 Cass. Sez. III n. 16705 del 29 aprile 2011 (Ud. 12 gen. 2011)
Cass. Sez. III n. 16705 del 29 aprile 2011 (Ud. 12 gen. 2011)
Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Marietta
Rifiuti. Fresato di asfalto
Il fresato d’asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale rientra nella definizione del materiale proveniente da demolizioni e costruzioni, incluso nel novero del rifiuti speciali non pericolosi
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri  Magistrati:
 Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI                                                  - Presidente 
 Dott. MARIO GENTILE                                                                      - Consigliere 
 Dott. RENATO GRILLO                                                                     - Consigliere  
 Dott. GIULIO SARNO                                                                       - Consigliere 
 Dott. ELISABETTA ROSI                                                                  - Consigliere Rel.
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 - sul ricorso proposto da:  MARIETTA BATTISTA N. IL 24/05/1942
 - avverso la sentenza n. 17/2009 TRIB.SEZ.DIST. di CIRIE', del 01/12/2009
 - visti gli atti, la sentenza e il ricorso
 - udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2011 la relazione fatta dal Consigliere  Dott. ELISABETTA ROSI
 - Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Gioacchino Izzo, che ha  concluso per l'inammissibilità del ricorso
 - Uditi il difensore Avv. 77 in sostituzione dell'avv. // che ha concluso per  l'accoglimento.
  RITENUTO IN FATTO
 Il Tribunale Ordinario di Torino - Sezione distaccata di Ciriè con sentenza del  20 gennaio 2010 ha condannato Marietta Battista, alla pena di euro 2.000 di  ammenda, pena interamente condonata, per il reato di cui all'art. 51, comma 1,  lett. a) D. Lgs. 22/97, perché nella qualità di legale rappresentante della  ditta omonima, avente come oggetto sociale attività di escavazione, costruzione,  demolizione, manutenzione strade e altro, aveva effettuato su un terreno  agricolo di proprietà un deposito di rifiuti speciali non pericolosi (materiale  bituminoso derivante da scarificazione, fresatura e demolizione del mando  stradale), in assenza di autorizzazione, accertato in Germagnano, il 26 ottobre  2005.
 L'imputato a mezzo del proprio difensore ha proposto appello, poi qualificato  dalla Corte di appello come ricorso e trasmesso a questa Corte di cassazione per  i seguenti motivi:
 1. insussistenza del fatto, in quanto il materiale rinvenuto non rientrerebbe  nella categoria di rifiuto, in quanto l'imputato non aveva alcuna intenzione di  disfarsi di esso, dovendolo riutilizzare per l'attività imprenditoriale svolta;  inoltre, anche a voler ritenere che si tratti di rifiuti, non si tratterebbe di  deposito ma di mero raggruppamento di essi in luogo diverso da quello in cui  sono prodotti;
 2. assoluta carenza di motivazione circa la sussistenza dell'elemento  psicologico, in quanto nel reato ascritto è richiesto il dolo, ossia la  consapevolezza circa la qualità di rifiuto: il ricorrente aveva invece ottenuto  l'autorizzazione al deposito sul proprio fondo di inerti e aveva quindi ritenuto  che anche tale materiale fosse così qualificabile;
 3. eccessività della pena.
 In prossimità dell'udienza il difensore ha prodotto memoria con la quale ha  ribadito che il materiale bituminoso indicato nel capo di imputazione non può  essere qualificato rifiuto, ma sottoprodotto (ex art. 14 D.L. n. 138 del 2002)  ed ha evidenziato che il giudice di merito avrebbe omesso di valutare la  dichiarazione scritta dell'imputato e l'oggetto sociale della ditta individuale,  per cui la motivazione risulterebbe contraddittoria e non avrebbe fornito  risposta alle deduzioni della difesa.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è manifestamente infondato, anche perché finisce per proporre censure  in punto di ricostruzione del fatto.
 La sentenza impugnata ha fornito congrua ed esaustiva motivazione circa il fatto  che la dimostrata attività di raccolta di materiale bituminoso effettuata sul  terreno di proprietà del Marietta, materiale del quale è agevole desumere la  provenienza dall'attività di manutenzione delle strade svolta dalla ditta del  medesimo, integri il reato contestato all'imputato, richiamando la consolidata  giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez.3, n. 23788 del 19/6/2007, Arcuti, Rv.  236952 e n. 8936 del 25/2/2003, Pm in proc. Boscarato, Rv. 223742), che ha  stabilito che il fresato d'asfalto proveniente dal disfacimento del manto  stradale rientra nella definizione del materiale proveniente da demolizioni e  costruzioni, incluso nel novero dei rifiuti speciali non pericolosi,  giurisprudenza che questo Collegio ritiene di condividere.
 Inoltre il giudice di merito ha preso atto che il Marietta era in possesso di  un'autorizzazione per realizzare un deposito temporaneo di materiali inerti, ma  ha osservato che non è possibile includere tra gli stessi, per le ragioni  anzidette, il fresato di asfalto.
 Nè risulta invocabile il disposto di cui all'art. 14 del D.Igs n. 152 del 2006,  in quanto l'imputato non aveva fornito alcun sopporto probatorio all'affermato  riutilizzo di tale materiale. Su questo aspetto, deve essere richiamata la  sentenza della Sez. 3, n. 35138 del 10/9/2009, Bastone, Rv. 244784, che ha  affermato che "Al fine di escludere l'applicazione della normativa sui rifiuti  per i materiali provenienti da demolizioni stradali, è onere di colui che ne  afferma il riutilizzo fornire la prova di tale assunto, non ravvisandosi sul  punto alcuna inversione dell'onere probatorio, in quanto detti materiali non  rientrano nella categoria delle terre e rocce da scavo e sono qualificati come  rifiuti in base al codice CER 1709". Quanto alla dosimetria della pena, è stata  comminata solo la pena pecuniaria, proprio per la modesta gravità dei fatti e  sono state concesse le circostanze attenuanti generiche, anche tenuto conto  dell'incensuratezza, di talchè il motivo di ricorso sullo specifico punto  risulta del tutto ingiustificato ed infondato.
 Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, ai sensi dell'art.  616 c.p.p., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese  processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
 PQM
 dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle  spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle  ammende.
 Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA 29 APR. 2011
 
                    




