Cass. Sez. III n.35880 del 19 settembre 2008 (Cc. 25 giu. 2008)
Pres. De Maio Rel. Lombardi Ric. Mancinelli
Urbanistica. Pianificazione

L\'approvazione di interventi destinati a creare nuovi insediamenti abitativi in una zona per la quale P.R.G. subordina l\'attività edificatoria all\'adozione di Piani Particolareggiati ovvero di Piani di Lottizzazione Convenzionati, in assenza dei prescritti strumenti attuativi, rende necessaria, ai fini della legittimità dell\'intervento, la prova rigorosa della preesistenza e sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria, tali da rendere del tutto superfluo lo strumento attuativo.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 25/06/2008
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 788
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - N. 14554/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. LAVITELA Giuseppe e FAGIOLO Marco, difensori di fiducia di MANCINELLI Giuseppe, n. a San Lorenzo in Campo il 29.4.1936;
avverso l'ordinanza in data 22.9.2007 del Tribunale di Roma, con la quale è stato confermato il decreto di sequestro preventivo di immobili emesso dal G.I.P. del Tribunale di Velletri in data 3.7.2007. Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. MELONI Vittorio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori, Avv. Carmine Di Zenzo e Giuseppe Lavitela, che hanno concluso per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Roma ha confermato il decreto di sequestro preventivo di immobili emesso dal G.I.P. del Tribunale di Velletri in data 3.7.2007 nei confronti, tra gli altri, di Mancinelli Giuseppe, indagato dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 lett. c) e b), nonché, in concorso con tali
Bongirolami e Battistelli, pubblici funzionali quali dirigenti ed istruttori dell'Ufficio tecnico del Comune di Albano, anche del reato di cui agli artt. 110 e 323 c.p.. Si rileva in punto di fatto nell'ordinanza che, a seguito dell'esposto presentato da un consigliere comunale di Albano alla Procura della Repubblica, gli inquirenti avevano effettuato controlli in ordine alla legittimità dei permessi di costruire n. 31/02 e 71/04 rilasciati alla ditta Branchint e Mancinelli S.p.A. per la realizzazione di alcuni fabbricati ad uso abitativo. In relazione al permesso n. 31/02 si era accertato che l'intervento edilizio autorizzato insisteva sulle zone C5 e C6 del vigente PRG del Comune di Albano, qualificate zone di espansione residenziale, soggetta a piano di lottizzazione convenzionata; che in ordine alla possibilità di rilasciare il citato permesso di costruire, in assenza della lottizzazione, erano sorte contestazioni tra i vari organi del Comune, nonché tra l'Ente locale e la Regione con riferimento alla preesistenza di opere di urbanizzazione che avrebbero reso superfluo il piano di lottizzazione. La Regione Lazio, in particolare, non aveva condiviso le osservazioni fornite dal Comune a proposito della legittimità del permesso di costruire rilasciato ed aveva sollecitato interventi del predetto Ente locale in sede di autotutela anche con riferimento alla realizzazione di eccedenze volumetriche rispetto a quanto assentito. In relazione al permesso di costruire n. 71/04 la Regione Lazio era pervenuta ad analoghe conclusioni circa la necessità del Piano di lottizzazione e, per l'effetto, aveva sollecitato anche in tal caso interventi del Comune in sede di autotutela.
Inoltre nel corso di un sopraluogo effettuato dalla Regione Lazio per accertare l'effettiva eccedenza volumetrica delle costruzioni già realizzate era stata constatata, in zona limitrofa, la presenza di altri tre fabbricati per civile abitazione oggetto dei permessi di costruire n. 61, 62 e 64 del 2004, che venivano ritenuti parte di un'unica iniziativa edilizia unitamente alle opere di cui al permesso n. 71/04; valutazione dalla quale la Regione desumeva ulteriori elementi di riscontro alla necessità che gli interventi nel loro complesso fossero assentiti mediante un Piano di lottizzazione. Nel rigettare le numerose istanze di riesame della misura cautelare che aveva avuto ad oggetto tutti i fabbricati di cui ai citati permessi di costruire, istanze presentate oltre che dal Mancinelli dai terzi acquirenti delle singole unità immobiliari, il Tribunale del riesame, in sintesi, ha ritenuto pienamente condivisibile l'indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte e del Consiglio di Stato, secondo il quale il reato di lottizzazione abusiva si configura per la realizzazione di interventi che modifichino l'assetto edilizio ed urbanistico del territorio senza o in difformità della necessaria autorizzazione ed in violazione delle prescrizioni stabilite dagli strumenti urbanistici in una zona non adeguatamente urbanizzata. Tanto premesso, i giudici del riesame hanno ritenuto configurabile, nel caso in esame, il reato di lottizzazione abusiva, sulla base del rilievo che dagli atti ed in particolare dalle note della Regione Lazio e dai verbali di sopraluogo emergeva che le opere di urbanizzazione non esistevano alla data del rilascio dei permessi di costruire, in quanto realizzate successivamente. Il Tribunale ha altresì osservato che l'accertamento della correttezza del calcolo delle eccedenze volumetriche riscontrate dalla Regione doveva formare oggetto di verifica nel giudizio di merito e che dovevano ritenersi sussistenti le esigenze cautelari malgrado la ultimazione di parte degli immobili oggetto del sequestro.
Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso i difensori dell'indagato, che la denunciano per violazione di legge e vizi della motivazione. Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente osserva che gli interventi edilizi assentiti con i permessi di costruire n. 31/02 e 71/04 ricadono in zona C (espansione) e rispettivamente nelle sottozone C6 (parco privato) e C5 (villette) del vigente P.R.G. del Comune di Albano Laziale; che l'art. 22 del Norme Tecniche di Attuazione del predetto Piano Regolatore, che disciplina la zona C, stabilisce che l'edificazione venga approvata mediante Piani Particolareggiati ovvero mediante Piani di Lottizzazione convenzionati, disponendo che in tutte le sottozone dovranno essere rispettati i rapporti tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici in base ai criteri indicati nella tabella 2 delle N.T.A..
Si osserva, quindi, che i Piani Particolareggiati ed i Piani di Lottizzazione hanno la funzione di assoggettare aree, avulse da aggregati urbani, ad un processo di urbanizzazione tendente a conferire un nuovo assetto urbanistico ad una parte del territorio comunale e che, pertanto, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte e del Consiglio di Stato, ampiamente richiamato in ricorso, non è configurabile il reato di lottizzazione abusiva quando la nuova costruzione non presuppone la realizzazione di opere di urbanizzazione primarie e secondarie per essere le stesse già esistenti; che tale principio di diritto, peraltro, è stato recepito dall'art. 3, lett. c) delle citate N.T.A., che consente l'approvazione mediante normali progetti edilizi di opere conformi alle previsioni del P.R.G., ogni qual volta detti progetti ricadano "in complessi in massima parte urbanizzati o in corso di urbanizzazione, già dotati sufficientemente delle opere di urbanizzazione primaria ed in massima parte edificati". Tanto premesso in punto di diritto, si deduce che il Tribunale del riesame ha escluso la preesistenza delle opere di urbanizzazione primaria con motivazione manifestamente illogica e contraddittoria, fondata esclusivamente sulle argomentazioni svolte dal P.M. e dai suoi consulenti tecnici, nonché sulle informazioni e chiarimenti fomiti dalla Regione.
Si osserva, in sintesi, che i giudici di merito hanno erroneamente desunto la inesistenza delle opere di urbanizzazione primaria dal fatto che le stesse non erano riportate negli elaborati progettuali, poiché in proposito assume rilevanza l'esistenza delle opere di urbanizzazione e non la loro rappresentazione grafica; che, peraltro, l'ordinanza si riferisce alla inesistenza delle opere di urbanizzazione primaria, mentre solo la mancanza delle opere di urbanizzazione secondaria rende necessario il ricorso agli strumenti attuativi, secondo quanto deve desumersi dalla previsione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 12, comma 2; che inoltre la verifica dell'esistenze delle opere di urbanizzazione primaria deve essere effettuata con riferimento all'intero ambito territoriale, che nella specie risultava adeguatamente urbanizzato, e non alla sola area o ai singoli lotti in cui devono essere realizzate le nuove costruzioni;
che, pertanto, nel caso in esame, doveva essere considerato, quale ambito territoriale di riferimento, l'intera zona di Pavone in cui ricadono i lotti oggetto dell'intervento edilizio; zona che risultava già dotata di tutte le infrastrutture necessarie, che vengono analiticamente elencate, nonché delle opere di urbanizzazione secondaria, anche esuberanti rispetto all'insediamento abitativo dell'intera trazione Pavona.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge e vizi della motivazione dell'ordinanza con riferimento al sequestro delle costruzioni realizzate su altri tre lotti posti a confine con quello oggetto dell'intervento edilizio di cui al permesso di costruire n. 71/04.
Si deduce che tali lotti, per i quali sono stati rilasciati i permessi di costruire 61/04, 62/04 e 64/04, ricadono nella zona B5 del P.R.G., nella quale è espressamente consentita l'edificazione in via diretta, senza che sia necessaria l'approvazione degli strumenti attuativi; che, pertanto, tali lotti sono stati illegittimamente inseriti in un unico contesto che avrebbe reso necessario anche per essi l'approvazione di uno strumento di attuazione. Con l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge e vizi della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di un'eccedenza della volumetria realizzata rispetto a quella assentita. Si osserva che l'ordinanza ha rinviato all'accertamento di merito la verifica sul punto senza esaminare le deduzioni degli istanti. Si deduce, quindi, che la denuncia da parte della Regione di un'eccedenza volumetrica è stata fondata sull'errata misurazione e valutazione dei piani sottotetto dei fabbricati autorizzati con i permessi di costruire n. 31/02 e 71/04; che, infatti, tali piani sottotetto, ai sensi dell'art. 34 del Regolamento edilizio del Comune di Albano, non possono essere adibiti ad abitazione o uffici, in quanto la loro altezza media non raggiunge i mt. 2,70, e, pertanto, gli stessi non potevano essere computati nella volumetria complessiva dei fabbricati.
Con memoria difensiva depositata il 7.7.2008 il ricorrente ha sostanzialmente ribadito i precedenti motivi a sostegno della illegittimità dell'impugnato provvedimento.
Il ricorso non è fondato.
Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte "Il reato di lottizzazione abusiva si integra non soltanto in zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle parzialmente urbanizzate nelle quali si evidenzia l'esigenza di raccordo con l'aggregato abitativo preesistente o di potenziamento delle opere di urbanizzazione pregresse, così che per escluderlo deve essersi verificata una situazione di pressoché completa e razionale edificazione della zona, tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo." (sez. 3, 200420373, Iervolino, RV 228447; conf. sez. 3, 200303074, Russo, RV 223226).
Pertanto, anche la necessità di una integrazione delle infrastrutture primarie, che non siano esclusivamente funzionali alla utilizzazione di un singolo fabbricato, quale il singolo allacciamento alla rete fognaria, alla rete viaria ed altre strutture analoghe di modeste dimensioni, rende necessaria l'approvazione di un piano di lottizzazione (cfr. sez. 3, 20.1.2004 n. 20373, Iervolino, RV 228447).
Con riferimento alla fattispecie in esame va, peraltro, osservato che la necessità degli strumenti attuativi, e, cioè, di Piani Particolareggiati o di Lottizzazione Convenzionati, secondo gli stessi rilievi del ricorrente, era espressamente prevista con riferimento alla zona C dall'art. 22 delle N.T.A. di cui al P.R.G. del Comune di Albano.
Orbene, la giustizia amministrativa si espressa, con riferimento a detta ipotesi, in termini particolarmente rigorosi, affermando che "L'esonero dal piano di lottizzazione previsto in un piano regolatore generale può avvenire riguardo ai casi assimilabili a quello del "lotto intercluso", nel quale nessuno spazio si rinviene per un'ulteriore pianificazione, mentre detto esonero è precluso in caso di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto" (Cons. Stato, Sez. 5, 01/12/2003, n. 7799, Soc. P. C. Comune di Roma, in Foro Amm. CDS, 2003, 3742;
sostanzialmente conf. sez. 6, 3.11.2003 n. 6833, Min. Beni Culturali c. Maniviro S.r.l.)
Peraltro, è stato altresì reiteratamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa che la approvazione del piano di lottizzazione, a differenza del permesso di costruire, non è atto dovuto, pur se conforme al piano regolatore generale, ma costituisce sempre espressione di potere discrezionale dell'autorità chiamata a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale, (cfr. Cons. Stato, Sez. 4, 02/03/2004, n. 957; Cons. Stato, Sez. 4, 02/03/2001, n. 1181). Appare, pertanto, indubbio, alla luce degli enunciati principi di diritto, che l'approvazione di interventi destinati a creare nuovi insediamenti abitativi in una zona per la quale P.R.G., subordina l'attività edificatoria all'adozione di Piani Particolareggiati ovvero di Piani di Lottizzazione Convenzionati, in assenza dei prescritti strumenti attuativi, rende necessaria, ai fini della legittimità dell'intervento, la prova rigorosa della preesistenza e sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria, tali da rendere del tutto superfluo lo strumento attuativo.
Va, ancora, osservato in punto di diritto, con riferimento alle deduzioni di cui al primo motivo di gravame, che il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 12, comma 2, subordina il rilascio del permesso di
costruire proprio all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria, che hanno formato oggetto di valutazione da parte dei giudici del riesame, mentre a nulla rileva, nel caso in esame, l'esistenza, pur necessaria, delle opere di urbanizzazione secondaria.
Va, infine, rilevato che la valutazione del grado di urbanizzazione dell'area, tale da rendere superflua l'adozione degli strumenti attuativi, secondo i principi di diritto enunciati, costituisce una questione di fatto, che deve essere esaminata dal giudice di merito. Questione di fatto che, con riferimento alle misure cautelari reali, incontra il preciso limite, secondo il quale il giudice del riesame deve verificare esclusivamente la sussumibilità della ipotesi di reato oggetto di indagine nella fattispecie prevista dalla norma penale, secondo le prospettazioni del P.M., quali emergono dagli atti di indagine effettuati, non dovendo essere accertata l'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., sicché ogni ulteriore verifica in ordine alla fondatezza dell'accusa è riservata alla sede di merito (cfr. sez. un 23. 4.1993 n. 4, Gifuni; sez. un.4.5.2000 n. 7, Mariano, RV 215840 ed altro).
Orbene, il Tribunale del riesame ha correttamente applicato gli enunciati principi di diritto, avendo escluso la legittimità delle opere edilizie realizzate dal ricorrente e quindi, configurato il fumus del reato di lottizzazione, cosiddetta materiale, oggetto, tra gli altri, di indagine, per non essere state approvate tali opere mediante un piano di lottizzazione, così come prescritto dal PRG, e non essendovi prova della esistenza ed adeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria all'epoca del rilascio dei permessi di costruire, tali da rendere del tutto superfluo lo strumento attuativo.
In proposito in particolare i giudici di merito hanno correttamente fondato la valutazione sul punto, necessariamente sommaria in sede cautelare, sulle risultanze degli accertamenti eseguiti dalla Regione Lazio, di cui alle note in data 12.9.2006, 29.12.2006 e 25.5.2007, e dal consulente del P.M.; accertamenti la cui rilevanza accusatoria, secondo l'ordinanza, non è adeguatamente esclusa, allo stato, dalle deduzioni degli istanti per il riesame con particolare riferimento alle risultanze del verbale di sopralluogo del 30.7.2007 redatto nel contraddittorio delle parti.
In punto di fumus commissi delicti, inoltre, l'ordinanza impugnata ha anche evidenziato, quale fatto indubbiamente significativo della natura lottizzatoria dell'attività edilizia di cui si tratta, che il rilascio dei permessi di costruire n. 31/02 e 71/04 risultava condizionato alla cessione da parte del richiedente di superfici destinate ad aree pubbliche ed alla realizzazione di infrastrutture. Nè la riferita valutazione degli atti di indagine da parte dei giudici del riesame può essere censurata in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione, su cui è precipuamente fondato il primo motivo di gravame, non essendo lo stesso deducibile mediante il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti in materia di misure cautelari reali, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., comma 1, nè, tanto meno, può essere censurata mediante la richiesta di una più approfondita lettura delle risultanze processuali. Anche il secondo motivo di gravame è infondato.
L'ordinanza ha affermato, sulla base delle risultanze delle indagini, che le costruzioni realizzate in base ai permessi di costruire n. 61, 62 e 64 del 2004, pur essendo ubicate in zona B del PRG, fanno parte, unitamente a quelle di cui al permesso di costruire n. 71/04, di un unico complesso residenziale, per la cui realizzazione, pertanto, si rendeva necessaria l'approvazione di un piano di lottizzazione.
Detta valutazione è stata fondata dai giudici del riesame su precise circostanze fattuali, di indubbia rilevanza, quali la accertata interclusione delle aree in cui sono ubicati i fabbricati realizzati rispetto alla restante zona B, interclusione determinata dall'esistenza di un muro alto tre metri e di un profondo canale di raccolta delle acque meteoriche, sicché le relative particelle risultano nella impossibilità di fruire delle opere di urbanizzazione primaria esistenti nella predetta zona B, mentre ricevono acceso attraverso il lotto confinante, oggetto dell'intervento di cui al citato permesso di costruire n. 71/04, ubicato nella zona C.
Orbene anche la riportata valutazione dei citati elementi di fatto, emersi dalle indagini, non può essere censurata in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione o di una non adeguata lettura delle risultanze processuali.
È, infine, infondato l'ultimo motivo di gravame.
Le eccedenze volumetriche riscontrate, costituite dalla realizzazione di sottotetti, che non hanno formato neppure oggetto di contestazione in punto di fatto, costituiscono, in ogni caso, difformità delle costruzioni rispetto a quanto assentito con i singoli permessi di costruire.
Sicché a nulla rileva il fatto che i volumi abusivamente realizzati non rispondano ai requisiti prescritti dal Regolamento edilizio del Comune di Albano per la loro utilizzabilità a fini abitativi o di ufficio, dovendosi tener conto, a fronte della abusività dell'opera, della concreta idoneità a tali o ad altri usi, che risultino comunque apprezzabili.
Peraltro, sul punto i giudici del riesame hanno correttamente osservato che la natura totale o parziale delle difformità riscontrate, ai sensi ed agli effetti del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 e ss., deve formare oggetto di un più approfondito
accertamento nella sede di merito.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue a carico del ricorrente l'onere del pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 giugno 2008. Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2008