 TAR Puglia (LE) Sez. I n. 2870 del 16 dicembre 2010
TAR Puglia (LE) Sez. I n. 2870 del 16 dicembre 2010
Rifiuti. realizzazione discarica e legittimazione ad agire del comune
La legittimazione ad agire del Comune in ordine alla realizzazione di una discarica non si può subordinare alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità dell’impianto, reputandosi sufficiente la prospettazione delle temute ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate vicinanze dell'impianto da realizzare
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02870/2010 REG.SEN.
 N. 01705/2008 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
 
 Lecce - Sezione Prima
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 1705 del 2008, proposto da:
 Comune di Statte, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Cristina Lenoci, con  domicilio eletto presso Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli n. 7;
 contro
 Regione Puglia, non costituita;
 Provincia di Taranto, rappresentata e difesa dall'avv. Ilaria Giancotti, con  domicilio eletto presso la Segreteria del TAR in Lecce, via F. Rubichi n. 23;
 
 nei confronti di
 
 Italcave Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giampaolo Sechi ed Ernesto  Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Lecce,  via 95° Rgt. Fanteria n. 9;
 
 per l'annullamento
 
 della Determinazione del Dirigente Settore Ecologia della Regione Puglia n. 338  del 4 giugno 2008, con la quale è stato espresso il parere favorevole di  compatibilità ambientale per l'impianto di discarica per rifiuti speciali non  pericolosi già in esercizio in agro di Taranto, località La Riccia - Giardinello,  proposto dalla Italcave spa; della nota n. 14558 del 17/10/2008 a firma del  Dirigente del Servizio Ecologia della Regione Puglia; nonché, nei limiti  dell'interesse del ricorrente, della nota n. 12834 in data 19/9/2008 a firma del  Dirigente del Settore Ecologia IPPC-AIA - Assessorato all'Ecologia della Regione  Puglia; della determina del Dirigente del Settore Ecologia della Provincia di  Taranto n. 195/2005.
 
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
 Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Taranto e di  Italcave Spa;
 Viste le memorie difensive rispettivamente prodotte dalle parti costituite;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2010 il dott. Massimo  Santini e uditi per le parti gli Avv.ti Lenoci, Sechi e Sticchi Damiani Ernesto;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 La società Italcave gestisce da tempo una discarica nel territorio di Taranto,  località La Riccia – Giardinello.
 
 In adiacenza ad essa è stata tra l’altro concepita una piattaforma  polifunzionale di selezione ed inertizzazione dei rifiuti.
 
 Per quanto riguarda la discarica, si tratta di un’area suddivisa in due lotti  (di cui il primo avrebbe esaurito la propria capienza). In particolare, da  quanto si apprende dalla documentazione e dalle memorie versate in atti, la  discarica sarebbe stata autorizzata per una volumetria pari, in un primo tempo,  ad oltre un milione cento mila metri cubi (cfr. delibera provinciale n. 33 del  22 febbraio 2004), e poi, in un secondo tempo, ad oltre 3 milioni 200 mila metri  cubi (cfr. preambolo provvedimento VIA in data 4 giugno 2008, pag. 16508 del  BURP n. 146 in data 19 settembre 2008).
 
 Con istanza presentata in data 23 marzo 2006, la stessa ditta ha chiesto alla  Regione Puglia di modificare la suddetta volumetria, passando in particolare  dagli oltre 3 milioni 200 mila metri cubi già autorizzati ad oltre 6 milioni 200  mila metri cubi; ciò in quanto vi sarebbe stato un errore materiale nella  approvazione del progetto originario.
 
 A tale riguardo gli enti competenti, anche previo parere del Ministero  dell’ambiente, hanno ritenuto di adeguare sì il suddetto dato volumetrico ma  soltanto attraverso l’instaurazione di una ulteriore procedura autorizzatoria,  ricomprendente sia la valutazione di impatto ambientale (VIA) sugli aspetti  localizzativi, sia l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sugli aspetti  gestionali a valle dell’impianto.
 
 Si apriva dunque un nuovo procedimento di valutazione di impatto ambientale  (VIA), cui partecipavano anche il Comune di Statte (il cui territorio è prossimo  al sito ove è collocata la discarica) ed il Comune di Taranto: questi due enti  esprimevano parere negativo in ordine al suddetto ampliamento volumetrico.
 
 Veniva poi formalmente adottato, in data 4 giugno 2008, il provvedimento  favorevole di compatibilità ambientale.
 
 In data 30 luglio 2008, in occasione dell’avvio del procedimento AIA da  innestare a valle di quello VIA, il Comune di Statte e quello di Taranto  ribadivano la propria posizione negativa in ordine all’ampliamento del suddetto  impianto, manifestando in particolare riserve sulle distanze dal centro abitato  e sulla produzione di percolato.
 
 Dinanzi a tali posizioni, il dirigente del settore ecologia della Regione  richiedeva al Comitato regionale VIA, in data 16 settembre 2008, una nuova  valutazione in vista della “adozione di eventuali provvedimenti di autotutela”.  Tale proposta veniva in sostanza condivisa, in data 24 settembre 2008, anche dal  dirigente dell’Ufficio VAS della Regione. Nel frattempo veniva richiesto  all’ARPA di procedere ad un approfondimento sulla questione percolato. Il  successivo 30 settembre il dirigente ecologia sospendeva il provvedimento VIA  del 4 giugno 2008, in attesa che il comitato si potesse nuovamente esprimere,in  funzione di riesame,sulle proprie valutazioni di compatibilità ambientale.
 
 Dopo l’adozione di un nuovo parere da parte del comitato, il quale confermava  mediante diffuse argomentazioni le valutazioni già operate con riferimento a  distanze e percolato, il dirigente del settore ecologia, in data 17 ottobre  2008, affermava che non vi fossero, “in conclusione, ragioni per riconsiderare  il parere già reso”. Veniva dunque confermata la validità del provvedimento  favorevole di VIA del 4 giugno 2008.
 
 In ordine ai suddetti provvedimenti veniva proposto gravame, in sintesi, per i  seguenti motivi:
 
 1) violazione del principio di precauzione e difetto di istruttoria, nella parte  in cui l’amministrazione non avrebbe consentito una adeguata partecipazione del  Comune di Statte all’interno del procedimento VIA, né avrebbe puntualmente  operato una adeguata stima dei fabbisogni a livello regionale, onde valutare  l’effettiva necessità di allocare una nuova discarica in una Regione in cui  risulterebbe in calo la produzione di rifiuti speciali non pericolosi. In  sintesi, le competenti autorità non avrebbero individuato il fabbisogno reale di  smaltimento a livello regionale, né avrebbero preso adeguatamente in  considerazione altre modalità di smaltimento, quali il recupero di materia e  quello energetico;
 
 2) difetto di istruttoria ed erronea presupposizione dei fatti, laddove non  sarebbe stato considerato che il centro abitato di Statte è situato ad una  distanza inferiore a quella consentita dalla vigente normativa;
 
 3) difetto di istruttoria nella parte in cui non ci si sarebbe avveduti che la  discrasia tra volumetria già autorizzata (oltre 3 milioni 200 mila metri cubi) e  volumetria da autorizzare con il provvedimento impugnato (oltre 6 milioni 200  mila) non potrebbe giammai corrispondere ad un semplice “errore del calcolo  della volumetria”;
 
 4) violazione del decreto legislativo n. 36 del 2003 nella parte in cui non  sarebbero stati forniti specifici elementi in ordine al sistema di  impermeabilizzazione del sito (in particolare, spessore del telo e protezione  della guaina);
 
 5) erroneità dei presupposti, illogicità e difetto di istruttoria nella parte  del provvedimento in cui si ritiene che, all’aumento della quantità di rifiuti  da conferire nello stesso sito, la produzione di percolato giornaliero non  aumenti. Difetto si istruttoria anche nella parte in cui non si è atteso il  rilascio del parere richiesto all’ARPA, per l’appunto, sulla questione  percolato;
 
 6) difetto di istruttoria nella parte in cui non sarebbero stati opportunamente  valutati taluni effetti sull’ambiente (incremento del traffico ed aumento delle  emissioni odorigene e pulverulenti).
 
 Si costituiva in giudizio la Provincia di Taranto e la società contro  interessata, entrambi per chiedere il rigetto del gravame. Quest’ultima  sollevava in particolare eccezione di: a) irricevibilità, in ordine alla  determinazione provinciale n. 195 del 2005, con la quale si approvava il piano  di adeguamento dell’impianto, in quanto tardivamente impugnata; b)  inammissibilità, in relazione alla nota del dirigente settore ecologia in data  19 settembre 2008, in quanto atto endoprocedimentale privo di effetto lesivo; c)  difetto di legittimazione ad agire e di interesse al ricorso in capo al Comune  di Statte, il quale non avrebbe fornito adeguata dimostrazione, al di là del  requisito della vicinitas, circa la prova del pregiudizio concretamente subito  dalla collettività di riferimento territoriale a seguito dell’ampliamento  volumetrico di cui si controverte.
 
 Con ordinanze n. 467 del 3 giugno 2009 e n. 134 del 7 luglio 2010 veniva  rigettata, in sostanza per mancanza del periculum, la tutela cautelare in più  tempi richiesta.
 
 In data 7 aprile 2010 parte ricorrente depositava inoltre consulenza tecnica di  parte con la quale si faceva tra l’altro presente che: a) non sarebbe stato  rispettato il limite volumetrico autorizzato in prima battuta (oltre un milione  cento mila metri cubi), né gli enti che hanno successivamente partecipato agli  ulteriori passaggi autorizzativi avrebbero mai rilevato tale discrasia, anche  soltanto in sede di controllo; b) in sede di VIA non sarebbero stati rispettati  i parametri relativi alla qualità dell’aria, anche con riferimento alla  concentrazione di sostanze contaminanti nei prodotti agricoli, né sarebbe stata  operata una valutazione sul controllo periodico della qualità dell’acqua; c)  sempre in ordine alla VIA, non sarebbero state prese in considerazione  alternative progettuali rispetto a quella prospettata, né sarebbe stata eseguita  la valutazione di incidenza, trattandosi di zona caratterizzata da habitat  naturali; d) con il provvedimento AIA sarebbe stato in sostanza consentito lo  smaltimento di alcuni rifiuti pericolosi, non altrimenti conferibili nella  discarica in questione.
 
 Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2010 le parti rassegnavano le proprie  rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
DIRITTO
 1. In via preliminare, va respinta l’eccezione riguardante il difetto di  legittimazione attiva in capo al Comune di Statte.
 
 E ciò dal momento che, al di là della indiscussa presenza del requisito della  vicinitas, la difesa della suddetta amministrazione ha sufficientemente allegato  – quale ente esponenziale della comunità locale direttamente esposta ai  potenziali effetti negativi rivenienti dall’attivazione dell’impianto – taluni  effetti nocivi che, in termini di salubrità dell’ambiente e dunque di salute,  deriverebbero da numerosi difetti di progettazione e di istruttoria.
 
 Secondo la giurisprudenza dominante, infatti, detta legittimazione non si può  subordinare alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità  dell’impianto, reputandosi sufficiente la prospettazione delle temute  ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate vicinanze  della centrale da realizzare (Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).
 
 Ne deriva che, avendo il comune ricorrente evidenziato, oltre alla vicinanza del  proprio territorio rispetto al sito oggetto dell’intervento, anche un serio  pregiudizio in ordine alla protezione dell’ambiente ed alla tutela della salute  della collettività di cui è soggetto esponenziale, sussistono nella specie tutti  i requisiti per configurare una posizione differenziata che senz’altro lo  legittima ad agire in questa sede.
 
 2. Ancora in via preliminare osserva il collegio che, con riferimento alla  relazione tecnica depositata in data 7 aprile 2010: a) viene confuso, in primo  luogo, il dato dei rifiuti conferibili (aspetto questo da ricondurre al  contenuto in senso stretto delle autorizzazioni amministrative) con quello dei  rifiuti sino ad ora in concreto conferiti (secondo parte ricorrente in  violazione delle prescrizioni contenute negli originari provvedimenti  autorizzatori), aspetto questo da ascrivere invece ad una omessa attività di  controllo che, in quanto tale – o perlomeno nei termini di cui si è detto – non  può formare tuttavia oggetto di sindacato in questa sede: in altre parole,  occorre distinguere tra attività giuridica ed attività materiale, non potendosi  discutere nella specie circa il rispetto delle prescrizioni contenute negli  originari provvedimenti autorizzatori, quanto piuttosto sulla idoneità  dell’impianto di cui si controverte, sul piano ambientale (VIA) e gestionale  (AIA), ad ospitare o meno una certa quantità (supplementare) di rifiuti speciali  non pericolosi; b) si deducono, in secondo luogo, motivi nuovi ed in alcun modo  riconducibili a quelli già formulati in sede di ricorso introduttivo, come tali  radicalmente inammissibili.
 
 3. Ritiene poi il collegio di poter prescindere dalle ulteriori eccezioni di  rito (in particolare, la irricevibilità concernente la determinazione  provinciale n. 195 del 2005 e la inammissibilità relativa alla nota del  dirigente settore ecologia in data 19 settembre 2008), stante in ogni caso  l’infondatezza nel merito del presente ricorso per le ragioni di seguito  indicate.
 
 4. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, oltre ad una generica violazione  del principio di precauzione in quanto tale inammissibile, una carenza di  istruttoria nel momento in cui non sarebbe stato adeguatamente coinvolto nel  procedimento VIA il Comune di Statte, né sarebbe stato stimato l’effettivo  fabbisogno di smaltimento, né sarebbero stati presi in considerazione ulteriori  e preferibili forme di smaltimento, quali il recupero di materia e quello  energetico.
 
 Osserva in primo luogo il collegio che, in disparte ogni considerazione circa la  facoltatività di avviare una istruttoria pubblica ai sensi dell’art. 24, comma  6, del codice dell’ambiente, il Comune di Statte ha pur sempre avuto, al  contrario di quanto affermato da parte ricorrente, idonee occasioni per prendere  parte al suddetto procedimento (si vedano al riguardo tutti gli interventi  comunali richiamati nel preambolo della determinazione VIA impugnata, interventi  il cui contenuto viene peraltro considerato nella parte motivazionale del  provvedimento stesso, con particolare riguardo alla questione “percolato”).
 
 In ogni caso, si consideri che la nota del 31 luglio 2008 della stessa  amministrazione comunale ha addirittura innescato un procedimento di riesame  della determinazione VIA del 4 giugno 2008, motivo questo che induce a ritenere  che l’amministrazione regionale, quand’anche avesse omesso, nella fase  procedimentale propedeutica alla adozione della suddetta determinazione VIA, di  porre adeguatamente il Comune nelle condizioni di esprimersi, ha comunque  adempiuto a tale obbligo ex post, mediante apertura del procedimento di riesame  e, soprattutto, mediante approfondita rivalutazione in quella stessa sede delle  obiezioni sollevate dallo stesso ente locale con riferimento alle questioni  delle distanze e della produzione di percolato.
 
 In secondo luogo, la censura appare generica nella parte in cui, contravvenendo  al principio processuale dell’onere del principio di prova, non è stata allegata  una descrizione sufficientemente circostanziata e precisa delle condizioni di  mercato dei rifiuti speciali nella Regione Puglia (essendosi in proposito  limitata, parte ricorrente, ad illustrare cifre di carattere estremamente  generale, come quantità di RSNP prodotti e numero di impianti esistenti). Né,  parimenti, è stata indicata la presenza di impianti di altro genere (es.  inceneritori) anche soltanto potenzialmente idonei a soddisfare la suddetta  domanda, avendo il comune circoscritto il proprio intervento difensivo, a ben  vedere, alla mera trasposizione di note enunciazioni di principio, ossia ad  affermazioni basate sulla semplice lettura del dato normativo di riferimento  (es. artt. 181-182 codice ambiente).
 
 In conclusione i motivi di gravame sopra specificati debbono essere rigettati
 
 5. Con il secondo motivo si lamenta la violazione della normativa in tema di  distanze tra impianti di smaltimento rifiuti e centro abitato.
 
 Vale al riguardo quanto affermato dal Comitato VIA in sede di riesame.
 
 Ed infatti spetta alle regioni, ai sensi dell’art. 196 del codice dell’ambiente,  la definizione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee o meno alla  localizzazione degli impianti di smaltimento. Al riguardo il piano di gestione  della Regione Puglia, come integrato sul punto dal decreto del commissario  delegato n. 246 del 2006, prevede che, mentre per gli impianti di smaltimento di  rifiuti pericolosi vige la distanza minima di 2.000 mt, per quelli non  pericolosi (anche se speciali come quelli di specie) va invece operata, alla  stessa stregua dei rifiuti urbani (cfr. punto 9.5 decreto citato), una  valutazione caso per caso sulla base delle “condizioni locali di accettabilità”  (all. 1 decreto legislativo n. 36 del 2003, pure espressamente richiamato dal  suddetto piano regionale), non essendo previsti in proposito particolari  obblighi di distanza a carattere generale.
 
 Per tali ragioni la specifica censura non può trovare accoglimento, essendosi  limitata parte ricorrente a contestare il rispetto delle distanze sulla base di  parametri nella specie inapplicabili.
 
 6. Quanto al terzo motivo di gravame, ogni considerazione circa la manchevolezza  emersa in sede di originaria autorizzazione sulla effettiva capienza della  discarica è stata superata, nella specie, mediante l’avvio di una nuova  procedura autorizzativa che, funditus, ha nuovamente valutato la compatibilità  ambientale dell’impianto sulla base della più ampia volumetria che si intende  sfruttare.
 
 La censura deve dunque essere respinta dal momento che l’amministrazione non ha  proceduto, come pure inizialmente richiesto dalla ditta contro interessata, alla  mera correzione del dato volumetrico, ma ha invece instaurato una autonoma ed  ulteriore procedura diretta, sul piano ambientale (VIA) e su quello gestionale  (AIA), ad accertare l’effettiva idoneità dell’impianto ad accogliere un diverso  quantitativo di rifiuti.
 
 7. Con la quarta censura si lamenta la violazione del decreto legislativo n. 36  del 2003 in ordine alle modalità di impermeabilizzazione del sito.
 
 La censura è infondata in punto di fatto, dato che lo studio di impatto  ambientale, elaborato in occasione del piano di adeguamento e poi approvato con  determinazione provinciale n. 195 del 2005, reca puntuale dimostrazione circa il  rispetto delle specifiche tecniche stabilite, con riferimento a strato di  argilla e spessore del telo in HDPE, dal decreto legislativo n. 36 del 2003.
 
 Ad analoghe conclusioni si perviene anche mediante semplice lettura della  relazione tecnica allegata alla domanda di AIA del 28 febbraio 2007.
 
 8. Con la quinta censura si lamenta che, sulla base di quanto riportato nella  determinazione VIA, all’incremento della quantità di rifiuti da conferire nello  stesso sito la produzione di percolato giornaliero non aumenti. Sostiene il  ricorrente che tale assunto sia palesemente erroneo.
 
 La censura non considera tuttavia che, al di là della quantità di percolato  prodotto, dietro specifica prescrizione del Comitato regionale VIA il  provvedimento n. 338 del 4 giugno 2008 ha stabilito “che venga asportato  quotidianamente il percolato e trasportato presso impianti all’uopo  autorizzati”.
 
 Con ciò si vuole dire che gli organi regionali, al di là delle analisi  scientifiche formulate, hanno inteso risolvere il problema del percolato  mediante la sua quotidiana asportazione, con conseguente eliminazione alla fonte  di qualsivoglia influenza che la predetta sostanza è in grado di determinare  sulle matrici ambientali interessate: il che rende irrilevante stabilire quale  sia la effettiva quantità di percolato prodotta in seguito all’autorizzato  ampliamento volumetrico.
 
 La specifica censura risulta dunque superata dalla circostanza che, quand’anche  fosse esatta la tesi di parte ricorrente circa la quantità prodotta di  percolato, il provvedimento regionale impugnato avrebbe in ogni caso previsto  modalità ben precise onde affrontare con successo la suddetta problematica.
 
 Tuttavia, siffatte modalità non hanno formato oggetto di specifica doglianza in  questa sede, né è stata mossa obiezione alcuna sulla capacità del relativo  sistema di asportazione di funzionare in modo corretto ed efficace. Aspetti  questi che, invece, avrebbero dovuto essere adeguatamente posti in evidenza  qualora si fosse inteso contestare l’operato in parte qua della amministrazione  regionale.
 
 Le considerazioni di cui sopra si estendono anche alla parte della censura con  cui si lamenta la mancata attesa del parere ARPA (2 febbraio 2009) prima di  procedere alla adozione del provvedimento VIA (4 giugno 2008): la necessità  stessa del parere, che ha avuto pur sempre ad oggetto la quantità prodotta di  percolato, risulta infatti esclusa dalla prescrizione adottata, che non riguarda  l’idoneità della barriera creata al fine di trattenere il percolato, ma elimina,  prescrivendo la sua rimozione, ogni influenza del percolato stesso  sull’ambiente.
 
 Per tali ragioni la censura in esame deve essere rigettata in quanto formulata  in modo incompleto.
 
 9. Con la sesta ed ultima censura si lamenta la mancata valutazione degli  effetti sull’ambiente in termini di sostanze pulverulenti e odorigene.
 
 Anche tale censura è infondata in punto di fatto, dato che, come si evince dalla  documentazione versata in atti, su richiesta del comitato regionale VIA del 5  marzo 2008 la società controinteressata ha presentato specifica analisi costi  benefici, nello stesso mese di marzo 2008, contenente uno studio circa l’impatto  sul traffico, nonché sull’inquinamento da gas di scarico e da emissioni di  sostanze odorigene e di polveri dai rifiuti trasportati.
 
 Né sul punto parte ricorrente ha mosso obiezione alcuna in termini di manifesta  irragionevolezza o di palese illogicità circa le valutazioni operate al riguardo  dall’amministrazione regionale.
 
 Nel complesso, la censura non può dunque trovare accoglimento.
 
 10. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
 
 Sussistono in ogni caso giusti motivi, data la complessità della questione  trattata, per compensare integralmente tra le parto le spese del presente  giudizio.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
 
 definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Antonio Cavallari, Presidente
 Carlo Dibello, Primo Referendario
 Massimo Santini, Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 16/12/2010
 
                    




