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Sez. 3, Sentenza n. 19424 del 24/05/2006 Ud. (dep. 06/06/2006 ) Rv. 233830
 Presidente: Lupo E. Estensore: Onorato P. Relatore: Onorato P. Imputato: Donato.  P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
 (Rigetta, App. Messina, 24 Maggio 2004)
 REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DELITTI - DEI PRIVATI - VIOLAZIONE DI  SIGILLI - IN GENERE - Custode giudiziario - Responsabilità per omessa vigilanza  - Sussistenza - Esclusione per caso fortuito o forza maggiore - Onere della  prova - Grava sul custode.
 A seguito della riscontrata violazione dei sigilli per la prosecuzione della  realizzazione di un manufatto abusivo, risponde del reato di cui all'art. 349  cod. pen. il custode giudiziario che non dimostri che si verte in ipotesi di  caso fortuito o di forza maggiore, atteso che sullo stesso grava l'obbligo di  impedire la violazione di sigilli stessi.
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REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
 Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 24/05/2006
 Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
 Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - N. 950
 Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 41968/2005
 ha pronunciato la seguente:
 
 SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 DONATO Filippo, nato a Messina il 02/05/1962;
 avverso la sentenza resa il 24/05/2004 dalla corte d'appello di Messina.
 Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
 Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
 Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.  IZZO Gioacchino, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
 Osserva:
 IN FATTO E IN DIRITTO
 1 - Con sentenza del 24/05/2004 la corte d'appello di Messina ha integralmente  confermato quella resa il 03/07/2001 dal tribunale monocratico della stessa  città, che aveva dichiarato Donato Filippo colpevole del reato di cui all'art.  349 cpv. c.p. per aver violato, nella sua qualità di custode, i sigilli apposti  a una costruzione abusiva, condannandolo, con le attenuanti generiche  equivalenti alla contestata aggravante, e con i benefici di legge, alla pena di  sei mesi di reclusione e L. 400.000 di multa.
 Fatto commesso in Messina il 05/05/1996.
 2 - Il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per Cassazione, chiedendo  l'annullamento della sentenza per i seguenti motivi:
 2.1 - erronea applicazione della norma incriminatrice, giacché nella fattispecie  concreta mancavano i presupposti oggettivi e soggettivi del reato contestato.
 Al riguardo il difensore sostiene che nell'immobile abusivo sottoposto a  sequestro, appartenente a Carmelo Manuli, del quale il Donato era stato nominato  custode, non furono proseguiti i lavori dopo l'apposizione dei sigilli e che  comunque era stata rilasciata sanatoria edilizia.
 In ogni caso al Donato non era imputabile alcun comportamento commissivo od  omissivo integrativo della violazione di sigilli. 2.2 - mancanza e manifesta  illogicità di motivazione in ordine alla sussistenza del reato;
 2.3 - violazione degli artt. 157 e 158 c.p. giacché il reato era estinto per  prescrizione.
 3 - Il ricorso è infondato e va respinto.
 La sentenza impugnata ha accertato la responsabilità dell'imputato con  motivazione logica e congrua, incensurabile in questa sede. Invero, è certo che  nell'immobile abusivo sequestrato furono proseguiti e ultimati i lavori anche  dopo l'apposizione dei sigilli. Il Donato, se non ha materialmente proseguito i  lavori, nella sua qualità di custode giudiziario, aveva l'obbligo di impedire  che altri violasse i sigilli. Non avendolo impedito, e non avendo addotto  ragioni di caso fortuito o di forza maggiore, è responsabile del reato  contestatogli (Cass. Sez. 3^, 26/02/1993, Pistillo; Cass. Sez. 3^, 28/01/2000,  Capogna).
 Che il lavori de quibus fossero stati realizzati in un immobile diverso da  quello sequestrato è una mera asserzione difensiva, che esula dalla cognizione  del giudice di legittimità. Che i lavori abusivi fossero stati sanati in via  amministrativa è circostanza che non ha alcun rilievo penale in relazione al  reato di cui all'art. 349 c.p..
 Quanto alla prescrizione, essa non è ancora maturata, giacché si devono  calcolare ex Cass. Sez. Un. n. 1021 dell'11/01/2002, Cremonesi, rv. 220509, la  sospensione del processo per due anni sei mesi e ventiquattro giorni, dal  24/04/1998 al 17/11/2000, nonché la sospensione dal 07/04/2006 alla data odierna  L. 20 febbraio 2006, n. 46, ex art. 10, comma 5, sicché il termine  prescrizionale scadrà solo il 22/08/2006.
 4 - Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna alle spese  processuali. Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di  irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
 P.Q.M.
 La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al  pagamento delle spese processuali.
 Così deciso in Roma, il 24 maggio 2006.
 Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2006.
 
                    




