 T.A.R. Veneto Sez. III n. 721 del 3 maggio 2011
T.A.R. Veneto Sez. III n. 721 del 3 maggio 2011
Rifiuti. Localizzazione discarica e interesse a ricorrere del comune
Va riconosciuta la legittimazione e l’interesse a ricorrere in capo al Comune nel cui territorio un impianto di discarica dovrebbe essere collocato. Sussiste infatti l'interesse a ricorrere degli enti locali quali ad es. il comune nel cui territorio è localizzata una discarica di rifiuti, ai sensi dell'art. 3 bis l. 29 ottobre 1987 n.441; esso è titolare dell'interesse a ricorrere avverso la delibera di localizzazione, sia in quanto ente esponenziale dei residenti, sia in quanto titolare del potere di pianificazione urbanistica su cui incide il provvedimento di localizzazione, sia in quanto soggetto che per legge può partecipare al procedimento amministrativo e che in quanto tale può impugnarne il provvedimento conclusivo
N. 00721/2011 REG.PROV.COLL.
 N. 00664/2010 REG.RIC.
 
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
 
 (Sezione Terza)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 664 del 2010, integrato da motivi  aggiunti, proposto dal
 Comune di Maser, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso  dall'avv. Vincenzo Pellegrini, con domicilio presso la segreteria del Tar ai  sensi dell’art. 25 cod. proc. amm. ;
 contro
 la Regione Veneto, in persona del Presidente “pro tempore” della Giunta  regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Luisa Londei ed Ezio Zanon,  domiciliata per legge in Venezia, Cannaregio, 23, presso la sede dell’Avvocatura  regionale del Veneto; la Provincia di Treviso, l’ Agenzia Regionale per la  Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, l’Agenzia Regionale per la  Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto - Dipartimento di Treviso, la  Commissione Regionale VIA, n. c. ;
 
 nei confronti di
 
 la s. r. l. Marcon, in persona del legle rappresentante “pro tempore”,  rappresentata e difesa dagli avvocati Miriam Baratto Guenolè, Lucio Martignago e  Leonardo Zanco, con domicilio eletto presso l’avv. Leonardo Zanco in  Venezia-Marghera, via delle Industrie, 19/D –Palazzo Vega;
 
 per l'annullamento
 
 -quanto al ricorso: 1) della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto (DGRV)  n. 296 del 16.2.2010, pubblicata sul BURV n. 23 del 16.3.2010, avente a oggetto:  "Marcon Srl - Sviluppo e razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti  - Comune di localizzazione: Maser (TV) - Procedura di VIA e autorizzazione ai  sensi degli artt. 11 e 23 della L. R. n. 10/99. Autorizzazione integrata  ambientale (AIA) ai sensi del D. Lgs. n. 59/05 e della L. R. n. 26/07" , ivi  compresi i pareri contenuti nell'allegato A alla medesima DGRV n. 296/10, ossia:  1) il parere della Commissione regionale VIA n. 261 del 28.10.2009; 2) il parere  della Commissione regionale VIA integrata ai fini dell'approvazione del  progetto; 3) il parere della Commissione regionale VIA integrata ai fini del  rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale; 2) del verbale della  Commissione regionale VIA del 28.10.2009; 3) della nota prot. n. 318915/45.07  del 18.6.2008 con la quale il Presidente della Commissione regionale VIA ha  concesso una proroga del termine per la presentazione delle integrazioni  richieste ex art.18 L. R. n. 10/1999;
 
 -quanto all’atto di motivi aggiunti: 4) del DSRAT n. 57 del 21.9.2010, avente a  oggetto “Ditta Marcon s.r.l. …-impianto di stoccaggio provvisorio e trattamento  rifiuti ubicato in Via dei Rizzi, 4, Maser (TV) –AIA punti 5.1. e 5.3.  dell’Allegato I del d. lgs. n. 59/05. DGRV n. 296 del 16 febbraio 2001. Presa  d’atto della indagine ambientale di cui alla DGRV n. 2424/08; 5) del silenzio  –assenso ex art. 29 nonies del d. lgs. n. 152/06 (ex art. 10 d. lgs. n. 59/05)  formatosi in relazione alle modifiche “non sostanziali” relative all’impianto di  cui al punto che precede, comunicate dalla società Marcon con nota del 9 agosto  2010 ; e comunque della nota regionale n. 526962/5719 del 7.10.2010, con la  quale la Regione Veneto ha comunicato il proprio nulla osta alla realizzazione  delle predette modifiche; e di ogni altro atto connesso, inclusa  l’autorizzazione ai sensi dell’art. 94 del d.P.R. n. 380/01 e della l. reg. n.  27/03 rilasciata dalla Regione Veneto mediante silenzio assenso;
 
 
 Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
 
 visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e della società  Marcon, con i relativi allegati;
 
 vista l’ordinanza della sezione n. 303/10 di rigetto dalla domanda cautelare  motivata come segue: “premesso che a un primo esame l’eccezione di difetto di  legittimazione e di interesse del Comune ricorrente, sollevata dalla difesa  della società Marcon, non appare sorretta da consistente “fumus boni juris” ;  considerato che, anche in relazione alla possibilità di definire la controversia  nel merito in tempi brevi, il danno non appare attuale” ;
 
 viste le memorie difensive;
 
 visti tutti gli atti della causa;
 
 relatore nell'udienza pubblica del 9 marzo 2011 il consigliere Marco Buricelli e  uditi per le parti gli avvocati V. Pellegrini per il Comune ricorrente, L.  Londei per la Regione Veneto e M. Baratto Guenolè, L. Martignago e L. Zanco per  la società Marcon;
 
 ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 FATTO e DIRITTO
 1.-Con il ricorso introduttivo il Comune di Maser ha impugnato, chiedendone  l’annullamento, la deliberazione n. 296 del 16 febbraio 2010 con la quale la  Giunta regionale ha preso atto, facendolo proprio, del parere n. 261, reso dalla  Commissione regionale VIA (di seguito, CR VIA) nella seduta del 28 ottobre 2009,  allegato alla DGRV e della quale forma parte integrante, “ai fini del rilascio  del giudizio (favorevole) di compatibilità ambientale, secondo le prescrizioni  di cui al parere della CR VIA n. 261/09, dell’approvazione del progetto e del  rilascio dell’AIA per il progetto denominato “sviluppo e razionalizzazione  dell’impianto di trattamento rifiuti” in Maser, (progetto) presentato dalla  ditta Marcon”.
 
 Nella premessa in fatto del ricorso il Comune di Maser sottolinea in particolare  che:
 
 -il 14 settembre 2007 la società Marcon, titolare di un impianto di trattamento  di rifiuti anche pericolosi nel Comune di Maser, in Via Rizzi n. 4, ha  depositato in Comune un “progetto di sviluppo e razionalizzazione dell’impianto  di trattamento rifiuti”. Stando a quanto riferito a pag. 4 del parere n. 261/09  della CR VIA –descrizione dell’intervento, la società Marcon “intende sviluppare  la propria attività principalmente in due settori, quello dello stoccaggio  provvisorio e del recupero per l’avvio al riciclaggio e quello della  inertizzazione dei rifiuti. Il progetto prevede quindi la realizzazione di due  nuovi edifici, posti rispettivamente a est e a ovest dell’impianto già  autorizzato e inoltre la razionalizzazione delle sezioni impiantistiche in  esercizio, nonché l’aumento della potenzialità annua di trattamento. L’edificio  esistente viene indicato nel progetto come Blocco 2 mentre i due nuovi edifici  sono indicati come Blocco 1 e Blocco 3. L’edificio del Blocco 1 è dedicato  interamente al processo di inertizzazione dei rifiuti mentre l’edificio del  Blocco 3 è dedicato in prevalenza alla cernita, compattazione e stoccaggio dei  rifiuti per il loro successivo avvio al recupero presso altre industrie, in  grado di riciclarli nella loro attività produttiva”;
 
 
 - il progetto, oltre a proporre la realizzazione dei due nuovi edifici da  costruire vicino a quello esistente, prevedeva, più precisamente:
 
 - l’impletementazione dell’attività di trattamento dei rifiuti liquidi con  incremento della potenzialità dell’impiantoda 60.000 ton/anno a 90.000 ton/anno;
 
 - l’incremento dell’attività di triturazione, stoccaggio provvisorio (da 996 a  2600 ton) e di cernita e recupero dei rifiuti con inserimento di una sezione di  pressatura e imballaggio (da 10.000 ton/anno a 30.000 ton/anno);
 
 - una nuova attività di miscelazione dei rifiuti;
 
 - la realizzazione di una attività di inertizzazione (stabilizzazione e  solidificazione) dei propri fanghi prodotti dall’impianto chimico fisico dei  rifiuti liquidi e di altre tipologia di rifiuti solidi attraverso l’aggiunta di  cemento, ossido di calce ed altre sostanze come silicati e solfuri per una  potenzialità di 100.000 ton/anno;
 
 - l’incremento delle tipologie dei rifiuti trattabili presso l’impianto in  numero nuoci codici CER
 
 
 
 - il Comune, alla luce della modifica sostanziale prospettata dalla società  Marcon rispetto all’assetto attuale dell’impianto autorizzato, ha svolto  un’istruttoria interna all’esito della quale, con deliberazione del Consiglio  comunale n. 38 dell’8 novembre 2007, ha espresso, ai sensi e per gli effetti di  cui all’art. 17 della l. reg. n. 10/99, parere contrario al progetto,  evidenziando numerose criticità sotto diversi profili;
 
 - il 23 aprile 2008, nel corso della seduta della CR VIA dedicata all’esame del  progetto presentato dalla società Marcon, è emersa la necessità di richiedere  (copiosa) documentazione integrativa. La proposta di richiedere integrazioni è  stata approvata con il voto contrario della Provincia di Treviso, in quanto “il  dare seguito alle richieste istruttorie di integrazione… stravolgerebbe, di  fatto, la soluzione progettuale presentata dal proponente, cambiandola  radicalmente”;
 
 - con nota in data 22 maggio 2008 la Regione Veneto –Unità complessa VIA, ha  richiesto alla società Marcon –soggetto proponente, le integrazioni e i  chiarimenti indicati nella nota stessa specificando che, ai sensi dell’art. 18  della l. reg. n. 10/99, la richiesta di integrazioni sospende i termini per  l’espressione del parere della CR VIA fino alla data di ricevimento della  documentazione integrativa richiesta; e precisando inoltre che nel caso di  inottemperanza alla richiesta entro 90 giorni dal suo ricevimento, la domanda di  VIA e autorizzazione si intenderà decaduta;
 
 - con nota in data 11 giugno 2008 la società Marcon ha chiesto alla Regione  procedente una proroga dei termini di legge per presentare le integrazioni  richieste;
 
 - la proroga è stata concessa dal Presidente della CR VIA con nota in data 18  giugno 2008;
 
 - con nota del 24 ottobre 2008 la società Marcon ha presentato le integrazioni  richieste qualificandole “modifiche al progetto –intervento alternativo  –monoblocco unico”;
 
 - con DCC n. 42 del 27 novembre 2008 il Comune di Maser ha nuovamente espresso  parere contrario alla realizzazione del progetto, così come rielaborato e  depositato in Comune dalla società Marcon in data 24 ottobre 2008;
 
 - con note del 7 ottobre 2009 e 16 ottobre 2009 il Comune di Marcon e la  Provincia di Treviso hanno sollevato profili di criticità del procedimento e del  progetto;
 
 - la Conferenza di servizi, con il voto contrario di Provincia e Comune e con  l’assenza dell’ARPAV, ha espresso parere positivo di compatibilità ambientale ex  l. reg. n. 10/99, parere positivo alla approvazione del progetto ai sensi degli  articoli 11 e 23 della l. reg. n. 10/99 e parere positivo al rilascio dell’AIA.
 
 Sono quindi seguiti il parere n. 261/09 della CR VIA e l’impugnata DGRV n.  296/10.
 
 Avverso e per l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe il Comune di Marcon  ha formulato undici censure, concernenti violazione di legge con riferimento ad  aspetti di natura procedurale e sostanziale, ed eccesso di potere sotto svariati  profili.
 
 Nel costituirsi, la società Marcon ha eccepito il difetto di legittimazione a  ricorrere del Comune atteso che il Comune non avrebbe dimostrato quale effettivo  pregiudizio potrebbe derivare, alla comunità locale, dalla approvazione del  progetto e dal rilascio dell’autorizzazione. Il Comune ricorrente si limiterebbe  a far valere un generico interesse alla salvaguardia dell’ambiente. La più  recente giurisprudenza del Consiglio di Stato esige che il Comune specifichi  esattamente quale concreto pregiudizio, in termini ambientali, subirebbe il  territorio amministrato dalla realizzazione dell’impianto avversato. Pregiudizio  concreto che il ricorrente non avrebbe affatto specificato. Tutt’al più il  Comune avrebbe indicato pregiudizi di natura urbanistica, ma non certo  ambientale, sicché i motivi di ricorso per i quali il Comune avrebbe  legittimazione sarebbero solo quelli di cui ai numeri da 10) a 12), poiché  attinenti a questioni urbanistiche. Nel merito la controinteressata ha rilevato  infondatezza della pretesa fatta valere dal ricorrente.
 
 Anche la Regione si è costituita e ha insistito per il rigetto del ricorso.
 
 Con atto di motivi aggiunti notificato il 23 ottobre 2010 e tempestivamente  depositato in Segreteria il Comune di Maser ha chiesto l’annullamento del DSRAT  n. 57/10, meglio in epigrafe specificato, deducendo vizi di invalidità derivata  rispetto alla DGRV n. 296/10, oltre a vizi propri.
 
 La società Marcon e la Regione hanno resistito insistendo per il rigetto anche  dei motivi aggiunti.
 
 2.1.- L’eccezione di difetto di legittimazione e interesse a ricorrere,  sollevata dalla difesa della società Marcon muovendo dal rilievo secondo cui il  Comune di Maser non avrebbe dimostrato quale effettivo pregiudizio potrebbe  derivare, alla comunità locale, dalla approvazione del progetto e dal rilascio  dell’autorizzazione, è infondata e va respinta.
 
 Sul tema, simile a quello trattato nella controversia odierna, della  impugnazione di provvedimenti di localizzazione di una discarica di rifiuti, la  giurisprudenza (Cons. St., nn. 6657/02, 1797/02 (v. p. 2.1.) , 5296/01 e –sez.  V- 217/99 ; più di recente v. sent. nn. 5713/06 e 695/06, p. 3.) ha riconosciuto  la legittimazione e l’interesse a ricorrere in capo al Comune nel cui territorio  l’impianto dovrebbe essere collocato. Sussiste infatti “l'interesse a ricorrere  degli enti locali quali ad es. "il comune nel cui territorio è localizzata una  discarica di rifiuti, ai sensi dell'art. 3 bis l. 29 ottobre 1987 n.441"; in  proposito si è affermato che "è titolare dell'interesse a ricorrere avverso la  delibera di localizzazione, sia in quanto ente esponenziale dei residenti, sia  in quanto titolare del potere di pianificazione urbanistica su cui incide il  provvedimento di localizzazione, sia in quanto soggetto che per legge può  partecipare al procedimento amministrativo e che in quanto tale può impugnarne  il provvedimento conclusivo" (C. Stato, sez.V, 2.3.1999, n.217; in senso analogo  CdS IV 6/10/2001 n.5296).
 
 E' del pari certo che non occorra provare l'esistenza di un danno concreto ed  attuale al fine di impugnare il provvedimento di localizzazione di una discarica  o di un impianto industriale ritenuto inquinante in quanto la questione della  concreta pericolosità dell'impianto, valutata alla luce dei parametri normativi,  è questione di merito, mentre al fine di radicare l'interesse ad impugnare è  sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su un territorio collocato  nelle immediate vicinanze ed in relazione al quale i ricorrenti sono in  posizione qualificata (quali residenti o proprietari o titolari di altre  posizioni giuridiche soggettive rilevanti” –così CdS n. 6657/02 cit.).
 
 Il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui per riconoscere  legittimazione e interesse a impugnare un provvedimento che autorizza l’avvio di  una attività potenzialmente inquinante il ricorrente non è tenuto dimostrare che  si è verificato un danno, in quanto tale questione attiene al merito, ed è  invece sufficiente la ragionevole prospettazione di ripercussioni negative sul  territorio entro il quale l’attività verrà a svolgersi.
 
 Considerata l’affinità esistente tra le fattispecie sottoposte al vaglio della  giurisprudenza e la fattispecie odierna, l’ eccezione sopra riassunta va  respinta. Non senza, però, avere prima soggiunto, con riferimento al caso in  esame, che la circostanza che l’approvazione di un progetto, come quello per cui  è causa, diretto a incrementare la potenzialità annua del trattamento dei  rifiuti dell’impianto, produca ricadute negative sull’ambiente e sulla qualità  della vita nel territorio circostante l’impianto medesimo, costituisce un dato  di comune esperienza, elemento che ben può essere fatto valere dal Comune nel  cui territorio viene localizzato l’impianto.
 
 2.2.-Nel merito, assume carattere decisivo e assorbente l’esame della prima  censura, con la quale è stata dedotta la violazione dell’art. 18 della l. reg.  n. 10/99, secondo cui: (comma 1) “Entro centotrentacinque giorni dalla data  della pubblicazione dell'ultimo annuncio di cui al comma 3 dell'articolo 14, la  commissione VIA esprime il proprio parere sull'impatto ambientale dell'impianto,  opera o intervento proposto…”;
 
 (comma 2) “Entro lo stesso termine di cui al comma 1 e per una sola volta, la  struttura competente per la VIA richiede al soggetto proponente le integrazioni  eventualmente necessarie; la richiesta sospende i termini del procedimento che  ricominciano a decorrere con la presentazione delle integrazioni richieste” ;
 
 (comma 3) “Nel caso in cui, entro novanta giorni dalla richiesta, il soggetto  proponente non produca le integrazioni di cui al comma 2, la domanda di VIA si  intende decaduta. “ .
 
 In base al tenore inequivocabile del citato art. 18, l’Amministrazione  procedente può richiedere integrazioni al progetto per una sola volta, e tali  integrazioni devono essere presentate entro 90 giorni dalla richiesta, e ciò a  pena di decadenza. E’ la legge regionale che sancisce sia il termine entro cui  devono essere presentate le integrazioni, vale a dire 90 giorni dalla richiesta,  sia la sanzione per l’ipotesi di inosservanza del termine suddetto, ossia la  decadenza della domanda, e quindi dell’intero procedimento, che va archiviato,  con la conseguenza che il proponente dovrà ripresentare la domanda. La legge,  nell’individuare termine e sanzione, ha sottratto all’autorità amministrativa  ogni discrezionalità sul punto, che non sia la facoltà di richiedere  integrazioni. Detto altrimenti, la norma regionale non consente alla P. A. di  disporre del termine prorogandolo ed eludendo l’esplicita sanzione di decadenza.  Il termine è sottratto alla disponibilità delle parti. Nella specie la Regione  avrebbe dovuto limitarsi ad accertare il mancato rispetto del termine e, una  volta preso atto delle conseguenza che la legge regionale stabilisce per la  suddetta ipotesi, disporre l’archiviazione del procedimento.
 
 Nella specie:
 
 -con nota in data 22 maggio 2008 la Regione Veneto –Unità complessa VIA, aveva  richiesto integrazioni e chiarimenti alla società Marcon;
 
 -con nota del 18 giugno 2008 il Presidente del CR VIA aveva concesso una proroga  alla controinteressata stabilendo, quale termine ultimo per presentare la  documentazione ulteriore, la data del 27 ottobre 2008;
 
 -la società Marcon risulta avere presentato le integrazioni richieste soltanto  in data 24 ottobre 2008, vale a dire (nel rispetto del termine prorogato  assegnatole ma) ben oltre il termine di 90 giorni stabilito dalla legge  regionale.
 
 Il Comune ricorrente conclude affermando che la proroga accordata è chiaramente  illegittima e vizia l’intera procedura. La CR VIA ha travisato il proprio ruolo  e, nel prorogare un termine fissato “ex lege” a pena di decadenza, ha  erroneamente ritenuto che il suddetto termine fosse nella propria disponibilità.  Del resto, la giurisprudenza è pacifica nel prevedere che quando una norma di  legge stabilisce un termine e attribuisce allo stesso natura perentoria, non  sussiste alcuna discrezionalità in capo alla P. A. , salvo casi eccezionali di  forza maggiore, da comprovare in modo rigoroso e nella specie non sussistenti.  La proroga del termine di legge per la presentazione delle integrazioni deve  ritenersi dunque illegittima poiché –nella specie- non consentita, e da ciò  consegue che le integrazioni sono state depositate dalla società Marcon oltre il  termine perentorio stabilito, a pena di decadenza della domanda, dall’art. 18,  comma 3, della l. reg. n. 10/99.
 
 Il Collegio condivide le argomentazioni svolte e le conclusioni formulate dal  Comune di Maser. La Regione non avrebbe potuto accordare la proroga; avrebbe  dovuto limitarsi ad accertare il mancato rispetto del termine del 90 giorni e,  preso atto delle conseguenze che la legge stabilisce per tale ipotesi, disporre  l’archiviazione del procedimento.
 
 Sennonché, ad avviso della difesa della Regione il citato art. 18, ove  correttamente interpretato, implica che l’omessa produzione delle integrazioni  richieste entro il termine di 90 giorni non determina la decadenza della domanda  di VIA qualora il richiedente adduca una ragione grave ed eccezionale a sostegno  di una richiesta di proroga. Esigenze di celerità, economicità e non  aggravamento del procedimento amministrativo imporrebbero all’Amministrazione di  concedere la proroga del termine qualora il proponente, prima della scadenza,  giustifichi l’istanza di proroga dichiarando di trovarsi nella impossibilità  oggettiva di presentare le integrazioni entro il termine fissato, avuto riguardo  al numero e alla natura delle integrazioni richieste. Inoltre, l’istanza di  proroga è, adesso, disciplinata in modo esplicito dall’art. 26, comma 3, del t.  u. n. 152/06 il quale, nel testo introdotto dall’art. 2, comma 22, lett. D) del  d. lgs. n. 128/10 prevede che “l'autorita' competente puo' richiedere al  proponente entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all'articolo  24, comma 4, in un'unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata,  con l'indicazione di un termine per la risposta che non puo' superare i  quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di  ulteriori quarantacinque giorni. L'autorita' competente esprime il provvedimento  di valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione  degli elaborati modificati”. La Regione contesta che si sia verificata una  decadenza del procedimento per decorrenza del termine.
 
 Anche la difesa della società Marcon ritiene che il termine di cui all’art. 18,  comma 3, della l. reg. n. 10/99, poiché posto nell’interesse della P. A. , sia  prorogabile da parte di quest’ultima, qualora la stessa ravvisi un giustificato  motivo per assentire la proroga. L’Amministrazione procedente avrebbe cioè la  facoltà di assegnare, su domanda dell’interessato, un termine ulteriore,  commisurato e idoneo alla complessità delle integrazioni richieste, in  osservanza dei principi di buon andamento, efficacia e logicità dell’azione  amministrativa. La “ratio” della previsione normativa di decadenza è infatti  volta a sanzionare la sola inerzia del proponente, di fronte alle richieste di  integrazioni, per non mantenere pendenti procedure per le quali nemmeno il  proponente manifesta più interesse. Nel caso in esame, invece, il proponente si  è attivato nel termine previsto, segnalando all’Amministrazione procedente come  il termine di 90 giorni, considerato il numero e la tipologia delle integrazioni  chieste, fosse insufficiente (basti pensare alla relazione geologica da  presentare –cfr. nota Regione Veneto 22 maggio 2008, p. 7. , in atti). Anche a  voler considerare perentorio il termine dei 90 giorni di cui al citato art. 18,  comma 3, nel caso di specie vi sarebbe (stata) una impossibilità oggettiva a  soddisfare la richiesta di integrazione entro il termine previsto, rientrandosi  quindi in un caso di forza maggiore, idoneo a giustificare la concessione di una  proroga. Anche la difesa della società Marcon soggiunge che l’art. 26 del t. u.  n. 152/06 prevede la prorogabilità del termine, e che l’art. 5 del d.P.R. 12  aprile 1996, nel testo allora vigente, contemplava, per l’ipotesi di richiesta  di integrazioni, la concessione di un congruo termine. Qualora la disciplina  legislativa regionale non consentisse, in spregio ai limiti imposti dalla  normativa quadro di riferimento, la concessione di un termine congruo per  presentare le chieste integrazioni, o comunque la possibilità di concedere una  proroga, la disciplina stessa sarebbe costituzionalmente illegittima per  violazione dell’art. 117 Cost. , oltre che dei principi costituzionali di buon  andamento e imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), con  richiesta di rimessione della questione alla Corte costituzionale per la  decisione di competenza.
 
 Con memoria di replica in data 14 febbraio 2011 la difesa della società Marcon  ha poi eccepito il difetto di interesse a proporre la censura sub 1), posto che  solo la P. A. è titolare dell’interesse a tutela del quale viene sancita la  decadenza dalla domanda, e quindi solo la P. A. sarebbe legittimata a far valere  la decadenza suddetta.
 
 Il Collegio ritiene che l’eccezione di difetto di interesse del Comune di Maser  a far valere la censura sub 1) sia chiaramente infondata poiché appare manifesto  che l’accoglimento della censura comporterebbe l’annullamento degli atti  impugnati, e tanto basta, una volta riconosciuti al Comune legittimazione e  interesse a ricorrere (v. “supra”, p. 2.1.), per superare la specifica eccezione  appena vista.
 
 Ma anche i restanti rilievi della Regione Veneto e della società Marcon appaiono  superabili.
 
 Il richiamo fatto all’art. 26, comma 3, del t. u. n. 152/06 –disposizione,  peraltro, non applicabile al caso di specie in forza della disciplina  transitoria di cui all’art. 35, comma 2 ter, del medesimo decreto n. 152- non  appare pertinente. In primo luogo l’art. 26 accorda alla P. A. , da un lato, la  facoltà di chiedere integrazioni al soggetto proponente, fissando un termine  massimo, che attualmente è di 45 giorni, e dall’altro consente alla P. A. di  prorogare il termine per un ulteriore periodo massimo (attualmente, di 45  giorni). L’art. 18, invece, prevede un termine fisso per produrre integrazioni,  e la decadenza dalla domanda nel caso di mancato rispetto di detto termine,  senza accordare alla P. A. facoltà alcuna in merito alla proroga del termine  medesimo (che è di 90 giorni). Il termine di 90 giorni, assegnabile al  proponente per produrre le integrazioni richieste, appare tutt’altro che  incongruo (a ben guardare l’art. 26 del t. u. 152/06 attribuisce lo stesso  termine, ma frazionato in due periodi: 45 + 45, e l’unica differenza è che solo  il t. u. del 2006 accorda alla P. A. la facoltà di concedere una proroga ) ,  tenuto anche conto del fatto che il progetto dell’opera da realizzare, o da  ampliare, deve essere documentato in modo completo. Non si ravvisano, insomma,  compressioni nell’esercizio dei diritti del soggetto proponente; né si ravvisa  alcun contrasto con l’atto di indirizzo e di coordinamento di cui al d.P.R. 12  aprile 1996. Tanto più che è in facoltà del soggetto proponente presentare una  nuova domanda. Anche a voler tenere conto dell’art. 26 come “canone  interpretativo” in materie, come quella in esame (su cui v. art. 117, comma 2,  lett. S) Cost. ; ma v. anche le connessioni con il governo del territorio –art.  117, comma 3 ), caratterizzate da un “intreccio”, o comunque da un concorso tra  diverse discipline e differenti competenze, dello Stato e della Regione,  concorso che rende ammissibili interventi specifici del legislatore regionale  (su una ricognizione dello stato della giurisprudenza della Corte costituzionale  sul tema della tutela dell’ambiente v. C. cost. , n. 225/09, p. 4.) ; il  Collegio non ritiene che la previsione della prorogabilità del termine ex art.  26, comma 3 cit. ricada tra i principi fondamentali, di cui all’art. 117, comma  3, ultimo periodo, Cost. , ai quali il legislatore regionale è tenuto a prestare  osservanza, a pena di illegittimità costituzionale della norma di legge  regionale per contrasto con una disposizione statale recante, appunto, un  principio fondamentale. Tanto più quando il termine assegnato al proponente per  le integrazioni è oggettivamente congruo, il che consente di superare anche  l’ipotizzato contrasto con l’art. 97 Cost. .
 
 Né, dagli atti di causa, emerge in modo adeguato una situazione di impossibilità  oggettiva a presentare le integrazioni richieste entro il termine prefissato, o  una ipotesi di forza maggiore che potrebbe, in astratto, consentire la proroga  del termine..
 
 L’accoglimento della censura su esposta ha carattere decisivo e natura  assorbente.
 
 Dall’illegittimità della disposta proroga discende l’illegittimità della intera  procedura e del provvedimento finale (la DGRV n. 296/10), oltre che, per  illegittimità derivata, del DSRAT n. 57/10.
 
 Resta assorbita ogni altra censura.
 
 Nonostante l’esito del ricorso, le spese e gli onorari del giudizio possono  essere compensati, attesa la novità della questione trattata.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza),  definitivamente decidendo sul ricorso e sull’atto di motivi aggiunti proposti,  li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del 9 marzo 2011 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Giuseppe Di Nunzio, Presidente
 Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
 Stefano Mielli, Primo Referendario
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 03/05/2011
 
                    




