 Cass. Sez. III n. 29991 del 27 luglio 2011 Ud. 13 lug. 2011
Cass. Sez. III n. 29991 del 27 luglio 2011 Ud. 13 lug. 2011 
Pres. De Maio Est.Squassoni Ric.Crisa'
Urbanistica.Demolizione ad opera dell'autore e seguita successivamente all'ordine dell'autorità
La circostanza attenuante della avvenuta riparazione del danno non è applicabile ai reati edilizi quando l'abbattimento volontario dell'opera abusiva sia avvenuto in epoca posteriore all'emanazione dell'ordinanza sindacale che impone la demolizione delle opere, la cui inottemperanza avrebbe determinato l'acquisizione del sito al patrimonio comunale.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        udienza pubblica
 Dott. DE MAIO   Guido            - Presidente  - del 13/07/2011
 Dott. SQUASSONI Claudia     - rel. Consigliere - SENTENZA
 Dott. FIALE     Aldo             - Consigliere - N. 1653
 Dott. ROSI      Elisabetta       - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDRONIO  Alessandro M.    - Consigliere - N. 16381/2011
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) CRISÀ LUIGI N. IL 01/02/1967;
 avverso la sentenza n. 1905/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del  			24/02/2011;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/07/2011 la relazione fatta dal  			Consigliere Dott. CLAUDIA SQUASSONI;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PASSACANTANDO  			Guglielmo che ha concluso per il rigetto;
 Udito il difensore Avv. Rizzari Giovanni di Palermo.  			MOTIVI DELLA DECISIONE
 Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di  			Palermo, con sentenza 8 febbraio 2011, ha ritenuto Crisà Luigi  			responsabile dei reati previsti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44,  			comma 1, lett. b, art. 64 e l'ha condannato alla pena di giustizia.  			Per giungere a tale conclusione,la Corte ha evidenziato che  			l'imputato, privo di titoli abilitativi, aveva edificato in zona  			sismica un piccolo vano ed una struttura coperta di circa 60 mq, che  			determinava una stabile alterazione dello organismo edilizio  			preesistente.
 Nessuna rilevanza aveva - ha evidenziato la Corte - la circostanza  			che l'appellante avesse provveduto alla demolizione in esito alla  			ordinanza comunale.
 Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto ricorso per  			Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in  			particolare, rilevando:
 - che la Corte non ha risposto al motivo di appello con il quale  			deduceva che i manufatti (un gazebo estivo non ancorato al suolo ed  			una piccola protezione per una doccia a cielo aperto) erano  			caratterizzati dal requisito della precarietà a sensi della L.R.  			Sicilia n. 4 del 2003, art. 20;
 - che era applicabile l'attenuante dell'art. 62 c.p., n. 6 per la  			tempestiva e spontanea demolizione delle opere.
 Si deve rilevare che la Corte territoriale ha motivato solo  			implicitamente in relazione alla deduzione difensiva inerente alla  			natura precaria dei manufatti. Tuttavia, non costituisce causa di  			nullità della sentenza il mancato esame di una censura dell'atto di  			appello che sia manifestamente infondata e percepibile ictu oculi; in  			questo caso, i Giudici sono esonerati dal prendere in esame il motivo  			di impugnazione e dal confutarlo (ex plurimis: Cass. Sez. 4 sentenza  			24973/2009).
 Tale è l'ipotesi in esame in quanto la tesi dell'appellante sulla  			precarietà degli interventi era, all'evidenza, inconsistente.  			Sono esonerati dalla necessità di titoli autorizzativi i manufatti  			di assoluta ed evidente precarietà destinati a soddisfare scopi  			specifici o esigenze contingenti, predeterminate nel tempo, e ad  			essere rimossi dopo il momentaneo uso; a tale fine, non sono  			rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali usati e la  			facile rimovibilità, ma solo la destinazione dell'opera in relazione  			alla funzione cui è preposta (ex plurimis: Cass. Sez. 3 sentenza  			22054/2009).
 I manufatti per cui è processo non erano finalizzati a soddisfare  			esigenze transeunti o improvvise, ma a fornire una utilità  			prolungata nel tempo e, di conseguenza, producevano quegli effetti  			sul territorio che la normativa urbanistica è rivolta a regolare; la  			circostanza che il gazebo fosse utilizzato solo l'estate è  			irrilevante in quanto il carattere stagionale di una struttura non  			significa precarietà dell'opera quando l'utilizzo annuale è  			ricorrente (ex plurimis; Cass. Sez. 3 sentenza 13705/2006).  			Questa conclusione non è superata dai motivi di ricorso con i quali  			la nozione di precarietà è sostanzialmente collegata alla agevole  			rimozione dei manufatti e si cita la L.R. Sicilia n. 4 del 2003, art.  			20 che non è conferente perché concerne le opere interne.  			In merito alla residua deduzione non è censurabile il mancato  			esercizio da parte della Corte di Appello del suo potere  			discrezionale sulla concessione dell'attenuante prevista dall'art. 62  			c.p., n. 6. L'abbattimento dei manufatti non è indice di  			ravvedimento perché avvenuto in epoca posteriore alla ordinanza  			sindacale che imponeva la demolizione delle opere (la cui  			inottemperanza avrebbe determinato l'acquisizione del sito al  			patrimonio comunale).
 Per le esposte considerazioni, la Corte dichiara inammissibile per  			manifesta infondatezza il ricorso con condanna dei proponenti al  			pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma - che  			reputa equo fissare in Euro mille - alla Cassa delle Ammende.  			P.Q.M.
 Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al  			pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla  			Cassa delle Ammende.
 Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.
 Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2011
 
                    




