 Cass. Sez. III n. 29973 del 27 luglio 2011 (Ud. 21 giu. 2011)
Cass. Sez. III n. 29973 del 27 luglio 2011 (Ud. 21 giu. 2011)
Pre3s. Petti Est. Fanco Ric. Rigotti
Rifiuti. Trasporto
Con la decisione in esame la Corte ha affermato che il trasporto di rifiuti pericolosi senza il formulario di identificazione dei rifiuti o con formulario che riporti dati incompleti o inesatti, previsto come delitto dall'art. 258, comma quarto, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, non è più previsto dalla legge come reato. (In motivazione la Corte ha precisato che la nuova fattispecie dell'art. 260-bis, comma settimo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, introdotta dal D.Lgs. n. 205 del 2010, sanziona il trasporto di rifiuti pericolosi non accompagnato dalla copia cartacea della scheda SISTRI e non quello accompagnato dal F.I.R. o con un formulario con dati incompleti o inesatti). 
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. PETTI    Ciro              - Presidente  - del 21/06/2011
 Dott. FIALE    Aldo              - Consigliere - SENTENZA
 Dott. FRANCO   Amedeo       - est. Consigliere - N. 1451
 Dott. RAMACCI  Luca              - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDRONIO Alessandro M.     - Consigliere - N. 43338/2010
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 Rigotti Ignazio, nato a Trento l'11.6.1953;
 avverso la sentenza emessa il 19 maggio 2010 dalla corte d'appello di  			Trento;
 udita nella pubblica udienza del 21 giugno 2011 la relazione fatta  			dal Consigliere Amedeo Franco;
 udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore  			Generale Dott.ssa FODARONI Maria Giuseppina, che ha concluso per il  			rigetto del ricorso;
 udito il difensore avv. Vulcano Luigi in sostituzione dell'avv. Cilia  			Vincenzo.
 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 1. Rigotti Ignazio venne tratto a giudizio per rispondere: A) del  			reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, comma 4, e  			art. 259 c.p., comma 2 e art. 483 cod. pen. perché, quale legale  			rappresentante della srl F.lli Rigotti e quale responsabile tecnico,  			effettuava il trasporto di due vetture incidentate destinate alla  			demolizione in assenza di formulario; B) del reato di cui all'art.  			712 cod. pen. perché senza accertare la legittima provenienza  			acquistava una delle due suddette autovetture proveniente dal delitto  			di appropriazione indebita con il sospetto della illecita provenienza  			derivante dalla mancanza del certificato di proprietà del veicolo.  			2. Il tribunale di Trento, con sentenza emessa il 3 marzo 2009,  			assolse il Rigotti dai reati contestati per non aver commesso il  			fatto.
 3. A seguito di appello del pubblico ministero, la corte d'appello di  			Trento, con la sentenza in epigrafe, in riforma della sentenza di  			primo grado, dichiarò il Rigotti colpevole dei reati ascrittigli,  			condannandolo alla pena ritenuta di giustizia e con la confisca  			dell'autocarro Iveco.
 4. L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
 1) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della  			motivazione; violazione e falsa applicazione dell'art. 192 cod. proc.  			pen.. Osserva che erroneamente la corte d'appello ha ritenuto che il  			comportamento superficiale del dipendente sia sussumibile in una  			premeditata gestione illecita dei rifiuti. In realtà vi è stata  			solo la violazione del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 183 e 258,  			da parte dell'autore materiale Barbieri Maurizio, che era l'autista  			del camion. In ogni caso nella specie le autovetture trasportate non  			potevano qualificarsi come rifiuti pericolosi. Invero, ai sensi del  			D.Lgs. n. 209 del 2003 i veicoli possono qualificarsi come fuori uso  			soltanto al momento della consegna ad un centro di raccolta, mentre  			in base alle definizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152,  			possono considerarsi rifiuti pericolosi solo i veicoli fuori uso. I  			veicoli in questione conservavano ancora le loro targhe e non erano  			ancora stati consegnati ad un centro di raccolta, e quindi non erano  			veicoli fuori uso. Nemmeno emergeva la volontà di disfarsi degli  			stessi da parte dei proprietari, che ancora non avevano autorizzato  			la demolizione. Nella specie, pertanto, non trattandosi di trasporto  			di rifiuti pericolosi, era ravvisabile un illecito amministrativo,  			così come sostenuto dal Gip.
 Sostiene poi che erronea anche la condanna per violazione del D.Lgs.  			3 aprile 2006, n. 152, art. 259, che si riferisce alle spedizioni  			trasnazionali.
 2) travisamento delle emergenze processuali; contraddittorietà della  			motivazione; violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. in ordine alla  			mancanza dello elemento soggettivo dei reati contestati. Osserva che,  			trattandosi di delitto, non poteva essere addebitata al Rigotti,  			che era legale rappresentante della società, la responsabilità per  			un mero errore di un dipendente, di cui egli non era nemmeno a  			conoscenza.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 5. Preliminarmente deve osservarsi che non vi è stata nessuna  			condanna per il reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art.  			259. Il capo di imputazione, infatti, non si riferiva al comma 1 del  			suddetto art. 259, ed al reato ivi previsto, bensì soltanto al comma  			2 ed alla misura, ivi contemplata, della confisca obbligatoria del  			mezzo di trasporto in caso di sentenza di condanna o di  			patteggiamento per i reati di traffico illecito di cui all'art. 259,  			comma 1, o di trasporto illecito di cui all'art. 256 e art. 258,  			comma 4.
 6. Sempre preliminarmente, per quanto concerne l'imputazione di cui  			al capo A), deve rilevarsi che il testo del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.  			152, art. 258, comma 4, è stato sostituito dal D.Lgs. 3 dicembre  			2010, n. 205, art. 35. 11 vecchio testo, vigente al momento del fatto  			ed applicato dai giudici di merito, stabiliva che "Chiunque effettua  			il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'art. 193  			ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti" è  			punito con una sanzione amministrativa e che "si applica la pena di  			cui all'art. 483 c.p. nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi"  			ovvero a "chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di  			rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione  			e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di  			un certificato falso durante il trasporto". Il nuovo testo stabilisce  			invece che "le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti  			non pericolosi di cui all'art. 212, comma 8, che non aderiscono, su  			base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei  			rifiuti (SISTRI) di cui all'art. 188-bis, comma 2, lett. a), ed  			effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui  			all'art. 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o  			inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa" mentre "si  			applica la pena di cui all'art. 483 c.p. a chi, nella predisposizione  			dì un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni  			sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-  			fisiche dei rifiuti e a chi fa uso dì un certificato falso durante  			il trasporto". Il testo dell'art. 258, comma 4, attualmente in  			vigore, quindi, si riferisce alle imprese che trasportano i propri  			rifiuti e comunque non prevede più l'applicazione della sanzione  			penale per chi effettua il trasporto di rifiuti pericolosi senza il  			prescritto formulario o indica nel formulario dati incompleti o  			inesatti. Contemporaneamente, peraltro, con il D.Lgs. 3 dicembre  			2010, n. 205, art. 36, è stato introdotto nel D.Lgs. 3 aprile 2006,  			n. 152, l'art. 260 bis, che al comma 7 stabilisce che "il  			trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con  			la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove  			necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del  			certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti  			è punito con la sanzione amministrativa" e che "si applica la pena  			di cui all'art. 483 c.p. in caso di trasporto di rifiuti pericolosi".  			Il nuovo reato introdotto da questa disposizione, pertanto, riguarda  			il trasporto di rifiuti pericolosi non accompagnato dalla copia  			cartacea della scheda Sistri, e non quello non accompagnato dal  			formulario di cui all'art. 193 o con un formulario con dati  			incompleti o inesatti.
 7. Rileva peraltro il Collegio che in questa sede non è necessario  			approfondire le questioni derivanti dalla suddetta modifica  			legislativa e gli eventuali problemi di continuità normativa, in  			quanto deve ritenersi che la fattispecie oggetto del giudizio già  			sulla base della disciplina vigente all'epoca del fatto costituiva -  			in astratto - un illecito amministrativo e non un illecito penale. E  			ciò perché, da quanto emerge dalle due sentenze di merito, non  			risulta che si trattasse di rifiuti pericolosi e che quindi si  			dovesse applicare la sanzione penale prevista per il trasporto di  			rifiuti pericolosi dal vecchio testo dell'art. 258, comma 4.  			8. Secondo le disposizioni vigenti all'epoca del fatto, il D.Lgs. 3  			aprile 2006, n. 152, art. 184, dopo avere distinto tra rifiuti urbani  			e rifiuti speciali, comprendeva tra questi alla lett. i), comma 3  			(lettera peraltro ora soppressa dal D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 11)  			"i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti",  			mentre il comma 5 disponeva che "Sono pericolosi i rifiuti non  			domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco,  			nell'elenco di cui all'Allegato D alla parte quarta del presente  			decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte  			quarta" (l'attuale comma 5, come modificato dal D.Lgs. n. 205 del  			2010, art. 11, dispone invece che "L'elenco dei rifiuti di cui  			all'allegato D alla parte quarta del presente decreto include i  			rifiuti pericolosi e tiene conto dell'origine e della composizione  			dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione  			delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la  			determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L'inclusione di  			una sostanza o di un oggetto nell'elenco non significa che esso sia  			un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui  			all'art. 183").
 9. Ora l'allegato D alla parte quarta considera come rifiuti  			pericolosi sotto la categoria 16.01.04 i veicoli fuori uso, mentre  			considera come rifiuti non pericolosi i veicoli fuori uso  			appartenenti a diversi modi di trasporto (categoria 16.01) ed i  			veicoli fuori uso, non contenenti liquidi ne' altre componenti  			pericolose (categoria 16.01.06).
 Pertanto, affinché un veicolo sia considerato pericoloso, è  			necessario non solo che esso sia fuori uso, ma anche che contenga  			liquidi o altre componenti pericolose, perché altrimenti rientra  			nella categoria 16.01.06 e non è qualificato come pericoloso. Ora,  			la sentenza impugnata non ha nemmeno in via presuntiva affermato che  			i veicoli in questione contenessero liquidi o altre componenti  			pericolose.
 10. In ogni modo, anche immaginando che debba presumersi che detti  			veicoli essendo diretti alla demolizione contenessero tali elementi,  			resta il fatto che, per stabilire quando un veicolo debba  			normativamente qualificarsi come veicolo fuori uso, deve farsi  			riferimento al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 (Attuazione della  			direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso), che,  			innanzitutto, all'art. 3, comma 1, lett. b), stabilisce che deve  			intendersi per "veicolo fuori uso", un veicolo a fine vita che  			costituisce un rifiuto ai sensi della normativa generale sui rifiuti,  			ossia quando il detentore se ne sia disfatto, o abbia deciso di  			disfarsene o abbia l'obbligo di disfarsene. L'art. 3, successivo  			comma 2, poi, specifica che "un veicolo è classificato fuori uso ai  			sensi del comma 1, lettera b): a) con la consegna ad un centro di  			raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto  			autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso ... (disposizione  			sostituita dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 149, art. 2); b) nei casi  			previsti dalla vigente disciplina in materia di veicoli a motore  			rinvenuti da organi pubblici e non reclamati; c) a seguito di  			specifico provvedimento dell'autorità amministrativa o giudiziaria;
 d) in ogni altro caso in cui il veicolo, ancorché giacente in area  			privata, risulta in evidente stato di abbandono".
 Nel caso in esame - escluse evidentemente le ipotesi di cui alle  			lett. b), c) e d) - va ricordato che già il GIP, con il
 provvedimento di dissequestro, aveva esattamente rilevato che nella  			specie non sussistevano ancora, al momento del trasporto, le  			condizioni perché i veicoli potessero definirsi fuori uso, poiché  			gli stessi erano ancora funzionanti e dotati di targa, e quindi se  			anche la loro destinazione in concreto era la rottamazione, era  			tuttavia ancora possibile che ne venissero distolti, con una sorta di  			retrocessione. Il giudice di primo grado ha aderito a questa  			interpretazione, anche in considerazione della ragion d'essere della  			norma penale, che non è certo destinata alla incriminazione di  			violazioni meramente formali, quali quella in contestazione.  			Deve qui convenirsi sulla soluzione preferita sia dal GIP sia dal  			giudice di primo grado, in quanto dalle sentenza di merito non  			emergono gli elementi di fatto richiesti dalla legge per qualificare  			le autovetture nella specie trasportate come veicoli fuori uso. Il  			D.Lgs. n. 209 del 2003, citato art. 3, comma 2, lett. a), difatti,  			prescrive che questa qualifica si acquista "con la consegna ad un  			centro dì raccolta", consegna che poi può essere fatta o  			direttamente dal detentore o tramite soggetto autorizzato al  			trasporto. Come si desume anche dal segno della virgola apposto  			subito dopo la parola "consegna", il veicolo diventa normativamente  			veicolo "fuori uso" solo con la materiale consegna al centro di  			raccolta e non già con la consegna ad un trasportatore autorizzato.  			Esattamente il Gip aveva rilevato che, essendo i veicoli ancora  			funzionanti e muniti di targa, essi avrebbero potuto anche non essere  			consegnati al centro di raccolta e rimessi in circolazione.  			In questo senso del resto si è già pronunciata la giurisprudenza di  			questa Corte, che ha fatto sempre riferimento alla "materiale  			consegna a un centro di raccolta" e non alla semplice consegna ad un  			trasportatore (v. Sez. 3, 23.6.2005, n. 33789, Bedini, m. 232489;
 Sez. 3, 13.4.2010, n. 22035, Brilli, m. 247625). D'altra parte, siamo  			in campo penale e va quindi preferita una interpretazione  			restrittiva.
 Ne consegue che non risulta la prova della sussistenza degli elementi  			richiesti perché le due autovetture oggetto del giudizio possano  			normativamente qualificarsi come "veicoli fuori uso" e, di  			conseguenza, rientrino nella categoria dei rifiuti pericolosi.  			Pertanto, anche alla stregua del vecchio testo del D.Lgs. 3 aprile  			2006, n. 152, art. 258, comma 4, il fatto costituiva l'illecito  			amministrativo previsto dal primo periodo della disposizione e non  			l'illecito penale previsto dal secondo periodo.
 11. In ordine alla contestazione di cui al capo A), dunque, la  			sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il  			fatto non è previsto dalla legge come reato. Deve conseguentemente  			disporsi la trasmissione di copia degli atti relativi a tale illecito  			alla Provincia di Trento, autorità competente per l'illecito  			amministrativo. Consegue anche la caducazione della statuizione sulla  			confisca dell'autocarro Iveco. Gli altri motivi relativi alla  			sussistenza dello elemento psicologico ed alla riconducibilità  			dell'illecito (anche) al Rigotti, invece che al solo autista  			Barbieri (come ritenuto dal giudice di primo grado) restano  			assorbiti ponendo questioni che sono ormai di competenza della  			autorità amministrativa.
 12. È fondato anche il secondo motivo di ricorso, perché  			effettivamente la motivazione della sentenza impugnata in ordine al  			reato di cui all'art. 712 cod. pen. è apodittica e manifestamente  			illogica sulla sussistenza sia dell'elemento oggettivo sia di quello  			soggettivo di tale reato nonché sulla riconducibilità del reato  			stesso al Rigotti. Sul punto invero la sentenza impugnata si è  			limitata ad affermare che la responsabilità del Rigotti per il  			reato di cui al capo B) deriva dal fatto che è stata presa in  			consegna e recapitata presso la sede dell'impresa del Rigotti  			l'autovettura Alfa Romeo in assenza del certificato di proprietà. È  			palese la manifesta illogicità dell'argomentazione, dal momento che  			è pacifico che i carabinieri fermarono l'autocarro Iveco lungo il  			percorso, prima ancora che arrivasse presso la sede dell'impresa di  			cui è legale rappresentante l'imputato. Non risulta quindi che  			questi abbia mai ricevuto e preso in consegna l'Alfa Romeo in  			questione, se non forse quando fu ivi portata dai carabinieri, il che  			però non equivale ad avere volontariamente ricevuto la cosa. La  			corte d'appello osserva poi che l'importanza del certificato di  			proprietà era certamente nota al Rigotti, imprenditore  			commerciale, sicché la mancanza di tale certificato doveva fargli  			sorgere il sospetto di una illecita provenienza del veicolo. Anche  			per questa parte, però, la motivazione è manifestamente illogica  			perché non risulta che vi sia la prova che il Rigotti avesse avuto  			conoscenza della mancanza del certificato di proprietà e che ciò  			nonostante avesse ricevuto l'auto.
 D'altra parte, contrariamente alla sentenza di primo grado (che aveva  			affermato l'estraneità del Rigotti a tutta la vicenda,  			riconducibile al solo autista) la corte d'appello ha ritenuto la  			responsabilità dell'imputato per il delitto contestato al capo A)  			perché la presenza nell'azienda di alcuni formulari di  			accompagnamento già in parte riempiti avrebbe dimostrato una  			"sistematica assenza di ogni considerazione verso i doveri imposti  			dalla normativa da parte dell'imprenditore" e cioè una sistematica  			ed organizzata volontà di organizzare i trasporti con formulari  			incompleti. Se però dalla presenza di alcuni formulari incompleti la  			corte d'appello ha desunto la prova di una sistematica effettuazione  			di trasporti di rifiuti con formulari incompleti, da ciò tuttavia  			non può anche dedursi una sistematica attività riconducibile al  			Rigotti di ricezione di autovetture prive del certificato di  			proprietà e quindi di sospetta provenienza da reato, dal momento che  			non risulta essere stata rinvenuta nella sede dell'azienda  			documentazione relativa ad altre vetture prive del certificato di  			proprietà. In altre parole, la motivazione utilizzata dalla corte  			d'appello per ricondurre al Rigotti (anziché al solo autista) la  			responsabilità per la presenza di un formulario incompleto  			(motivazione sulla cui congruità non spetta ormai a questa Corte  			giudicare) non può valere per ricondurre al Rigotti anche la  			responsabilità per avere ricevuto un'auto priva del certificato di  			proprietà, ma occorre, a tal fine, la prova di un concorso morale o  			materiale del Rigotti nella condotta dell'autista che ha  			materialmente accettato l'auto pur in assenza del certificato di  			proprietà di cui al capo B), dunque, la sentenza impugnata deve  			essere annullata per vizio di motivazione con rinvio ad altra sezione  			della corte d'appello di Trento per nuovo giudizio.
 P.Q.M.
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 annulla senza rinvio la sentenza impugnata in ordine alla imputazione  			di cui al capo A) perché il fatto non è previsto dalla legge come  			reato.
 Annulla la medesima sentenza in ordine alla contravvenzione di cui  			all'art. 712 cod. pen. con rinvio ad altra sezione della corte  			d'appello di Trento per nuovo esame.
 Dispone trasmettersi copia degli atti relativi all'illecito  			amministrativo alla Provincia di Trento.
 Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione,  			il 21 giugno 2011.
 Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2011
 
                    




