 Cons. Stato Sez. VI sent. 1020 del 22 febbraio  2010
Cons. Stato Sez. VI sent. 1020 del 22 febbraio  2010
 Sviluppo sostenibile. Impianti e autorizzazione
 
 L’organo competente al rilascio dell’autorizzazione unica in materia di  impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili compie la  valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, tenendo conto  delle posizioni di dissenso espresse dai partecipanti alla conferenza di  servizi. Stante il rinvio operato dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003,  alla l. n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi, ne consegue che,  ai sensi dell’art. 14-quater, citata l. n. 241/1990, le amministrazioni  convocate devono esprimere il proprio eventuale dissenso, a pena di  inammissibilità, motivatamente e all’interno della conferenza di  servizi. Ove poi il dissenso sia espresso, tra l’altro, da  amministrazioni preposte alla tutela ambientale,  paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, sono  dettate specifiche norme procedurali per il superamento del dissenso.
 N. 07738/2009 REG.RIC.
 
 REPUBBLICA ITALIANA
 
 
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
 
 ha pronunciato la presente
 
 
 DECISIONE
 
 
 sul ricorso numero di registro generale 7738/2009, proposto da  Essebiesse Power s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe  Abbamonte, Giovanni Battista Conte, Angelo Clarizia, con domicilio  eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
 
 
 contro
 
 
 Associazione Italia Nostra, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi  Medugno, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Panama,  n. 58;
 
 nei confronti di
 
 Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso  dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via  dei Portoghesi, n. 12;
 Regione Molise, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Colalillo, con  domicilio eletto presso Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, n.  7;
 Provincia di Campobasso, Federazione Regionale Coldiretti del Molise,  Michele Zurlo, Maria Gaetana D'Aversa, Gennaro Zappone, Maria Libera  D'Amico, Michele Paolo Pietrarola, Giovannina Sirniele, Biagio Zappone,  Pasquale Varriano, Rita Rubertino, Vincenzo Testa, non costituiti;
 
 per la riforma
 
 della sentenza del Tar Molise - Campobasso, sez. I, n. 115/2009, resa  tra le parti, concernente autorizzazione alla realizzazione di impianto  eolico.
 
 
 Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione Italia  Nostra, del Ministero per i beni e le attività culturali e della Regione  Molise;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2010 il Cons.  Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati D'Angiolella (su  delega dell’avv. Abbamonte), Clarizia, Conte, Medugno Colagrande (su  delega dell’avv. Colalillo) e l'avvocato dello stato Fiduccia;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
 FATTO e DIRITTO
 
 
 1. L’odierna appellante Essebiesse Power s.r.l. (d’ora innanzi SBS)  opera nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili, e  segnatamente si occupa di realizzazione e gestione di impianti eolici.
 
 In data 12 novembre 2004 SBS inoltrava alla Regione Molise istanza di  rilascio dell’autorizzazione unica (ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n.  387/2003), per la realizzazione di un impianto di energia elettrica di  fonte eolica da 32 MW da ubicarsi nei Comuni di Cercepiccola, San  Giuliano del Sannio e Vinchiaturo.
 
 La Regione Molise, con determinazione 16 febbraio 2005 n. 12  assoggettava il progetto alla procedura di valutazione di impatto  ambientale.
 
 SBS inviava a tutte le autorità statali, regionali e comunali competenti  richiesta di rilascio dei pareri di rispettiva competenza.
 
 La Soprintendenza per i beni archeologici del Molise con provvedimento  n. 3789 del 18 maggio 2005 esprimeva, ai sensi dell’art. 21, d.lgs. n.  42/2004, il proprio assenso sul presupposto dell’assenza di vincolo e di  presenze archeologiche.
 
 La Regione con provvedimento 24 giugno 2005 rilasciava nulla osta ai  sensi dell’art. 146, d.lgs. n. 42/2004, in relazione ad una limitata  zona incisa dal progetto e gravata da vincolo paesaggistico, relativa  alla realizzazione della sottostazione di trasformazione e del relativo  cavo interrato nel territorio del Comune di Vinchiaturo.
 
 Con nota prot. 2921 del 21 luglio 2005 il direttore regionale per i beni  culturali e paesaggistici del Molise invitava la Regione Molise a  sottoporre l’intera area interessata dal progetto a vincolo  paesaggistico.
 
 Con nota prot. n. 3233 dell’11 agosto 2005 detto direttore regionale  dichiarava che la precedete nota n. 3789 del 18 maggio 2005 doveva  intendersi annullata in autotutela, e con nota prot. 3963 del 29  settembre 2005 inoltrava agli organi centrali del Ministero per i beni e  le attività culturali una proposta di vincolo paesaggistico sull’intera  area.
 
 Il Comitato tecnico v.i.a. in data 23 giugno 2006 esprimeva parere  favorevole alla realizzazione del progetto.
 
 In data 6 aprile 2006 SBS chiedeva alla Regione Molise il rilascio  dell’autorizzazione unica.
 
 Con decreto n. 10 del 6 aprile 2006 il direttore regionale per i beni  culturali e paesaggistici del Molise apponeva vincolo archeologico  sull’immobile “strada comunale tratturo”.
 
 2. Rimanendo inerte la Regione Molise nel rilascio dell’autorizzazione  unica, SBS proponeva innanzi al Tar Molise azione volta ad acclarare  l’illegittimità del silenzio – inadempimento.
 
 Il Tar Molise, con sentenza n. 749/2006 ordinava all’amministrazione di  provvedere.
 
 Con nota prot. 4889 del 6 dicembre 2006 il direttore regionale per i  beni culturali e paesaggistici del Molise diffidava SBS dall’esecuzione  del progetto sull’assunto che esso utilizzerebbe il percorso di  interesse storico come tracciato di servizio dei nuovi impianti.
 
 Per contro, con nota prot. n. 9537 dell’11 dicembre 2006 il  Soprintendente per i beni archeologici del Molise affermava che l’area  oggetto dell’intervento non è interessata da vincolo archeologico,  prescrivendo che “qualsiasi lavoro di scavo dovrà essere seguito da  personale della Soprintendenza archeologica e comunicata a questo  Ufficio. Il tratturo dovrà essere ripristinato in battuto al termine dei  lavori. Poiché però l’aerogeneratore n. 2 si trova situato alla  distanza di m. 19 dal tratturo storico tutelato, si prescrive il leggero  spostamento dello stesso immediatamente al di fuori dell’area  sottoposta a vincolo di rispetto (20 m.)”.
 
 Con nota prot. n. 5108 del 15 dicembre 2006 il direttore regionale per i  beni culturali e paesaggistici del Molise annullava in autotutela la  citata nota prot. n. 9537 dell’11 dicembre 2006.
 
 3. A seguito di ulteriore ricorso al Tar Molise, quest’ultimo con  sentenza n. 749/2006 nominava un commissario ad acta con il compito di  provvedere sulla domanda di autorizzazione unica entro novanta giorni.
 
 In data 9 maggio 2007 si svolgeva presso il Ministero per i beni e le  attività culturali un “tavolo di concertazione” per valutare una  eventuale localizzazione alternativa del progetto.
 
 Con nota prot. n. 1904 del 18 maggio 2007 il direttore regionale per i  beni culturali e paesaggistici del Molise inviava un resoconto della  riunione del 9 maggio 2007.
 
 Il commissario ad acta, con provvedimento n. 1000/CAA del 2 luglio 2007  autorizzava SBS a realizzare e gestire l’impianto.
 
 Con provvedimento n. 950 del 28 novembre 2007 il Soprintendente  autorizzava la messa in sicurezza della stradina “Tratturo”, sottoposta a  vincolo archeologico con decreto n. 10/2006, “indispensabile per la  sicurezza del passaggio degli automezzi”, considerato che “non  sussistono tracce dell’antica sistemazione del tratturo … e che tale  sistemazione non modifica la conservazione delle caratteristiche  specifiche tutelate dal vincolo di interesse storico-archeologico”.
 
 4. Contro l’autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta e  contro la valutazione di compatibilità ambientale ha proposto ricorso al  Tar per il Molise l’Associazione Italia Nostra.
 
 Nelle more del giudizio di primo grado, con istanza in data 27 febbraio  2008 la SBS ha chiesto alla Soprintendenza di certificare se il progetto  autorizzato dal commissario ad acta sia o meno in contrasto con le  prescrizioni del decreto n. 10/2006 impositivo di vincolo archeologico.
 
 Con nota prot. 1577 del 3 marzo 2008 il Soprintendente ha attestato che  le opere progettate sono al di fuori e non contrastano con le  prescrizioni relative al vincolo di cui al decreto n. 10/2006.
 
 5. Con la sentenza n. 115/2009 il Tar Molise ha accolto il ricorso  proposto dall’Associazione Italia Nostra, annullando l’autorizzazione  unica rilasciata dal commissario ad acta e il provvedimento di  valutazione di impatto ambientale.
 
 La sentenza, in sintesi:
 
 1) ha accolto il primo motivo del ricorso di primo grado con cui si  lamentava l’inadeguata valutazione dell’interesse paesaggistico  dell’area, rilevando che, pur non gravando sull’area vincolo  paesaggistico, non sarebbe stato adeguatamente considerato il  particolare pregio ambientale, evidenziato dal direttore regionale e  dell’Associazione ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, e  sarebbe mancata la valutazione comparativa degli interessi pubblici  primari antagonisti (paesaggio, ambiente, energia, salute, libertà di  impresa economica) (da pag. 11 a pag. 16 della sentenza);
 
 2) per le stesse ragioni sub 1) ha accolto il quarto motivo del ricorso  di primo grado, con cui si lamentava che gli organi regionali preposti  alla valutazione di impatto ambientale avrebbero omesso di condurre  qualsiasi concreto apprezzamento della compatibilità dell’opera con il  contesto paesaggistico interessato dalla localizzazione (da pag. 16 a  pag. 18 della sentenza);
 
 3) ha accolto il secondo motivo del ricorso di primo grado, con cui si  lamentava la mancata valutazione dell’interesse archeologico dell’area,  ritenendo che il provvedimento di autorizzazione unica si fonderebbe  sull’erroneo presupposto di fatto che l’intervento sarebbe compatibile  con il vincolo archeologico di cui al decreto n. 10/2006; non varrebbe  obiettare che il parco eolico insisterebbe al di fuori della strada  comunale tratturo (oggetto del vincolo archeologico); perché la verifica  andrebbe condotta ex ante e non ex post, perché alla data in cui la SBS  ha interpellato la Soprintendenza, l’opera insisteva, in parte, su area  gravata da vincolo archeologico; inoltre i mezzi necessari per  realizzare l’opera transitano su detta strada, sicché occorrerebbe  munirsi di autorizzazione, per quanto attiene a transito, scavi,  risistemazione del tratturo; il vizio non sarebbe superato dalla  prescrizioni imposte dal commissario ad acta, che non avrebbe competenze  in materia di vincolo archeologico (da pag. 18 a pag. 20 della  sentenza);
 
 4) ulteriore vizio concernerebbe la indebita estromissione dal  procedimento del direttore regionale per i beni culturali e  paesaggistici, essendo stata coinvolta solo la Soprintendenza (da pag.  20 a pag. 21 della sentenza);
 
 5) ha ritenuto fondato il quarto motivo del ricorso di primo grado  quanto all’ulteriore profilo di violazione della delibera di giunta  regionale n. 908 del 26 giugno 2006, con la precisazione che i parametri  da considerare non sono quelli di tale delibera, ma quelli della  successiva delibera 7 maggio 2007 n. 452, in quanto no sarebbero  rispettate le fasce di rispetto ivi previste.
 
 6. Ha proposto appello SBS, muovendo motivate critiche alla sentenza  gravata.
 
 7. Osserva in via preliminare (da pag. 8 a pag. 9 dell’atto di appello)  che:
 
 1) non è contestato che l’area non era gravata, all’epoca del rilascio  dell’autorizzazione unica, da alcun vincolo paesaggistico;
 
 2) sull’area oggetto di intervento non esiste vincolo archeologico;
 
 3) il provvedimento 3 marzo 2008 n. 1577 del competente Soprintendente  attesta che le opere sono al di fuori dell’area gravata da vincolo, e  tale provvedimento non è stato impugnato dall’Associazione ricorrente in  primo grado;
 
 4) anche la precedente nota soprintendenti zia 28 novembre 2007 n. 950  non risulta ex adverso impugnata.
 
 7.1. Ciò premesso con il primo e il secondo motivo di appello (da pag.  10 a pag. 24 dell’atto di appello) si contestano i capi di sentenza che  accolgono il primo e quarto motivo del ricorso di primo grado.
 
 Contrariamente a quanto statuito dal Tar, il Commissario ad acta, nel  rilasciare l’autorizzazione unica, e il competente organo regionale,  nell’effettuare la verifica positiva di impatto ambientale, hanno tenuto  conto della posizione del direttore regionale quanto al pregio  paesaggistico dell’area, hanno tenuto conto della posizione espressa da  Italia nostra nel corso del procedimento amministrativo, hanno valutato  comparativamente tutti gli interessi coinvolti, e hanno motivatamente  ritenuto prevalente l’interesse energetico, considerato anche che l’area  non è gravata da vincolo paesaggistico.
 
 Si contestano con analoghi argomenti le statuizioni del Tar in ordine al  provvedimento del comitato tecnico v.i.a., che non ha rilevato un  particolare interesse paesaggistico, in assenza di vincolo puntuale, e  ha ritenuto preminente l’interesse energetico e ambientale.
 
 8. Il primo e secondo motivo di appello sono fondati.
 
 8.1. In diritto va premessa una considerazione di carattere generale.
 
 In ossequio a impegni internazionali e comunitari, finalizzati alla  riduzione dell’inquinamento, anche mediante lo sviluppo delle fonti  rinnovabili di energia, il legislatore statale, in attuazione di  direttiva comunitaria, ha varato il d.lgs. n. 387/2003, ispirato a  principi di semplificazione e accelerazione delle procedure finalizzate  alla realizzazione e gestione degli impianti di energia elettrica  prodotta da fonti energetiche rinnovabili e, segnatamente, da fonte  eolica.
 
 In particolare, l’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, ha previsto una  autorizzazione unica, che sostituisce tutti i pareri e le autorizzazioni  altrimenti necessari, e in cui confluiscono anche le valutazioni di  carattere paesaggistico, nonché quelle relative alla esistenza di  vincoli di carattere storico- artistico, tramite il meccanismo della  conferenza di servizi.
 
 La Corte cost. (tra l’altro anche in relazione alla legislazione della  Regione Molise, v. Corte cost. n. 282/2009) ha riconosciuto al citato  art. 12 valore di principio fondamentale, ai sensi e per gli effetti  dell’art. 117, co. 3, Cost., vincolante per le Regioni nella materia di  legislazione concorrente “produzione, trasporto e distribuzione  nazionale dell’energia”, cui è da ascrivere la realizzazione e gestione  degli impianti di energia da fonte eolica (Corte cost. n.342/2008 e n.  364/2006).
 
 Pertanto l’organo competente al rilascio dell’autorizzazione unica  compie la valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti,  tenendo conto delle posizioni di dissenso espresse dai partecipanti alla  conferenza di servizi.
 
 Stante il rinvio operato dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, alla l. n.  241/1990 in tema di conferenza di servizi, ne consegue che, ai sensi  dell’art. 14-quater, citata l. n. 241/1990, le amministrazioni convocate  devono esprimere il proprio eventuale dissenso, a pena di  inammissibilità, motivatamente e all’interno della conferenza di  servizi. Ove poi il dissenso sia espresso, tra l’altro, da  amministrazioni preposte alla tutela ambientale,  paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, sono  dettate specifiche norme procedurali per il superamento del dissenso.
 
 8.2. Tanto premesso in diritto, giova osservare, in fatto, che non è  contestata l’assenza di vincolo paesaggistico alla data di adozione del  provvedimento di autorizzazione unica.
 
 E’ vero che vi erano stati tentativi di imposizione del vincolo, ma il  vincolo non esisteva.
 
 Il provvedimento commissariale ha tenuto conto di tutte le vicende  relative al tentativo di imposizione del vincolo, e ha altresì tenuto  conto delle posizioni volte ad evidenziare il pregio paesaggistico  dell’area a prescindere da un formale vincolo (direttore generale,  Associazione Italia Nostra).
 
 Va però osservato che l’amministrazione preposta alla tutela del  paesaggio non ha formalizzato alcun dissenso espresso e motivato in sede  di conferenza di servizi.
 
 Sicché, correttamente il commissario ha compiuto una valutazione  comparativa degli interessi pubblici coinvolti, e ha ritenuto che  l’opera non avesse un impatto paesistico negativo, e che per converso la  stessa avesse un impatto ambientale positivo, atteso che l’impianto  consente la produzione di energia da fonte rinnovabile, con effetto  riduttivo dell’inquinamento.
 
 Sotto tale profilo, il provvedimento è adeguatamente e correttamente  motivato, immune da vizi logici o di travisamento dei fatti, immune da  censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria o inadeguata  valutazione degli interessi in gioco.
 
 Lo stesso è a dirsi quanto al presupposto provvedimento di valutazione  di impatto ambientale.
 
 Vanno pertanto accolto il primo e secondo motivo di appello.
 
 9. Con il terzo mezzo (da pag. 24 a pag. 31 dell’atto di appello) si  contesta il capo di sentenza che ha accolto il secondo motivo di primo  grado ritenendo non adeguatamente valutato il vincolo archeologico.
 
 Il capo di sentenza sarebbe affetto da vizio di ultrapetizione, e  sarebbe comunque erroneo.
 
 L’area interessata dal progetto non sarebbe gravata dal vincolo  archeologico, che insiste solo sul Tratturo.
 
 Neppure vi sarebbe stata indebita estromissione dal procedimento del  direttore regionale, in quanto è proprio il provvedimento n. 10/2006,  impositivo del vincolo archeologico, ad attribuire al soprintendente la  competenza a dare il pare in relazione a qualsiasi movimento di terreno o  scavo che interessi l’area vincolata. Andrebbe poi considerata  l’esistenza dei provvedimenti soprintendentizi autorizzatori n.  9501/2007 e n. 1577/2008, mai impugnati.
 
 9.1. Il mezzo è fondato.
 
 Il vincolo archeologico imposto con il decreto n. 10/2006 riguarda solo  il Tratturo.
 
 Il commissario ad acta ha accertato che l’opera è localizzata in area  non gravata da vincolo archeologico.
 
 Inoltre l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo archeologico  non ha esternato in sede di conferenza di servizi alcun dissenso  espresso e motivato.
 
 E’ bensì vero che i mezzi necessari per la realizzazione dell’opera  transitano sul Tratturo sicché occorre autorizzazione soprintendentizia  per il transito.
 
 Ma si tratta di autorizzazione che non riguarda la localizzazione  dell’opera, bensì la fase esecutiva della stessa.
 
 Sicché, tale profilo non era condizionante del rilascio  dell’autorizzazione unica.
 
 Inoltre il provvedimento commissariale fa salve le competenze della  Soprintendenza sotto tale profilo.
 
 Va poi rilevato che sono in atti i provvedimenti autorizza tori  soprintendentizi n. 9501/2007 e n. 1577/2008, mai impugnati, sicché  anche le modalità esecutive dell’opera mediante utilizzo del Tratturo  debbono ritenersi autorizzate.
 
 Neppure sussiste il vizio procedimentale per mancato coinvolgimento del  direttore generale.
 
 Infatti il decreto n. 10/2006 delega le competenze al Soprintendente,  per cui era quest’ultimo il soggetto che andava coinvolto nel  procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica.
 
 10. Con il quarto motivo (da pag. 31 a pag. 33 dell’atto di appello) si  contesta il capo di sentenza che ha accolto il quarto motivo del ricorso  di primo grado, sotto il profilo della violazione della delibera di  giunta regionale n. 980/2006.
 
 Si lamenta che il Tar si è pronunciato ultrapetita, perché il motivo di  ricorso lamentava la violazione della delibera n. 908/2006, laddove il  Tar ha ritenuto violata la delibera n. 452/2007, censura non dedotta nel  ricorso di Italia Nostra.
 
 Né sarebbe rilevante che la censura di violazione della delibera n.  452/2007 è contenuta nell’atto di intervento ad adiuvandum proposto da  Coldiretti, perché tardiva.
 
 10.1. Le censura è fondata, avendo il Tar ravvisato, d’ufficio, un vizio  non dedotto con il ricorso di primo grado.
 
 Né rileva che la censura fosse presente nell’atto di intervento ad  adiuvandum, sia perché l’atto di intervento adesivo non può introdurre  temi nuovi, sia perché la censura sarebbe comunque tardiva: il termine  per contestare il provvedimento commissariale, pubblicato in data 16  luglio 2007, scadeva il 30 ottobre 2007, laddove l’atto di intervento  risulta notificato il 20 novembre 2007.
 
 11. Con il quinto mezzo si contesta l’affermazione della sentenza  secondo cui non era applicabile ratione temporis al provvedimento  impugnato la l.r. n. 18/2008 (recte n. 15/2008), ma che tale legge dovrà  essere applicata in sede di rinnovo dell’attività amministrativa  conseguente alla sentenza di annullamento, nella parte, segnatamente, in  cui individua alcune aree, tra cui la valle del Tammaro, come non  idonea alla installazione di impianti eolici e fotovoltaici.
 
 Parte appellante ritiene che tale statuizione esulava dal thema  decidendum, e comunque viene tuzioristicamente appellata per evitare che  si formi su di essa il giudicato.
 
 11.1. Il Collegio osserva che tale statuizione è, nel corpo della  sentenza di primo grado, intimamente connessa a quelle precedenti che  hanno ritenuto illegittimi i provvedimenti impugnati, indicando una  modalità di esecuzione della sentenza in sede di riesercizio dell’azione  amministrativa.
 
 Una volta riformata la sentenza e fatti rivivere i provvedimenti  impugnati, non essendoci spazio per un riesercizio dell’azione  amministrativa, tale statuizione resta automaticamente travolta.
 
 Solo per completezza il Collegio osserva che, in ogni caso, la citata  l.r. n. 15/2008, oltre ad essere stata espressamente abrogata dalla  successiva l.r. 7 agosto 2009 n. 22, è stata anche dichiarata  incostituzionale con la sentenza Corte cost. 6 novembre 2009 n. 282, tra  l’altro proprio in relazione alla previsione, recata nell’art. 2, che  individua determinate aree non idonee alla installazione di impianti  eolici e fotovoltaici. Ha rilevato la Corte che tale limitazione non c’è  nella legge statale e che pertanto la legge regionale viola i principi  fondamentali di legislazione statale posti dall’art. 12, d.lgs. n.  387/2003 in materia di legislazione concorrente:
 
 “la disciplina degli insediamenti di impianti eolici e fotovoltaici è  attribuita alla potestà legislativa concorrente in tema di «produzione,  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui all'art. 117,  terzo comma, della Costituzione (cfr. le sentenze n. 342 del 2008 e,  soprattutto, n. 364 del 2006). Pur non trascurando la rilevanza che, in  relazione a questi impianti, riveste la tutela dell'ambiente e del  paesaggio (v. la sentenza n. 166 del 2009), si rivela centrale nella  disciplina impugnata il profilo afferente alla gestione delle fonti  energetiche in vista di un efficiente approvvigionamento presso i  diversi ambiti territoriali.
 
 L'energia prodotta da impianti eolici e fotovoltaici è ascrivibile al  novero delle fonti rinnovabili, come si evince dalla lettura dell'art. 2  della direttiva n. 2001/77/CE e dell'art. 2, comma 1, lettera a), del  decreto legislativo n. 387 del 2003.
 
 La normativa internazionale, quella comunitaria e quella nazionale  manifestano un favor per le fonti energetiche rinnovabili, nel senso di  porre le condizioni per una adeguata diffusione dei relativi impianti.  In particolare, in ambito europeo una disciplina così orientata è  rinvenibile nella citata direttiva n. 2001/77/CE e in quella più recente  del 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE (Direttiva del Parlamento europeo e  del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti  rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive  2001/77/CE e 2003/30/CE), che ha confermato questa impostazione di  fondo.
 
 In ambito nazionale, la normativa comunitaria è stata recepita dal  decreto legislativo n. 387 del 2003, il cui art. 12 enuncia, come  riconosciuto da questa Corte, i princìpi fondamentali in materia (così  la sentenza n. 364 del 2006). Ulteriori princìpi fondamentali sono stati  fissati, anche in questo ambito, dalla legge n. 239 del 2004 che ha  realizzato «il riordino dell'intero settore energetico, mediante una  legislazione di cornice» (sentenza n. 383 del 2005).
 
 (…) Le censurate previsioni di cui all'art. 2 individuano una serie di  aree territoriali ritenute non idonee all'installazione di impianti  eolici e fotovoltaici.
 
 Dal canto suo, la normativa statale di cornice non contempla alcuna  limitazione specifica, né divieti inderogabili, rinviando alle linee  guida di cui all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del  2003, il compito di «assicurare un corretto inserimento degli impianti,  con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio».
 
 È ben vero che la richiamata disposizione statale abilita le Regioni a  «procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione  di specifiche tipologie di impianti», ma ciò può aver luogo solo «in  attuazione» delle predette linee guida. Al momento attuale non risulta  che le linee guida siano state adottate con le modalità previste dallo  stesso comma 10, vale a dire in sede di Conferenza unificata.
 
 Al riguardo, questa Corte ha precisato che «la presenza delle indicate  diverse competenze legislative giustifica il richiamo alla Conferenza  unificata, ma non consente alle Regioni […] di provvedere autonomamente  alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio  degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa» (sentenza n.  166 del 2009). Il bilanciamento tra le esigenze connesse alla  produzione di energia e gli interessi, variamente modulati, rilevanti in  questo ambito impone, infatti, una prima ponderazione concertata in  ossequio al principio di leale cooperazione, al fine di consentire alle  Regioni ed agli enti locali di contribuire alla compiuta definizione di  adeguate forme di contemperamento di tali esigenze. Una volta raggiunto  tale equilibrio, ogni Regione potrà adeguare i criteri così definiti  alle specifiche caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali.”
 
 
 P.Q.M.
 
 
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,  definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie.
 
 Spese del doppio grado compensate.
 
 Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2010  con l'intervento dei Signori:
 
 Giovanni Ruoppolo, Presidente
 Paolo Buonvino, Consigliere
 Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
 Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
 Giancarlo Montedoro, Consigliere
 
 L'ESTENSORE
 
 IL PRESIDENTE
 
 
 Il Segretario
 
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 22/02/2010
 
                    




