 Cons. Stato Sez. IV n.352 del 18 gennaio 2011
Cons. Stato Sez. IV n.352 del 18 gennaio 2011
Urbanistica. Piano regolatore
Il Piano Regolatore si atteggia ad atto complesso con imputazione congiunta del Comune e della Regione, ben potendo quest’ultima introdurre, in sede di approvazione dello strumento urbanistico, modifiche di ufficio, sempreché queste non vadano ad impingere nel merito delle scelte urbanistiche spettanti all’ente locale; e non è questo il caso che ci occupa, se è vero che siffatte modifiche riguardano alcuni aspetti di attuazione tecnica delle previsioni, dettate per ragioni di armonizzazione della normativa urbanistica. Ad ogni buon conto le modifiche proposte sono state rimesse al Comune di Allumiere, che, con deliberazione consiliare n.138 del 26/10/1983, ha fatto proprie modifiche, prescrizioni ed integrazioni operate dalla Regione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 00352/2011REG.SEN.
 N. 06203/2001 REG.RIC.
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 6203 del 2001, proposto da:
 Klitsche De La Grange Norberto, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo  Scarpa, con domicilio eletto presso Riccardo Scarpa in Roma, via Damiano Chiesa,  47;
 contro
 Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta Regionale del Lazio,  rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Forte, Maria Pia Montanaro e Rosa  Maria Privitera, domiciliata per legge in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
 Il Comune di Allumiere, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in  giudizio;
 il sig. Igino Stefanini, non costituito in giudizio
 
 e con l'intervento di
 
 Avv. Teodoro Klitsche De La Grange rapp.to e difeso da se stesso, con domicilio  presso lo studio del medesimo, in Roma, via degli Scialoja, 6
 
 della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 03095/2000, resa tra le  parti, concernente ADOZIONE P.R.G.
 
 
 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;
 Visto l’atto di intervento adesivo proposto da Teodoro Klitsche De La Grange
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il Cons. Andrea  Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Claudio Forte, Rosa Maria Privitera  e Teodoro Klitsche De La Grange;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
 L’avv. Adolfo Klitsche De La Grange ed altri interessati impugnavano innanzi al  TAR per il Lazio gli atti deliberativi del Comune di Allumiere e della Regione  Lazio (rispettivamente le delibere del Consiglio Comunale n.36/78, 84/78 e  139/983 e la delibera della G.R. n1610/84) recanti l’adozione e l’approvazione  del Piano Regolatore Generale del Comune di Allumiere, nella parte in cui le  previsioni dello strumento urbanistico non confermavano la vocazione  edificatoria dei terreni di loro proprietà limitandone o escludendone la  possibilità edificatoria.
 
 L’adito TAR con sentenza n.3095 del 13 gennaio 2000 rigettava il proposto  ricorso, disattendendo tutti i profili di illegittimità ivi dedotti.
 
 Il dott. Norberto Klitsche De La Grange, quale erede del padre, avv. Adolfo, e  della madre, sig.ra Erminia Cocchi, ha impugnato la predetta sentenza,  ritenendola erronea ed ingiusta e deducendo a sostegno del gravame i seguenti  quattro ordini di censure:
 
 Violazione e falsa applicazione degli artt.290 R.D. 4/2/1915 n.148 e 279 R.D.  3/371934 n.383;
 
 Violazione e falsa applicazione degli artt.7, 9 e 10 della legge 17/8/1942  n.1150 e successive modifiche;
 
 Violazione di ogni principio vigente in materia di procedimento amministrativo,  eccesso di potere. Violazione art.2 D.M. 1444/68;
 
 Travisamento dei fatti.
 
 Si è costituita in giudizio per resistere al gravame l’intimata Regione Lazio.
 
 È altresì intervenuto in giudizio ad adiuvandum dell’appellante, l’avv. Teodoro  Klistche De La Grange, quale erede dell’avv. Adolfo Klitsche De La Grange.
 
 All’udienza pubblica del 23 novembre 2010 la causa è stata trattenuta in  decisione.
 
 Tanto premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.
 
 Col primo mezzo d’impugnazione l’appellante, come già avvenuto in primo grado,  denuncia, in violazione del divieto di cui all’art.290 R.D. 148/1915 ed  all’art.274 R.D. 383/1934, la circostanza per cui, a suo avviso, si sarebbero  dovuti astenere dal presenziare alle sedute di adozione e approvazione del PRG  alcuni amministratori comunali, in quanto interessati dalle previsioni  urbanistiche che si andavano ad assumere: in particolare, l’Assessore Bastianini  avrebbe ottenuto con il PRG l’edificabilità del proprio terreno e al Consigliere  Stefanini Igino sarebbe stato rilasciata una concessione edilizia poco prima che  fosse adottato il Piano Regolatore.
 
 Il dedotto profilo di gravame è privo di fondamento.
 
 Invero, la normativa che si assume violata prevede che gli amministratori devono  astenersi dal prendere parte alla discussione e votazione di delibere in cui  hanno interessi propri o dei loro parenti ed affini, lì dove tale obbligo di  astensione non si applica ai provvedimenti normativi di carattere generale quali  i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista un correlazione immediata e  diretta tra il contenuto della delibera e gli specifici interessi degli  amministratori o dei loro parenti ed affini.
 
 Ora, detto obbligo di astensione postula la ricorrenza in modo stringente delle  condizioni di interesse stabilite dalla norma e che devono essere adeguatamente  evidenziate e dimostrate (cfr. Cons Stato Sez. IV 11/12/2007 n.931),  circostanze, queste che non paiono sussistenti nel caso di specie, dal momento  che la supposta incompatibilità viene solo genericamente affermata, senza che  sia supportata da sufficienti elementi di prova.
 
 In particolare, non ricorre la prova della correlazione immediata e diretta tra  le determinazioni assunte e la posizione degli amministratori richiesta dalla  giurisprudenza in relazione ad atti a contenuto normativo come il PRG, dovendosi  pure rilevare come la valutazione sulla legittimità della mancata astensione va  condotta a priori e non a seguito degli esiti dei provvedimenti che hanno potuto  apportare una situazione migliorativa della posizione di qualche amministratore  specie quando le previsioni di Piano riguardino, come nel caso del Comune di  Allumiere, piccoli Enti locali in cui la normativa urbanistica va  necessariamente e/o inevitabilmente ad incidere sulla posizione degli  amministratori o dei loro parenti ed affini. Anche a voler ammettere (ma non è  provato un conflitto di interessi per i due amministratori comunali sopra  indicati, questo non vale a produrre l’invalidità dell’atto deliberativo di  adozione dello strumento urbanistico, non potendo una non meglio specificata  “cointeressenza” o, se si vuole, una ipotetica interferenza di detti  amministratori inficiare determinazioni assunte con il numero legale dei  consiglieri presenti e votanti.
 
 In ogni caso, sarebbe tutt’al più configurabile una invalidità parziale  dell’atto assunto in violazione di tale obbligo e precisamente di quelle parti  dello strumento urbanistico oggetto di correlazione con gli interessi di detti  amministratori.
 
 Col secondo motivo di gravame parte appellante denuncia l’illegittimo operato  della Regione Lazio, che in sede di approvazione del Piano avrebbe introdotto  modifiche d’ufficio alle norme tecniche di attuazione del PRG di notevole  contenuto innovativo, tali da stravolgere lo strumento urbanistico, con ciò  violando l’ambito di competenza spettante unicamente all’Ente locale.
 
 Il dedotto profilo di illegittimità non sussiste.
 
 Il Piano Regolatore si atteggia ad atto complesso con imputazione congiunta del  Comune e della Regione, ben potendo quest’ultima introdurre, in sede di  approvazione dello strumento urbanistico, modifiche di ufficio (cfr. Cons Stato  Sez. IV 19/1/2000 n.245), sempreché queste non vadano ad impingere nel merito  delle scelte urbanistiche spettanti all’ente locale; e non è questo il caso che  ci occupa, se è vero che siffatte modifiche riguardano alcuni aspetti di  attuazione tecnica delle previsioni, dettate per ragioni di armonizzazione della  normativa urbanistica. Ad ogni buon conto le modifiche proposte sono state  rimesse al Comune di Allumiere, che, con deliberazione consiliare n.138 del  26/10/1983, ha fatto proprie modifiche, prescrizioni ed integrazioni operate  dalla Regione.
 
 Le censure formulate col terzo e quarto motivo d’appello vanno esaminate  congiuntamente, in ragione della stretta connessione logica tra loro esistente.
 
 Con esse, in riferimento alle aree di proprietà, vengono criticate le previsioni  urbanistiche assunte dall’Amministrazione comunale con l’apposizione, del tutto  ingiustificata, ad avviso di parte ricorrente, di destinazioni che vanno  restringere od annullare la capacità edificatoria dei terreni in titolo,  appunto, a parte appellante, pur già riconosciuta nel precedente Piano di  fabbricazione, poi sostituito con il PRG.
 
 In particolare, la stessa parte appellante rivendica, sulla scorta di pregressi  affidamenti, un suo “diritto” a veder “confermata” la destinazione residenziale  ai terreni di che trattasi; lamenta altresì l’assenza di una motivazione  specifica volta a giustificare la nuova destinazione (“E” agricola boscata o di  particolare pregio),che ritiene ancor più illogica ed ingiustificata avuto  riguardo alla conformazione dei luoghi, contrassegnati da una preesistente  presenza delle opere residenziali; e denuncia lo sviamento in cui sarebbe  incorsa l’Amministrazione , la quale intende perseguire finalità di tutela  ambientale della zona de qua a mezzo di un impropria e comunque incongrua  destinazione agricola, il tutto in spregio a posizioni consolidate.
 
 Le articolate censure non appaiono condivisibili.
 
 Per consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha  motivo di discostarsi, le scelte effettuate dalla P.A. in sede di formazione ed  approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da  un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, appaiono insindacabili  e sono, per ciò stesso, attaccabili solo per errori di fatto, ovvero per  abnormità e irrazionalità delle stesse (cfr questa Sezione 6/2/2002 n.664; idem,  di recente, 27/7/2010 n.4920 ).
 
 In ragione di tale discrezionalità l’Amministrazione non è tenuta a fornire  apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella predetta sede di  pianificazione del territorio comunale, se non richiamando le ragioni di  carattere generale che giustificano l’impostazione del piano (in tal senso,  sempre questa Sezione 10/8/2004 n.4550).
 
 Sempre al riguardo giova pure rammentare che le scelte adottate per ciò che  attiene alla destinazione delle singole aree non necessitano di una specifica  motivazione, se non nel caso in cui la scelta vada ad incidere negativamente su  posizioni giuridicamente differenziate, ravvisabili nell’esistenza di piani e/o  progetti di lottizzazione già approvati (in tal senso, ex plurimis , questa  Sezione 10/2/2009 n.2418 ).
 
 Ora, con riferimento ai suindicati criteri ermeneutici da tempo affermati da  questo Consesso, parte appellante non può rivendicare qualsiasi pretesa ad un  sorte di diritto di immutabilità della classificazione urbanistica dei suoi  terreni, se è vero che:
 
 la pregressa vocazione e/o destinazione residenziale in origine sussistente era  stata trasfusa in un progetto di lottizzazione nel pregresso programma di  fabbricazione, che, però, veniva annullato e posto nel nulla in ragione di vizi  formali;
 
 l’edificabilità delle aree site nel c.d. parco di Cibona, come parco  residenziale , in realtà non è stata consacrata in un piano di lottizzazione  munito della necessaria convenzione, condizione, questa, indispensabile per  poter vantare una posizione qualificata rispetto a nuovi intendimenti  dell’Amministrazione.
 
 Ne deriva che la preesistente destinazione urbanistica è circostanza che non  impedisce l’introduzione di previsioni di segno diverso, in virtù di uno jus  variandi pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza in materia.
 
 La posizione dell’appellante ha il contenuto, quindi, di una semplice  aspettativa e in ragione di ciò non appare configurabile a carico  dell’Amministrazione un onere di fornire una specifica motivazione circa la  determinazione di assegnare una nuova destinazione all’area, ben potendo  soccorrere al riguardo l’esposizione delle ragioni che in linea generale  sottendono alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr. , in tal senso,  Cons. Stato, Ad. Pl. n.24 del 22/12/1999), lì dove, nella specie, una siffatta  motivazione è ben rinvenibile nella relazione tecnica che accompagna lo  strumento urbanistico.
 
 L’appellante sostiene, poi, che la destinazione agricola boscata impressa  all’area non sarebbe funzionale alla finalità di tutela ambientale che si  intende assicurare all’area stessa e che comunque risulterebbe del tutto  incoerente con lo stato dei luoghi, già caratterizzato da una notevole  urbanizzazione, con una ormai avvenuta compromissione dei valori da proteggere.
 
 La tesi non merita positiva considerazione.
 
 Al di là del fatto che, in generale, rispetto alle scelte assunte nell’esercizio  del potere di governo del territorio comunale spettante all’Ente locale, la  posizione del privato si rivela recessiva, va rilevato che, quanto alla  congruità o meno della destinazione agricola impressa all’area de qua, nella  fattispecie, una tale previsione si rivela compatibile e coerente con le  direttive di fondo poste a base dell’adottato strumento urbanistico, come  evincibili dalla relazione tecnica che accompagna il PRG, volte a salvaguardare  gli equilibri naturalistico-ambientali dell’assetto territoriale in cui è  inserita l’area di che trattasi.
 
 Invero, la classificazione di un’area ad uso agricolo non deve rispondere  necessariamente all’esigenza di promuovere l’insediamento di specifiche attività  agricole, una siffatta destinazione potendo trovare la sua ragion d’essere nella  discrezionale volontà dell’amministrazione locale di sottrarre parte del  territorio comunale a nuove edificazioni (cfr Sez.IV n.2166/2010).
 
 Così, la destinazione di piano regolatore a verde agricolo di un’area ben può  essere funzionale ad un uso non strettamente agricolo della stessa, ma  all’esigenza di conservazione dei valori naturalistici e di contenimento del  fenomeno di espansione edilizia, di per sé idoneo, quest’ultimo, a compromettere  i valori paesaggistici della zona (in tal senso, Sez IV n. 25/5/1998 n.869; idem  n.4920/2010 già citata) .
 
 Di qui il carattere non nemmeno abnorme né irrazionale della scelta di  classificare l’area dell’appellante come agricola boscata, in linea con gli  obiettivi dell’amministrazione di assicurare all’ambiente naturale dei luoghi in  questione, quale bene pubblico di rango costituzionale (cfr Cass Sez.III  10/10/2008 n.25010) una più adeguata tutela; e ciò a maggior ragione allorché i  luoghi siano già contrassegnati da fenomeni di significativa urbanizzazione.
 
 In forza delle suesposte considerazioni l’appello, in quanto infondato, va  respinto.
 
 Rimane da esaminare l’atto d’intervento ad adiuvandum dell’appello proposto  dall’avv.Teodoro Klitsche De La Grange.
 
 Esso è inammissibile.
 
 Nel processo amministrativo l’intervento ad adiuvandum può essere proposto per  la tutela di un interesse mediato o riflesso rispetto a quello vantato dalle  parti principali, ma non per far valere un interesse immediato e diretto alla  tutela della posizione soggettiva incisa dal provvedimento (cfr. Cons Stato  Sez.VI 2/2/2007 n.425).
 
 Ora l’avv. Teodoro Klitsche De La Grange agisce quale erede dell’avv. Adolfo  Klitsche De La Grange, rivestendo la stessa posizione sostanziale e processuale  del fratello Norberto Klitsche De La Grange; ma se è così,, l’attuale  interveniente era legittimato all’impugnazione diretta degli atti gravati in  primo grado, di talché non appare ammissibile un interesse ad intervenire in  capo ad un soggetto titolare, a sua volta, di un interesse principale  all’impugnazione e della conseguente legittimazione (cfr. Cons Stato Sez. IV  6/10/2004 n.6491; Sez. VI 22/4/2008 n.1856) .
 
 Sussistono giusti motivi, avuto riguardo alla specificità della controversia  all’esame, per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado  di giudizio.
 P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), pronunciando  sull’appello come in epigrafe indicato, lo Rigetta.
 
 Dichiara inammissibile l’atto d’intervento dell’avv. Teodoro Klitsche De La  Grange.
 
 Compensa tra le parti le spese e competenze del grado di appello del giudizio.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Paolo Numerico, Presidente
 Anna Leoni, Consigliere
 Sergio De Felice, Consigliere
 Raffaele Greco, Consigliere
 Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 18/01/2011
 
                    




