 Cass. Sez. III n. 25047 del 22 giugno 2011 (Ud. 25 mag. 2011)
Cass. Sez. III n. 25047 del 22 giugno 2011 (Ud. 25 mag. 2011)
Pres. Petti Est. Lombardi Ric. Piga
Rifiuti. Discarica requisiti
L’art. 2. comma 1 lett. g) del decreto legislativo 13.1.2003 n. 36, nel dettare i criteri atti a individuare la nozione di “discarica” non richiede l’esistenza di un apparato organizzato di uomini e mezzi, essendo sufficiente che un’area sia adibita a smaltimento dei rifiuti mediante deposito sul suolo o nel suolo, sicché è sufficiente l’abitualità dello smaltimento di rifiuti in un’area determinata e la consistenza del loro accumulo, idonea a provocare il degrado dell’ambiente
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
 Presidente Dott.  Ciro Petti
 Consigliere   "      Alfredo Maria Lombardi
 Silvio Amoresano
 Elisabetta Rosi
 Santi Gazzara
 ha pronunciato la seguente:
 SENTENZA
 - Sul ricorso proposto dall'Avv. Paolo Bonanni, difensore di fiducia di Piga  Domcnico Pietro, n. a Genova il 24.7.1956, avverso la sentenza in data 19.5.2010  della Corte di Appello di Genova, con la quale, in riforma di quella del  Tribunale di Genova in data 17.7.2009, venne condannato alla pena di anni uno di  arresto ed € 5.200,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui all'ad. 256,  comma 3, del D. Lgs n. 152/2006.
- Visti gli atti, la sentenza  denunziata ed il ricorso;
 - Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria  Lombardi;
 - Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo  Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 - Udito il difensore dell'imputato, Avv. Paolo Bonanni, che ha concluso per  l'accoglimento del ricorso;
 SVOLGIMENTO DEI. PROCESSO
 Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Genova, in accoglimento  dell'impugnazione proposta dal Procuratore Generale della Repubblica avverso la  sentenza del Tribunale di Genova in data 17.7.2009, ha affermato la colpevolezza  di Piga Domenico Pietro in ordine al reato di cui all'art. 256, comma 3, del D.  Lgs n. 152/2006, cosi diversamente qualificato il fatto di cui all'originaria  imputazione formulata ai sensi degli artt. 110 c.p. e 256, conuni 1 lett. a) e  b) e 2, del medesimo decreto legislativo.
 Il fatto di cui alla imputazione era stato ascritto al Piga per avere, in  qualità di legale rappresentante della "Artedile Building Service S.r.l.", in  concorso con La Rosa Gerardo, effettuato un abbandono incontrollato di rifiuti  speciali non pericolosi e pericolosi.
 La Corte territoriale, in accoglimento dell'impugnazione del P.M., ha  qualificato il fatto ascritto all'imputato quale realizzazione di una discarica  abusiva, rideterminando la pena inflitta al Piga nella misura precisata in  epigrafe e disponendo la confisca dell'area adibita a discarica.
 La sentenza ha, invece, rigettato i motivi di gravame, con i quali la difesa  dell'imputato ne aveva chiesto l'assoluzione, deducendo che unico responsabile  delle condotte ascritte al Piga era il solo La Rosa, di cui era chiesto l'esame  mediante riapertura dell'istruzione dibattimentale in appello.
 Sul punto si osserva nella sentenza che il Piga era in ogni caso responsabile  dell'operato della società, in quanto obbligato per la sua qualità al controllo  delle attività svolte dalla medesima, e che per tale ragione si riteneva  superflua l'ammissione del mezzo di prova richiesto.
 Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la  denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed  errata applicazione degli art. 256, comma 3, del D. Lgs n. 152/2006, 2, comma 1,  del D. Lgs n. 36/2003 e 40 c.p., nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta  illogicità della motivazione della sentenza.
 In sintesi, si deduce che l'affermazione di colpevolezza dell'imputato si pone  in contrasto con il disposto dell'art. 40 c.p.. Si osserva che la responsabilità  penale del Piga é stata affermata per una condotta meramente omissiva, benché  non sussistesse a suo carico un obbligo di impedire l'evento. I reati di  deposito incontrollato di rifiuti e di realizzazione o gestione di una discarica  abusiva sono previsti dalle norme citate solo in forma commissiva, mentre non  incombe alcun obbligo sul proprietario dell'area di intervenire per impedire il  deposito incontrollato o la realizzazione della discarica, sicché questi non può  essere riconosciuto colpevole per il suo comportamento omissivo. Si osserva,  poi, con riferimento alla fattispecie della realizzazione di una discarica  abusiva, che la stessa è configurabile solo allorché vi sia un'organizzazione di  uomini e di mezzi diretta al suo funzionamento; organizzazione che nel caso in  esame era del tutto assente.
 Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la mancata  assunzione di una prova decisiva, ai sensi dell'art. 606 lett. d) c.p.p., con  riferimento al mancato accoglimento della richiesta di esaminare il La Rosa,  deducendo che questi avrebbe potuto fornire elementi utili per accertare la  estraneità dell'imputato alla effettiva gestione della società.
 Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata  applicazione dell'art 62 bis c.p., nonché mancanza di motivazione in ordine alla  determinazione della pena.
 Si deduce che la sentenza è carente di motivazione in ordine al diniego delle  citate attenuati, la cui richiesta trovava il proprio fondamento nel ruolo  assolutamente marginale svolto dal Piga nella vicenda.
 Con motivi aggiunti il ricorrente, denunciando:
 1) Violazione ed errata applicazione dell'art. 256, comma 3, del D. Lgs n.  152/2006 e vizi di motivazione della sentenza, censura la disposta confisca  dell'area. Si deduce che non è stata accertata l'appartenenza della stessa alla  società "Artedile Building Service S.r.l.".
 2) Violazione dell'art. 133 c.p., della norma incriminatrice e vizi di  motivazione della sentenza, censura la determinazione della pena in misura  eccessiva rispetto al minimo edittale senza adeguata motivazione.
 Il ricorso non è fondato.
 Il reato di deposito incontrollato di rifiuti, così quello di realizzazione e  gestione di una discarica abusiva, hanno indubbia natura commissiva, come  affermato dal ricorrente e reiteratamente da questa suprema Corte (cfr. di  recente sez. III, 19.12.2007 n. 6098 del 2008, Sarra, RV 238828). Nel caso in  esame, però, l'affermazione di colpevolezza dell'imputato non è fondata  sull'accertamento dell'omesso intervento per impedire la realizzazione di una  discarica ovvero la prosecuzione della sua attività, bensì in quanto  responsabile, legale rappresentante, della società "Artedile Building Service  S.r.l.", al cui operato è stata direttamente attribuita la realizzazione della  discarica medesima.
 Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha fatto riferimento alla qualità  dell'imputato di amministratore unico della società Artedile Building Service ed  ai doveri di controllo ad essa inerenti, riferiti all'operato della società  medesima, e non a quello di terzi estranei, nella realizzazione della discarica  abusiva.
 Altresì correttamente la sentenza ha escluso la rilevanza dell'eventuale prova  di una gestione di fatto della società da parte del coimputato La Rosa, stante  il preciso obbligo giuridico inerente alla qualità di amministratore unico di  controllare la gestione della società, del cui operato è direttamente  responsabile ex lege (cfr. art. 2392 c.c.). (cfr. anche sez. III,  6.4.2006 n. 22919, Furini, RV 234474 con specifico riferimento ai doveri di  vigilanza e controllo che incombono sull'amministratore della società anche se  questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali  amministratori di fatto).
 Anche gli ulteriori rilievi in ordine alla inesistenza, nel caso in esame, di  una discarica abusiva sono infondati.
 L'art. 2. comma 1 lett. g), del decreto legislativo 13.1.2003 n. 36, nel dettare  i criteri atti a individuare la nozione di "discarica" non richiede l'esistenza  di un apparato organizzato di uomini e mezzi, essendo sufficiente che un'area  sia adibita a smaltimento dei rifiuti mediante deposito sul suolo o nel suolo.
 Sicché è sufficiente l'abitualità dello smaltimento di rifiuti in un'area  determinata e la consistenza del loro accumulo, idonea a provocare il degrado  dell'ambiente (sez. III, 18.9.2008 n. 41351, Fulgori e altro, RV 241533; sez. V,  14.1.2005 n. 11924, Spagnolo ed altri, 1W 231704); requisiti che sono stati  accertati dalla sentenza impugnata.
 Gli ulteriori motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
 Quanto correttamente rilevato in punto di diritto nella sentenza impugnata in  ordine alla responsabilità diretta dell'amministratore della società per le  violazioni di legge derivanti dalla sua gestione rende evidente la superfluità  del mezzo istruttorio chiesto in appello per dimostrare che la società era di  fatto gestita da altri.
 I motivi di ricorso in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla  determinazione della pena si esauriscono in contestazioni di merito,  inammissibili in sede di legittimità.
 Peraltro, la pena è stata determinata in misura corrispondente al minimo  edittale, essendovi nella discarica anche rifiuti pericolosi.
 L'appartenenza a terzi dell'area sulla quale è stata realizzata la discarica,  peraltro oggetto di mera affermazione, costituisce motivo nuovo, non sottoposto  all'esame dei giudici di merito, e, perciò inammissibile.
 Peraltro, l'eventuale appartenenza a terzi dell'area deve essere fatta valere  dai soggetti effettivamente interessati mediante opposizione da proporsi in sede  esecutiva.
 Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
 P.Q.M.
 La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  processuali.
Cosi deciso in Roma nella pubblica  udienza del 25.5.2011.
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA 22/06/2011
 
                    




