Consiglio di Stato Sez. IV n. 4309 del 20 maggio 2025
Urbanistica.Piani per gli insediamenti produttivi
I P.I.P. (piani per gli insediamenti produttivi) possono essere progettati per accogliere attività monotematiche (artigianali, industriali, commerciali e turistiche), oppure un insieme di queste attività; si tratta di strumenti che possono essere realizzati soltanto su aree individuate, ai sensi dalla normativa urbanistica, come “aree industriali”. Il meccanismo si basa sull’esproprio da parte del Comune per una successiva cessione agli operatori o in diritto di proprietà, oppure in diritto di superficie. Qualunque intervento edilizio in dette aree è regolato da una convenzione con cui sono disciplinati i rapporti e gli obblighi dei singoli operatori nei confronti del Comune. Il P.I.P. di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 appartiene alla categoria dei piani urbanistici funzionali di rilievo locale, la cui finalità è quella di realizzare uno specifico interesse primario: sotto il profilo economico, ha la funzione di rilanciare l'attività produttiva e di creare nuove opportunità di lavoro offrendo alle imprese le aree occorrenti per i loro impianti, ad un prezzo politico; sotto il profilo sociale, contribuisce a prevenire tensioni sociali connesse alla dismissione produttiva attraverso il rilancio di attività imprenditoriali aventi forte impatto occupazionale. Si tratta quindi di uno strumento eccezionale attraverso il quale si realizza un trasferimento di ricchezza dal proprietario espropriato all'assegnatario con il sacrificio del diritto di proprietà costituzionalmente tutelato, sacrificio che potrà essere imposto solo in nome di un interesse generale, ex art. 42, comma 3, Cost. Se quindi questa è la finalità del Piano, appare evidente come, nella sua attuazione, non si possa prescindere dall’esigenza di dare corso agli investimenti previsti e ciò in considerazione del bilanciamento di interessi che ha già visto il sacrificio degli interessi degli originari proprietari che sono stati espropriati.
Pubblicato il 20/05/2025
N. 04309/2025REG.PROV.COLL.
N. 06918/2024 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6918 del 2024, proposto da Ageda S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Bigolaro, Vittorio Domenichelli, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vittorio Domenichelli in Padova, Galleria G. Berchet 8;
contro
Comune di Cornedo Vicentino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Dario Meneguzzo, Federica Scafarelli, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Federica Scafarelli in Roma, via G. Borsi N 4;
nei confronti
Valfer S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Silvano Ciscato, Andrea Faresin, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 1955/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Cornedo Vicentino e di Valfer S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2025 il Cons. Riccardo Carpino e uditi per le parti gli avvocati come da verbale anche quanto al passaggio in decisione.
FATTO e DIRITTO
1. La questione controversa riguarda molteplici aspetti relativi ai seguenti provvedimenti:
- diniego definitivo alla richiesta di permesso di costruire della ricorrente, prot. n. 13190/2023-IZ del 10 luglio 2023 emesso dal Comune di Cornedo Vicentino;
-rigetto della richiesta di autorizzazione alla cessione dei lotti n. 28 e n. 29 del piano per gli insediamenti produttivi (P.I.P.) presentata dalla ditta Ageda S.r.l., dalla società GDS Global Display Solution Spa e dalla società Carfin S.r.l.”, prot. n. 015294/2023 dell’8 agosto 2023 emesso dal Comune di Cornedo Vicentino;
- ulteriore diniego definitivo alla successiva richiesta di permesso di costruire della ricorrente, prot. n. 17063/2023-IZ del 6 settembre 2023;
- diniego alla cessione dei lotti di cui alla nota n.15294 dell’8 agosto 2023;
-deliberazione della Giunta comunale del Comune di Cornedo Vicentino n. 125 del 28 dicembre 2023, avente ad oggetto Dichiarazione della decadenza di Ageda S.r.l. dalla posizione di ditta subentrante nella proprietà dei lotti n. 28 e n. 29 del piano per gli insediamenti produttivi (PIP Tezzon) ai sensi dell’art. 15 e art. 18 del disciplinare.
1.1 L’odierno contenzioso riguarda in particolare i lotti n. 28 e n. 29 del Piano degli Insediamenti produttivi “Tezzon”, originariamente approvato con delibera del Consiglio comunale di Cornedo Vicentino n. 56 del 29 settembre 2000.
Detti lotti sono stati acquistati da Ageda S.r.l., subentrata all’originario assegnatario, nel 2018 in forza di preventive autorizzazioni rilasciate dalla Giunta comunale, subordinatamente all’accettazione degli obblighi contenuti nel “disciplinare per l’assegnazione delle aree”, tra i quali quello di presentare istanza di permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato artigianale entro due anni dalla data di assegnazione e di realizzare l’immobile entro il termine previsto dalla normativa edilizia.
1.2 Ai fini della realizzazione dell’immobile produttivo, l’appellante società ha presentato una prima istanza di rilascio del titolo edilizio, tramite SUAP comunale, il 23 giugno 2022. In data 19 gennaio 2023 il Comune appellato ha contestato ad Ageda il mancato rispetto degli obblighi del disciplinare e l’ha diffidata a presentare istanza di permesso di costruire; il 16 febbraio 2023 l’Amministrazione, avvedutasi dell’errore, ha comunicato l’avvio del procedimento ed ha chiesto di produrre alcune integrazioni documentali. A fronte della produzione documentale, il Comune ne ha contestato la parzialità respingendo la domanda (primo diniego, rimasto inoppugnato).
1.3 Il 18 maggio 2023, l’appellante ha presentato una seconda istanza di permesso di costruire; il Comune appellato ha avviato nuovamente il procedimento richiedendo la produzione di diversi documenti; il 6 e 7 luglio 2023 l’istante produceva una parte della documentazione integrativa richiesta, precisando che la mancante relazione geologica sarebbe stata depositata entro il 13 luglio 2023. Il Comune, il 10 luglio 2023 ha comunicato il rigetto dell’istanza per tardività della sua presentazione e per incompletezza della documentazione (secondo diniego, impugnato con il ricorso principale in primo grado).
1.4 Il successivo 24 luglio 2023, Ageda, dichiarando che per scelte aziendali non intendeva più realizzare l’insediamento produttivo, ha chiesto l’autorizzazione a cedere i lotti di proprietà - richiamati nn. 28 e 29 - alle società Global Display e Carfin, aventi i requisiti previsti dal bando per l’assegnazione. Il Comune appellato, in data 8 agosto 2023 (nota prot. 15294/2024) ha comunicato (previa comunicazione ai sensi dell’art. 10 - bis l. 241/1990 circa i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza) il diniego in considerazione dell’inadempimento degli obblighi del disciplinare (diniego di cessione impugnato con il ricorso principale).
1.5 Sempre in data 8 agosto 2023, il Comune appellato ha avviato il procedimento di decadenza dalla posizione di ditta subentrante nei lotti 28 e 29, in relazione ai quali era stato manifestato l’interesse all’assegnazione da parte di Valfer S.p.a., odierna controinteressata.
L’appellante ha inoltre presentato una nuova istanza di permesso di costruire, che è stata rigettata il 7 settembre 2023 per tardività (terzo diniego impugnato con il ricorso principale).
Con deliberazione della Giunta comunale n. 125 del 28 dicembre 2023, l’odierna appellante è stata dichiarata decaduta dalla posizione di ditta subentrante nella proprietà dei lotti n. 28 e n. 29 del PIP.
Detta deliberazione della Giunta è stata impugnata in primo grado con motivi aggiunti.
In sostanza, nella complessa fattispecie in esame si riscontra quindi un primo diniego all’istanza di permesso di costruire non impugnato nonché due successive istanze di permesso di costruire negate e impugnate unitamente al diniego all’istanza di cessione delle quote, anche oggetto di diniego.
2. Avverso i richiamati provvedimenti è stato proposto ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto che con la sentenza qui appellata lo ha respinto.
Viene proposto ora appello per i seguenti motivi.
I. Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia. Erroneità ed incongruità della sentenza per difetto di motivazione nonché omessa valutazione del contenuto degli atti di causa nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso. Violazione degli art. 15 e 18 del disciplinare del Pip. Omessa considerazione dei profili di sviamento;
II. Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia e/o difetto di motivazione in relazione al secondo motivo di ricorso. Violazione degli art. 15 e 18 del disciplinare del Pip. Erroneità della motivazione per travisamento dei fatti e degli atti di causa. Omessa considerazione dei profili di sviamento;
III. Erroneità della sentenza per difetto di motivazione nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso per motivi aggiunti. Violazione degli art. 15 e 18 del disciplinare del Pip. Violazione dell’art. 112 c.p.c.;
IV. Erroneità della sentenza per difetto di motivazione e illogicità manifesta nella parte in cui ha respinto il secondo motivo di ricorso per motivi aggiunti. Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla censura di sviamento;
V. Erroneità della sentenza per difetto di motivazione, e travisamento della documentazione prodotta con gli atti di causa nella parte in cui ha respinto il terzo motivo di ricorso per motivi aggiunti;
VI. Erroneità della sentenza nella parte in cui respinge la domanda di risarcimento danni proposto con il ricorso introduttivo;
VII. Erroneità della sentenza per difetto di motivazione nella parte in cui ha respinto il quarto motivo di ricorso per motivi aggiunti.
Si sono costituiti il Comune appellato e la controinteressata Valfer s.p.a., proprietaria di uno stabilimento confinante; entrambi hanno sollevato eccezioni di rito e la controinteressata Valfer s.p.a. ha riproposto anche, ex art 101 c.p.a., le eccezioni già proposte in primo grado.
3. Attesa la connessione delle questioni prospettate il I e II motivo possono essere esaminati congiuntamente.
3.1 Con il primo motivo, l’appellante censura che, con riferimento alla tardività della presentazione dell’istanza del permesso di costruire, il termine di due anni non sarebbe in alcun modo sanzionato con la decadenza automatica dall’assegnazione del lotto (cfr. in tal senso, secondo l’appellante art. 15 del Disciplinare), né tale termine può considerarsi “decadenziale”; evidenzia inoltre che quella di disporre la decadenza dall’assegnazione sarebbe una facoltà della Giunta comunale. Censura altresì che la decisione di primo grado non ha esaminato il mezzo di gravame relativo alla violazione degli obblighi di correttezza e buona fede e la denuncia di sviamento del potere che ad avviso del medesimo appellante sarebbe conseguente all’interesse della società Valfer s.p.a. finalizzato ad ottenere la decadenza dell’appellante.
3.2 Con il secondo motivo, l’appellante rileva che il Comune avrebbe invertito l’iter procedimentale in quanto avrebbe respinto le istanze di Ageda sul presupposto dell’intervenuta decadenza dell’assegnazione dei lotti, presupposto che sarebbe in realtà inesistente perché la decadenza richiedeva la preventiva pronuncia della Giunta comunale.
3.3 Preliminarmente si prescinde dalle eccezioni di rito sollevate dall’appellato Comune e dalla controinteressata, in quanto il ricorso è infondato nel merito.
I motivi in esame (sub I e II) sono infondati e possono essere esaminati congiuntamente in considerazione della connessione tra essi.
Al riguardo occorre primariamente considerare il complesso delle disposizioni vigenti che regolano la materia; in particolare l’art 11, comma 3, della convenzione per l’assegnazione dei lotti, approvata unitamente al disciplinare con delibera del Consiglio comunale n. 11 prot 5998 del 27 marzo 2002, dispone:
Art 11 Decadenza dall'assegnazione - risoluzione del contratto di cessione
3 - E' in facoltà del Comune pronunciare la decadenza dall'assegnazione o chiedere la risoluzione del contratto qualora […]
4) la Ditta non rispetti gli obblighi di cui all'art. 15 del Disciplinare
L’art. 15 del disciplinare, approvato con la medesima delibera del Consiglio comunale sopra richiamata, dispone:
art. 15 - Obblighi della ditta assegnataria
A tutte le, ditte assegnatarie è fatto obbligo di rispettare le seguenti norme:
a - Richiedere la concessione edilizia dei rispettivi edifici entro due anni dalla data di assegnazione dei lotti ed ultimare i lavori di costruzione degli edifici entro il termine previsto dalla vigente normativa edilizia [...];
g - La Ditta subentrante assumerà tutti gli obblighi, nessuno escluso, derivanti dalla domanda ed all'assegnazione alla (rectius: dalla) ditta originariamente assegnataria.
Va in primo luogo evidenziato che l’appellante, in quanto subentrante è obbligata a quanto disposto dal disciplinare e dalla convenzione (si veda in tal senso art. 15 lett g) disciplinare).
Quanto alla decadenza ed alla possibilità che la stessa venga adottata, rileva l’art. 11 della convenzione che fa riferimento sia alla risoluzione che alla decadenza.
Detta alternativa va ricostruita nel modo seguente: la risoluzione riguarda il contratto di cessione stipulato tra l’amministrazione e l’originario assegnatario del PIP (che ha acquisito i lotti dal Comune); la decadenza riguarda invece il provvedimento di assegnazione (dell’originario assegnatario ovvero del soggetto subentrante).
Nei confronti del soggetto subentrante la risoluzione del contratto di cessione non è possibile in quanto il Comune non è parte del contratto di cessione. Per tale ipotesi, la convenzione e il disciplinare prevedono che il Comune potrà ottenere la restituzione dell’area, previo pagamento alla Ditta di un indennizzo (cfr. l’art. 11, comma 4 della convenzione e l’art. 18, comma 4 del disciplinare).
Nel caso specifico la “facoltà” cui si riferisce detto art. 11 (sulla quale l’appellante incentra questa parte della difesa) deve essere interpretata come espressione del potere-dovere dell’Amministrazione di reagire all’eventuale inadempimento del proprietario di un lotto del PIP, disponendo la decadenza dall’assegnazione/subentro e la risoluzione del contratto di cessione (qualora si tratti dell’originario assegnatario).
Nel caso in esame, lo scioglimento del rapporto con l’amministrazione trova il suo oggettivo presupposto nell’inadempimento dell’obbligo di realizzazione dell’investimento produttivo da parte del titolare del lotto.
Il P.I.P. ha, come si vedrà in appresso, una funzione sociale ed economica e comporta un sacrificio della proprietà di alcuni a favore dell’assegnazione del bene ad altri per la realizzazione di un investimento produttivo; ed in questa ottica va visto anche il suo percorso attuativo.
Nel caso in esame, ricorre l’ipotesi di decadenza prevista dall’art. 11, comma 3, n. 4, della convenzione (“La Ditta non rispetti gli obblighi di cui all’art. 15 del Disciplinare”), non essendo stato rispettato il termine di due anni per la presentazione dell’istanza del permesso di costruire, con la conseguente violazione degli obblighi assunti.
3.4 Quanto poi ai motivi del diniego del permesso di costruire, il primo (del 10 luglio 2023) si riferisce alla tardività nella presentazione dell’istanza come anche alla carenza documentale; il secondo diniego invero si riferisce solo alla tardività.
Nel caso specifico l’istanza del permesso di costruire è stata presentata oltre il termine biennale previsto convenzionalmente atteso che la prima istanza è stata presentata il 23 giugno 2022 mentre Ageda è diventata proprietaria dei beni il 6 aprile 2018 e 19 luglio 2018, come da atti di acquisto depositati agli atti di causa.
Entrambi i provvedimenti sono quindi legittimi in quanto comunque la tardività - già di per sé - costituisce un motivo di diniego dell’istanza del permesso di costruire proprio per la mancata realizzazione di quella funzione economica cui il P.I.P. assolve; non a caso l’art. 15 del disciplinare impone il rispetto del termine biennale e l’art 11 comma 3 della convenzione vi fa espresso riferimento al fine di dichiarare la risoluzione o la decadenza dell’assegnatario o dell’acquirente.
Quindi non è condivisibile quanto afferma l’appellante circa l’inversione procedimentale; il complesso delle disposizioni richiamate sopra nulla dispone in tal senso trattandosi di due procedimenti - il diniego dell’istanza del permesso di costruire e la decadenza – che, pur essendo tra loro correlati, hanno una loro autonomia e diverse tempistiche.
Il diniego di permesso di costruire è stato adottato sulla base dell’inadempimento degli obblighi stabiliti dalla convenzione, sebbene detto inadempimento non fosse stato all’epoca ancora sanzionato dalla Giunta mediante un provvedimento di decadenza (dall’assegnazione quale ditta subentrante).
In tal senso, è corretto il rilievo del primo giudice secondo cui i “provvedimenti di diniego [...] sono motivati non già in ragione della decadenza, ma della tardività e della reiterata incompletezza delle istanze”.
4. Anche il III e IV motivo possono essere trattati congiuntamente.
In particolare il terzo motivo di appello è relativo alla delibera della Giunta comunale n. 125 del 28 dicembre 2023, che ha disposto la decadenza dall’assegnazione dei lotti P.I.P.
A tal riguardo l’appellante censura il fatto che l’appellato Comune avrebbe disposto la decadenza senza attendere la consegna della documentazione necessaria per la predisposizione delle proprie difese procedimentali; rileva che la conoscenza della documentazione richiesta sarebbe stata utile atteso che si trattava di atti dai quali emergerebbe come sia stata consentita l’edificazione e la cessione di aree totalmente inedificate, per le quali non sarebbe stato richiesto alcun permesso di costruire. Lamenta infine il vizio di omessa pronuncia circa la totale obliterazione da parte del Comune delle controdeduzioni prodotte da Ageda nel procedimento di decadenza.
6.1 Con il quarto motivo rileva una disparità di trattamento in relazione alla dichiarazione di decadenza criticando il richiamo operato dalla decisione qui appellata all’avvio di un procedimento di decadenza dell’assegnatario di altro lotto (n. 27); richiama inoltre una cessione diretta a favore di Valfer s.p.a., odierna controinteressata proprietaria di uno stabilimento ubicato in area confinante, di un altro lotto per il quale l’originario assegnatario aveva fatto scadere il permesso di costruzione già rilasciato.
I motivi sono infondati alla luce delle seguenti considerazioni.
6.2 I P.I.P. possono essere progettati per accogliere attività monotematiche (artigianali, industriali, commerciali e turistiche), oppure un insieme di queste attività; si tratta di strumenti che possono essere realizzati soltanto su aree individuate, ai sensi dalla normativa urbanistica, come “aree industriali”. Il meccanismo si basa sull’esproprio da parte del Comune per una successiva cessione agli operatori o in diritto di proprietà, oppure in diritto di superficie. Qualunque intervento edilizio in dette aree è regolato da una convenzione con cui sono disciplinati i rapporti e gli obblighi dei singoli operatori nei confronti del Comune.
Occorre peraltro rilevare che secondo giurisprudenza consolidata il P.I.P. di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 appartiene alla categoria dei piani urbanistici funzionali di rilievo locale, la cui finalità è quella di realizzare uno specifico interesse primario: sotto il profilo economico, ha la funzione di rilanciare l'attività produttiva e di creare nuove opportunità di lavoro offrendo alle imprese le aree occorrenti per i loro impianti, ad un prezzo politico (Cass. civ., sez. I, 24 febbraio 1999, n. 1602); sotto il profilo sociale, contribuisce a prevenire tensioni sociali connesse alla dismissione produttiva attraverso il rilancio di attività imprenditoriali aventi forte impatto occupazionale (Cons. Stato, sez. IV, 21 novembre 1994, n. 919; 1° aprile 1992, n. 354). Si tratta quindi di uno strumento eccezionale attraverso il quale si realizza un trasferimento di ricchezza dal proprietario espropriato all'assegnatario con il sacrificio del diritto di proprietà costituzionalmente tutelato, sacrificio che potrà essere imposto solo in nome di un interesse generale, ex art. 42, comma 3, Cost.
6.3 Se quindi questa, come già delineata dalla giurisprudenza, è la finalità del Piano, appare evidente come, nella sua attuazione, non si possa prescindere dall’esigenza di dare corso agli investimenti previsti e ciò in considerazione del bilanciamento di interessi che ha già visto il sacrificio degli interessi degli originari proprietari che sono stati espropriati.
Nel caso specifico quello che rileva è che l’adozione del provvedimento di decadenza era sostanzialmente vincolata atteso che conseguiva alla mancata presentazione dell’istanza di permesso di costruire che è stata presentata ben oltre il termine biennale; la prima istanza è stata infatti presentata il 23 giugno 2022 mentre Ageda è diventata proprietaria dei lotti in questione il 6 aprile 2018 ed il 19 luglio 2018.
L’Amministrazione ha comunque motivato la determinazione di decadenza non solo in ragione del ritardo nella richiesta di permesso di costruire in sé considerato ma, più radicalmente, in ragione del “venir meno dell’affidamento a che la ditta conduca a buon fine l’edificazione di strutture produttive che deve esigersi dalle imprese affidatarie” e conseguentemente con la necessità di tornare nella disponibilità dei lotti al fine di assegnarli, mediante una procedura di evidenza pubblica, ad un soggetto imprenditoriale in grado di realizzare gli investimenti previsti (cfr. il punto 2 del dispositivo del provvedimento di decadenza).
6.4 In ogni caso, ex art. 21- octies l. 241/1990, il provvedimento di decadenza non poteva essere diverso per cui anche gli eventuali vizi formali non lo rendono annullabile. Peraltro ai fini della partecipazione al procedimento, ex art 10 bis l. 241/1990, va ricordato che l’appellante ha formulato una richiesta di accesso massiva a numerosi tipologie di atti relativi a 16 lotti la cui presentazione non può comportare un differimento dei termini per la partecipazione al contraddittorio; diversamente opinando una richiesta di documentazione massiva - come nel caso in questione - sarebbe sufficiente ad eludere i termini di dieci giorni di cui all’art. 10 - bis l. 241/1990 per la risposta al preavviso innescando un contenzioso al riguardo.
Va comunque aggiunto che, come già ben rilevato dal giudice di primo grado, le eventuali doglianze che potevano conseguire alla documentazione acquisita tardivamente, potevano formare oggetto di motivi aggiunti, invero non riproposti, in primo grado.
6.5 La decisione di primo grado inoltre non ha omesso alcuna pronunzia circa le controdeduzioni dell’appellante sul provvedimento di decadenza: dette controdeduzioni (che constano di poche righe) si fondano sulla pretesa esigenza di attendere la decadenza, con delibera della Giunta comunale, prima di negare la cessione o il diniego del permesso di costruire. Al riguardo si tratta del medesimo impianto argomentativo già sopra censurato; nella sostanza l’inadempimento si è già verificato e peraltro l’appellante non tiene conto del fatto che già nel provvedimento di diniego alla cessione delle quote si richiamava correttamente proprio la delibera di decadenza che sarebbe stata adottata successivamente dall’ente (come è poi avvenuto con la richiamata delibera del 28 dicembre 2023).
6.6 Quanto al denunziato sviamento di potere che l’appellante ritiene sussistere nella fattispecie, manca la prova del medesimo. Secondo giurisprudenza consolidata il vizio di eccesso di potere per sviamento consiste nell'effettiva e comprovata divergenza fra l'atto e la sua funzione tipica, ovvero nell'esercizio del potere per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso; ciò si verifica, in particolare, allorquando l'atto posto in essere sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico; tuttavia la censura di eccesso di potere per sviamento deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dar conto delle divergenze dell'atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo a tal fine sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell'illegittima finalità perseguita in concreto dall'organo amministrativo (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 8 agosto 2023, n. 7665).
Nel caso specifico l’appellante formula delle ipotesi, non fornendo adeguata prova dell’identità della situazioni poste a raffronto.
A ciò si aggiunga che l’interessamento della ditta Valfer nella vicenda in esame risulta essere stato trasparente ed anzi espressamente richiamato nel provvedimento impugnato, a comprova dell’esistenza dell’interesse di mercato per i lotti in questione (cfr. le premesse della delibera di decadenza in cui viene espressamente richiamata la nota della ditta Valfer “nella quale tale ditta manifestava l’interesse per i lotti n. 28 e n. 29 del PIP, impegnandosi [...] a partecipare all’eventuale futuro procedimento di assegnazione dei suddetti lotti [...]”).
7. Con il quinto motivo l’appellante lamenta che con la richiamata delibera della Giunta comunale n. 125/2023, è stato disposto il pagamento di una penale a carico di Ageda da determinarsi con un successivo provvedimento; rileva la falsa applicazione alla vicenda in esame dell’art. 18 del Disciplinare, il quale attiene ad una diversa fattispecie relativa al mancato rispetto degli obblighi assunzionali.
Il motivo è infondato.
Primariamente va rilevato che la delibera n. 125 della Giunta comunale del 28 dicembre 2023 dispone che a seguito della decadenza la ditta Ageda Srl dovrà altresì versare una penale applicata ai sensi dell’art.18, comma 3, del Disciplinare, secondo le modalità che verranno meglio precisate in un successivo ed apposito provvedimento amministrativo; si tratta di una disposizione immediatamente lesiva atteso che dispone la sanzione e dovrà essere determinata solo la misura della penale.
Va però rilevato che la richiamata delibera 125/2023 si limita a fare applicazione del cit. art. 18, comma 3, del disciplinare, e consegue al distinto e ulteriore inadempimento degli obblighi assunzionali per effetto della mancata realizzazione dell’investimento produttivo.
In ogni caso, come fatto rilevare dal T.a.r., le indicazioni contenute nel provvedimento di decadenza potranno essere precisate ed eventualmente modificate nella fase successiva, di concreta irrogazione della sanzione.
8. Con il sesto motivo l’appellante chiede il risarcimento del danno.
L’istanza va rigettata essendo legittimo l’operato del Comune e comunque l’appellante non ha dimostrato né il danno né il nesso causale.
9. Con il settimo motivo l’appellante in ragione della ritenuta erroneità dei dinieghi adottati e qui impugnati richiede la dichiarazione di illegittimità della dichiarazione di decadenza di cui alla delibera della giunta 125/2023.
Il motivo è infondato.
Al riguardo il Comune ha correttamente ritenuto essenziale il termine per la proposizione dell’istanza del permesso di costruire, termine la cui natura è giustificata, come si è detto, proprio da quel bilanciamento di interessi che vede prevalente chi voglia utilizzare il bene per fini produttivi e non gli originari proprietari.
Nel caso in questione l’appellante ha omesso per oltre 4 anni la presentazione dell’istanza ed il Comune necessariamente ha dovuto procedere alla decadenza dall’assegnazione al fine di assicurare la realizzazione delle finalità alle quali il Piano è preordinato.
10. In considerazione di quanto sin qui esposto il ricorso è respinto.
Attesa la reiezione dell’appello le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura determinata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Cornedo Vicentino e della Valfer s.p.a., delle spese di giudizio, che liquida in complessivi € 6.000 (euro seimila/00), da ripartirsi in misura uguale di 3.000,00 oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Silvia Martino, Presidente FF
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere
Riccardo Carpino, Consigliere, Estensore