 Cass.Sez. III n. 4373 del 30 gennaio 2014 (Cc 13 dic 2013)
Cass.Sez. III n. 4373 del 30 gennaio 2014 (Cc 13 dic 2013)
Pres.Teresi Est.Di Nicola Ric. Franco e altro
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e rilascio successivo di autorizzazione a lottizzare 
In tema di lottizzazione abusiva, l'eventuale autorizzazione a lottizzare, concessa "a sanatoria", non estingue il reato di cui all'art. 44, d.P.R. n. 380 del 2001, determinando, tuttavia, se legittimamente intervenuta, l'impossibilità per il giudice di disporre la confisca dell'area.
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Camera di consiglio SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. TERESI    Alfredo          - Presidente  - del 13/12/2013
 Dott. GENTILE   Mario       - rel. Consigliere - SENTENZA
 Dott. DI NICOLA Vito             - Consigliere - N. 2309
 Dott. GRAZIOSI  Chiara           - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. PEZZELLA  Vincenzo         - Consigliere - N. 30485/2013
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 Franco Giovanni, nato a Bari il 04/01/1964;
 Cellamare Marianna, nata a Trani il 24/08/1963;
 avverso l'ordinanza del 06/06/2013 del Tribunale della libertà di  Trani;
 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
 udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore  generale dott. SPINACI Sante che ha concluso chiedendo il rigetto  ricorso;
 udito per l'imputato l'avv. Domenico Franco che ha concluso per  l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
 RITENUTO IN FATTO
 1. Il Tribunale del riesame di Trani - con ordinanza emessa in data  27 maggio 2013, decidendo sull'istanza proposta da Franco Giovanni  e Cellamare Marianna, terzi interessati - confermava il decreto  emesso dal Gip presso il medesimo Tribunale col quale era stato  disposto il sequestro preventivo degli immobili oggetto di un piano  di lottizzazione convenzionata, tra cui un'unità immobiliare  acquistata dai ricorrenti, avendo il Tribunale ritenuto, da un lato,  il fumus degli ipotizzati reati di cui all'art. 323 cod. pen. e  D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a) o c) e, dall'altro,  il periculum in mora coincidente con la confiscabilità dei beni in  sequestro.
 2. Per l'annullamento dell'impugnata ordinanza, ricorrono per  cassazione, a mezzo del proprio difensore, Franco Giovanni e  Cellamare Marianna affidando le doglianze a tre motivi.  2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione  del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a) o c) sul rilievo che  erroneamente il Tribunale ha ritenuto configurabile il reato di  lottizzazione abusiva in quanto, se anche l'intervento edilizio fosse  stato realizzato in contrasto con il vecchio piano regolatore  generale del comune di Trani, l'edificazione sarebbe ora consentita  in conseguenza dell'adozione del nuovo piano urbanistico generale con  evidente inconfigurabilità del reato di lottizzazione abusiva.  2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa  applicazione dell'art. 321 cod. proc. pen. per inesistenza del  periculum in mora (non poteva sussistere il pericolo che il reato  fosse portato a conseguenze ulteriori sia per l'estraneità dei  ricorrenti in ordine agli ipotizzati reati e sia perché era stata  loro concessa la facoltà d'uso della villa bifamiliare in sequestro)  e per violazione del principio di proporzionalità tra interesse  generale e diritti fondamentali (stante la loro perfetta buona fede  nell'acquisto dell'unità immobiliare).
 2.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione ed erronea  applicazione dell'art. 321 cod. proc. pen., D.P.R. n. 380 del 2001,  art. 44 ove interpretati alla luce del comb. disp. art. 117 Cost. ed  art. 1 del protocollo n. 1 CEDU, stante la mancanza di qualsivoglia  profilo di colpa dei ricorrenti nei cui confronti alcuna misura  ablativa potrebbe essere legittimamente emanata con conseguente  illogicità e mancanza di motivazione in parte qua dell'ordinanza  impugnata.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 1. Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto inammissibile.  2. Quanto al primo motivo, è sufficiente considerare che la  prospettazione dei ricorrenti - secondo la quale la lottizzazione  contestata sarebbe vietata dal vecchio piano regolatore generale ma  consentita dal nuovo piano urbanistico - non solo non è stata  sottoposta al vaglio del Tribunale del riesame in sede di  impugnazione cautelare ma non risulta in alcun modo comprovata da  alcuna allegazione contestuale al ricorso in violazione del principio  dell'autosufficienza dell'atto di gravame.
 Peraltro alcuna precisa censura è mossa, a tale proposito, nei  confronti del provvedimento impugnato, dovendosi perciò ritenere  anche la genericità del motivo in quanto aspecifico.  In ogni caso, vale sottolineare come, in tema di lottizzazione  abusiva, l'autorizzazione a lottizzare emessa successivamente, così  come l'approvazione di un piano di recupero urbanistico, non  configurano ipotesi di sanatoria della lottizzazione con estinzione  del reato di lottizzazione abusiva, potendo al più impedire la  successiva confisca (Sez. 3, Sentenza n. 23154 del 18/05/2006,  Scalici, Rv. 234476), sussistendone i presupposti che, nella specie,  non ricorrono, mancando appunto la prova dell'avvenuto riconoscimento  di conformità postuma della lottizzazione agli strumenti urbanistici  generali vigenti sul territorio.
 3. In ordine al secondo motivo di gravame, va chiarito come il  sequestro preventivo sia stato adottato sia per fini preventivi che  per fini di confisca.
 3.1. Quanto al sequestro cd. impeditivo, lo stesso Tribunale del  riesame, in un passaggio motivazionale (pag. 20), ne ha ravvisato in  sostanza la superfluità sul rilievo che i beni sono stati  contraddittoriamente concessi in facoltà d'uso ai ricorrenti, mentre  ha poi confermato il provvedimento impositivo ritenendo, da un lato,  la sussistenza del fumus e, dall'altro, il periculum in mora  coincidente con la confiscabilità dei beni.
 Ne consegue che, non dovendo dare corso ad alcuna restituzione dei  beni, è legittimo il provvedimento di conferma dell'impugnato  decreto di sequestro preventivo, laddove il profilo cautelare circa  la confiscabilità dei beni sia, come nella specie, autosufficiente  per il mantenimento del titolo cautelare.
 3.2. Quanto alla legittimità del provvedimento cautelare in quanto  finalizzato alla confisca dell'immobile in sequestro, senza che  potesse ritenersi violato il principio di proporzionalità tra  interesse generale e diritti fondamentali, il Collegio cautelare si  è attenuto ai principi affermati da questa Corte (Sez. 3, n. 48924  del 21/10/2009, Tortora ed altri, Rv. 245764) secondo i quali è  improprio il richiamo al principio di proporzionalità nella  limitazione del diritto di proprietà, alla stregua dell'art. 1 del  Protocollo n. 1 addizionale alla CEDU, sotto il profilo del  mantenimento di "un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse  generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei  diritti fondamentali dell'individuo" quando l'ingerenza della  pubblica autorità nel godimento del diritto al rispetto dei beni  appare attuata, come nella specie, secondo le previsioni del  Protocollo, "nelle condizioni previste dalla legge" nonché quando  gli stessi atti di trasferimento e di costituzione dei diritti reali  sono assoggettabili, come nella specie, alle sanzioni civilistiche di  invalidità di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 30 e 46.  4. Il terzo motivo è, allo stesso modo, manifestamente infondato.  Con esso i ricorrenti si dolgono del fatto che il Tribunale del  riesame non abbia tenuto conto dell'assenza di ogni profilo di colpa,  anche in considerazione della loro terzietà rispetto al reato  contestato e della loro indubbia buona fede, aspetto, quest'ultimo,  coltivato nell'articolazione degli altri motivi di impugnazione e che  viene qui scrutinato perché maggiormente approfondito nel ricorso e  collegato al paventato profilo dell'assenza di colpa.  Va ricordato come il Tribunale del riesame, nell'esaminare gli  aspetti della doglianza, abbia fatto buon governo dei principi,  testualmente richiamandoli, affermati da questa Corte (Sez. 3, n.  15981 del 28/02/2013, P.M. in proc. Moretti, Rv. 254987) con  particolare riferimento alla circostanza secondo la quale la buona  fede del terzo acquirente di immobile abusivamente lottizzato, quale  presupposto di esclusione di operatività della confisca, non può  farsi discendere dal solo fatto dell'avvenuta stipulazione di atto  pubblico notarile, essendo indispensabile, per affermare l'esistenza  della stessa, l'esame specifico dell'atto traslativo e della  documentazione ad essa allegata in una corretta prospettiva di  verifica dell'esistenza di un'aspettativa di esattezza giuridica dei  provvedimenti amministrativi su cui il privato possa fare  affidamento.
 Nel pervenire a tale conclusione la Corte ha precisato come la  lottizzazione abusiva negoziale abbia carattere generalmente  plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte  convergenti verso un'operazione unitaria caratterizzata dal nesso  causale che lega i comportamenti del vari partecipi diretti a  condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale (vedi  Cass., Sez. 3, 8.10.2009, n. 39078).
 Con la conseguenza che la condotta dell'acquirente, in particolare,  non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore,  perché anzi inserisce un determinante contributo causale alla  concreta attuazione del disegno criminoso di quello (vedi Cass., Sez.  Unite, 27.3.1992, n. 4708, Fogliani) e, per la cooperazione  dell'acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o  un'azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al  contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli  concepito, posta in essere anche attraverso la violazione  (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di  informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei  doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost..  Logico corollario di tale impostazione è che l'acquirente, secondo  la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non può sicuramente  considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato  di lottizzazione abusiva.
 Egli tuttavia può, benché compartecipe al medesimo accadimento  materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi  conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria diligenza  nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza  - di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione.  Quando, invece, l'acquirente sia consapevole dell'abusività  dell'intervento - o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale  diligenza - la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella  del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente  distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una  fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al  conseguimento del risultato lottizzatorio.
 La giurisprudenza ormai costante di questa Corte è orientata nel  senso che la contravvenzione di lottizzazione abusiva, sia negoziale  che materiale, possa essere commessa anche per colpa e, nell'illecito  lottizzatorio, non può ritenersi assiomaticamente sussistente la  buona fede dell'acquirente per il solo fatto che quegli si sia  rivolto ad un notaio quale pubblico ufficiale rogante, il quale non  può garantire una sorta di "ripulitura giuridica" della originaria  illegalità dell'immobile abusivo, permettendo che esso resti  definitivamente radicato sul territorio, ne' può consentire  all'acquirente di godere di un acquisto dolosamente o colposamente  attuato in ordine ad un bene di provenienza illecita ed al  costruttore abusivo di conseguire comunque il suo illecito fine di  lucro. Argomentandosi in senso difforme (come efficacemente rilevato  in dottrina) lo scempio territoriale, che è intollerabile perché  perpetrato in violazione anche del doveri di solidarietà sociale di  cui all'art. 2 Cost., diventerebbe praticamente intoccabile e la  cultura dell'illegalità diventerebbe diritto acquisito.  Sulla base di tali presupposti, la giurisprudenza di questa Corte ha  dapprima precisato che, in tema di lottizzazione abusiva, la confisca  può essere applicata anche al di fuori dei casi di condanna, a  condizione che nella condotta del terzo acquirente, sul cui  patrimonio la misura viene ad incidere, siano riscontrabili  quantomeno profili di colpa (Sez. 3, Sentenza n. 45833 del  18/10/2012, Comune di Palermo, Rv. 253853) e successivamente ha  ribadito che, in tema di reati edilizi, la confisca di un immobile  abusivamente lottizzato può essere disposta anche nei confronti del  terzo acquirente, qualora nei suoi confronti siano riscontrabili  quantomeno profili di colpa per non aver assunto le necessarie  informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla  compatibilità dell'intervento con gli strumenti urbanistici (Sez. 3,  n. 15987 del 06/03/2013, P.G. in proc. Parisi, Rv. 255416), chiarendo  infine che l'acquirente od il subacquirente di un immobile o terreno  abusivamente lottizzato non può qualificarsi come "terzo estraneo"  al reato di lottizzazione abusiva per il solo fatto di non aver mai  rivestito la qualità di persona sottoposta ad indagini od imputato,  trattandosi di qualità che questi ben potrebbe successivamente  assumere a seguito dell'attività di indagini (Sez. 3, n. 48924 del  21/10/2009 cit., Rv. 245764).
 II Tribunale, in applicazione dei suddetti principi, ha ritenuto, con  congrua motivazione, come fosse da escludere, anche sulla base della  documentazione difensiva prodotta, la buona fede dei ricorrenti,  potendo invece essere ravvisati i profili di colpa.
 Va infatti ricordato che l'abuso lottizzatorio è consistito - in  contrasto con la previsione inderogabile di piano che richiedeva la  realizzazione di villini unifamiliari, con lotto minimo di 700 metri  quadrati per ogni villino - nella suddivisione di ogni lotto di 700  metri quadrati in due lotti di 350 metri quadrati di esclusiva  pertinenza di ciascuno dei due villini originati dalla trasformazione  dalle ville unifamiliari previste nel piano di lottizzazione  approvato.
 Di tale trasformazione (ossia della previsione originaria di villini  unifamiliari diventati bifamiliari negli atti di cessione) vi è  cenno sia negli atti di permuta (tra la Ellepi costruzioni e la  Valente s.r.l., quest'ultima dante causa dei ricorrenti) e sia nel  certificato di agibilità, con la conseguenza che, allo stato, non  possono escludersi i profili della colpa e, per converso, deve del  tutto escludersi la buona fede dei ricorrenti.
 5. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 136 della Corte  costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere  che la parte.
 Dichiara inammissibile il ricorso e condanni, delle spese processuali  			e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.  			Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2013.
 Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2014
 
                    




