 Cons. Stato Sez. VI n. 3663 del 23 maggio 2011
Cons. Stato Sez. VI n. 3663 del 23 maggio 2011
Urbanistica. Approvazione PRG e conflitto di interessi
Con riguardo agli effetti dell’obbligo di astensione in sede di votazione dello strumento urbanistico dei consiglieri in posizione di conflitto di interessi ai sensi dell'art. 78, d.lgs. nr. 267 del 2000, è legittima – proprio al fine di evitare difficoltà insormontabili nei Comuni di medie e piccole dimensioni –  l'approvazione dello strumento urbanistico per parti separate, con l’astensione per ciascuna di esse di coloro che in concreto vi abbiano interesse, purché a ciò segua una votazione finale dello strumento nella sua interezza; in tale ipotesi a quest’ultima votazione non si applicano le cause di astensione, dal momento che sui punti specifici oggetto del conflitto di interesse si è già votato senza la partecipazione dell’amministratore in conflitto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 03663/2011REG.PROV.COLL.
 N. 09143/2010 REG.RIC.
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso in appello nr. 9143 del 2010, proposto dal COMUNE DI BUSSOLENGO, in  persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Eugenio  Lequaglie e Mario Sanino, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma,  viale Parioli, 180,
 contro
 il signor Antonio GIRELLI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Manzi e  Riccardo Ruffo, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via F.  Confalonieri, 5,
 
 per l’annullamento e/o la riforma,
 
 previa sospensione dell’efficacia,
 
 della sentenza nr. 4338/2010, pubblicata il 3 settembre 2010, mai notificata,  resa sul ricorso nr. 1079/2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale del  Veneto.
 
 
 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
 Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato signor Antonio Girelli;
 Viste le memorie prodotte dall’Amministrazione appellante (in date 8 e 19 aprile  2011) e dall’appellato (in date 8 e 19 aprile 2011) a sostegno delle rispettive  difese;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore, all’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2011, il Consigliere  Raffaele Greco;
 
 Uditi l’avv. Lequaglie per l’Amministrazione appellante e l’avv. Manzi per  l’appellato;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 Il Comune di Bussolengo ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione  dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Veneto, accogliendo il  ricorso del signor Antonio Girelli, ha annullato gli atti relativi  all’approvazione della variante generale al Piano di Recupero del centro storico  del Comune predetto.
 
 A sostegno dell’impugnazione, l’Amministrazione comunale ha dedotto:
 
 1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 78 del decreto legislativo 18  agosto 2000, nr. 267, in relazione alla previsione, contenuta nel comma 4,  secondo cui in caso di violazione delle norme sul conflitto di interesse  nell’ambito dell’approvazione degli strumenti urbanistici si deve operare  l’annullamento e la sostituzione delle sole parti in cui era riscontrabile il  conflitto; manifesta illogicità e contraddittorietà intrinseca;
 
 2) omesso rilievo della carenza di interesse ad agire da parte del ricorrente;  ultrapetizione;
 
 3) erronea e/o falsa applicazione dell’art. 78 del d.lgs. nr. 267 del 2000 sotto  altro profilo, nonché dell’art. 19 del Regolamento per la disciplina delle  adunanze consiliari del Comune di Bussolengo.
 
 Nel costituirsi, l’appellato signor Antonio Girelli, oltre a opporsi  all’accoglimento dell’appello siccome infondato e ad eccepirne in limine  l’inammissibilità, ha riproposto come segue i motivi di censura rimasti  assorbiti nella sentenza impugnata (ai quali il Comune appellante aveva  replicato, a titolo cautelativo, già in sede di appello):
 
 1) violazione dell’art. 19 della legge regionale 23 aprile 2004, nr. 11;
 
 2) eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, sviamento;
 
 3) violazione del P.R.G. di Bussolengo e, in particolare, delle Norme Tecniche  di Attuazione previste per la zona A (centro storico); violazione dell’art. 27  della legge 5 agosto 1978, nr. 457;
 
 4) violazione dell’art. 11, comma 2, della legge regionale 27 giugno 1985, nr.  61; eccesso di potere per difetto di istruttoria e falsa rappresentazione della  realtà;
 
 5) violazione dell’art. 49 del d.lgs. nr. 267 del 2000; violazione dell’art. 42  Cost.; violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e del d.P.R. 8  giugno 2001, nr. 327; eccesso di potere per difetto di istruttoria;
 
 6) eccesso di potere per illogicità, manifesta irragionevolezza, travisamento  dei fatti.
 
 Entrambe le parti hanno affidato a memorie il successivo svolgimento delle  rispettive tesi.
 
 Alla camera di consiglio del 7 dicembre 2010, fissata per l’esame della domanda  incidentale di sospensiva, questo è stato differito sull’accordo delle parti,  per essere abbinato alla trattazione del merito.
 
 All’udienza del 10 maggio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
 DIRITTO
 1. È impugnata la sentenza con la quale il T.A.R. del Veneto, accogliendo il  ricorso proposto dal signor Antonio Girelli, ha annullato gli atti relativi  all’approvazione di una variante generale al Piano di Recupero del centro  storico del Comune di Bussolengo.
 
 L’annullamento è stato determinato dalla ritenuta violazione dell’art. 78 del  decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267, e dell’art. 19 del Regolamento per  la disciplina delle adunanze consiliari del Comune di Bussolengo: infatti,  essendo stato approvato lo strumento urbanistico nella sua interezza dopo che  alcuni consiglieri si erano astenuti dal partecipare alle precedenti votazioni  concernenti singole zone o aree, e avendo tali consiglieri invece preso parte a  tale votazione finale, detta partecipazione è stata ritenuta illegittima, con la  conseguenza che – dovendo escludersi la partecipazione dei consiglieri in  conflitto di interesse – la delibera doveva considerarsi adottata in assenza del  quorum strutturale previsto dal citato art. 19.
 
 2. Ciò premesso, va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità  dell’appello sollevato dall’appellato, il quale assume la carenza di potere del  Sindaco a rilasciare il mandato ad litem, in quanto a ciò sarebbe stato  autorizzato da una delibera consiliare a sua volta viziata perché votata dai  consiglieri che, in occasione della votazione sul provvedimento urbanistico per  cui è causa, si trovavano in posizione di conflitto d’interessi.
 
 L’eccezione è infondata.
 
 Ed invero, come correttamente rilevato dall’Amministrazione resistente, non può  ipotizzarsi conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 78 del d.lgs. nr. 267 del  2000, in relazione a una delibera con la quale ci si limita ad autorizzare  l’impugnativa di una sentenza cha ha annullato un atto comunale, trattandosi di  atto “neutro” (e cioè in sé non produttivo di effetti né favorevoli né  sfavorevoli per chi lo vota) ed essendo altresì non censurabile la scelta del  Comune di difendere in giudizio i propri provvedimenti.
 
 Né tale conclusione può mutare per il fatto che la sentenza di primo grado abbia  ritenuto gli atti impugnati viziati per effetto di conflitto di interessi, anche  perché l’opposta opinione condurrebbe alla paradossale conclusione per cui  l’amministratore pubblico, il quale sia intenzionato a contestare una sentenza  nella quale si assuma – a suo dire ingiustamente – la sussistenza di tale  conflitto, sarebbe sempre impossibilitato a farlo proprio a motivo della  situazione di conflitto la cui sussistenza intenderebbe contestare: il che, con  ogni evidenza, è contrario a elementari principi in tema di diritto di difesa ex  art. 24 Cost.
 
 3. Nel merito, l’appello dell’Amministrazione comunale è fondato e pertanto  meritevole di accoglimento.
 
 4. Infatti, con riguardo agli effetti dell’obbligo di astensione in sede di  votazione dello strumento urbanistico dei consiglieri in posizione di conflitto  di interessi ai sensi del citato art. 78, d.lgs. nr. 267 del 2000, questa  Sezione si è già espressa nel senso della legittimità – proprio al fine di  evitare difficoltà insormontabili nei Comuni di medie e piccole dimensioni – di  una approvazione dello strumento urbanistico per parti separate, con  l’astensione per ciascuna di esse di coloro che in concreto vi abbiano  interesse, purché a ciò segua una votazione finale dello strumento nella sua  interezza; si è aggiunto anche che in tale ipotesi a quest’ultima votazione non  si applicano le cause di astensione, dal momento che sui punti specifici oggetto  del conflitto di interesse si è già votato senza la partecipazione  dell’amministratore in conflitto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, nr.  4429).
 
 Alla luce di tale orientamento, che il Collegio condivide, risulta legittimo  l’operato dell’Amministrazione nel caso di specie, essendosi proceduto a  votazioni separate (fra le quali, per quanto qui interessa, quella relativa al  suolo in proprietà dell’odierno appellato, nella quale un solo consigliere si  astenne) e quindi a votazione finale della variante nella sua globalità, con la  regolare partecipazione di tutti gli amministratori che nelle singole votazioni  precedenti avevano ritenuto di non partecipare alla deliberazione.
 
 Ne consegue che nemmeno può parlarsi di insussistenza del quorum strutturale di  cui all’art. 19 del Regolamento consiliare, atteso che:
 
 a) in nessuna delle votazioni parziali è contestata la sussistenza del detto  quorum, essendosi registrata in ciascuna di esse l’astensione di uno o due  consiglieri;
 
 b) del pari pacifica è la sussistenza del quorum nella votazione finale, in  occasione della quale – come si è visto – nessun consigliere aveva l’obbligo di  astenersi.
 
 Le considerazioni che precedono, disvelando l’infondatezza delle censure accolte  dal primo giudice, consentono di sorvolare sulle questioni – pure sollevate  dall’Amministrazione appellante – in ordine alla sussistenza o meno  dell’interesse a ricorrere in capo all’originario istante (ivi compresa quella  di un eventuale interesse “strumentale” all’integrale rinnovazione dell’attività  pianificatoria, per effetto dell’auspicato travolgimento dell’intero strumento a  causa del prospettato vizio procedimentale).
 
 Inoltre, può omettersi anche l’approfondimento dell’ulteriore questione se  l’obbligo di astensione ex art. 78, d.lgs. nr. 267 del 2000 comporti anche la  necessità di un allontanamento fisico dall’aula dell’amministratore in conflitto  di interessi, dal momento che su tale punto il primo giudice si è espresso nel  senso dell’insussistenza di tale necessità, con statuizioni non oggetto di  impugnazione incidentale da parte dell’odierno appellato.
 
 5. La fondatezza dell’appello dell’Amministrazione comporta altresì la necessità  di esaminare gli ulteriori motivi di ricorso rimasti assorbiti in primo grado,  qui riproposti con la memoria di costituzione dell’appellato ai sensi dell’art.  101, comma 2, cod. proc. amm.
 
 Tali motivi, peraltro, sono tutti infondati.
 
 5.1. Con un primo ordine di doglianze, si assume l’illegittimità della variante  per cui è causa in quanto non assistita dalla documentazione prescritta  dall’art. 19 della legge regionale del Veneto 23 aprile 2004, nr. 11.
 
 Al riguardo, come correttamente evidenziato dall’Amministrazione appellante,  l’elencazione di elaborati contenuta nella disposizione citata non ha valore  tassativo, come testimoniato dall’inciso della stessa norma per cui “in funzione  degli specifici contenuti, il P.U.A. è formato dagli elaborati necessari  individuati tra quelli di seguito elencati”: pertanto, è rimessa al giudizio  dell’Autorità predisponente il Piano l’individuazione di quali, fra gli  elaborati di cui alla ridetta elencazione, siano effettivamente “necessari” nel  caso specifico.
 
 Inoltre, come pure sottolineato dall’Amministrazione comunale, il precitato art.  19 è applicabile ai soli strumenti attuativi adottati dopo l’entrata in vigore  della legge regionale nr. 11 del 2004, mentre nella fattispecie trattasi di  variante a Piano di recupero anteriore a tale data.
 
 5.2. Del pari priva di pregio è la censura con cui si assume l’illegittimità  della variante, per non aver assegnato l’intera volumetria edificabile prevista  dalle prescrizioni del P.R.G.
 
 Infatti, è evidente che la quantificazione della capacità edificatoria da  assegnare alle singole aree in sede di pianificazione attuativa rientra nella  discrezionalità che, anche in tale sede, connota la potestà pianificatoria, non  essendo ricavabile da alcuna disposizione o principio un obbligo di riconoscere  uno actu l’intera volumetria edificabile prevista in astratto dallo strumento  urbanistico generale.
 
 Né può assumere alcun rilievo, quale sintomo di asserito eccesso di potere,  quanto dichiarato in sede di approvazione della variante dall’Assessore  competente al ramo circa una volontà politica del Comune di “riservarsi”  l’assegnazione della volumetria residua per ulteriori futuri interventi in sede  di pianificazione attuativa.
 
 5.3. Con ulteriore motivo di censura, l’originario ricorrente assume la  violazione delle N.T.A. del P.R.G., le quali a suo dire non avrebbero consentito  per il centro storico di Bussolengo l’intervento tramite Piano di Recupero.
 
 La doglianze è inammissibile, atteso che – come già evidenziato – nella specie  trattasi di variante a preesistente Piano di Recupero, e pertanto la violazione  delle N.T.A., se esistente, sarebbe da ascrivere all’originario Piano di  Recupero del 2002, mai impugnato.
 
 5.4. Infondata è anche la censura con la quale si denuncia l’ampliamento del  perimetro di applicazione del Piano di Recupero operata con la variante de qua,  dal momento che l’art. 11, comma 2, della legge regionale 27 giugno 1985, nr. 61  (applicabile alla fattispecie) consentiva l’aumento della perimetrazione entro  il limite massimo del 10 %, né risulta documentato ex adverso il superamento di  tale limite.
 
 5.5. Le residue censure impingono il merito delle scelte discrezionali  dell’Amministrazione comunale in sede di pianificazione attuativa, sulla scorta  di un personale giudizio di inopportunità e illogicità delle scelte comunali  nella parte in cui investono la proprietà dell’originario ricorrente, con la  previsione della riduzione di aree a verde e della realizzazione di nuovi  parcheggi; pertanto, vanno richiamati i noti e consolidati orientamenti in  ordine all’impossibilità di un sindacato giurisdizionale nel merito delle scelte  urbanistiche, salvi i soli casi di macroscopica erroneità o irragionevolezza  (che nella specie non ricorrono).
 
 Né può convenirsi con la parte odierna appellata laddove lamenta di aver subito  un’espropriazione de facto della proprietà, essendo evidente che la destinazione  impressa alle aree per cui è causa costituisce applicazione degli ordinari  poteri di “zonizzazione” spettanti al Comune, e che solo laddove  l’Amministrazione decidesse di procedere in proprio alla realizzazione degli  interventi previsti, allora dovrà avviare una regolare procedura espropriativa  con la correlativa previsione di un indennizzo a favore del proprietario ablato.
 
 Infine, quanto alla asserita mancanza del parere di regolarità contabile ex art.  49, d.lgs. nr. 267 del 2000 – in disparte quanto assume l’Amministrazione,  secondo cui tale parere non era necessario non trattandosi di provvedimento  comportante un nuovo impegno di spesa – l’eventuale mancanza del detto parere  non incide sulla legittimità del provvedimento, potendo al più produrre  conseguenze sul versante della responsabilità amministrativa e contabile dei  funzionari che lo hanno posto in essere.
 
 6. In conclusione, per le ragioni esposte s’impone la riforma della sentenza  impugnata, con la reiezione del ricorso di primo grado.
 
 7. Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono  liquidate equitativamente in dispositivo.
 P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente  pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per  l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo  grado.
 
 Condanna l’appellato, signor Antonio Girelli, al pagamento in favore del Comune  di Bussolengo delle spese del doppio grado del giudizio, che liquida in  complessivi euro 5000,00 oltre accessori di legge.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con  l’intervento dei magistrati:
 
 Gaetano Trotta, Presidente
 Sandro Aureli, Consigliere
 Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
 Guido Romano, Consigliere
 Andrea Migliozzi, Consigliere
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 16/06/2011
 
                    




