 Cass. Sez. III n. 15680 del 23 aprile 2010 (Cc 3 mar. 2010)
Cass. Sez. III n. 15680 del 23 aprile 2010 (Cc 3 mar. 2010)
Pres. Onorato Est. Petti Ric. Abbatino
Rifiuti. Deposito temporaneo e onere della prova
L’onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni fissate dalla legge per la liceità del deposito temporaneo grava sul produttore dei rifiuti in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto non ricorrenti le condizioni per il deposito temporaneo ,sia perché non era stato osservato il divieto di miscelazione, sia perché non tutti i rifiuti ivi raccolti provenivano da scavi in loco).
UDIENZA del 03.03.2010
SENTENZA N. 379
REG. GENERALE N. 38042/2009
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dai sigg.  magistrati:
 Dott. Pierluigi Onorato                          presidente
 Dott Agostino Cordova                          consigliere
 Dott. Ciro Petti                                     consigliere
 Dott Silvio Amoresano                          consigliere
 Dott. Luigi Marini                                  consigliere
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 - sul ricorso proposto da Abbatino Rita, nata a San Giuseppe Jato il  xx/xx/xxxx,  avverso l'ordinanza del tribunale della libertà di Palermo del 21  settembre del  2009;
 - udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
 - sentito il Procuratore generale dott. Gioacchino Izzo, il quale ha  concluso  per il rigetto dei ricorso;
 - Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue:
 IN FATTO E DIRITTO
 Il tribunale del riesame di Palermo, con ordinanza del. 21 settembre del  2009,  respingeva la richiesta avanzata nell'interesse di Abbatino Rita avverso  il  provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari presso il  medesimo  tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un'area di circa  cinquecento  metri quadrati perché adibita a deposito incontrollato di rifiuti vari  (materiali provenienti da demolizioni, rifiuti ferrosi, plastica ecc),  ipotizzando a carico dell'indagata, quale legale rappresentante della  società "  Verdejato s.r.l", il reato di cui all'articolo 6 comma 1 lettere a) e b)  della  legge n 210 del 2008 e 256 del decreto legislativo n 152 del 2006.
 Ricorre per cassazione l'indagata denunciando:
 - violazione di legge per omessa motivazione sia del provvedimento  ablatorio che  di quello del tribunale del riesame, in quanto non si era assolutamente  dimostrata un'attività di raccolta dei rifiuti vari posto che quelli  rinvenuti  sull'area provenivano da scavi effettuati in loco ed erano destinati ad  essere  riutilizzati per riempimento;
 - la violazione delle norme incriminatici perché il materiale da  demolizione  proveniva da sbancamenti effettuati in loco ed era destinato al  riempimento  dello scavo, mentre quello plastico e ferroso proveniva anch'esso da  demolizioni  effettuate in loco ed era stato provvisoriamente accantonato nell'attesa  dello  smaltimento; mancavano inoltre le esigenze cautelari in quanto non  v'erano  elementi per ritenere che il sequestro servisse per scongiurare  ulteriori  depositi di materiale
 IN DIRITTO
 Il ricorso, al limite dell'ammissibilità perché si ripetono cesure già  disattese  dal tribunale, va comunque respinto perché infondato.
 Per delimitare il campo d'indagine devoluto a questa corte è opportuno  ricordare  che in questa materia, come risulta dall'articolo 325 c.p.p., il ricorso  per  cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o  probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione  dovendosi  comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo",  sia  quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato  argomentativo  posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei  requisiti  minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a  rendere  comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (cfr da ultimo  Cass n  43068 del 2009; Sez un 25932 del 2008).
 Ciò premesso, si rileva che in sede di sopralluogo si è accertato che in  un'area  adiacente un capannone gestito dall'attuale ricorrente, sito nella  provincia di  Palermo dove vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento  dei  rifiuti, erano stati depositati rifiuti vari costituiti da materiali da  demolizione non sottoposto ad alcun trattamento, da materiale inerte,  presumibilmente proveniente dalla vicina cava, da residui ferrosi e  plastici  oltre a terra e rocce da scavo l'indagata non era provvista di alcuna  autorizzazione per la raccolta di tali rifiuti. Pertanto si è ipotizzato  il  reato di cui al comma primo lettere a) e b) dell'articolo 6 della legge n  210  del 2008 che ha inasprito nelle zone dove vige lo stato d'emergenza le  pene  previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive  modificazioni e  segnatamente, per quanto riguarda la fattispecie, dall'articolo 256  comma  secondo decreto citato.
 Anche in questo grado l'indagata con i motivi di ricorso ha riproposto  la tesi  che trattasi di un deposito temporaneo di materiali di scavo,  provenienti dallo  stesso sito, in attesa del parziale utilizzo.
 L'assunto è stata già respinto dal tribunale con una motivazione che non   presenta alcun errore giuridico. In proposito va ricordato che il  decreto  Ronchi, all'articolo 6 lettera m) considerava deposito temporaneo il  raggruppamento di rifiuti effettuato prima della raccolta nel luogo in  cui erano  prodotti alle condizioni indicate dalla legge. La direttiva comunitaria  (75/442)  non conteneva la definizione di "deposito temporaneo" che è propria  della  legislazione italiana e che solo nel 2008 è stata inserita in una  Direttiva  comunitaria (2008 /98) Sotto la vigenza del decreto anzidetto il  deposito  temporaneo ha dato luogo ad un acceso dibattito non solo in ordine  all'inquadramento dell'attività con esso svolta ossia se essa dovesse  qualificarsi come smaltimento o recupero, ma anche per l'individuazione  della  disciplina applicabile allorché si violavano da parte del produttore del  rifiuto  le condizioni- o anche una sola di essa- previste dalla legge , posto  che il  rispetto di tali condizioni non costituiva solo una questione  classificatoria,  ma poteva incidere sulla disciplina (penale o amministrativa)  applicabile alla  fattispecie-
 La definizione, con alcune puntualizzazioni che riguardano i limiti  temporali o  quantitativi del deposito,che non interessano la fattispecie, è stata  ripresa  con il decreto legislativo n 152 del 2006.
 L'osservanza delle condizioni previste dalla legge per il deposito  temporaneo  esonerano il produttore dal richiedere l'autorizzazione e quindi  dall'osservanza  degli obblighi previsti dal regime autorizzatorio ad eccezione del  divieto di  miscelazione e dell'obbligo della tenuta del registro di carico e  scarico,che  devono comunque essere osservati.
 L'inosservanza anche di una sola delle condizioni imposte per il  deposito  temporaneo trasforma l'attività oggetto del deposito in illecita  gestione dei  rifiuti o in abbandono di rifiuti
 A proposito della distinzione tra deposito temporaneo e deposito  irregolare e  abbandono da parte di questa Corte si è statuito che "In tema di  gestione dei  rifiuti, allorché il deposito degli stessi manchi dei requisiti fissati  dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 183 D.Lgs. 3 aprile  2006 n.  152) per essere qualificato quale temporaneo, si realizza secondo le  circostanze  : a) un abbandono ovvero un deposito incontrollato sanzionato, secondo i  casi,  dagli artt. 50 e 51, comma secondo, del citato D.Lgs. n. 22 (ora  sostituiti  dagli artt. 255 e 256, comma secondo, D.Lgs.152 del 2006); b) un  deposito  preliminare, necessitante della prescritta autorizzazione in quanto  configura  una forma di gestione dei rifiuti; c) una messa in riserva in attesa di  recupero, anch'essa soggetta ad autorizzazione quale forma di gestione  dei  rifiuti."(Cass n 39544 del 2006). E più recentemente che " In tema di  deposito  di rifiuti(nella specie materiale ferroso e da scavo) si ha deposito  temporaneo,come tale lecito,quando i rifiuti sono raggruppati in via  temporanea  ed alle condizioni previste dalla legge , nel luogo di produzione; si ha   deposito preliminare o stoccaggio,che richiede l'autorizzazione o la  comunicazione in procedura semplificata,quando non sono rispettate le  condizioni  previste dall'articolo 6 lettera m ) del decreto legislativo n 22 del  1997(ora  art 183 lettera m del decreto legislativo n 152 del 2006) per il  deposito  temporaneo dei rifiuti; sia ha deposito incontrollato o abbandono di  rifiuti,  quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da  quello in  cui i rifiuti sono prodotti e fuori della sfera di controllo del  produttore (Cass  n 33971 del 2007; n 19883 del 2009). La sanzione per le varie ipotesi è  identifica fatta eccezione per l'abbandono effettuato da privati. Nelle  zone  dove vige l'emergenza rifiuti e segnatamente nella zona in esame  l'abbandono è  sanzionato penalmente sia che venga effettuato da titolari di imprese  che da  privati (cfr comma primo lettera a articolo 6 della legge n 210 del  2008). Nella  fattispecie i rifiuti sono stati abbandonati o comunque stoccati dal  titolare di  un'impresa.
 L'anzidetta distinzione è in linea con la Direttiva Comunitaria 2008/98  nella  quale, come accennato, si è introdotta per la prima volta la nozione di  deposito  temporaneo essendosi precisato al quindicesimo " considerando" che  "occorre  operare una distinzione tra il deposito preliminare dei rifiuti in  attesa della  loro raccolta, la raccolta dei rifiuti e il deposito di rifiuti in  attesa del  trattamento. Gli enti o le imprese che producono rifiuti durante la loro   attività non dovrebbero essere considerati impegnati nella gestione dei  rifiuti  e soggetti ad autorizzazione per il deposito dei propri rifiuti in  attesa della  raccolta". Nella fattispecie non ricorrono le condizioni per il deposito   temporaneo ,sia perché non era stato osservato il divieto di  miscelazione, sia  perché non tutti i rifiuti ivi raccolti provenivano da scavi in loco.  D'altra  parte l'onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni  fissate  dalla legge per la liceità del deposito temporaneo grava sul produttore  dei  rifiuti in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del  deposito  temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria (Così Cass n 21587 del  2004 e  30647 del 2004).
 Anche per quanto concerne le esigenze cautelari la motivazione del  tribunale non  presenta alcun errore giuridico essendosi precisato che il sequestro era   finalizzato ad evitare la prosecuzione dell'attività di abbandono.
 P.Q.M.
 LA CORTE
 Letto l'articolo 616 c.p.p.
 Rigetta
 Il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
 Così deciso in Roma il 3 marzo del 2010
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  23 APR. 2010
 
                    




