 Cass. Sez. III n. 16392 del 27 aprile 2010 (Cc.17 feb. 2010)
Cass. Sez. III n. 16392 del 27 aprile 2010 (Cc.17 feb. 2010)
Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Santonicola ed altro
Urbanistica. Interventi in parziale difformità in area vincolata e sequestro penale
Il sequestro preventivo è giustificato anche nell’ipotesi di difformità parziali, perché anche tali difformità costituiscono reato, sanzionato dall’art. 44, lett. a), del TU. n. 380/2001. Tuttavia, ai sensi dell’art 32, 3 comma, del T.U. n. 380/2001 — per gli interventi eseguiti in zone assoggettate a vincolo paesaggistico, nel caso in cui l’opera sia difforme da quella autorizzata con il permesso di costruire, non c’e spazio per l’applicazione della meno grave fattispecie di cui alla lettera a) dell’art. 44, poiché ogni difformità dal progetto, anche se di minima rilevanza, costituisce abuso punito ai sensi dell’art. 44, lett. C), dello stesso T.U.  E’ indifferente, in tal caso, ai fini della qualificazione giuridica del reato, distinguere tra le categorie della difformità (totale o parziale) e della variazione essenziale (integrando questa una tipologia di abuso edilizio che si pone a livello intermedio tra la difformità totale e la difformità parziale dal permesso di costruire), poiché è proprio l’art. 32, 3 comma, del TU. n. 380/2001 a prevedere che, in presenza del vincolo paesaggistico, tutti gli interventi realizzati in difformità dal titolo abilitativo (anche quelli che normalmente si configurano come semplici difformità parziali) sono considerati ai fini penali come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali.
UDIENZA del 17.02.2010
SENTENZA N. 285
REG. GENERALE N. 30261/2009
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli  lll.mi  Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALDO  GRASSI                                             - Presidente
 Dott. CIRO PETTI                                                  - Consigliere 
 Dott. ALDO FIALE                                                 - Consigliere Rel.
 Dott. SILVIO AMORESANO                                   - Consigliere 
 Dott. GIULIO SARNO                                             - Consigliere
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) SANTONICOLA PASQUALE N. IL xz/xz/xzxz
 2) GALLO TERESA N. IL xx/xx/xxxx
 - avverso l'ordinanza n. 83/2009 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del  11/03/2009
 - sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE: sentite  le  conclusioni del PG Dott. Giocchino Izzo il quale ha richiesto il rigetto  del  ricorso
 Udit i difensor AVV.Gerardo Gris, il quale ha concluso chiedendo  l'accoglimento  del ricorso.
 FATTO E DIRITTO
 Il Tribunale di Salerno, con ordinanza dell' 11.3.2009, rigettava  l'istanza di  riesame proposta nell'interesse di Santonicola Pasquale e Gallo Teresa  avverso  il provvedimento 2.2.2009 con cui il G.I.P. di quello stesso Tribunale -  in  relazione all' ipotizzato reato di cui all'art. 44, lett. c), del D.P.R.  n.  380/2001 - aveva disposto il sequestro preventivo di un fabbricato  interessato  da lavori edilizi, svolgentisi in difformità del permesso di costruire,  in zona  sottoposta a vincolo paesaggistico della frazione Ogliara del Comune di  Salerno.
 Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore degli  interessati, il  quale ha eccepito la insussistenza del fumus del reato  ipotizzato, in  quanto:
 - non risulterebbe, "dalla lettura e della disamina esegetica del capo  di  imputazione, che la zona in cui insiste l'erigendo fabbricato sia  sottoposta ad  alcun tipo di vincolo";
 - la descrizione della condotta illecita ascritta agli indagati, oltre a  doversi  ritenersi assolutamente insufficiente, non specifica comunque se  l'intervento  sia stato eseguito in difformità parziale o totale, in una situazione di  fatto  in cui "i maggiori volumi realizzati non sono suscettibili di  utilizzazione  autonoma o diversa rispetto all'opera assentita";
 - non sarebbero state poste in essere variazioni essenziali ed i  maggiori volumi  in corso di realizzazione costituirebbero meri volumi tecnici.
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 Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
 1. Alla stregua della  giurisprudenza di questa Corte Suprema, con le specificazioni indicate  dalle  Sezioni Unite con la sentenza 29,1.1997, ric. P.M. in proc. Bassi, nei  procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti  di  sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale,  al  quale e conferita esclusivamente la competenza a conoscere della  legittimità  dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a  verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi  endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni  potere  conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al  giudice  del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della  cognizione  incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di  utilizzare  surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento  sul "meritum  causae", così da determinare una non-consentita preventiva verifica  della  fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la  rigida  attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento.
L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati cosi come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica.
Il Tribunale del riesame, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro.
 2. Nella fattispecie in esame il Tribunale di Salerno risulta essersi  correttamente attenuto a tali principi, dal momento che quei giudici -  valutando  specificamente le prospettazioni difensive - hanno evidenziato la  sussistenza di  elementi univocamente significativi di una non irrilevante deformità  delle opere  realizzate rispetto a quelle assentite.
 In particolare, risulta accertato che il piano interrato, autorizzato  quale  rimessa e deposito per attrezzi agricoli, è stato sostanzialmente  inglobato  nella parte residenziale del fabbricato, con esclusione del previsto  accesso  esterno funzionale alla originaria destinazione d'uso rurale, e che è  stato  realizzato, inoltre, un ulteriore volume di mq. 53 circa non previsto in   progetto (che in via meramente assertiva viene ricondotto in ricorso  alla  categoria dei volumi tecnici).
 A norma dell'art. 31 del T.U. n. 380/2001 (e già dell'art. 7 della legge  n.  47/1985), devono ritenersi eseguite in totale difformità dal permesso di   costruire quelle opere "che comportano la realizzazione di un organismo  edilizio  integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche  o di  utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione  di  volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire  un  organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed  autonomamente  utilizzabile".
 La difformità totale si verifica, dunque, allorché si costruisca "aliud  pro alio"  e ciò è riscontrabile allorché i lavori eseguiti tendano a realizzare  opere non  rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e  novità, oltre  che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione  economico-sociale.
 Il concetto di difformità parziale si riferisce, invece, ad ipotesi tra  le quali  possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di  scarsa  consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non  abbiano  specifica rilevanza e non siano suscettibili di utilizzazione autonoma.
 Nella previsione legislativa in esame:
 a) l'espressione "organismo edilizio" indica sia una sola uniti  immobiliare sia  una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può  riconnettersi  sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all'effettuazione di  modificazioni  con opere anche soltanto interne tali da comportare un intervento che  abbia  rilevanza urbanistica in quanto incidente sull'assetto del territorio  attraverso  l'aumento del c.d. "carico urbanistico".
 Difformità totale può aversi, inoltre, anche nel caso di mutamento della   destinazione d'uso di un immobile o di parte di esso, realizzato  attraverso  opere implicanti una totale modificazione rispetto al previsto;
 b) il riferimento alla "autonoma utilizzabilità" non impone che il corpo   difforme sia fisicamente separato dall'organismo edilizio  complessivamente  autorizzato, ma soltanto che conduca alla creazione di una struttura  precisamente individuabile e suscettibile di un uso indipendente, anche  se  l'accesso a detto corpo sia possibile esclusivamente attraverso lo  stabile  principale.
 La fattispecie in oggetto è caratterizzata dalla realizzazione, in un  fabbricato  rurale, di ulteriori locali idonei ad uso residenziale: si profila ad  evidenza,  pertanto, l'intervenuta realizzazione di opere non rientranti tra quelle   autorizzate, per le diverse caratteristiche tipologiche e di  utilizzazione, che  hanno "una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo,  anche su  quello della valutazione economico-sociale".
 3. Il sequestro preventivo del resto - ben si giustificherebbe anche  nell'ipotesi di difformità parziali, perché, contrariamente a quanto  viene  prospettato in ricorso, anche tali difformità costituiscono reato,  sanzionato  dall'art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001.
 Deve ricordarsi, però, che - ai sensi dell'art. 32, 3° comma, dei T.U.  n.  380/2001 - per gli interventi eseguiti in zone assoggettate a vincolo  paesaggistico, nel caso in cui l'opera sia difforme da quella  autorizzata con il  permesso di costruire, non c'è spazio per l'applicazione della meno  grave  fattispecie di cui alla lettera a) dell'art. 44, poiché ogni difformità  dal  progetto, anche se di minima rilevanza, costituisce abuso punito ai  sensi  dell'art. 44, lett. c), dello stesso T.U. (vedi Cass., Sez. III:  23.5.1997,  Ciotti; 31.1.1994, n. 2733, Paolillo).
 E' indifferente nella specie, ai fini della qualificazione giuridica del  reato,  distinguere tra le categorie della difformità (totale o parziale) e  della  variazione essenziale (integrando questa una tipologia di abuso edilizio  che si  pone a livello intermedio tra la difformità totale e la difformità  parziale dal  permesso di costruire), poiché è proprio l'art. 32, 3° comma, del T.U.  n.  380/2001 a prevedere che, in presenza del vincolo paesaggistico, tutti  gli  interventi realizzati in difformità dal titolo abilitativo (anche quelli  che  normalmente si configurano come semplici difformità parziali) sono  considerati  ai fini penali come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità  totali.
 4. L'esistenza del vincolo paesaggistico, verificata dai verbalizzanti,  non  risulta contestata davanti al Tribunale.
 5. L'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ai  giudici del  merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi di segno  positivo,  della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie  affermazioni dei ricorrenti non valgono certo ad escludere la  configurabilità  del " limus" del reato ipotizzato.
 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento  delle  spese del procedimento.
 P.Q.M.
 la Corte Suprema di Cassazione,
 visti gli artt. 127 e 325 c.p.p.,
 rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti aI pagamento delle spese  processuali.
 Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 17.2.2010
 
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  27 APR. 2010
 
                    




