 Cass. Sez. III sent. 7114 del 23 febbraio 2010 (Cc 27 gennaio 2010)
Cass. Sez. III sent. 7114 del 23 febbraio 2010 (Cc 27 gennaio 2010) 
 Pres. Fiale Est. Fiale Ric. Viola ed altro 
 Urbanistica. Inizio lavori. Vincolo archeologico 
 
 I lavori edilizi debbono ritenersi “iniziati” quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portami, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio. Va salvaguardata, infatti, l’esigenza di evitare che il termine prescritto per il loro inizio possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici. I soli lavori di sbancamento — non accompagnati dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l’effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di addivenire al compimento dell’opera assentita, attraverso un concreto, continuativo e durevole impiego di risorse finanziarie e materiali — non possono ritenersi idonei a dare dimostrazione dell’esistenza dei presupposti indispensabili per configurare un effettivo inizio dei lavori. 
 Il vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, lett. m), del D.Lgs. n. 42/2004 tratta di zona di interesse archeologico già individuata”. In tale categoria legislativa il particolare aspetto meritevole di protezione non risiede nell’elemento morfologico, bensì in quello ubicazionale, in quanto l’ambito territoriale viene connotato come meritevole di tutela paesistica, indipendentemente da un intrinseco pregio paesistico o morfologico, per la relazione spaziale con particolari presenze di rilievo archeologico, sicché il tipo di zona in questione è protetto per l’attitudine che il suo profilo presenta alla conservazione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico in esso localizzato. Si tratta di una tutela distinta da quella di cui alla legge 1.6.1939, n. 1089, avendo ad oggetto non già i beni riconosciuti di interesse archeologico ma piuttosto il territorio nel quale essi insistono. L’interesse archeologico, infatti, dopo la legge n. 431/1985, costituisce oggetto di due tipi di tutela ai quali si correlano due distinti titoli autorizzatori: quello riferito al patrimonio storico-artistico (di cui alla legge n. 1089/1939) e quello paesistico, riguardanti ambiti che non si sovrappongono, per la diversità dell’oggetto materiale oltre che delle dimensioni spaziali.
 
 SENTENZA N. 147
 
 REG. GENERALE N. 31501/2009
 
 
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
 
 
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg,ri Magistrati:
 
 
 
 Dott. ALDO FIALE                                    - Rel. Presidente
 Dott. AGOSTINO CORDOVA                     - Consigliere
 Dott. LUIGI. MARINI                                  - Consigliere
 Dott. GIULIO SARNO                                - Consigliere
 Dott. SANTI GAllARA                                - Consigliere
 
 
 ha pronunciato la seguente
 
 
 SENTENZA
 
 
 sul ricorso proposto da:
 1) VIOLA GIUSEPPE N. IL xx/xx/xxxx
 2) BRUNETTI LUANA N. IL xx/xx/xxxx
 - avverso l'ordinanza n. 113/2009 TRIB. LIBERTA' di ROMA, del 16/04/2009
 - sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
 
 - sentite le conclusioni del PG .Dott. Giocchino Izzo, il quale ha  chiesto il rigetto del ricorso;
 - Uditi i difensori Avv.: Stefano Giorgio, il quale ha concluso  chiedendo l'accoglimento del ricorso.
 
 
 FATTO E DIRITTO
 
 
 Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 16.4.2009, rigettava l'appello  proposto nell'interesse di Viola Giuseppe e Brunetti Luana avverso il  provvedimento 12.12.2008 con cui il G.I.P. del Tribunale di  Civitavecchia aveva respinto la richiesta di revoca del sequestro  preventivo di tre unità immobiliari (ciascuna delle dimensioni di circa  110 mq.) site in territorio agricolo del Comune di Cerveteri.
 
 
 La misura cautelare reale risulta disposta, sul presupposto che l'area  interessata dall'intervento edilizio sia assoggettata anche a vincolo  paesaggistico, in relazione agli ipotizzati reati di cui agli artt. 44,  lett. c), D.P.R. n. 380/2001 e 181 D.Lgs. n. 42/2004, per inizio dei  lavori oltre il termine di un anno fissato nel permesso di costruire e  prosecuzione degli stessi dopo la decadenza di detto titolo abilitativo,  intervenuta il 25.6.2005.
 
 
 Gli indagati avevano chiesto la revoca di detta misura, evidenziando che  l'autorità comunale "il 19.11.2008 aveva emesso decreto di  archiviazione della procedura amministrativa riguardante il movimento di  terreno intorno ai tre fabbricati per la realizzazione di due aree  porticate".
 
 
 Il G.I.P., a sua volta, aveva rigettato l'istanza, rilevando che  l'archiviazione amministrativa, indicata come elemento di favore dai  richiedenti, non riguardava gli abusi per cui si procede, bensì "una  violazione diversa e di minore entità" rilevata dalla polizia  giudiziaria. Aveva evidenziato, altresì, la permanente attualità di un  concreto "periculum in mora", tenuto anche conto che i richiedenti  medesimi erano stati denunziati, in data 11.4.2008, per violazione dei  sigilli con prosecuzione delle opere abusive.
 
 
 Avverso l'ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso il difensore degli  indagati, per violazione di legge, eccependo che:
 a) l'area interessata dall'edificazione non sarebbe sottoposta ad alcun  vincolo paesistico e per quei lavori edilizi, comunque, era stato  rilasciato nulla-osta 3.8.2001 della Soprintendenza archeologica  dell'Etruria meridionale;
 b) l'intervenuta archiviazione amministrativa escluderebbe ogni profilo  di illiceità penale dell'intervento;
 c) il Tribunale avrebbe ritenuto il mancato inizio dei lavori entro  l'anno per effetto di una erronea valutazione degli elementi di prova ed  in particolare della documentazione fotografica prodotta dalla difesa:  nella fattispecie, infatti, il permesso di costruire era stato  rilasciato il 12 giugno 2002 e nell'acquisita fotografia aerea del  luglio 2002 sarebbero "ben visibili gli sbancamenti di terreno proprio  in corrispondenza dei tre manufatti ... evidentemente prodromici  all'imminente edificazione". Le tre costruzioni, inoltre, al 16 novembre  2006 erano accatastate e vennero acquistate dai ricorrenti con atto  notarile del 23 gennaio 2007;
 d) non potrebbe ravvisarsi "periculum in mora' a fronte di costruzioni  ormai ultimate ed inidonee a cagionare aggravamento del c.d. carico  urbanistico.
 
 
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 Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
 
 
 1. Quanto all'accertamento di fatto riguardante il mancato inizio dei  lavori entro l'anno dal rilascio del titolo abilitativo, deve rilevarsi  che:
 - L'art. 15, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 sancisce la decadenza del  permesso di costruire per decorso del termine di inizio o di ultimazione  dei lavori.
 La legge non precisa la nozione di "inizio dei lavori': tale nozione,  però, secondo l'interpretazione giurisprudenziale costante, deve  intendersi riferita a concreti lavori edilizi.
 In questa prospettiva i lavori debbono ritenersi "iniziati" quando  consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell'impianto  del cantiere, nell'innalzamento di elementi portanti, nella elevazione  di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle  fondazioni del costruendo edificio.
 Va salvaguardata, infatti, l'esigenza di evitare che il termine  prescritto possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e  simbolici.
 I soli lavori di sbancamento - non accompagnati dalla compiuta  organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare  l'effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di  addivenire al compimento dell'opera assentata, attraverso un concreto,  continuativo e durevole impiego di risorse finanziarie e materiali - non  possono ritenersi idonei a dare dimostrazione dell'esistenza dei  presupposti indispensabili per configurare un effettivo inizio dei  lavori.
 
 
 Nella fattispecie in esame non risulta, in particolare, quanto alle  argomentazioni difensive riguardanti le fotografie aeree del luglio  2002, che gli scavi che i ricorrenti ritengono in esse individuabili  possano qualificarsi come scavi di fondazione, caratterizzati da quel  "cospicuo movimento di terra, anche in profondità, idoneo a contenere la  platea di fondazione".
 
 
 L'epoca di accatastamento dei manufatti (16.11.2006) è assolutamente  irrilevante ai fini dell'individuazione della data inizio dei lavori ed è  altresì di gran lunga successiva a quella fissata per l'ultimazione  degli stessi (25.6.2005).
 
 
 2. Corrette devono ritenersi le argomentazioni svolte dal Tribunale  circa la insussistenza di un rapporto di pregiudizialità fra  l'accertamento amministrativo sul quale si fondava la richiesta di  dissequestro degli indagati ed il giudizio penale, trattandosi di  procedure aventi "oggetto assai diverso fra loro", tenuto conto che la  procedura amministrativamente archiviata riguarda solo una parte  dell'abuso, limitata alle opere di sbancamento per la realizzazione di  due aree porticate e non anche il complesso delle tre edificazioni.
 
 
 3. Alla stregua di quanto può dedursi dalla stessa formulazione del  ricorso in esame, la zona territoriale in oggetto appare assoggettata a  vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 142, lett. m), del D.Lgs. n.  42/2004 [già art. 146, 10 comma, lett. m) del D.Lgs. n. 490/1999],  trattandosi di "zona di interesse archeologico già individuata".
 In tale categoria legislativa il particolare aspetto meritevole di  protezione non risiede nell'elemento morfologico, bensì in quello  ubicazionale, in quanto l'ambito territoriale viene connotato come  meritevole di tutela paesistica, indipendentemente da un intrinseco  pregio paesistico o morfologico, per la relazione spaziale con  particolari presenze di rilievo archeologico, sicché il tipo di zona in  questione è protetto per l'attitudine che il suo profilo presenta alla  conservazione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico in  esso localizzato.
 Si tratta di una tutela distinta da quella di cui alla legge 1.6.1939,  n. 1089, avendo ad oggetto non già i beni riconosciuti di interesse  archeologico ma piuttosto il territorio nel quale essi insistono.  L'interesse archeologico, infatti, dopo la legge n. 431/1985,  costituisce oggetto di due tipi di tutela ai quali si correlano due  distinti titoli autorizzatori: quello riferito al patrimonio  storico-artistico (di cui alla legge n. 1089/1939) e quello paesistico,  riguardanti ambiti che non si sovrappongono, per la diversità  dell'oggetto materiale oltre che delle dimensioni spaziali.
 
 
 Nella fattispecie in esame non risulta rilasciata autorizzazione  paesaggistica (ma soltanto nulla-osta della Soprintendenza archeologica)  ed in proposito appare opportuno altresì ricordare che, in ogni caso,  dopo il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, l'intervento deve  essere avviato e portato a compimento in un arco temporale di cinque  anni, decorso il quale - a norma dell'art. 16 del R.D. 3.6.1940, n. 1357  (disposizione da ritenersi ancora vigente ai sensi dell'art. 158 del  Digs. n. 42/2004) - il provvedimento medesimo cessa di avere efficacia e  l'esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova  autorizzazione.
 
 
 4. In tema di sequestro preventivo, il "periculum in mora" va inteso in  senso oggettivo come probabilità di danno futuro in conseguenza  dell'effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa, che può  derivare non solo dalla potenzialità della res oggetto del provvedimento  cautelare di recare una lesione all'interesse protetto dalla norma  penale, ma anche dalla semplice possibilità di contribuire al  perfezionamento del reato, lasciando ovviamente alla sede di merito la  possibilità dì escluderlo in base alle successive risultanze.
 Nella fattispecie in esame non risulta che i tre fabbricati, al momento  del sequestro, fossero ultimati in tutte le loro parti, comprese le  rifiniture esterne ed interne e, secondo la non contestata impostazione  accusatoria, i lavori sono stati proseguiti anche con violazione dei  sigilli.
 Tanto illustra, ad evidenza, la sussistenza del pericolo attuale della  libera disponibilità degli immobili e del volontario aggravamento  dell'offesa ai beni protetti dalla norme giuridiche violate.
 Né assume alcun rilievo la circostanza che un titolo abilitativo sia  stato comunque in precedenza rilasciato, allorché si consideri che  l'amministrazione comunale, in sede di rilascio di nuovo permesso  susseguente alla decadenza di altro già assentito, non può ritenersi  vincolata da quello precedentemente dato, poiché si trova di fronte ad  una istanza del tutto nuova, da esaminare in relazione alle condizioni  di fatto e di diritto esistenti al momento della presentazione [vedi  pure, sul punto, C. Stato, Sez. IV, ordinanza cautelare 25.2.2005, n.  966].
 
 
 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna di ciascun ricorrente al  pagamento delle spese del procedimento.
 
 
 P.Q.M.
 La Corte Suprema di Cassazione,
 
 
 visti gli arti. 127 e 325 c.p.p.,
 rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle  spese processuali.
 
 
 
 Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 27.1.2010
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 23/02/2010
 
                    




