 Cass. Sez. III n. 16386 del 27 aprile 2010 (Cc.10 feb. 2010)
Cass. Sez. III n. 16386 del 27 aprile 2010 (Cc.10 feb. 2010)
Pres. Onorato Est. Franco Ric. Vidori ed altri
Rifiuti. Campionamento ed analisi e garanzie difensive
L’attività di prelievo e di analisi ha natura amministrativa sempre che essa non venga eseguita su disposizione del magistrato o non esista già un soggetto determinato, indiziabile di reati: solo in tal caso trovano applicazione le garanzie difensive previste dall‘art. 220 disp. att. cod. proc. pen., mentre, venendosi in attività amministrativa, è applicabile l‘art. 223 disp. att. Il presupposto per l’operatività dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e dunque per il sorgere dell’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire ai fini dell’applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata
di analogo contenuto e riferita alla stessa vicenda la sentenza n. 15372\2010
UDIENZA del 10.02.2010
SENTENZA N. 235
REG. GENERALE N. 22645/2009
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli  Ill.mi Sigg.:
 1. Dott. Pierluigi Onorato                                  Presidente
 2. Dott. Agostino Cordova                                Consigliere
 3. Dott. Amedeo Franco                                  (est.) Consigliere
 4. Dott.ssa Guicla I. Mulliri                              Consigliere
 5. Dott. Luigi Marini                                        Consigliere
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 - sul ricorso proposto da Vidori Andrea, nato a Valdobbiadene il  xx.xx.xxxx e da  Vidori Giuseppe, nato a Vidor il xx.xx.xxxx;
 - avverso l'ordinanza emessa il 3 aprile 2009 dal tribunale del riesame  di  Lecce;
 - udita nella udienza in camera di consiglio del 10 febbraio 2010 la  relazione  fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
 - udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore  Generale  dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 - udito il difensore avv. Giovanni Vasoin De Prosperi;
 Svolgimento del processo
 1. Con ordinanza del 13.3.2009 il GIP del tribunale di Brindisi applicò  nei  confronti di Vidori Andrea e Vidori Giuseppe la misura cautelare della  custodia  in carcere in relazione al reato di cui all'art. 260, comma 1, d. lgs. 3  aprile  2006, n. 152, per avere, in concorso con Fiorillo Vincenzo, Castiglione  Paolo e  Di Giulio Gianluca, il Fiorillo quale consigliere di amministrazione  della  Formica Ambiente srl, il Castiglione quale gestore di fatto della  discarica di  proprietà della Formica Ambiente sita in Brindisi, il Di Giulio quale  addetto  alla discarica stessa, il Vidori Giuseppe quale amministratore della  Vidori  Servizi Ambientali spa e il Vidori Andrea quale responsabile commerciale  di tale  società, al fine di trarne profitto, con più operazioni, allestimento di  mezzi  ed attività continuative organizzate, gestito abusivamente un traffico  di  ingenti quantitativi di rifiuti tossico-nocivi per la presenza di  benzene in  concentrazione superiore ai limiti per l'ammissibilità in una discarica  di II  cat. di tipo B (falsamente indicati sui FIR anziché come rifiuti  pericolosi come  rifiuti composti da rifiuti non pericolosi) e di rifiuti speciali  pericolosi  (indicati sui FIR quali miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto   pericoloso) non abbandonabili nella discarica per la concentrazione di  benzene.  La condotta contestata era quella di avere ricevuto nell'impianto della  Vidori  in provincia di Treviso rifiuti anche tossico nocivi, di averli  miscelati e poi  trasportati presso la discarica di Formica, che non avrebbe potuto  riceverli, ed  infine di averli smaltiti, il tutto per 166 conferimenti di rifiuti  tossico-nocivi e 66 conferimenti di rifiuti pericolosi.
 2. Il tribunale del riesame di Lecce, con l'ordinanza in epigrafe,  dispose la  sostituzione della misura coercitiva applicata con quella degli arresti  domiciliari. Osservò tra l'altro il tribunale:
 - che l'eccezione di inefficacia sopravvenuta della misura per nullità  dell'interrogatorio di garanzia non poteva essere dedotta dinanzi al  tribunale  del riesame, bensì con apposita istanza al GIP.
 - che la discarica sita in contrada Formica di Brindisi, gestita dalla  soc.  Formica Ambiente, era una discarica di seconda categoria tipo B, in cui  sono  abbancabili i rifiuti speciali e quelli pericolosi perché tossico  nocivi, purché  non superino certe concentrazioni di alcune sostanze.
 - che, a seguito di una segnalazione e di accertamenti effettuati il  2.8.2006 su  rifiuti provenienti da tale srl Sieco, era iniziata una intensa attività   investigativa mediante intercettazioni telefoniche ed acquisizione di  documentazione da cui risultava il conferimento nella discarica di  Formica di  rifiuti ivi non abbancabili mediante la contraffazione dei formulari di  accompagnamento.
 - che fra le società che effettuavano illeciti conferimenti di rifiuti  pericolosi e tossico nocivi mediante contraffazione dei formulari era  stata  individuata la Vidori Servizi Ambientali spa.
 - che il 7.12.2006 il Corpo forestale dello Stato aveva effettuato un  sopralluogo nella discarica Formica, mentre le intercettazioni  telefoniche in  atto avevano permesso di accertare un tentativo dei responsabili della  discarica  di sottrarre al controllo i camion con i rifiuti della Vidori, i cui  autisti  vennero avvertiti che non avrebbero potuto scaricare nella discarica e  furono  tenuti lontani da essa: tre camion furono fatti parcheggiare in una  stazione di  servizio di Polignano a mare, per farli poi scaricare il mattino  successivo  senza la presenza dei forestali, mentre un autocarro fu addirittura  fatto  ritornare in sede.
 - che solo l'11.12.2006 il Fiorillo autorizzò il Castiglione a ricevere i   camion, ma poi il giorno successivo il Castiglione rifiutò loro  l'ingresso.
 - che però nel frattempo l'11.12.2006 i tre camion parcheggiati nella  area di  servizio di Polignano (e di cui si era parlato nelle intercettazioni  telefoniche) vennero individuati dai carabinieri ed i tecnici dell'Arpa  prelevarono i campioni dei rifiuti, mentre i camion furono poi dal  Vidori fatti  rientrare in sede.
 - che i risultati delle analisi avevano dimostrato che la tipologia dei  rifiuti  era diversa da quella risultante dalla documentazione di accompagnamento  perché  il valore degli oli minerali era superiore allo 0,1%, sicché i rifiuti  andavano  qualificati come tossici e nocivi oppure come rifiuti pericolosi con  concentrazione di oli minerali superiore allo 0,1%, ossia rifiuti che  non  potevano essere smaltiti nella discarica di Formica.
 - che da una intercettazione telefonica del 9.1.2007 tra Vidori Giuseppe  e il  Castiglione era risultato che, a seguito dei controlli della forestale,  il  Fiorillo aveva momentaneamente sospeso l'attività della discarica.
 - che da altra intercettazione telefonica del 14.3.2007 risultava che  Vidori  Andrea e il Fiorillo avevano fatto riferimento al cambio di codici dei  rifiuti  ed ai controlli che venivano eseguiti.
 - che, quanto alla regolarità delle procedure di campionamento, il Gip  non ne  aveva avuto disponibilità al momento di emissione della misura, ma dalla   documentazione successivamente inviata si evinceva che i campioni erano  rappresentativi dei miscugli di rifiuti, e che le modalità di prelievo  erano in  linea con le previsioni del manuale IRSA-CNR relativo ai metodi  analitici per i  fanghi.
 - che dalla documentazione di accompagnamento risultava che il  produttore dei  rifiuti era la società Vidori, tuttavia della presunta violazione  dell'art. 223  disp. att. cod. proc. pen. poteva dolersi solo Vidori Giuseppe, legale  rappresentante della società, e non anche Vidori Andrea, che era solo il   direttore commerciale.
 - che peraltro l'attività di campionamento e di analisi dei rifiuti  aveva natura  amministrativa e quindi non doveva rispettare le norme del codice di  rito, e  l'unica garanzia prevista era quella di cui all'art. 223 cod. proc. pen.
 - che comunque l'avviso dell'inizio delle operazioni di analisi ai sensi   dell'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. non era necessario perché il  prelievo  dell'11.12.2006 era avvenuto alla presenza degli autisti degli  autocarri,  dipendenti della Veca Sud Autotrasporti srl, e l'avviso che le analisi  sarebbero  state compiute il giorno successivo era stato dato oralmente a detti  autisti,  sicché era idoneo a raggiungere il suo scopo.
 - che infatti doveva ritenersi che l'avviso era stato regolarmente dato  alla  parte interessata per il tramite degli autisti dipendenti dalla Veca Sud   Autotrasporti srl, che effettuava il trasporto per conto della soc.  Vidori sulla  base di un regolare contratto, sicché l'avviso doveva ritenersi rivolto  non solo  al titolare della ditta da cui dipendevano gli autisti, ma anche alla  società  committente.
 - che d'altra parte, dalle intercettazioni telefoniche che erano sempre  in atto  risultava che i Vidori erano stati subito messi al corrente  dell'avvenuto  prelievo dal titolare della ditta di autotrasporti Ventrone Lazzaro, che  aveva  loro inviato via fax anche una copia dei verbali, e che Vidori Giuseppe  era  anche venuto a conoscenza che le analisi si sarebbero svolte il giorno  successivo, tanto da mettersi in contatto col proprio consulente con il  quale  avevano poi deciso di non essere presenti perché l'avviso non era stato  dato  anche a loro.
 - che dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e di risultati  delle  analisi emergevano gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato  contestato;
 - che sussisteva altresì l'esigenza cautelare di impedire la  reiterazione del  reato ed il pericolo di inquinamento probatorio.
 3. Vidori Andrea e Vidori Giuseppe propongono ricorso per cassazione  deducendo:
 1) violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art.  302 cod.  proc. pen. per errata mancata dichiarazione della decadenza della misura   cautelare personale per entrambi gli imputati per nullità  dell'interrogatorio di  garanzia, derivante dalla violazione del diritto di difesa, anche per  parziale  inesistenza dell'interrogatorio o stesso, derivante da incompletezza non   addebitabile all'imputato. Osservano, che nel corso dell'interrogatorio  il  giudice aveva affermato che le esigenze del pericolo di inquinamento  probatorio  non riguardavano i due Vidori. Il difensore aveva quindi articolato le  sue  difese prescindendo da tale profilo. L'interrogatorio era quindi nullo o   comunque incompleto per factum principis. Erroneamente il  tribunale del  riesame ha ritenuto che l'eccezione non poteva essere proposta con il  riesame ma  doveva essere avanzata con apposita richiesta al GIP, con eventuale  appello.
 2) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla:
a) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (con riferimento alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza);
b) inosservanza degli artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen. in relazione alle sentenze n. 248/1983 e 15/1986 della Corte costituzionale;
c) mancanza,  contraddittorietà o  manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'art. 273,  comma 1,  cod. proc. pen. ed all'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
 Osservano che tutta la costruzione accusatoria si fonda sui tre prelievi   effettuati l'11.12.2006. Ora, tali prelievi ed analisi non possono  essere  ritenuti rappresentativi se non di quei tre carichi e non già anche di  tutti gli  altri carichi che costituirebbero gli ingenti quantitativi di rifiuti.  Ciò vale  anche per il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione di  rifiuti  e per l'organizzazione relativa.
 Inoltre, nel fascicolo trasmesso dal PM al GIP con la richiesta di nuova  misura  cautelare del 30.10.2008 non vi sono i verbali di campionamento  descrittivi  delle operazioni compiute, il che è causa di nullità di tutta la  procedura  perché non permette al giudice di valutare la reale rappresentatività  del  campione.
 Sembra poi che il campionamento sia stato effettuato direttamente sugli  automezzi posteggiati nella stazione di servizio, ossia con modalità  difformi da  quelle prescritte, che prevedono il metodo della c.d. quartatura,  compatibile  solo con lo scaricamento del carico dal mezzo per poter raggiungere  tutti i  rifiuti del carico stesso. In ogni caso non si conosce a quali  profondità e con  quali attrezzi sono stati prelevati i rifiuti.
 E' stato poi violato il diritto dell'interessato a ricevere avviso  dell'inizio  delle operazioni di analisi per potervi assistere con un proprio  consulente.  Risultava documentato che il soggetto interessato al contraddittorio in  sede di  analisi era la Vidori, che invece fu ignorata dai prelevatori. La  mancanza di  avviso non può essere surrogata dall'avviso al trasportatore (peraltro  in  potenziale conflitto di interessi con il produttore del rifiuti e nella  specie  in sostanziale conflitto) così come non può pensarsi che una ipotetica  conoscenza desunta dalle intercettazioni telefoniche possa sostituire la   procedura legale e l'avviso, che comunque comporta la legittimazione del   destinatario a partecipare alle analisi con un proprio consulente.  Inoltre,  l'ultimo verbale di prelievo è iniziato alle ore 15.00 dell' 11.12.2006 e   l'avviso fu dato al trasportatore per le ore 10.00 del giorno dopo. Da  ciò  deriva l'inutilizzabilità delle analisi e comunque la nullità della  procedura  seguita, a norma delle citate sentenze della Corte costituzionale. Il  vizio  inficia tutte le prospettazioni accusatorie sia sulla classificazione  sia sui  requisiti di accettabilità in discarica dei rifiuti.
 Osservano poi che la questione sugli idrocarburi da considerare  rilevanti in  sede di analisi per il superamento della soglia e la classificazione dei  rifiuti  come pericolosi, è stata risolta dal legislatore con la legge 13/2009,  di  conversione del d.l. 208/08, sicché ora la soglia dello 0,1% non può  ritenersi  superata ove siano stati rilevati cumulativamente ed indistintamente  tutti gli  oli minerali.
 E' comunque manifestamente illogico ritenere che tutti i carichi  conferiti dalla  Vidori alla discarica avessero le medesime caratteristiche.
 Evidenziano poi alcuni elementi tecnici da cui risulta che l'approccio  della  Vidori in ordine ai conferimenti alla discarica di Formica era stato del  tutto  corretto ed in buona fede. Invero le omologhe tecniche elaborate dal  fiduciario  della Formica attestavano che i rifiuti potevano essere conferiti nella  discarica; l'autorizzazione alla Formica dava atto che la discarica  rispondeva  anche ai requisiti di discarica di categoria superiore; la stessa Arpa  aveva  considerato i limiti di 10 volte il valore della tabella A.
 A fronte della correttezza del comportamento, manca la motivazione sulla   sussistenza dell'elemento psicologico del reato.
 3) violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art.  274, lett.  a) e c), cod. proc. pen. Osservano che il pericolo di reiterazione del  reato non  poteva dedursi dai modesti precedenti penali, peraltro risalenti nel  tempo. Né  poteva essere considerato indice di pericolo di reiterazione la quantità  di  rifiuti conferita, che è elemento costitutivo del reato. L'ordinanza del  Gip non  ha tenuto presenti le caratteristiche dei rifiuti conferiti in altre  discariche  e la polivalenza dei due codici CER in questione nonché il fatto che la  tipologia dei rifiuti conferiti alla Formica ora è inviata all'estero.  Lamentano  che le esigenze cautelati non sono né specifiche, né motivate né  attuali. E'  ormai superato il pericolo di inquinamento probatorio. Del resto il Gip  di  Brindisi con provvedimento del 28.4.2009 ha revocato il sequestro  dell'impianto  della Vidori, definendo impossibile alla radice il pericolo di  reiterazione del  reato ed inesistenti le cautele probatorie.
 In prossimità dell'udienza il difensore ha depositato memoria con  allegata  documentazione.
 Motivi della decisione
 4. Ritiene il Collegio che il primo motivo sia infondato. Invero,  secondo la  giurisprudenza di questa Suprema Corte, da cui non vi sono valide  ragioni per  discostarsi, «in materia di impugnazioni avverso i provvedimenti  limitativi  della libertà personale, nel procedimento incidentale di riesame  disciplinato  dall'art. 309 c.p.p. - e nel successivo giudizio di Cassazione - non  sono  deducibili, né rilevabili di ufficio, questioni relative all'inefficacia  della  misura cautelare diverse da quelle concernenti l'inosservanza dei  termini  stabiliti dai commi 5 e 9 dello stesso articolo (Nella specie, si  trattava di  asserita inefficacia della misura per il mancato interrogatorio di  garanzia ex  art. 294 c.p.p.; la Suprema Corte, nell'enunciare il principio di cui in   massima, ha ritenuto inammissibile la questione, riproposta in  Cassazione in  conseguenza di declaratoria di inammissibilità pronunciata in sede di  riesame,  ed ha precisato che la questione stessa - in quanto estranea all'ambito  del  riesame - avrebbe dovuto formare oggetto di istanza al giudice del  procedimento  principale, con conseguente provvedimento ex art. 306 c.p.p. soggetto  all'appello previsto dall'art. 310 c.p.p.» (Sez. IV, 6.5.1999, n, 1430,  Barbaro,  m. 214243; Sez. VI, 10.6.2003, n. 29564, Vinci, m. 225222).
 5. Quanto al secondo motivo, è innanzitutto fondata l'eccezione di  violazione  degli artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen.
 Il tribunale del riesame ha ritenuto che nella specie - in riferimento  alle  attività di prelievo e di analisi dei campioni di rifiuti sui tre camion  della  Vidori fermi nella stazione di servizio di Polignano a mare - non  dovevano  applicarsi le procedure di cui all'art. 220 cit., bensì quelle di cui al   successivo art. 223, e ciò perché si sarebbe trattato di attività avente  natura  amministrativa.
 Si tratta di motivazione chiaramente erronea. Invero, l'attività di  campionamento e di analisi ha si, almeno normalmente, natura  amministrativa, ma  sempre purché sia svolta dagli organi di polizia e di controllo  nell'ambito  della loro normale attività amministrativa di vigilanza e di ispezione,  ossia  quando sia diretta soltanto ad accertare la regolarità della attività e  non sia  ancora emersa nessuna notizia di reato. E tuttavia, proprio perché anche  dallo  svolgimento di tali verifiche amministrative potrebbero emergere indizi  di  reato, il legislatore (conformemente alle indicazioni della Corte  costituzionale) con l'art. 223 delle disposizioni di coordinamento del  cod.  proc. pen. ha previsto alcune garanzie difensive nei riguardi dei  soggetti  interessati proprio per l'eventualità che a seguito delle analisi  emergano nei  loro confronti indizi di reato. Le previsioni e le garanzie di cui  all'art. 223  cit. riguardano dunque i prelievi e le analisi inerenti all'attività  meramente  amministrativa, ossia appunto alla normale attività di vigilanza e di  ispezione.  Da tale ipotesi bisogna pertanto distinguere nettamente le analisi ed i  prelievi  inerenti non ad una attività amministrativa, bensì ad una attività di  polizia  giudiziaria nell'ambito di una indagine preliminare, per i quali devono  invece  trovare applicazione le norme dell'art. 220 disp. coord. cod. proc.  pen., in  base al quale «quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza  previste da  leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per  assicurare le  fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per  l'applicazione della  legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del  codice».
 Nel caso quindi di attività di polizia giudiziaria svolta nell'ambito di  una  indagine preliminare, devono operare «le norme di garanzia della difesa  previste  dal codice di rito, anche laddove emergano indizi di reato nel corso di  un'at-tività amministrativa che in tal caso non può definirsi extra-processum»   (Sez. III, 14.5.2002, n. 23369, Scarpa, m. 221627). In altre parole,  l'attività  di prelievo e di analisi ha «natura amministrativa... sempre che essa  non venga  eseguita su disposizione del magistrato o non esista già un soggetto  determinato, indiziabile di reati: solo in tal caso trovano applicazione  le  garanzie difensive previste dall'art. 220 disp. att. cod. proc. pen.,  mentre,  vertendosi in attività amministrativa, è applicabile l'art. 223 disp.  att. cit.»  (Sez. III, 16.10.1998, n. 12390, Fecchio, m. 212374).
 D'altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il  presupposto  per l'operatività dell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e dunque per  il  sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di  procedura penale  per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire  ai fini  dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla «sussistenza  della mera  possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge  dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere  dalla  circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata»  (Sez.  Un., 28.11.2004, n. 45477, Raineri, m. 220291; Sez. II, 13.12.2005, n.  2601,  Cacace, m. 233330).
 Nel caso in esame la stessa ordinanza impugnata ricorda che le indagini  preliminari erano iniziate fin dal 2.8.2006 nei confronti di una serie  di  soggetti in relazione alla attività della discarica di Formica, tanto  che nei  confronti di detti soggetti, tra i quali gli odierni ricorrenti, era  stata  avviata «un'intensa attività di intercettazioni telefoniche ...  unitamente ai  servizi di riscontro ed alla acquisizione di copiosa documentazione».  Risulta  quindi che all'epoca dei prelievi Vidori Giuseppe e Vidori Andrea, al  pari di  altri concorrenti nel reato ipotizzato, avevano già acquistato la  qualità di  persone sottoposte alle indagini, tanto da essere soggetti, insieme agli  altri  indagati, ad intercettazioni telefoniche. Del resto, avevano sicuramente  assunto  la detta qualità altri soggetti concorrenti nel medesimo reato, quale il   Fiorillo, già iscritto nel registro delle notizie di reato, il che è  sufficiente  per ritenere che le procedure di cui all'art. 220 cit. dovevano essere  rispettate nei confronti di tutti i concorrenti nello stesso reato. In  ogni  caso, non può dubitarsi che nella specie, quando il giorno 7.12.2006 il  corpo  forestale fece il sopralluogo nella discarica di Formica e quando  l'11.12.2006 i  carabinieri individuarono gli autocarri ed i tecnici dell'Arpa  eseguirono i  prelievi, erano già in corso le indagini preliminari, iniziate sin dal  precedente mese di agosto, e sussistevano sicuramente, come afferma la  stessa  ordinanza impugnata, gli «indizi di reato» di cui parla l'art. 220 cit.  anche  nei confronti degli odierni ricorrenti. Del resto, sempre dalla  ordinanza  impugnata, emerge anche che la stessa localizzazione dei camion e la  decisione  di effettuare i campionamenti ed i prelievi vennero fatte, per così  dire, in  diretta ed a colpo sicuro perché i camion erano stati individuati e  localizzati  proprio sulla base delle intercettazioni telefoniche che venivano  contemporaneamente eseguite nei confronti degli indagati, ivi compresi  gli  attuali ricorrenti. Ed infatti i carabinieri si recarono nella stazione  di  servizio dove i camion erano parcheggiati facendosi già accompagnare dai  tecnici  dell'Arpa proprio per prelevare i campioni. Non è quindi discutibile che  le  attività di prelievo ed analisi di campioni di rifiuti, eseguite nei  confronti  di persone già indagate e proprio al fine di assicurare le fonti di  prova e  raccogliere quant'altro potesse servire per l'applicazione della legge  penale,  costituivano vera e propria attività di polizia giudiziaria svolta nel  corso  delle indagini preliminari, e non mera attività amministrativa, ed  avrebbero  pertanto dovuto svolgersi a norma dell'art. 220 disp. att. cod. proc.  pen.,  ossia con l'osservanza delle disposizioni del codice di procedura penale  e delle  conseguenti procedure e garanzie difensive. La polizia giudiziaria  avrebbe  quindi dovuto procedere al sequestro dei mezzi, notiziare il pubblico  ministero,  seguire le procedure di cui all'art. 360 cod. proc. pen., qualora gli  accertamenti tecnici fossero non ripetibili, ossia avessero ad oggetto  cose o  luoghi il cui stato era soggetto a modificazione, avvisare gli indagati  delle  facoltà di cui agli artt. 360 e 369 bis, fra cui quella di nominare un  difensore  e propri consulenti prima di procedere al prelievo ed all'analisi dei  campioni.  D'altra parte, per i motivi che saranno di seguito indicati, deve  ritenersi che  nella specie il tribunale del riesame abbia implicitamente ritenuto che  si  trattava di accertamenti non ripetibili, ossia su elementi e sostanze  deteriorabili o soggetti a modificazione.
 Il fatto che siano state violate le disposizioni del codice di procedura  e tutte  le garanzie difensive previste dal codice stesso per assicurare le fonti  di  prova e raccogliere elementi utili alle indagini comporta che i  risultati delle  analisi in tal modo ottenuti non possono assumere efficacia probatoria  e,  quindi, non sono utilizzabili (cfr. Sez. III, 18.11.2008, n, 6881/09,  Ceragioli,  m. 242523). D'altra parte, quand'anche si volesse - peraltro  discutibilmente,  trattandosi di prove illegittimamente acquisite in violazione dei  divieti  stabiliti dal codice di rito in relazione alle fonti di prova raccolte  nel corso  delle indagini preliminari - parlare in termini di nullità, nella specie   dovrebbe comunque affermarsi la nullità di tutta la attività di  campionamento e  di analisi dei rifiuti, senza che rilevi la questione se si tratti di  nullità  assoluta o relativa, dal momento che la stessa è stata tempestivamente  eccepita  con il primo atto difensivo.
 6.1. Può peraltro per  completezza anche osservarsi che nella specie non sono state osservate  nemmeno  le norme dettate dall'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. per le  attività di  campionamento ed analisi aventi mera natura amministrativa. Va ricordato  che  l'art. 223 cit. prevede due distinte procedure, quella di cui al primo  comma,  qualora si tratti di analisi di campioni per i quali non è prevista la  revisione, e quella di cui al secondo comma, per l'ipotesi di analisi  per le  quali è prevista la revisione. Nella specie non risulta espressamente  dall'ordinanza impugnata se per le analisi in questione era o meno  prevista la  revisione, ossia se le stesse avevano o meno ad oggetto cose  modificabili o  deteriorabili. Peraltro, nella ordinanza impugnata si afferma, da un  lato, che  dovevano trovare applicazione le norme di cui al primo comma dell'art.  223 cit.,  e, da un altro lato, che tali norme sarebbero state nella specie  osservate. Deve  quindi ritenersi che il tribunale del riesame abbia implicitamente  accertato in  fatto che le analisi avevano ad oggetto elementi deperibili o  modificabili,  giacché altrimenti non avrebbero alcun senso le ripetute affermazioni  che erano  state rispettate le norme di cui all'art. 223, primo comma, ed in  particolare  l'obbligo di avvisare l'interessato dell'effettuazione delle prime  analisi.
 L'art. 223, primo comma, dispone che, a cura dell'organo procedente,  deve essere  dato, anche oralmente, avviso agli interessati del giorno, dell'ora e  del luogo dove le analisi verranno effettuate. Nella specie è pacifico che  l'avviso  che le analisi si sarebbero svolte a Bari il giorno successivo venne  dato  oralmente soltanto agli autisti dei tre camion, i quali peraltro non  erano  dipendenti della mittente società Vidori, bensì di una distinta società  di  autotrasporti. E' pertanto evidente la assoluta insufficienza di tale  avviso,  dal momento che l'art. 223 prescrive che l'avviso deve essere dato agli  interessati, i quali nella specie erano peraltro tutti individuabili e  già  individuati, in quanto già sottoposti alle indagini preliminari ed alle  intercettazioni telefoniche.
 L'ordinanza impugnata ha ritenuto invece sufficiente l'avviso agli  autisti per  il motivo che, pur essendo questi dipendenti dalla Veca Sud  Autotrasporti srl e  non della Vidori Servizi Ambientali Spa, tra le due società era stato  stipulato  un contratto per il trasporto dei rifiuti da conferire alla discarica di   Formica, sicché «il preavviso devesi ritenere rivolto, per il tramite  degli  autisti che hanno presenziato ai rilievi, non solo al titolare della  loro ditta,  ma anche al committente Vidori Servizi Ambientali, cui quel trasporto  era  riconducibile e che era legata alla Veca Sud dagli accordi negoziali  intercorsi  tra le due società». Si tratta di motivazione meramente apparente nonché   manifestamente illogica sotto diversi profili. L'art. 223 dispone che  l'avviso  del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate  deve essere  dato all'interessato, ossia al soggetto nei cui confronti potrebbero  sorgere  indizi di reato in conseguenza dei risultati delle analisi. Tale  soggetto,  ovviamente, non è l'autista dipendente della società di autotrasporti.  Nella  specie, del resto, gli interessati ai quali doveva essere dato l'avviso  erano  stati già individuati attraverso le intercettazioni telefoniche, ed  erano i  diversi soggetti indagati, a vario titolo connessi con la società Vidori  o con  la società Formica. In secondo luogo, non è spiegato per quale ragione  potesse  presumersi che un avviso di analisi per l'indomani dato ai dipendenti  della  società di autotrasporti, ossia di un soggetto estraneo agli  interessati, fosse  stato portato a conoscenza anche dei mittenti e dei destinatari e  comunque che  costoro fossero stati avvisati tempestivamente ed integralmente, anche  circa il  luogo e l'ora delle analisi. La giurisprudenza citata dalla ordinanza  impugnata  è inconferente perché si riferisce all'ipotesi di avviso dato al  dipendente del  titolare interessato, fissando un principio che si condivide ma che non  può  essere esteso analogicamente alla diversa ipotesi di avviso dato al  dipendente  di società terza estranea rispetto a tutti gli indagati.
 L'ordinanza impugnata, peraltro, afferma anche che l'avviso agli  interessati  sarebbe stato superfluo perché dalle intercettazioni telefoniche in  corso  emergeva che il giorno stesso Vidori Giuseppe era stato messo a  conoscenza dal  titolare della ditta di autotrasporti dell'avvenuto prelievo e della  fissazione  delle analisi, tanto che si era messo in contatto con il consulente  della  Formica prof. Laricchiuta per discutere sulla possibilità ed opportunità  che  questi presenziasse alle analisi. Anche questa motivazione è erronea  oltre che  manifestamente illogica in quanto la conoscenza comunque avuta aliunde del luogo  e dell'ora delle analisi non può sostituire l'avviso ufficiale che deve  essere  dato, anche oralmente ed in modo informale, ma sempre «a cura  dell'organo  procedente». Solo questo avviso ufficiale, invero, è in grado di mettere   legalmente l'interessato in condizione di esercitare i suoi diritti di difesa ed in particolare  l'onere di  essere presente alle analisi, in modo che possano ricadere su di lui le  conseguenze della eventuale mancata presenza. Conoscenze avute in altro  modo e  per via indiretta non possono dare la certezza che la mancata presenza  sia  dovuta ad una decisione consapevole dell'interessato e ad una sua  rinuncia ad  esercitare in questa fase le garanzie difensive, invece che, ad esempio,  alla  convinzione che, in mancanza di avviso ufficiale, non fosse sorto il  diritto o  l'onere di partecipare alle analisi. Nella specie, del resto, proprio  dalla  intercettazione della telefonata intercorsa quel giorno tra Vidori  Giuseppe ed  il prof. Laricchiuta, il cui contenuto è riportato testualmente dalla  ordinanza  impugnata, sembra emergere che i due ritennero opportuno non presenziare  alla  analisi proprio perché si erano convinti che, in mancanza di una avviso  legalmente rivolto alla Vidori, il titolare di questa non avrebbe potuto  e  dovuto presentarsi.
 Pertanto, anche qualora fosse applicabile l'art. 223 e non invece l'art.  220  disp. att. cod. proc. pen. dovrebbe ugualmente ritenersi che i risultati  delle  analisi, a causa del mancato avviso agli interessati - nella specie a  Vidori  Giuseppe ed Andrea - sarebbero inutilizzabili (cfr. Sez. VI, 5.11.1992,  n. 592,  Urzi; Sez. VI, 8.10.1993, n. 189, Meini; Sez. III, 4.3.1993, n. 2581,  Terenziani,  m. 193378; Sez. III, 21 febbraio 1994, n. 5310, Elena; Sez. III,  20.11.2002, n.  1068/03, Manzolillo; Sez. F., 3 agosto 2006, Paolillo), sia perché si  tratterebbe di prove raccolte in violazione del divieto di effettuare le  analisi  di cui all'art. 223 cit. primo comma senza avere dato previamente avviso   all'interessato, sia perché il terzo comma del medesimo art. 223 dispone  che se  non sia stata seguita la procedura ivi prevista i verbali delle analisi  non  possono essere raccolti nel fascicolo del dibattimento e sono, quindi,  inutilizzabili. In ogni caso, anche volendo ritenere che l'omesso avviso   all'interessato determini non la inutilizzabilità dei risultati ma la  nullità  della procedura di analisi (Sez. III, 13.11.1997, n. 10209, Serva; Sez.  III,  15.3.2000, n. 5207, Murri) nella specie dovrebbe comunque dichiararsi  tale  nullità, dal momento che essa è stata tempestivamente eccepita con il  primo atto  difensivo.
 6.2. E' appena il caso di rilevare come sia palesemente erroneo, oltre  che  manifestamente illogico, l'assunto secondo cui della violazione  dell'art. 223  disp. att. cod. proc. pen. potrebbe dolersi solo Vidori Giuseppe, che è  legale  rappresentante della società, e non anche Vidori Andrea, per il motivo  che  questi era solo il responsabile commerciale senza poteri di  rappresentanza  esterna. La titolarità della rappresentanza esterna è infatti elemento  del tutto  irrilevante, laddove ciò che rileva è la circostanza che anche Vidori  Andrea era  sicuramente sottoposto alle indagini e quindi soggetto interessato, che  aveva  diritto di essere avvisato e di presenziare alla analisi.
 7. E' opportuno anche rilevare che il mancato rispetto delle procedure e   garanzie difensive previste dall'art. 220 e, in ogni caso, dall'art. 223  disp.  att. cod. proc. pen. sembra avere anche determinato risultati la cui  attendibilità non è stata accertata con congrua ed adeguata motivazione,  tanto  che l'ordinanza impugnata, quand'anche i risultati delle analisi fossero utilizzabili,  dovrebbe  comunque essere annullata sul punto.
 Ed invero, la difesa aveva innanzitutto eccepito che nel fascicolo  processuale  trasmesso dal PM al GIP unitamente alla richiesta di misura cautelare in  data  30.10.2008, non erano contenuti i verbali di campionamento. Sebbene,  secondo la  giurisprudenza di questa Suprema Corte, «l'assenza del verbale delle  operazioni  di analisi di campioni è causa di inutilizzabilità dei relativi  risultati in  quanto rende impossibile per il giudice il controllo sull'attività  compiuta dall'organo  amministrativo» (Sez. III, 31.1.1994, n. 4423, Negrini, m. 197329), il  tribunale  del riesame ha risposto in modo poco chiaro a questa eccezione, perché  da un  lato sembra confermare la mancanza del verbale, ma dall'altro lato,  attribuisce  rilievo ad un verbale trasmesso dall'Arpa al PM oltre due anni dopo,  senza  chiarire di che verbale si tratta e in quale data é stato redatto.
 La difesa aveva altresì eccepito che le modalità di campionamento  eseguite  sarebbero state difformi da quelle prescritte, perché i campioni di  rifiuti  erano stati prelevati direttamente sui camion invece di seguire il  metodo della  c.d. quartatura, che prevede lo scaricamento del mezzo in modo da poter  raggiungere tutti i rifiuti componenti il carico. Il tribunale del  riesame ha  risposto in modo generico a questa eccezione affermando, senza spiegare i   motivi, che i campioni erano sicuramente rappresentativi dei miscugli di  rifiuti  perché erano state seguite le modalità previste dal manuale IRSA-CNR.  Sennonché,  ai sensi del punto 2, dell'allegato 3, del d.m. dell'ambiente e della  tutela del  territorio 2 agosto 2005 (Definizione dei criteri di ammissibilità dei  rifiuti  in discarica), «il campionamento dei rifiuti ai fini della loro  caratterizzazione chimico-fisica deve essere effettuato in modo tale da  ottenere  un campione rappresentativo secondo i criteri, le procedure, i metodi e  gli  standard di cui alla norma UNI 10802 "Rifiuti liquidi, granulari,  pastosi e  fanghi - Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati  "».  L'ordinanza impugnata non ha motivato sulle ragioni per le quali nella  specie  sarebbe stato correttamente utilizzato il metodo IRSA-CNR, anziché il  metodo UNI  10802 previsto dalla norma tecnica.
 La difesa aveva inoltre eccepito che i risultati delle analisi - svolte  peraltro  senza che gli indagati fossero stati messi in condizione di assistervi -  erano  inattendibili e comunque non significativi, anche per la minima entità  dei  parametri considerati dall'Arpa al fine della classificazione dei  rifiuti in  questione come tossico-nocivi, come tali non abbancabili nella discarica  di  Formica. In particolare aveva eccepito che la questione sulla  individuazione in  sede di analisi degli idrocarburi da considerare rilevanti per il  superamento  della soglia di legge ai fini della dei rifiuti come pericolosi o meno,  era  stata risolta dal legislatore con la legge 13/2009, di conversione del  d.1.  208/08, sicché ora la soglia dello 0,1% non può ritenersi superata ove  siano  stati rilevati cumulativamente ed indistintamente tutti gli oli  minerali.  L'ordinanza impugnata ha omesso di rispondere anche a questa eccezione.
 Deve infine ritenersi anche fondato il motivo di ricorso con il quale i  ricorrenti lamentano che comunque manca sostanzialmente una congrua ed  adeguata  motivazione anche sulle ragioni per le quali il solo fatto che tre  carichi della  Vidori contenessero rifiuti che superavano i limiti tabellari per alcune  sostanze  potesse costituire grave indizio che tutti o almeno la gran parte (tale  da  configurare la ingente quantità) dei rifiuti inviati nel tempo dalla  Vidori alla  discarica di Formica fossero ugualmente tossico-nocivi o pericolosi per  la  concentrazione di oli minerali superiore ai limiti di legge.
 8. I ricorrenti lamentano anche che tutta la costruzione accusatoria in  relazione al contestato reato di cui all'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006,  n. 152,  si fonda unicamente sulle analisi dei tre prelievi effettuati dall'Arpa  di Bari  l'11.12.2006 sui tre camion in sosta a Polignano ed individuati  attraverso le  intercettazioni telefoniche.
 Ora, il tribunale del riesame ha espressamente riconosciuto che sul  contenuto  dei dialoghi intercettati riposa «parte della piattaforma indiziaria»,  sembrando  in tal modo riconoscere che, senza i risultati delle analisi - nella  specie  inutilizzabili o comunque nulli per quanto dianzi osservato - le sole  intercettazioni telefoniche non sarebbero di per sé idonee a fornire  gravi  indizi della sussistenza del reato ipotizzato.
 In ogni modo l'ordinanza impugnata riporta innanzitutto una serie di  intercettazioni telefoniche fra i Vidori ed i gestori della discarica  che però  si sono svolte tutte fra il 7 e l'11 dicembre 2006 e riguardano  unicamente il  controllo del Corpo forestale nella discarica ed camion della Vidori, il  carico  di parte dei quali fu sottoposto al prelievo ed alle analisi. Viene poi  riportata una conversazione del 9.1.2007 tra Vidori Giuseppe e  Castiglione, da  cui si desume che il Fiorillo aveva sospeso l'attività della discarica.  Viene  infine riportata una telefonata del 14.3.2007 tra Vidori Andrea ed il  Fiorillo,  in cui si fa riferimento a cambi di codice, ai controlli ed a difficoltà  della  Vidori. Non vengono però indicate le ragioni per le quali da queste  ultime due  telefonate e dalle telefonate del 7-11.12.2006 si può desumere che i  rifiuti  inviati dalla Vidori fossero non abbancabili nella discarica perché  contenenti  elementi con valori superiori ai limiti consentiti e perché i carichi  illeciti  fossero la gran parte di quelli inviati tanto da raggiungere una  quantità  ingente di rifiuti illecitamente trafficati.
 In sostanza, la motivazione dell'ordinanza impugnata è generica sulla  circostanza che dai contenuti delle intercettazioni telefoniche emergano  nei  confronti degli attuali ricorrenti gravi indizi sulla sussistenza del  reato  ipotizzato, tali da giustificare un provvedimento restrittivo della  libertà  personale. Dai dialoghi riportati relativi ai Vidori possono semmai  emergere  semplici indizi sulla possibile esistenza di un qualche reato, indizi  che  giustificavano un approfondimento investigativo, ed in particolare dei  sequestri  probatori e degli accertamenti tecnici. L'ordinanza però non spiega  perché tali  dialoghi costituissero anche gravi indizi di colpevolezza con specifico  riferimento all'ipotizzato reato di traffico illecito di ingenti  quantitativi di  rifiuti.
 9. Analogamente, la motivazione dell'ordinanza impugnata è meramente  apparente e  di stile anche in relazione alle esigenze cautelari, in quanto non sono  stati  specificati né i pericoli di inquinamento probatorio che  giustificherebbero il provvedimento privativo della libertà personale,  né gli elementi da cui si  desumerebbe l'esistenza di un pericolo attuale e concreto di  reiterazione di  reati della stessa specie. In particolare, non sono stati presi in  considerazione gli elementi indicati dalla difesa, tra cui il fatto che  il reato  risulta contestato come commesso fino al dicembre 2006, mentre il  provvedimento  restrittivo è stato emesso solo due anni dopo, il 13 marzo 2009.
 10. In conclusione l'ordinanza impugnata deve essere annullata con  rinvio al  tribunale del riesame perché valuti, con adeguata e congrua motivazione,  senza  tenere conto degli inutilizzabili risultati delle analisi chimiche, se  sussistano gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato  nonché se  sussistano, in concreto ed attualmente, le richieste esigenze cautelari.
 Tutti gli altri motivi restano assorbiti.
 Per questi motivi
 La Corte Suprema di Cassazione
 annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Lecce.
Così deciso in Roma, nella  sede  della Corte Suprema di Cassazione, il 10 febbraio 2010..
 
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  27 APR. 2010
 
                    




