Rifiuti. V.i.a. e discariche
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 1329/07 REG. DEC. 
N. 10066 REG. RIC.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10066 del 2005, proposto dal COMUNE di PAESE, in 
persona del Sindaco in carica, dott. Valerio Mardegan, rappresentato e difeso 
dagli Avv.ti Domenico Giuri e Salvatore Di Mattia, con domicilio eletto presso 
lo studio del secondo in Roma, via F.Confalonieri n. 5,
contro
- la PROVINCIA di TREVISO, in persona del Presidente in carica della Giunta 
provinciale, Sig. Leonardo Murano, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Prof. 
Franco Giampietro e Franco Botteon, con domicilio eletto presso lo studio del 
primo, in Roma, via Franco Sacchetti n. 114,
- la REGIONE VENETO, n.c.;
e nei confronti
della società T.ER.RA. s.r.l., in persona del legale rappresentante in 
carica, Sig, Rudi Masale, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Ettore 
Verino e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in 
Roma, via Lima n. 15
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, n. 2671/2005, 
del 27giugno 2005,;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Treviso e della Soc. 
T.ER.RA.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 15 diembre 2006, il Consigliere Chiarenza 
Millemaggi Cogliani; uditi, altresì, gli Avv.ti S. Di Mattia, F.Giampietro, M.E. 
Verino, e F. Zambelli per i rispettivi assistiti; 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
1. Con sentenza n. 2671/2005, del 27 giugno 2005, il Tribunale 
Amministrativo Regionale del Veneto ha respinto il ricorso proposto dal Comune 
di Paese per l’annullamento del decreto del Dirigente del Settore Ecologia 
Ambiente Gestione del Territorio della Provincia di Treviso 21 ottobre 2004, n. 
843 (prot. n. 72195/2004), che ha approvato il Piano di adeguamento della 
discarica Castagnole sita in Loc. Porcellengo in Comune di Paese e, con esso, 
della nota di accompagnamento 22 ottobre 2004, n. 72195, della nota della 
Regione Veneto 7 ottobre 2004, n. 654502/46/04, con la quale è stato ritenuto 
autorizzabile il conferimento di rifiuti contenenti amianto, derivanti da 
costruzioni e demolizioni (codice CER 17.6.2005) in discariche per rifiuti 
inerti (II categoria, tipo A); nonché del parere favorevole della Commissione 
Tecnica Provinciale Ambiente 3 agosto 2004.
Ha ritenuto il Tribunale Amministrativo Regionale che, nel regime transitorio di 
cui all’ar. 17 del D.Lgs.13 gennaio 2003 n. 36, recante "Attuazione della 
direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti" (G.U. 12 marzo 2003, 
n. 59, S.O), alle discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del 
decreto - che in base alla disposizione contenuta nel comma 1 dell’articolo 
citato, erano ammesse a continuare nella recezione fino al 16 luglio 2005 
(termine successivamente prorogato), dei rifiuti per cui erano state autorizzate 
- dovesse essere applicato il regime proprio delle discariche nuove, qualora 
avessero presentato e fosse stato approvato il piano di adeguamento, secondo le 
modalità e con i contenuti stabiliti dai commi 3 e 4 dello stesso articolo; in 
tale ipotesi, secondo il convincimento espresso in sentenza, sarebbe stato 
possibile, in sede di adeguamento e di approvazione del piano, consentire, alla 
discarica adeguata, lo smaltimento eccezionale, previsto dal regime transitorio 
per le discariche nuove, dal comma 2 della legge, ovvero, lo smaltimento di 
rifiuti diversi da quelli per cui era rilasciata l’autorizzazione, 
specificamente indicati e differenziati a seconda della tipologia di discarica.
Muovendo da tale interpretazione, il giudice di primo grado ha ritenuto:
- legittima l’estensione del conferimento di altri rifiuti, prima non ricompresi 
nell’autorizzazione rilasciata alla ditta T.ER.RA., in sede di approvazione del 
piano di adeguamento (nella specie: smaltimento di materiali contenti amianto);
- non applicabile la delibera regionale n. 2454/03, allegato A (in forza della 
quale il conferimento di nuovi rifiuti dovrebbe seguire la procedura di VIA, con 
spostamento della competenza in capo alla Regione), stante la nuova 
classificazione (discarica per inerti) assegnata alla discarica adeguata, 
ricondotta dunque a quelle già classificate come di II categoria tipo A, che, ai 
sensi della LR n. 10/99, all. 1, lett. C), non sono soggette a VIA.
Risolta in questo senso la questione principale, il giudice di primo grado ha 
respinto, in dettaglio, anche le ulteriori censure, relative: a) alla 
prestazione della cauzione; b) alla disponibilità dell’area; c) alla 
approvazione condizionata; d) alla disparità di trattamento; e) alla 
irricevibilità del piano di adeguamento, per tardività della presentazione.
2. Avverso l’anzidetta sentenza insorge il Comune di Paese, chiedendone la 
riforma, con riferimento a tutti i punti sui quali si incentra la motivazione di 
reiezione: premesse alcune notazioni sulle vicende successive (fra cui la revoca 
dell’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti di cui al codice CER 17.06.05, 
oggetto di impugnazione tuttora pendente, da parte della T.ER.RA.), 
l’appellante, ripropone da un lato le articolate censure con le quali ha 
investito, in primo grado, i provvedimenti impugnati (parte A del ricorso di 
appello), dall’altro (parte B) espone argomenti e censure che investono, 
direttamente la sentenza appellata ed il procedimento logico giuridico 
attraverso cui il Tribunale Amministrativo Regionale è pervenuto al proprio 
convincimento, sia in relazione alla questione principale concernente 
l’autorizzazione del nuovo conferimento alla discarica adeguata, sia con 
riguardo a tutti gli ulteriori profili di illegittimità sui quali la sentenza si 
è negativamente pronunciata.
3. Si sono costituiti, resistendo all’impugnazione, la Provincia e la Soc. 
T.ER.RA.
A parte la dedotta mancanza di fondamento dei motivi di appello, è avanzato il 
problema della persistenza dell’interesse del Comune a coltivare l’impugnazione, 
a seguito della sopravvenienza di nuovi provvedimenti e del quadro normativo, 
nel frattempo fatto oggetto di rilevanti innovazioni.
Su replica del Comune appellante, rinviato al merito l’esame della istanza 
cautelare, la causa è stata infine chiamata alla pubblica udienza del 15 
dicembre 2006, e trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. La controversia, come precisato in narrativa, investe il decreto del 
Dirigente del Settore Ecologia Ambiente Gestione del Territorio della Provincia 
di Treviso, in data 21 ottobre 2004, n. 843 (prot. n. 72195/2004), di 
approvazione (ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 del D.Lgs. n. 36 del 2003) 
del Piano di adeguamento della discarica Castagnole sita in Loc. Porcellengo in 
Comune di Paese, di titolarità dell’attuale appellata, Soc. T.ER.RA., che, in 
data 1 dicembre 2003 (protocollo provinciale n. 83585 del 3 dicembre 2003), ha 
presentato, unitamente al Piano, anche istanza di autorizzazione allo 
smaltimento di rifiuti contenti amianto in matrice resinoide o cementizia 
(codice CER 17.06.05), per cui non era prima autorizzata.
Con il ricorso di primo grado, il Comune di Paese, attuale appellante, ha 
impugnato anche la nota accompagnamento 22 ottobre 2004, n. 72195 e la nota 
della Regione Veneto 7 ottobre 2004, n. 654502/46/04, con la quale è stato 
ritenuto autorizzabile il conferimento di rifiuti contenenti amianto, derivanti 
da costruzioni e demolizioni (codice CER 17.06.05) in discariche per rifiuti 
inerti (II categoria, tipo A); nonché del parere favorevole della Commissione 
Tecnica Provinciale Ambiente 3 agosto 2004.
Il problema centrale è costituito dalla possibilità di autorizzare - in vigenza 
del regime transitorio di cui all’art. 17 del D.Lgs. 13 gennaio 2003 n. 36, ed 
in sede di approvazione del piano di adeguamento previsto dal comma 3 del 
suddetto articolo, per le discariche di cui al comma 1 - il conferimento di 
rifiuti contenti amianto derivanti da costruzioni e demolizioni (codice CER 
17.6.2005) in discarica di materiali inerti (categoria II, tipoA) gestita in 
forza di autorizzazione provinciale risalente (originariamente del 26 aprile 
1990 n. 95/ECO, volturata in favore della società appellata con provvedimento 
provinciale 11 maggio 1993 n. 1170/05, prorogata fino al 1° giugno 2003, con 
decreto provinciale 2 giugno 1999 n. 300 che ha esteso l’autorizzazione allo 
smaltimento di materiali contenti amianto ma è stato, per questa parte, revocato 
con provvedimento della Provincia di Treviso 10 novembre 1999 n. 756, ed infine 
ulteriormente prorogata fino all’1 giugno 2008, con decreto provinciale 3 giugno 
2003).
2. Nel corso del giudizio sono sopravvenute modifiche del quadro normativo che, 
incidendo sulla disciplina transitoria di cui al citato art. 17, hanno dato 
luogo ad altri provvedimenti provinciali (revoca dell’autorizzazione per il 
materiale contenente amianto e definitiva inibizione dello sverzamento), gravati 
dalla soc. T.ER.RA., ma allo stato non definiti.
In particolare:
- la legge 17 agosto 2005 n. 168, che ha convertito (art. 1), con modificazioni, 
il D.L. 30 giugno 2005 n. 1150 (il cui art. 11 ha prorogato, al 31 dicembre 
2005, il termine finale originariamente fissato al 16 luglio 2005, nell’art. 17, 
commi 1, 2, e 6 lett. a, del D.Lgs. n. 36/2003), ha aggiunto, al suddetto art. 
17, il comma 1-bis , in forza del quale “la disposizione di cui al comma 1 non 
si applica alle discariche di II categoria, di tipo A, cui si conferiscono 
materiali di matrice cementizia contenenti amianto, per le quali il termine di 
conferimento è fissata alla data di entrata in vigore della legge di conversione 
del presente decreto” ;
- il D.L. 30 settembre 2005 n. 203, convertito in legge con modificazioni 
dall’art. 1 della L. 2 dicembre 2005 (entrata in vigore il giorno stesso della 
sua pubblicazione avvenuta nella G.U. n. 281 del 2005 S.O.) ha ulteriormente 
prorogato (art. 11 - quaterdecies, comma 9) al 31 dicembre 2006 il termini di 
cui ai commi precedentemente indicati, con espressa esclusione delle discariche 
già escluse dalla proroga ai sensi del comma 1 bis, di cui si è detto;
- a dirimere ogni dubbio sulla portata della disposizione è intervenuto l’art. 
22 bis del D.L. 30 dicembre 2005 n. 273 (c.d. decreto mille proroghe), aggiunto 
dalla legge di conversione 23 febbraio 2006 n. 51, con cui è stato ulteriormente 
precisato il contenuto dell’ art. 11 - quaterdecies, comma 9 del D.L. 30 
settembre 2005 n. 203, con la specificazione che dalla proroga restavano 
escluse, oltre alle “discariche di II categoria, di tipo A”, anche quelle “di 
tipo ex 2° e discariche per inerti”,”cui si conferiscono materiali di matrice 
cementizia contenenti amianto”.
Parallelamente, l’Amministrazione provinciale ha dapprima revocato 
l’autorizzazione oggetto della presente controversia (con provvedimento 
impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, davanti al 
quale ancora è in corso il giudizio), e ha successivamente inibito l’ulteriore 
sversamento di rifiuti contenenti amianto con decorrenza 1 marzo 2006, con 
dirigenziale in pari data..
Il primo dei provvedimenti in questione era stato sospeso dal giudice adito, con 
ordinanza 823/2005, riformata però dalla Sezione (ordinanze nn. 654/2006 e 
6542/2006), su appello, rispettivamente dell’attuale appellante e della 
Provincia di Treviso, nel senso della improcedibilità della istanza cautelare, 
per difetto di interesse della richiedente in primo grado, a seguito della 
inibitoria di cui alla dirigenziale del 1° marzo 2006.
Quest’ultimo provvedimento, anch’esso impugnato dalla attuale appellata, non è 
stato sospeso in via cautelare, ed il relativo ricorso pone, secondo quanto è 
dato conoscere da scritti difensivi della Soc. T.ER.RA, dubbi di legittimità 
costituzionale del c.d. decreto mille proroghe (ovvero della legge di 
conversione che ha ulteriormente precisato il contenuto dell’art. 11 - 
quaterdecies, comma 9 del D.L. 30 settembre 2005 n. 203).
3. La pendenza dei giudizi avverso gli atti provinciali che, in base alla 
eccezione di improcedibilità della Provincia appellata, avrebbero fatto venire 
meno l’interesse all’impugnazione, avvalora la persistenza dell’interesse del 
Comune di Paese alla decisione dell’appello.
L’eccezione, pertanto, deve essere disattesa.
4. Chiarito tale aspetto della questione, la Sezione non condivide interamente 
le tesi principale dell’appellante, secondo cui - in sede di adeguamento ex art. 
17, comma 3, D.Lgs. n. 36 del 2003 - le discariche di cui al comma 1 dello 
stesso articolo non potrebbero essere autorizzate, a domanda, allo sversamento 
ed al trattamento di tipologie di rifiuti per le quali non erano state in 
precedenza autorizzate.
Esatto è, al contrario, che la domanda poteva essere proposta, valutata ed 
accolta, sulla base delle norme “a regime”, per il rilascio di “nuove” 
autorizzazioni.
Venendo al caso in esame - e prescindendo, dalle modifiche normative, che hanno 
precluso, in via definitiva, nella fase transitoria, il protrarsi della proroga, 
anche per lo sversamento promiscuo di materiale di matrice cementizia contenti 
amianto (a qualunque tipo di discarica: di II categoria, di Tipo A, di tipo ex 
2° e per inerti) - deve essere rilevato che, anche per quanto riguarda questa 
tipologia di rifiuti, non si rinviene, nelle disposizioni transitorie, una norma 
che escluda, in radice, siffatta possibilità di ampliamento della operatività di 
una discarica, già in precedenza autorizzata, in sede di adeguamento della 
medesima ai sensi e per gli effetti dei commi 3 e segg. della norma transitoria 
della quale deve farsi applicazione..
La Sezione si è già, in qualche modo, occupata del problema in fattispecie del 
tutto differente (Cons. Stato, Sez. V, n. 2943 dell’11 maggio 2004), osservando 
(per ciò che concerne specificamente il caso in esame) che:
- l’art. 6, terzo comma, del DPR 8 agosto 1994 n. 1073200, recante l’atto di 
indirizzo e coordinamento rivolto alle Regioni per la formazione dei piani di 
protezione e difesa dall’amianto, prevedeva esplicitamente lo smaltimento nelle 
discariche di 2° categoria di tipo A, dei rifiuti costituiti da sostanze o 
prodotti contenenti amianto legato in matrice cementizia e resinoide, a 
condizione che gli stessi provenissero da lavori di costruzione, demolizione e 
scavo e previa adozione di norme tecniche di gestione;
b) la Regione Veneto non si è determinata in senso difforme al suddetto atto di 
indirizzo;
c) ancorché la disposizione statale in parola sia stata abrogata con il D.Lvo 13 
gennaio 2003 n. 36, articolo 17, comma sesto, lett.d), la stessa norma 
abrogatrice ha fatto salva (comma, secondo) la facoltà dello smaltimento nelle 
discariche di 2^ categoria di tipo A dei rifiuti contenenti amianto, con le 
caratteristiche tipologiche sopra indicate, fino al 16 luglio 2005.
La proposizione (anch’essa contenuta nel precedente citato) secondo cui la 
disposizione transitoria consentirebbe, alla discariche di 2^ categoria di tipo 
A, già autorizzate prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 36/2003, di 
continuare nello sversamento della suddetta tipologia di rifiuti anche dopo il 
termine fissato nel testo originario del decreto, previa adozione dei necessari 
interventi di adeguamento alle previsioni del medesimo decreto presidenziale, è 
meramente incidentale, rispetto al deciso, che concerne un provvedimento 
risalente all’anno 2000 (ovvero di gran lunga antecedente alle nuove 
disposizioni delle quali si discute in questa sede); deriva da una prima lettura 
del decreto, smentita dalle successive innovazioni normative ( D.L. n. 115/2005 
e D.L. n. 203/2005, come modificati ed integrati dalle rispettive leggi di 
conversione); e di essa dunque la Sezione ritiene di non dover tenere conto, 
nella soluzione del caso in esame, in quanto, in ogni caso, suscettibile di 
approfondimenti ulteriori e non pertinente alla controversia.
Quello che al contrario assume rilievo, è la posizione assunta dalla Regione 
Veneto in tema di applicazione della nuova disciplina, con deliberazione della 
Giunta regionale 8 agosto 2003 n. 2454, già adottata ed efficace al tempo, non 
solo del provvedimento provinciale impugnato, ma anche della domanda proposta 
dalla attuale appellante; vincolante, dunque, per la Provincia, quanto agli 
indirizzi operativi, che includono, per la realizzazione di “nuove” discariche, 
“per rifiuti inerti, pericolosi e non pericolosi”, l’osservanza delle 
disposizioni contenute negli art. 23 e seguenti della L.Reg. Veneto n. 2/2000; 
la necessità “di inquadrare la tipologia progettuale anche in relazione alle 
vigenti disposizioni contenute nella L.R. n. 10/1999 relativa alla procedura 
V.I.A.”; e di correttamente individuare l’ente competente alla approvazione del 
progetto ed alla autorizzazione all’esercizio in base agli artt. 4 e 6 della 
legge regionale n. 3/2000 (punto 3 della citata deliberazione). Sono infatti 
avvertite le Province che, «nonostante il decreto legislativo utilizzi i termini 
“autorizzazione alla costruzione e all’esercizio” come se si trattasse di un 
unico provvedimento amministrativo, i riferimenti espressi agli artt. 27 e 28 
del D.Lgs. 22/1997 stanno ad indicare come gli iter procedurali amministrativi 
previsti dalle citate disposizioni restino comunque distinti ed autonomi».
Si rinviene - ai punti 5 e 7 della deliberazione regionale n. 2454/2003, 
espressamente dedicati alle discariche già autorizzate (art.17, comma 1 del 
decreto legislativo) ed ai piani di adeguamento (art. 17, commi 3 e segg.) - una 
interpretazione burocratica della normativa statale transitoria, alla quale la 
Sezione ritiene di poter aderire, nelle linee fondamentali, significativa e 
pertinenti per la soluzione della controversia.
Non sembra inutile, stante la novità della materia, riprodurne puntualmente il 
testo, come segue:
- punto 5 = “fino al 16 luglio 2005 le discariche già autorizzate al 27 marzo 
2003 (data di entrata in vigore del decreto legislativo) cioè le discariche in 
esercizio ed anche quelle che a tale data hanno conseguito il solo provvedimento 
di approvazione del progetto e quindi l'autorizzazione alla realizzazione, 
possono continuare a ricevere i rifiuti per i quali sono state autorizzate (art. 
17, comma 1). 
I titolari (o, se delegati, i gestori) di discariche già autorizzate al 27 marzo 
2003 (intendendosi, lo si ripete, quelle che a tale data hanno conseguito almeno 
il provvedimento di approvazione del progetto/autorizzazione alla realizzazione 
della discarica) per poter proseguire l'attività devono presentare, ai sensi 
dell'art. 17, comma 3, entro il 27 settembre 2003 all'autorità competente 
all'approvazione del progetto, come individuata ai sensi degli articoli 4 
(Regione) e 6 (Provincia) della legge regionale n. 3/2000 un Piano di 
adeguamento della discarica alle previsioni del nuovo decreto. 
Al fine di ottemperare alle previsioni di legge conseguendo un elevato standard 
di tutela ambientale, potranno continuare ad essere utilizzate anche se non 
pienamente rispondenti ai requisiti tecnici previsti dal D. Lgs. n. 36/2002, 
solo quelle porzioni (o lotti) di discarica già sottoposti a collaudo funzionale 
ai sensi dell'art. 25 della legge regionale n. 3/2000 entro il 27/9/2003… Le 
porzioni di discarica che non rientrino in tale casistica dovranno comunque 
essere adeguate al D.Lgs. n. 36/2003, e collaudate prima del conferimento dei 
rifiuti. 
Per questi lotti restano comunque validi i valori limite e le condizioni di 
ammissibilità dei rifiuti in discarica già previsti dal paragrafo 4.2 della 
deliberazione interministeriale del 27 luglio 1984 (art. 17, comma 6, lettera 
a)”
- punto 7 = “ Il Piano di adeguamento deve individuare… (omissisis) 
Inoltre va chiarito che: 
a) il titolare dell'autorizzazione non può scegliere in quale nuova categoria 
classificare la propria discarica, che di fatto è già definita dal decreto 
legislativo secondo la seguente correlazione: 
- le discariche di seconda categoria, tipo A, debbono essere adeguate ai 
requisiti prescritti per quelle per rifiuti inerti,
(omissis) 
b) non costituisce contenuto del Piano l'individuazione dei rifiuti smaltibili 
nella discarica, che fino al 16 luglio 2005 saranno quelli per i quali il 
singolo impianto è già stato autorizzato (la presentazione del Piano e la 
riclassificazione della discarica non comportano una automatica estensione 
dell'autorizzazione ai rifiuti che in base ai criteri di cui al D.M. 13 marzo 
2003 possono essere ammessi nel corrispondente nuovo tipo di discarica). Ciò non 
toglie che possa essere richiesta (con un'autonoma istanza) l'integrazione dei 
rifiuti previsti in autorizzazione, in tal caso il conferimento dei nuovi 
rifiuti potrà avvenire solo dopo l'adeguamento dell'impianto ed il suo 
apprestamento, nel rispetto delle procedure degli articoli 25 e 26 della L.R. n. 
3/2000. In questi casi va preventivamente valutata la compatibilità 
dell'adeguamento richiesto con la vigente disciplina in materia di V.I.A.”.
5. La parte sopra evidenziata in neretto e sottolineata (a cura dell’estensore), 
costituisce il punto chiave per l’accertamento della legittimità del 
provvedimento impugnato e deve essere condiviso dalla Sezione, in quanto, 
indipendentemente dalle tesi svolte nel primo grado del giudizio, la posizione 
della Regione, quale definita nell’atto che la stessa ha avuto cura di 
depositare davanti al Tribunale Amministrativo Regionale, appare, nel suddetto 
atto di indirizzo, del tutto coerente con la disciplina dettata in via 
transitoria dal decreto legislativo e rispondente alla corretta interpretazione 
delle norme di cui deve essere fatta applicazione.
Essa peraltro pone in luce, da un lato, l’inosservanza (sotto vari profili 
denunciati dal Comune ricorrente) non soltanto delle fonti primarie me anche 
delle puntuali direttive regionali e l’errore del procedimento logico giuridico 
seguito dal giudice di primo grado nel respingere il ricorso dell’attuale 
appellante.
5. Invero, la disciplina dettata dalla disposizione transitoria, segna una netta 
demarcazione fra discariche già autorizzate (in cui, secondo la condivisa 
interpretazione regionale, devono annoverarsi anche quelle che alla data di 
entrata in vigore del decreto - 27 marzo 2003 - hanno conseguito almeno il 
provvedimento di approvazione del progetto/autorizzazione alla realizzazione 
della discarica) e discariche nuove. 
Per queste ultime, l’intero iter procedimentale è relazionato ai nuovi obiettivi 
perseguiti dalle norme di attuazione della direttiva 1999/31/CE; ne consegue 
che, l’inquadramento della discarica in una delle tipologie indicate nell’art. 
4, cui deve relazionarsi il progetto (da esaminare ed eventualmente approvare ed 
autorizzare, sulla base delle nuove disposizioni) offre già sufficienti 
garanzie, in forza del richiamo (contenuto nel comma 2 dell’art. 17) alla 
osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla 
deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, di cui all’art. 6 
del D.P.R. 8 agosto 1994 e successive modificazioni nonché dalle deliberazioni 
regionali connesse, e in ciò risiede la ragione per la quale si è ritenuto, in 
via transitoria, di ammettere, a seconda della tipologia e per un limitato arco 
temporale, lo smaltimento di rifiuti che la precedente normativa consentiva (in 
astratto) che fossero avviati alle categorie e tipologie di discariche 
speficamente definite dalla norma. 
A tali profili pone particolare attenzione la direttiva regionale allorché 
prescrive (punto 6) che per le discariche per le quali il procedimento di 
approvazione del progetto ed autorizzazione alla realizzazione delle opere era 
ancora in corso al 27 marzo 2003, i soggetti interessati debbono provvedere alla 
integrazione entro 90 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della 
regione della deliberazione regionale di cui si tratta, pena il rigetto delle 
istanze presentate, o ad inoltrare, entro il medesimo termine, la dichiarazione 
e attestazione, a firma del progettista, in ordine alla conformità del progetto 
già presentato, ma non approvato, a quanto previsto dal nuovo decreto 
legislativo.
Le discariche “già autorizzate” alla data di entrata in vigore del decreto 
legislativo n. 26/2003, possono continuare a ricevere fino alla data fissata nel 
comma 1 dell’art. 17 (e successive proroghe) nei soli limiti dei “rifiuti per 
cui sono autorizzate” ed in ciò è tassativo il disposto dell’art. 17 come 1, 
come pure è tassativa la disposizione del successivo comma 3, nel senso che la 
presentazione del piano di adeguamento non è per nulla opzionale (come mostra di 
ritenere il giudice di primo grado), per il fine di partecipare del regime 
riservato alle discariche nuove, ma obbligatorio, affinché la facoltà accordata 
dalla norma contenuta nel comma 1 resti operativa, oltre il termine dei sei mesi 
accordati dal comma 3 per la presentazione del piano.
Non rileva, sul punto, che la norma statale non preveda una espressa sanzione 
per il caso di omissione o ritardo nella presentazione del piano, in quanto tale 
presentazione costituisce condizione essenziale per l’autorizzazione alla 
prosecuzione dell’esercizio (comma 4), con la conseguenza che la sua mancata 
presentazione, nei termini, previsti “determina l’impossibilità di proseguire 
nella gestione della discarica”, Anche di tale aspetto della questione si è 
fatta espressamente carico la direttiva regionale, facendone uno specifico 
paragrafo di trattazione (punto 8) dalle cui conseguenze ritiene tuttavia la 
Sezione di dover prescindere non già per l’assenza di una sanzione specifica per 
il ritardo (che può anche desumersi dal contesto normativo e, ad adiuvandum, 
dalle norme che prevedono espresse sanzioni di natura penale per l’esercizio di 
discarica in assenza di autorizzazione), e neanche per la ristrettezza dello 
iato temporale fra la scadenza del termine di presentazione (27 settembre 2003) 
e la data di assunzione al protocollo della Provincia del piano di cui si 
tratta, quanto piuttosto per la genericità della censura che sembra annettere 
alla espressione “presentazione” un significato che esclude la rilevanza di una 
differente data (quella di spedizione) sul cui ritardo non viene speso 
dall’appellante alcun argomento, neppure in questa sede, dove anzi si dà per 
ammesso che il piano reca la data del 26 settembre 2003. 
Le conclusioni che devono trarsi da quanto precede è che:
- la normativa transitoria non assimila le discariche adeguate, di cui ai commi 
1/4 dell’art. 17 D.Lgs. n. 36/2003, alle nuove discariche contemplate dal comma 
2 dello stesso articolo;
- le discariche che abbiano ottenuto l’inquadramento nella categoria “discariche 
per rifiuti inerti” in seguito alla approvazione del piano di adeguamento, non 
sono per ciò solo autorizzate ad immettere nella discarica la generalità dei 
rifiuti che in linea generale ed astratta la pregressa disciplina annoverava fra 
quelli conferibili a discariche di II categoria di tipo A, essendo, la 
possibilità conferita dal comma 1, in stretta correlazione con l’adeguamento 
prescritto al comma 3, espressamente limitato ai “rifuti per cui sono state 
autorizzate”, prima del nuovo regime.
6. Occorre dunque chiedersi a quale regime debba essere sottoposta l’istanza di 
nuova autorizzazione, presentata dalla società appellata in concomitanza con il 
piano di adeguamento ed il relativo progetto.
E’ fuori discussione che nel caso in esame si verta in ipotesi di discarica che, 
prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo del quale si tratta, non 
era autorizzata allo smaltimento del rifiuto individuato con il codice CER 
17.05.06.
Soccorrono, dunque, sul punto, le indicazioni esplicite della direttiva 
regionale sopra citata (da cui, la Provincia era, comunque vincolata), dal 
momento che l’ampliamento non può che involgere la necessaria osservanza delle 
prescrizioni contenute negli atti normativi ivi espressamente richiamati (art. 
23 e seguenti della L.Reg. Veneto n. 3/2000; L.R. n. 10/1999 relativa alla 
procedura V.I.A.; artt. 4 e 6 della legge regionale n. 3/2000 cit., quanto alla 
individuazione dell’ente competente alla approvazione del progetto ed alla 
autorizzazione).
L’abrogazione dell’art. 6 del D.P.R. 8 agosto 1994, ad opera del comma 6 lett. 
d) dell’art. 17 del decreto legislativo del 2003, non ne consente la protratta 
applicazione ai nuovi progetti ed alle nuove istanze di autorizzazione, siano 
esse pendenti all’atto di entrata in vigore del decreto legislativo, siano essi 
avanzati con la presentazione del piano previsto dal comma 3, da titolari di 
discariche già autorizzate, ai fini dell’adeguamento.
Erronea e contra legem è, dunque, la conclusione alla quale è pervenuto il 
giudice di primo grado nel ritenere che l’inquadrabilità della discarica di 
titolarità della soc. T.ER.RA. in II categoria di tipo A, avrebbe dato titolo, 
di per sé, al conferimento del materiale di matrice cementizia contente amianto, 
in applicazione del comma 2 dell’art. 17. 
Lo stesso art. 6 D.P.R. 8 agosto 1994, del resto, nel consentire lo sversamento 
dei rifiuti in questione in discariche di II categoria di tipo A, richiedeva 
apposita autorizzazione, con gli accorgimenti ivi stabiliti; e dunque, la 
circostanza di non essere stati in possesso di tale autorizzazione, in vigenza 
dell’anzidetto decreto, non può fare ritenere che la sola inquadrabilità della 
discarica in II categoria di tipo A, apra le porte, allorché l’art. 6 del D.P.R. 
del 1994 era stato già abrogato, alla conferibilità, prima non autorizzata, dei 
materiali cementizi contenenti amianto, sol perché la vecchia discariche è ora 
inquadrabile nella categoria “inerti” di nuova istituzione. 
Non vi era già prima automatismo fra autorizzazione all’esercizio di discarica 
di II categoria di tipo A, e possibilità di sversare i rifiuti in contestazione; 
a maggior ragione, un automatismo di tal genere non è desumibile, ex post, dalla 
autorizzazione normativa contenuta nella disposizione del comma 2, lett. a) del 
l’art. 17, concernente le nuove discariche, in quanto - a parte l’inamissibilità 
della ultrattività di una disposizione espressamente abrogata e la natura del 
tutto eccezionale del comma 2 e prescindendo anche dalle modifiche apportate ai 
commi 1 e 2 dai successivi decreti legge (che ne chiariscono la portata, quanto 
meno dalla data della loro entrata in vigore) alla norma in questione - appare, 
comunque chiaro, sin dalla originaria stesura del decreto legislativo che le 
nuove discariche presuppongono anche che, in sede di 
approvazione-autorizzazione, l’esame ed il controllo del progetto, effettuato 
sulla base della nuova disciplina, abbia soddisfatto tutte le garanzie di tutela 
del bene pubblico, che si sono intese preservare, con le norme di attuazione 
della direttiva CE 1999/31/CE, ivi compreso, occorrendo, l’accertamento relativo 
alla compatibilità ambientale, secondo le procedura di cui alla legge n. 10 del 
1999, richiamata al punto 3 delle direttive regionali più volte citata.
7. Che, nella specie, la previsione progettuale (del tutto nuova) di smaltimento 
di rifiuti contenenti amianto non potesse sottrarsi alla procedura V.I.A., 
risulta, per tabulas, dalla circostanza che il piano di adeguamento della soc. 
T.ER.RA. (secondo quanto anche confermato dalla relazione istruttoria 30 luglio 
2004), si riferisce ad un volume complessivo di 1.000.000 di metri cubi di cui 
460.000 metri cubi destinati allo smaltimento di rifiuti in amianto - codice CER 
17.06.05. 
Orbene, è sufficiente siffatta considerazione, per fare ritenere, alla luce 
delle censure dedotte, illegittima l’approvazione del piano e l’autorizzazione 
allo sversamento dei rifiuti dei quali si tratta, in assenza di procedura VIA, 
sul rilievo che l’allegato A1- bis della legge regionale del Veneto 26 marzo 
1999 n. 10 (la cui applicazione, si ripete, è espressamente richiamata dalle 
direttive regionali al tempo già impartite e vincolanti) assoggetta a VIA, su 
tutto il territorio nazionale, “le discariche per inerti con capacità 
complessiva superiore a 100.000 in m³”.
L’allegato in parola, originariamente denominato C3-bis, venne aggiunto 
dall'art. 52, comma 10, L.R. 21 gennaio 2000, n. 3, ed è stato poi sostituito, 
ai sensi dell'art. 1, comma 1, lettera h), L.R. 27 dicembre 2000, n. 24, 
dall'allegato C3-bis annesso alla suddetta legge, e successivamente 
ulteriormente modificato. La denominazione attuale dell’allegato è stata 
sostituita dall'art. 6, comma 3, L.R. 16 agosto 2002, n. 27, che ha pure 
stabilito (al comma 4 dello stesso art. 6), che ogni riferimento all’allegato 
C3-bis, contenuto nella legge regionale n. 10 del 1999, viene sostituito 
"A1-bis". 
Ciò che rileva, ai fini della presente controversia è che, nella formulazione 
riferita, la disposizione era già vigente, operativa e vincolante, nella Regione 
Veneto, con la conseguenza che l’approvazione-autorizzazione in questa sede 
impugnata è certamente illegittima per la parte in cui approva ed autorizza il 
piano di adeguamento contente un progetto innovativo rispetto alla discarica 
“già autorizzata”, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 
36/2003, per la parte relativa al conferimento prima non autorizzato, sotto il 
profilo della mancata osservanza delle procedure prescritte dalla legge 
regionale del Veneto n. 3 del 2000 (artt. 23 e segg., 27 e 28) ed, in 
particolare delle disposizioni di cui all’allegato “A 1-bis” della legge 
regionale n. 10/1999, in tema di procedura V.I.A.
Il rilievo, prevalente ed assorbente, deve condurre all’accoglimento del ricorso 
in appello in quanto, le ragioni espositive che precedono involgono aspetti 
decisivi della pronuncia di primo grado, investiti dalla parte B) del ricorso 
introduttivo del giudizio di appello ed il provvedimento impugnato, oltre che 
sulla base delle censure di cui al primo motivo del ricorso di primo grado 
(salvo per la parte in cui viene esclusa in radice la possibilità di ampliare 
l’oggetto dell’autorizzazione in sede di adeguamento), sia delle altre censure 
che, in dettaglio, enunciano puntuali violazioni delle prescrizioni 
procedimentali applicabili alla “nuove” autorizzazioni, in vigenza del decreto 
legislativo n. 36 del 2003. 
Si tratta di censure assorbenti che esimono la Sezione di prendere in 
considerazione altri aspetti di invalidità, tutti egualmente riproposti 
all’attenzione del giudice di appello, con la parte A) del ricorso introduttivo 
di questo grado del giudizio.
8. Deve essere affermato, infatti, che - anche indipendentemente dalle 
modificazioni ed integrazioni apportate all’art. 17 del D.Lgs. 13 gennaio 2003 
n. 26, di attuazione della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di 
rifiuti, dai D.L. 30 giugno 2005 n. 115 (art. 11) e 30 settembre 2005 n. 203 
(art. 9) come modificati ed integrati dalle rispettive leggi di conversione 
(art. 1 L. n. 168/2005 ed art. 1 L. n. 248/2005) - le disposizioni transitorie 
ivi contenute devono essere interpretate nel senso che - pur non essendo 
preclusa, alle discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del 
decreto, la possibilità di richiedere l’autorizzazione al conferimento di 
rifiuti prima non autorizzati, in sede di presentazione del piano di adeguamento 
(obbligatorio ai fini della possibilità di prosecuzione dell’esercizio, che deve 
essere autorizzata, a seguito della approvazione del piano, come espressamente 
indicato al comma 4) - non vi è assimilazione delle discariche adeguate alle 
nuove discariche di cui al comma 2 dello stresso articolo; con la conseguenza 
che le prime “possono continuare a ricevere”, per effetto della procedura di 
adeguamento, soltanto “i rifiuti per cui sono state autorizzate”, mentre, per 
ciò che concerne la richiesta di altra autorizzazione, deve essere applicata, 
alla discarica che ne faccia richiesta, il regime ordinario contemplato dal 
decreto legislativo n. 36 del 2003, con la necessaria osservanza di tutte le 
prescrizioni ivi contenute e richiamate, compresi i rinvii a leggi delle Stato e 
prescrizioni regionali che disciplinano l’ordinario iter procedimentale.
Sotto differente profilo deve ancora essere precisato, riassuntivamente, con 
riferimento a specifiche censure contenute in appello avverso il procedimento 
logico seguito dal giudice di primo grado che, le disposizioni di cui al comma 2 
dello stesso art. 17 - che consentono, fino ad una certa data, lo smaltimento, 
nelle “nuove” discariche (alle condizioni e nei limiti di accettabilità fissati 
dalla deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui 
all’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994 e 
successive modificazioni) di rifiuti avviabili, sulla base della normativa 
pregressa, a discariche di categoria II, di tipo A (nelle nuove discariche per 
rifiuti inerti), a discariche di prima categoria e di II categoria di tipo B 
(nelle nuove discariche per rifiuti non pericolosi) ed a discariche di II 
categoria di tipo C e III categoria ( nelle nuove discariche per rifiuti 
pericolosi) - non possono trovare applicazione alle discariche di cui al comma 
1, adeguate, le quali, per espressa disposizione di legge, posso continuare 
soltanto a ricevere “i rifiuti per cui sono state autorizzate”, senza che sia 
più possibile applicare alle stesse (in sede di nuova autorizzazione) l’art. 6 
del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, abrogato dallo stesso 
art. 17, comma 6, lett. d).
9. Sulla base delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere accolto, 
con il consequenziale accoglimento del ricorso di primo grado nei sensi di cui 
in motivazione ed annullamento del provvedimento e degli atti impugnati, in 
riforma della sentenza appellata.
Le spese del giudizio che si liquidano in dispositivo, devono essere poste a 
carico, in solido, della Provincia e della Soc. T.ER.RA., resistenti ed in 
favore del Comune appellante. 
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente 
pronunciando, accoglie l’appello nei termini di cui in motivazione e per 
l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del 
Veneto n. 2671/2005, accoglie il ricorso del Comune di Paese n. 24/2005 (r.r TAR 
Veneto) ed annulla il provvedimento e gli atti impugnati;
Condanna la Provincia di Treviso e la Soc. T.ER.RA. s.r.l., ciascuno in persona 
del legale rappresentante in carica, al pagamento, in solido, in favore del 
Comune appellante, delle spese dei due gradi del giudizio che si liquidano in 
complessivi € 6.000,00, oltre IVA e CPA, da ripartirsi in parti eguali fra i due 
appellati, nei rapporti interni; nulla per quanto riguarda la Regione Veneto non 
costituita;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 15 dicembre 2006, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. 
V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Emidio FRASCIONE PRESIDENTE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI est. CONSIGLIERE
Cesare LAMBERTI CONSIGLIERE
Aldo FERA CONSIGLIERE
Marzio BRANCA CONSIGLIERE
L'ESTENSORE 
f.to Chiarenza Millemaggi Cogliani 
IL PRESIDENTE
f.to Emidio Frascione
 
                    




