Consiglio di Stato Sez. V n. 3666 del 30 aprile 2025
Rifiuti.Ordinanza di rimozione

Nell'ambito dell'abbandono dei rifiuti, si conferma il principio cardine che sottolinea l'obbligo della rimozione, del recupero o dello smaltimento dei rifiuti e del ripristino dei luoghi inquinati da parte del responsabile dell'abbandono, solidalmente con il proprietario dell'area coinvolta o chi ne ha la disponibilità, solo se dimostrata l'imputabilità soggettiva dell'abbandono e del deposito incontrollato dei rifiuti per dolo o colpa. La giurisprudenza amministrativa ha ribadito che non sussiste una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o titolare di diritti sulla superficie contaminata, ma è necessaria una responsabilità almeno colposa, sia attiva che omissiva, per non aver adottato le precauzioni richieste a tutela della proprietà, con la dimostrazione di dolo o colpa attiva/omissiva. È illegittimo emettere ordinanze di smaltimento dei rifiuti rivolte ingiustamente al proprietario senza una adeguata documentazione che dimostri l'imputabilità soggettiva del comportamento. In questo contesto normativo basato sulla tipicità dell'illecito ambientale, non è ammessa una responsabilità oggettiva, ma è richiesta almeno la colpa come elemento fondamentale. Tale regola di imputazione per dolo o colpa non fa eccezioni, nemmeno per una possibile responsabilità solidale del proprietario dell'area in cui si è verificato l'abbandono incontrollato dei rifiuti, sotto il dettato dell'art. 192 del D.lgs. n. 152/2006, che pone l'accento sull'autore dell'illecito come principale responsabile della rimozione, stabilita in via solidale con il proprietario e i titolari di diritti sulla superficie, se dimostrata una condotta dolosa o colposa. Il principio "chi inquina paga" rappresenta un principio eurounitario volto a responsabilizzare chi danneggia l'ambiente in conformità con la normativa vigente

Pubblicato il 30/04/2025

N. 03666/2025REG.PROV.COLL.

N. 02827/2022 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2827 del 2022, proposto da
Il Baraccone s.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Di Martino, Ludovico Bruno Abiosi, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Di Martino in Roma, via dell'Orso, 74;

contro

Comune di Chieuti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Cancellaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 54/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Chieuti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 2 aprile 2025 il Cons. Roberto Michele Palmieri e uditi in collegamento da remoto gli avv. Bruno Abiosi e Cancellaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente proposto innanzi al TAR Puglia la società Il Baraccone s.r.l. (di seguito: la società) ha impugnato l’ordinanza sindacale prot. n. 10306 del 23.12.2020, con la quale il Comune di Chieuti le ha ingiunto – in qualità di proprietaria del capannone industriale sito in Chieuti alla contrada Inforchia Maresca, identificato al catasto dei terreni al foglio 4, particella 711 – di procedere all’immediato intervento di messa in sicurezza dei rifiuti presenti nell’area, e di provvedere alla rimozione e allo smaltimento di tutti i rifiuti, ai sensi dell’art. 192 d. lgs. n. 152/06.

A sostegno del ricorso, la società ha articolato i seguenti motivi di gravame: violazione dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006; eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; difetto di motivazione e carenza di legittimazione della ricorrente, trattandosi di attività imputabili esclusivamente al conduttore.

Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’atto impugnato, con vittoria delle spese di lite.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Chieuti ha chiesto il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese di lite.

Con sentenza n. 54/2022 il TAR Puglia ha rigettato il ricorso.

Avverso tale statuizione giudiziale la società ha interposto appello, affidato ai seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: error in iudicando; violazione dell’art. 192 d. lgs. n. 152/06; eccesso di potere per errore, difetto di istruttoria e di motivazione; difetto di legittimazione passiva.

Ha chiesto pertanto, in accoglimento dell’appello, e in riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento dell’atto impugnato in primo grado. Il tutto con vittoria delle spese di lite.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Chieuti ha chiesto il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese di lite.

All’udienza di smaltimento del 2.4.2025 – tenutasi con modalità di collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 87 co. 4-bis c.p.a. – l’appello è stato trattenuto in decisione.

2. L’appello, in relazione ai dedotti motivi di gravame, è fondato.

3. Ai sensi dell’art. 192 1° comma d. lgs. n. 152/06: “L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati”.

Dispone poi il successivo 3° comma che: “Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

4. Così individuata la normativa di riferimento, occorre ora indagarne la portata.

Sul punto, rileva il Collegio che, per pacifica giurisprudenza amministrativa: “Nell'ambito dell'abbandono dei rifiuti, si conferma il principio cardine che sottolinea l'obbligo della rimozione, del recupero o dello smaltimento dei rifiuti e del ripristino dei luoghi inquinati da parte del responsabile dell'abbandono, solidalmente con il proprietario dell'area coinvolta o chi ne ha la disponibilità, solo se dimostrata l'imputabilità soggettiva dell'abbandono e del deposito incontrollato dei rifiuti per dolo o colpa. La giurisprudenza amministrativa ha ribadito che non sussiste una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o titolare di diritti sulla superficie contaminata, ma è necessaria una responsabilità almeno colposa, sia attiva che omissiva, per non aver adottato le precauzioni richieste a tutela della proprietà, con la dimostrazione di dolo o colpa attiva/omissiva. È illegittimo emettere ordinanze di smaltimento dei rifiuti rivolte ingiustamente al proprietario senza una adeguata documentazione che dimostri l'imputabilità soggettiva del comportamento. In questo contesto normativo basato sulla tipicità dell'illecito ambientale, non è ammessa una responsabilità oggettiva, ma è richiesta almeno la colpa come elemento fondamentale. Tale regola di imputazione per dolo o colpa non fa eccezioni, nemmeno per una possibile responsabilità solidale del proprietario dell'area in cui si è verificato l'abbandono incontrollato dei rifiuti, sotto il dettato dell'art. 192 del D.lgs. n. 152/2006, che pone l'accento sull'autore dell'illecito come principale responsabile della rimozione, stabilita in via solidale con il proprietario e i titolari di diritti sulla superficie, se dimostrata una condotta dolosa o colposa. Il principio "chi inquina paga" rappresenta un principio eurounitario volto a responsabilizzare chi danneggia l'ambiente in conformità con la normativa vigente” (C.d.S, IV, 26.8.2024, n. 7236).

5. Pertanto, nell’attuale contesto normativo, imperniato sulla tipicità dell'illecito ambientale, è illegittimo imputare indiscriminatamente al proprietario l'ordine di smaltimento dei rifiuti, senza adeguata dimostrazione dell'imputabilità soggettiva.

6. Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, emerge dalla documentazione in atti che l’appellante è proprietaria del capannone industriale sito in Chieuti alla contrada Inforchia Maresca, identificato al catasto dei terreni al foglio 4, p.lla 711.

Con contratto stipulato in data 23.1.2018 essa ha concesso in locazione detto immobile ad un terzo soggetto.

Con esposto 9.8.2018, rivolto alla Procura della Repubblica, e per conoscenza anche al Comune, la società ha segnalato la presenza di effluvi maleodoranti provenienti dal capannone oggetto di locazione.

A tale esposto ha fatto seguito la verifica da parte del Comando dei Carabinieri per la Tutela Ambientale-Nucleo Operativo Ecologico di Bari, che a seguito di ispezione in loco ha rilevato che il conduttore aveva effettivamente incominciato a destinare illecitamente suddetto capannone al deposito di rifiuti “in balle…non selezionati e miscelati tra loro…quali plastica, vetro, legno, indumenti, ed altri di diversa tipologia tutti pressati e racchiusi in grosse balle comunemente denominate “ecoballe”.

Per tali ragioni, in data 9.10.2018 il suddetto Comando CC procedeva a sequestro del capannone, nominando custode lo stesso conduttore, nonché materiale autore dell’illecito sversamento dei rifiuti.

7. Emerge pertanto da tale excursus fattuale che nessuna responsabilità può essere imputata all’odierna appellante, neanche a titolo di colpa. Ciò in quanto non appena quest’ultima è venuta a conoscenza di possibili condotte illecite da parte del conduttore, essa ha prontamente allertato gli organi di pubblica sicurezza, affinché intervenissero sul posto a far cessare gli abusi.

Pertanto, l’appellante si è rivelata assolutamente diligente, non potendo invece imputarle di non essere intervenuta personalmente sul posto, atteso che, sotto un primo profilo, il suo dovere di diligenza non può spingersi sino al punto di obbligarla a svolgere attività di pubblica sicurezza, come tale potenzialmente idonea a esporla a situazioni di pericolo. In secondo luogo, in presenza di possibili condotte illecite da parte del conduttore, l’appellante ha allertato non già un qualsivoglia quisque de populo, ma proprio l’organismo deputato all’accertamento e alla repressione dei reati (la locale Procura della Repubblica), e dunque un soggetto istituzionalmente in grado – per il tramite degli organi di polizia giudiziaria, da essa dipendenti – di porre fine ai segnalati abusi.

8. Ed è appena il caso di soggiungere che il Comune era a conoscenza di tali iniziative intraprese dall’appellante, essendo l’esposto-denuncia stato comunicato per conoscenza anche al civico ente. Sul punto, è ben vero che in primo grado l’appellante non ha prodotto copia dell’ultima pagina di tale documentazione, attestante l’avvenuta ricezione dell’esposto da parte del Comune.

Nondimeno, il civico ente nulla ha eccepito in primo grado, con ciò dimostrando di essere a conoscenza dell’esposto-denuncia dell’appellante.

A ciò aggiungasi altresì che nel presente giudizio l’appellante ha prodotto anche l’ultima pagina dell’esposto, attestante l’effettiva ricezione del plico da parte dell’Amministrazione comunale. E trattandosi di “documento indispensabile ai fini della decisione” (art. 104 c.p.a.), e di documento la cui mancanza non è stata eccepita dal Comune in primo grado, reputa il Collegio che esso può senz’altro essere prodotto nella presente sede giudiziale.

9. Per tali ragioni, in difetto del chiesto elemento soggettivo, l’ordinanza impugnata, nella misura in cui ha imposto l’obbligo in esame in capo al proprietario incolpevole, deve reputarsi illegittima.

10. Ne consegue, in accoglimento dell’appello, e in riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento dell’atto impugnato dalla società in primo grado.

11. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, annulla l’atto impugnato in primo grado.

Condanna il Comune di Chieuti al rimborso delle spese di lite sostenute dall’appellante, che si liquidano, per il doppio grado di giudizio, in € 7.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2025 – tenutasi con modalità di collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 87 co. 4-bis c.p.a. – con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Carmelina Addesso, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere

Roberto Michele Palmieri, Consigliere, Estensore