 Cass. Sez. III n. 25037 del 22 giugno 2011 (Ud. 25 mag. 2011)
 Cass. Sez. III n. 25037 del 22 giugno 2011 (Ud. 25 mag. 2011)
Pres. Petti Est. Lombardi Ric. Olivo
Rifiuti. Ruscellamento liquami
In assenza di una condotta di scarico, le acque reflue devono qualificarsi rifiuti liquidi il cui versamento sul suolo ovvero la cui immissione in acque superficiali o sotterranee, senza autorizzazione, è sanzionata penalmente dall’art. 256, commi 1 e 2, del D.Lv. 152\06 (fattispecie in tema di "ruscellamento")
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
 Presidente Dott. Ciro Petti
 Consigliere   "     Alfredo Maria Lombardi
 Silvio Amoresano
Elisabetta Rosi
Santi Gazzara
 ha pronunciato la seguente:
 SENTENZA
 - Sul ricorso proposto dall'Avv. Domenico Grande Aracri, difensore di fiducia di  Olivo Maria, n. a Cutro l'11.12.1952, avverso la sentenza in data 24.5.2010 del  Tribunale di Crotone, con la quale venne condannata alla pena di € 2.000,00 di  ammenda, quale colpevole dei reati: a) di cui all'art. 137 del D. Lgs n.  152/2006; b) di cui all'art. 674 c.p., unificati sotto il vincolo della  continuazione.
- Visti gli atti, la sentenza  denunziata ed il ricorso;
 - Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria  Lombardi;
 - Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo  Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 SVOLGIMENTO DEE PROCESSO
 Con la sentenza impugnata il Tribunale di Crotone ha affermato la colpevolezza  di Olivo Maria in ordine ai reati: a) di cui all'art. 137 del D. Lgs n.  152/2006; b) di cui all'art. 674 c.p., a lei ascritti perché, quale responsabile  e legale rappresentante della ditta B.M. Oli S.r.l., effettuava Io smaltimento  dei reflui derivanti dalla lavorazione e trasformazione delle olive mediante  l'attivazione di apposito scarico e l'immissione diretta in un ruscello  antistante il frantoio, nonché per avere versato nell'ambiente le acque di  lavorazione provenienti dal suddetto frantoio, contenenti residui oleosi e  melmosi, costituenti cose atte ad offendere le persone.
 
 Il giudice di merito ha accertato in punto di fatto che le acque reflue di  lavorazione del frantoio venivano svernate attraverso un tombino, collegato  mediante un tubo al frantoio, sul terreno limitrofo al frantoio e di qui, per  effetto di "ruscellamento", confluivano in un canale d'acqua.
 Il giudice di merito ha ritenuto altresì integrata la fattispecie di cui  all'art. 674 c.p. in considerazione della potenziale offensività, anche minima,  per le persone delle cose versate Avverso la sentenza ha proposto ricorso il  difensore dell'imputata, che la denuncia per violazione di legge e vizi della  motivazione.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed  errata applicazione dell'art. 137 del D. Lgs n. 152/2006, nonché mancanza,  contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza.
 Con il motivo di gravame la ricorrente contesta la ricostruzione fattuale  contenuta nella sentenza mediante la indicazione di risultanze probatorie  favorevoli all'imputata, che non sarebbero state valutate dal giudice di merito.  Si deduce in particolare, in proposito, che il frantoio era dotato di vasche di  raccolta delle acque provenienti dalla lavorazione delle olive; che la  fuoriuscita di liquidi dal tombino era avvenuto all'interno della proprietà  dell'imputata, che era stata autorizzata all'uso agronomico delle acque reflue;  che il frantoio si trova in posizione più bassa rispetto a quella in cui sarebbe  stato accertato il versamento delle acque reflue.
 Si deduce, poi, in punto di diritto che, a seguito delle modifiche introdotte  nell'art. 74 del D. Lgs n. 152/2006 dal D. Lgs n. 4/2008, la nozione di scarico  richiede un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di  continuità il ciclo del refluo con il corpo ricevente. Si osserva, quindi, che  nel caso in esame non è stata accertata l'esistenza di alcun collegamento  diretto tra la fuoriuscita delle acque reflue dal tombino, occasionalmente  causata dall'eccessivo riempimento delle vasche, e il loro versamento nel  cosiddetto ruscello.
 Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata  applicazione dell'art. 674 c.p., nonché mancanza, contraddittorietà ed  illogicità della motivazione della sentenza.
 In sintesi, si deduce che la fattispecie prevista dalla disposizione citata  richiede il getto di cose dannose o pericolose in luogo di pubblico transito  ovvero in luogo privato ma di comune o altrui uso, mentre nel caso in esame non  sussiste alcuno degli elementi costitutivi del reato ed, in particolare, non è  stato accertato che le acque reflue fossero potenzialmente idonee a recare danno  alle persone.
 Il ricorso è fondato.
 L'art. 2, comma 5, del D. Lgs 16 gennaio 2008 n. 4 ha modificato l'art. 74,  comma 1 lett. ff), del D. Lgs n. 152/2006 e, quindi, la nozione di "scarico" con  la quale attualmente deve intendersi "qualsiasi immissione effettuata  esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza  soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore  acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria,  indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche se sottoposte a preventivo  trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti dall'art.  114."
 Occorre, pertanto, per la configurabilità del reato di cui all'art. 137 del D.  Lgs n. 152/2006, un sistema stabile di collegamento tra la fonte di produzione  del refluo ed il luogo di immissione sul suolo, nel sottosuolo o in rete  fognaria.
 Orbene, la sentenza impugnata ha affermato che le acque reflue provenienti dagli  impianti del frantoio confluivano nel canale per effetto di "ruscellamento" sul  terreno, sicché sembra doversi escludere l'esistenza di un sistema di  collettamento tra il luogo di fuoriuscita delle acque ed il luogo in cui si  riversavano nel canale, con la conseguente esclusione della configurabilità  della fattispecie contravvenzionale di cui alla affermazione di colpevolezza.
 E' appena il caso di rilevare che, in assenza di una condotta di scarico, le  acque reflue devono qualificarsi rifiuti liquidi (cfr. sez. III, 18.6.2009 n.  35138, Bastone, RV 244783; sez. III, 13.4.2010 n. 22036, Chianura, RV 247627),  il cui versamento sul suolo ovvero la cui immissione in acque superficiali o  sotterranee, senza autorizzazione, è sanzionata penalmente dall'art. 256, commi  1 e 2, dei medesimo Testo Unico.
 La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio per un ulteriore  accertamento sul punto, dal quale dipende la qualificazione giuridica del fatto.
 Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
 Correttamente la sentenza impugnata ha affermato in punto di diritto che può  configurarsi il concorso della contravvenzione di cui all'art. 674 c.p. con la  fattispecie di cui all'art. 137 o con quella di cui all'art. 256 del D. Lgs n.  152/2006.
 Nel caso, in esame, però, a parte il mancato accertamento della potenziale  offensività delle acque reflue, che è fondato su un giudizio meramente  presuntivo, manca la prova dell'elemento costitutivo del reato e, cioè, che il  getto sia avvenuto in luogo di pubblico transito ovvero in un luogo privato di  comune o altrui uso.
 Anche in ordine a detto reato, pertanto, la sentenza impugnata deve essere  annullata con rinvio per un più puntuale accertamento di fatto degli elementi  costitutivi della fattispecie contravvenzionale di cui è stata ritenuta la  sussistenza.
 P.Q.M.
 La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Crotone.
Così deciso in Roma nella pubblica  udienza dei 25.5.2011.
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA 22/06/2011
 
                    




