dell'art. 193, il quale prevede anche  ulteriori requisiti ed alcune esenzioni per determinate tipologie di  trasporto.
 Tenendo dunque conto dei contenuti e delle finalità del formulario,  dottrina e giurisprudenza hanno individuato le sostanziali differenze  tra detto documento ed il certificato cui fa sempre riferimento il  D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, che punisce, sempre  richiamando l'art. 483 c.p., la predisposizione di un certificato di  analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla  composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti  medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto.  Si tratta, evidentemente, di atti che hanno diversa natura giuridica,  poiché, come si è fatto rilevare, sebbene il formulario abbia una  sua specifica valenza in ragione dei dati che obbligatoriamente vi  sono contenuti e ad essi il legislatore abbia attribuito un rilievo  non secondario, in ragione delle finalità di compiuta  identificazione del rifiuto, come dimostra anche la previsione delle  specifiche sanzioni contemplate dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258,  nondimeno esso si concreta in una mera attestazione del privato,  avendo, in sostanza, un contenuto meramente dichiarativo.  Diversamente, il certificato si distingue dal formulario in ragione  del fatto che esso, per definizione, risponde ad una esigenza di  certezza pubblica e proviene da soggetto qualificato ed abilitato  all'esercizio di una specifica professione che, nel caso previsto dal  D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comporta l'esternazione di dati  precedentemente acquisiti attraverso specifiche metodologie  concernenti natura, composizione e caratteristiche del rifiuto, tanto  che, si è osservato, la specifica violazione prevista dalla  disposizione in esame si porrebbe in rapporto di specialità rispetto  al reato di cui all'art. 481 c.p..
 Del resto, la diversità tra formulario e certificato risulta  evidente anche dalla stessa formulazione della norma incriminatrice,  che, con riferimento al primo, prevede la sanzione penale  considerando esclusivamente i rifiuti pericolosi, mentre la  predisposizione e l'uso del certificato falso prescinde da tale  specificazione ed è conseguentemente applicabile anche ai rifiuti  pericolosi.
 Inoltre, la predisposizione di un falso certificato di analisi viene  sanzionata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, senza alcun  riferimento all'attività di trasporto, diversamente da quanto  avviene per i formulari, prevedendo quale diversa ed autonoma  condotta quella dell'uso di un certificato falso durante il  trasporto.
 13.2. In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di questa  Corte (Sez. 3^ n. 1040, 29 maggio 2000) con riferimento alla  previgente disciplina dettata dall'ormai abrogato D.Lgs. n. 22 del  1997, allorché, premettendo che la ratio ispiratrice della  disciplina del trasporto i rifiuti è quella di consentire agli enti  competenti un controllo puntuale di tutte le attività di gestione e  movimentazione dei rifiuti, ricordava come la pena di cui all'art.  483 c.p., è applicabile anche "(...) a chi, indipendentemente dal  trasporto di rifiuti, nel predisporre un certificato di analisi di  rifiuti (pericolosi o no), fornisce false indicazioni sulla natura  chimico-fisica degli stessi; ovvero a chi fa uso di un certificato  falso durante il trasporto dei rifiuti (pericolosi o no)".  13.3. Date tali premesse deve dunque affermarsi che il formulario di  identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo  della natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di  documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque  natura prettamente dichiarativa, con la conseguenza che, a differenza  di ciò che avviene per la predisposizione di un certificato di  analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla  composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti  medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto, non  sonno applicabili le sanzioni penali stabilite dal D.Lgs. n. 152 del  2006, art. 258, con richiamo all'art. 483 c.p..
 14. I residui motivi di ricorso.
 Passando all'esame del terzo motivo di ricorso, deve rilevarsi che lo  stesso, nel dedurre il vizio di motivazione, formula censure in fatto  finalizzate alla prospettazione di una diversa lettura delle  emergenze probatorie rispetto a quella effettuata dai giudici del  merito.
 Invero, l'accertamento concernente la qualificazione del rifiuto,  l'accertamento della sua natura e l'attribuzione allo stesso del  codice CER corrispondente, costituisce mero accertamento in fatto  che, in quanto tale, resta sottratto al giudizio di legittimità, non  essendo compito di questa Corte quello di ripetere l'esperienza  conoscitiva del giudice di merito.
 Nella fattispecie, i giudici del gravame, con motivazione adeguata e  scevra da salti logici o evidenti contraddizioni, hanno dato atto del  fatto che, attraverso l'escussione di testimoni e l'espletamento di  una perizia, si era accertato, attraverso una verifica di 25 tra i 47  "pacchi di carrozzeria" trasportati e sequestrati perché  all'apparenza contaminati da plastiche, vetro, oli, grassi e cavi  elettrici, che emergeva la presenza, in numerosi "pacchi"  controllati, di componenti pericolosi, constatando conseguentemente  la falsa attribuzione di un codice CER corrispondente a rifiuti  speciali non pericolosi (16.01.06) in luogo di quello che avrebbe  dovuto essere effettivamente attribuito (16.01.04). Il motivo di  ricorso risulta, conseguentemente, infondato.
 14.1. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il  quinto motivo di ricorso per ciò che concerne la censura riguardante  l'omessa motivazione sul diniego del beneficio della sospensione  condizionale a LA VALLE Francesco.
 Risulta invero dall'imputazione che ad entrambi i ricorrenti era  stata contestata la recidiva specifica e la Corte territoriale, nel  pronunciarsi sul motivo di gravame, ha ritenuto i precedenti penali  gravanti sull'imputato ostativi alla concessione del beneficio  richiesto.
 La censura è pertanto infondata, dovendosi infatti ricordare che la  valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la  concessione del beneficio della sospensione condizionale non richiede  l'esame tutti gli elementi indicati nell'art. 133 c.p., ben potendosi  questi limitare ad indicare quelli ritenuti prevalenti (Sez. 3^ n.  6641, 18 febbraio 2010; Sez. 4^ n.9540, 20 ottobre 1993; Sez. 1^ n.  6239, 30 aprile 1990).
 Tra i suddetti elementi rilevano finanche i precedenti giudiziari,  ancorché non definitivi, quali i procedimenti pendenti a carico  (Sez. 3^ n.9915, 11 marzo 2010; Sez. 2^ n.3851, 6 aprile 1991; Sez.  6^ n. 13122, 2 ottobre 1990; Sez. 4^ n. 5504, 2 giugno 1982).  14.2. Per ciò che concerne, invece, la mancata sostituzione della  pena detentiva, deve rilevarsi, invece, che nell'atto di appello  effettivamente entrambi i ricorrenti - come risulta da ripetuti  riferimenti alle "pene irrogate" - hanno censurato la mancata  sostituzione, da parte del primo giudice, della pena detentiva con  quella pecuniaria corrispondente ai sensi della L. n. 689 del 1981,  art. 53, o con altra sanzione sostitutiva e, sul punto, la Corte del  merito ha omesso di motivare.
 Ciò premesso, deve ricordarsi come la sostituzione delle pene  detentive brevi sia rimessa alla valutazione discrezionale del  giudice, il quale è tenuto a motivare l'eventuale diniego di una  richiesta in tal senso formulata dall'imputato (Sez. 1^ n. 25833, 4  luglio 2012).
 Si è tuttavia precisato che l'apprezzamento del giudice va espresso  tenendo conto dei parametri di cui all'art. 133 c.p., in quanto la  sostituzione è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per  la determinazione della pena, dovendosi prendere così in esame anche  le modalità del fatto e la personalità del condannato (Sez. 2^ n.  5989, 6 febbraio 2008).
 Ciò, tuttavia, non implica che detti parametri debbano essere tutti  esaminati, ben potendo il giudice motivare esclusivamente sugli  aspetti ritenuti decisivi, quali l'inefficacia della sanzione (Sez.  5^ n. 10941, 16 marzo 2011; Sez. 3^ n. 21265, 15 maggio 2003) o i  precedenti penali (Sez. 2^ n. 25085, 2 luglio 2010; Sez. 2^ n. 7811,  8 luglio 1992; Sez. 4^ n. 11402, 11 agosto 1990).
 Nella fattispecie manca, invero, qualsivoglia considerazione sulla  specifica richiesta dell'imputato da parte della Corte territoriale  e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio  sul punto.
 14.3. Per ciò che concerne, infine, il sesto motivo di ricorso, deve  rilevarsi che lo stesso concerne altra questione (eccessività della  pena) effettivamente dedotta nei motivi di appello.  Tale questione costituisce, senza dubbio, un "punto della decisione"  suscettibile di autonoma considerazione che, nella fattispecie, vi è  stata, avendo la Corte del merito osservato che la circostanza che  solo una parte dei rifiuti fosse pericolosa era stata verificata dal  primo giudice, considerata la "particolare equità" del trattamento  sanzionatorio inflitto.
 Si tratta, ad avviso del Collegio, di argomentazioni del tutto  sufficienti a giustificare il corretto esercizio del potere  discrezionale di determinazione della pena e dei criteri di  valutazione fissati dall'art. 133 c.p., non essendo richiesto al  giudice di procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo  elemento esaminato, ben potendo assolvere adeguatamente all'obbligo  di motivazione limitandosi anche ad indicarne solo alcuni o quello  ritenuto prevalente (v. Sez. 2^ n. 12749, 26 marzo 2008).
 Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte  			di appello di Reggio Calabria.
 Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013.
 Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2014
 
                    




