Cass. Civ.Sez. 2, Sentenza n. 217 del 11/01/2006 (Rv. 585918)
Presidente: Elefante A. Estensore: Mazziotti Di Celso L. Relatore: Mazziotti Di 
Celso L. P.M. Russo RG. (Conf.)
Landini (Corsi ed altro) contro Prefettura Grosseto (Non Cost.)
(Rigetta, Trib. Orbetello, 22 Novembre 2001)
CACCIA - SANZIONI PER VIOLAZIONI - Violazioni di cui alla legge n. 150 del 1992 
- Animali in via di estinzione - Esemplari protetti ed oggetti di uso personale 
o domestico relativi a specie protette - Nozione - Differenze - Fattispecie.
 
Massima (Fonte CED Cassazione)
La legge n. 150 del 1992, nel dare attuazione alla Convenzione di Washington del 
3 marzo 1973 sul commercio internazionale della flora e della fauna selvatica, 
loro prodotti e derivati, ha previsto regimi differenziati in due ipotesi: a) la 
prima, che integra estremi di reato, relativa all'importazione, esportazione o 
riesportazione, vendita, trasporto, anche per conto terzi, detenzione di 
esemplari protetti; b) la seconda, che configura un illecito amministrativo, 
concernente l'importazione di oggetti di uso personale o domestico relativi a 
specie protette senza la presentazione della prevista documentazione CITIES 
emessa dallo Stato estero ove l'oggetto è stato acquistato. Ne consegue che, 
mentre l'art. 5 impone ai detentori di esemplari degli animali selvatici e delle 
piante di cui al citato articolo di fare denuncia di tale detenzione entro 
novanta giorni dall'entrata in vigore della legge (con la previsione di una 
sanzione amministrativa pecuniaria), tale obbligo è invece escluso nel caso di 
detenzione di animali selvatici classificati dalla legge come "oggetti ad uso 
personale e domestico", dovendo a tale espressione attribuirsi, ai sensi 
dell'art.8 sexies della legge, il significato di prodotto derivato ottenuto da 
esemplari di specie incluse nell'allegato A,appendici I, II e III e 
nell'allegato C , parti 1 e 2 del regolamento (CEE)n.362682 e successive 
modifiche.Tenuto conto dell'uso del termine "esemplari" senza l'aggettivo 
"viventi", rinvenibile invece nell'art.6 della legge, e della distinzione 
operata dall'art.3 fra parti degli esemplari e prodotti derivati, nella nozione 
di "esemplare" va annoverato qualsiasi animale vivo o morto ed ogni parte di 
esso, mentre in quella di "oggetto" va compreso il prodotto derivato ottenuto da 
esemplari o da parti di esso, atteso che, se fosse consentito di ritenere 
oggetto di uso personale o domestico anche parti di animali in via di 
estinzione, non solo si fornirebbe un'esegesi della norma in contrasto con il 
concetto stesso di oggetto, che implica una trasformazione ed una lavorazione 
della materia prima, ma si eluderebbe la finalità di protezione della disciplina 
internazionale, comunitaria e nazionale, poiché è evidente la minore offensività 
insita nell'importare un oggetto ricavato da un animale in via di estinzione 
rispetto ad una parte anatomica dello stesso. (Nella specie è stato ritenuta 
soggetta all'obbligo della denuncia previsto dall'art.5 della legge n.150 del 
1992 la detenzione di una zanna di elefante). 
Svolgimento del processo
Landini Alfredo proponeva opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione del 
Prefetto di Grosseto contenente l'irrogazione di una sanzione amministrativa 
pecuniaria per violazione dell'art. 5. 1° e 6° comma, legge n. 150 del 1992 per 
detenzione. senza aver effettuato la relativa denuncia. di esemplare di specie 
elencata in Appendice I della Convenzione di Washington di cui alla legge 874 
del 1975 e del regolamento CEE: n.3626 del 1982.
Il Prefetto di Grosseto. costituitosi. chiedeva il rigetto dell'opposizione 
sostenendone l'infondatezza.
Con sentenza 22/11/11 l'adito tribunale di Grosseto rigettava l'opposizione 
osservando: che l'opponente, pur possedendo la zanna di elefante in questione 
dal lontano 1958, era comunque obbligato a presentare la relativa denuncia nel 
termine di 90 giorni dall'entrata in vigore della legge 150/1992: che nella 
specie non si trattava di oggetto da considerare e inquadrare come personale e 
domestico in quanto nelle disposizioni interne del servizio del coordinamento 
regionale del corpo forestale dello Stato proprio la zanna di elefante era 
indicata come oggetto che non aveva i requisiti per detto inquadramento: che 
inoltre la zanna di elefante era sicuramente parte di animale protetto.
La cassazione della citata sentenza del tribunale di Grosseto e stata chiesta da 
Landini Alfredo con ricorso affidato a due motivi. L'intimata Prefettura di 
Grosseto non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso Landini Alfredo denuncia violazione dell'art. 5. 
1° e 6°" comma, legge n. 150 del 1992 deducendo che. come emerso dall'istruzione 
del processo, esso ricorrente e possessore sin dal 1958 di una modesta porzione 
di zanna di elefante (la punta) acquistata in occasione di un viaggio in Kenia e 
destinata ad arredo dell'abitazione Ciò esclude l'applicazione della normativa 
dettata dalla citata legge avente ad oggetto il commercio internazionale di 
specie di flora o fauna minacciate di estinzione ed entrata in vigore solo il 
9/3/1992 e priva di efficacia retroattività. In ogni cani il periodo di tempo da 
considerare può farsi risalire al massimo al 1973, ossia al momento della firma 
della Convenzione di Washington. Pertanto per gli acquisti anteriori al 1973 ( o 
al 1983 data di attuazione da parte dello Stato con il D.M. n. 2 del 31/12/1983) 
deve escludersi l'obbligo della denuncia di cui al citato articolo 5 legge 
150/1992 volto a regolare i flussi commerciali di importazione e non certo gli 
acquisti personali di piccoli oggetti per arredo.
Peraltro all'epoca dell'acquisto (1958) le specie animali indicate nella 
Convenzione, ivi compresa quella in questione, non erano ancora in via di 
estinzione. Inoltre la zanna rinvenuta nell'abitazione di esso ricorrente è 
stata attribuita ad un elefante senza alcuna prova e senza l'individuazione 
della esatta specie. infine e da ritenere pacifica, l'appartenenza della 
porzione di zanna di elefante (che non può considerarsi esemplare e deve 
assimilarsi ad un suppellettile e, quindi, ad un oggetto i alla categoria degli 
oggetti ad uso personale o domestico, come individuata dall'articolo 8 sexies 
lett. e) della stessa legge 150 1992. con conseguente esclusione dell'obbligo 
della denuncia della relativa detenzione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizi di motivazione deducendo che 
nella sentenza impugnata non si rinviene alcuna indicazione probatoria a 
sostegno dell'affermazione che la zanna in questione deve essere considerata 
come "parte completa di animale protetto'". Inoltre la motiv azione della 
sentenza impugnata appare illogica e contraddittoria nella parte in cui si 
afferma che l'articolo 5 della legge 150/1992 si riferisce anche alle parti di 
esemplari di animali: il tribunale non ha considerato che il legislatore quando 
ha voluto riferirsi anche a singole parti e non solo all'esemplare intero lo ha 
fatto espressamente come nella normativa dettata dagli articoli 4 e 5 (terno 
comma) della stessa legge. Infine il legislatore non poteva imporre adempimenti 
amministrativi tanto assurdi e vessatori se estesi anche ad epoche remote senza 
limiti di tempo.
La Corte rileva l'infondatezza delle dette censure che per evidenti motivi di 
ordine logico e per economia di trattazione - possono essere esaminate 
congiuntamente in quanto in buona parte connesse ed interdipendenti occorre 
osservare che la I. n. 150 del 1992 ha dato attuazione alla convenzione di 
Washington del 3 marzo 1973 sul commercio internazionale della flora e della 
fauna selvatica, loro prodotti e derivati. Ha previsto all'articolo 1 regimi 
differenziati nelle due seguenti ipotesi: a) importazione. esportazione o 
riesportazione, vendita, trasporto, anche per conto terzi, detenzione, per fini 
di lucro di esemplari protetti: b) importazione di oggetti di uso personale o 
domestico relativi a specie protette senza la presentazione della prevista 
documentazione CITIES emessa dallo Stato estero ove l'oggetto è stato 
acquistato. Ha stabilito che la prima fattispecie integra estremi di reato e la 
seconda di illecito amministrativo. All'articolo 5 ha imposto ai detentori di 
esemplari degli animali selvatici e delle piante di cui all'articolo 1 l'obbligo 
di fare denuncia di tale detenzione entro il termine di novanta giorni 
dall'entrata in vigore della stessa legge (con previsione di una sanzione 
amministrativa pecuniaria). All'articolo 5 bis ha escluso dal detto obbligo la 
detenzione di animali sellatici classificati dalla legge stessa come 'oggetti ad 
uso personale e domestico. All'articolo 8 sexies ha specificato che ai fini 
dell'applicazione della legge, all'espressione "oggetto ad uso personale" deve 
essere dato il seguente significato: "prodotto derivato ottenuto da esemplari di 
specie incluse nell'allegato A. appendici I. II e III, e nell'allegato C, parte 
1 e 2. del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, che 
appartenga ad una persona fisica e che non sia posto in vendita o in commercio".
In base ad una corretta e logica esegesi della ratio e della lettera delle dette 
disposizioni normative isolatamente e globalmente considerate non può accedersi 
all'interpretazione proposta dal ricorrente: nella nozione di "esemplare" ' a 
annoverato qualsiasi animale vivo o morto ed ogni parte di esso. In quella di 
"oggetto" va compreso il prodotto derivato ottenuto da esemplari o da parti di 
esso.
In proposito questa Corte ha avuto modo di precisare che dall'utilizzazione del 
termine "esemplari" senza l'aggettivo "viventi", rinvenibile, invece, nell'art. 
6 della stessa legge, e dal permanere della distinzione effettuata dall'art. 3 
l. cit. fra parti degli esemplari e prodotti derivati, deriva che per 
"esemplare" deve essere inteso qualsiasi animale vivo o morto e qualsiasi parte 
di esso, mentre per "oggetto ad uso personale o domestico" va considerato d 
prodotto derivato ottenuto da esemplari o da parti di essi. Infatti, ove fosse 
consentito ritenere oggetti di uso personale o domestico anche parti di animali 
in via di estinzione, non solo si fornirebbe un'esegesi in contrasto con il 
concetto stesso di oggetto, che implica una trasformazione ed una lavorazione 
della materia prima, ma si eluderebbe la finalità di protezione della disciplina 
internazionale, comunitaria e nazionale, poiché è evidente la minore offensività 
insita nell'importare un oggetto ricavato da un animale invia di estinzione 
rispetto ad una parte anatomica dello stesso (in tali sensi: Cassazione Penale 
sez. III 14/3/1997 n. 3859).
Più volte poi nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato che la zanna 
di elefante costituisce parte di esemplare di animale appartenente a specie 
protetta (Cassazione penale sez. III 24/10/2003 n. 46296: Sez. III, 19/11/1998 
n..3088).
Nel caso in esame risulta accertato - ed ammesso in punto di fatto dallo stesso 
Landini nell'atto di opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione, come precisato 
nella parte espositiva della sentenza impugnata - che trattavasi di detenzione 
di una "zanna di elefante", ossia di una parte di un animale protetto morto 
(facilmente identificabile ed identificato) incluso nell'allegato A, Appendice I 
del regolamento CEE n. 338/1997.
E' poi irrilevante la data di acquisto della zanna di elefante in questione 
posto che la Convenzione di Washington responsabilizza in modo formale gli Stati 
firmatari anche per il periodo anteriore alla sua entrata in vigore. Di 
conseguenza coerentemente e legittimamente la legge 150 del 1992 ha imposto 
l'obbligo della denuncia della detenzione di esemplari selvatici protetti entro 
il termine di novanta giorni dall'entrata in vigore della legge stessa e ciò 
indipendentemente dalla data di inizio della detenzione. L'anzianita della 
detenzione non esonera il detentore dall'obbligo della denuncia di cui 
all'articolo 5 della citata legge che tutela le specie a rischio in applicazione 
della convenzione di Washington del 1973 sul commercio di flora e fauna 
selvatica e del Regolamento CE 338 del 1996.
Sussiste quindi l'infrazione contestata e posta a base dell'ordinanza 
ingiunzione opposta.
Va solo aggiunto che è inammissibile la parte del secondo motivo relativa 
all'asserita insussistenza di elementi probatori a sostegno dell'affermazione 
secondo cui nella specie si tratterebbe di una zanna intera di elefante e, 
quindi, di una "parte completa di animale protetto".
Dalla lettura della sentenza impugnata non risulta - né è stato dedotto dal 
ricorrente che nei motivi di opposizione all'ordinanza ingiunzione il Landini 
abbia dedotto la circostanza di fatto relativa alla detenzione di una modesta 
porzione di zanna di elefante"".
La censura in esame è quindi relativa ad una questione non prospettata dal 
ricorrente con l'atto di opposizione introduttivo del giudizio in esame nel 
quale come sopra rilevati - il Landini ha ammesso di detenere nella propria 
abitazione una "zanna di elefante" senza far alcun cenno alla dimensione di tale 
parte di animale.
Al riguardo è appena il caso di richiamare il principio pacifico nella 
giurisprudenza di questa Corte secondo cui il giudizio di opposizione a sanzione 
amministrativa pecuniaria, disciplinato dagli articoli 22 e seguenti legge 
689/1981, integra un'azione di accertamento negativo sicché il sindacato del 
giudice adito resta circoscritto alle questioni sollevate con i motivi di 
opposizione e non può estendersi a violazioni di legge che non siano state 
dedotte dall'opponente (sentenze 27/8/2003 n. 12544; 16/4/2003 n. 6013; 1/4/2003 
n. 4924). Ne consegue che il giudice, salve le ipotesi di inesistenza (non 
ravvisabili nella specie), non ha il potere di rilevare di ufficio ragioni di 
nullità del provvedimento opposto o del procedimento che Io ha preceduto 
(sentenza 9/3/2004 n. 4781). In particolare va ribadito che, in tema di sanzioni 
amministrative, il principio (desumibile dall'art. 23 I. 24 novembre 1981 n. 
689) secondo cui nel provvedimento di opposizione avverso l'ordinanza 
ingiunzione il giudice deve controllare non solo la validità formale del 
provvedimento, ma anche la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto 
dell'infrazione, deve essere coordinato con l'altro principio generale, 
desumibile dall'art. 112 c.p.c.. in base al quale il giudice dell'opposizione 
non puri rilevare d'ufficio vizi diversi da quelli fatti valere dall'opponente, 
entro i termini di legge, con l'atto introduttivo del giudizio, i quali 
costituiscono la "causa petendi" della relativa domanda (sentenze 27/8/2003 n. 
12544: 28/5/2002 n. 7790: 3/8/2000 n. 10202).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Non si deve provvedere sulle spese del giudizio di cassazione nel quale 
l'intimata Prefettura di Grosseto non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso_
 
                    




