Cass. Sez. III sent. 38057 del 19 ottobre 2005 (ud.. 4
ottobre 2005)
Pres. Lupo Est. Franco Ric. Barvero
Urbanistica – Ignoranza della legge – Inescusabilità
Chi ha intenzione di porre in essere un’attività in un campo specifico come quello edilizio ha l’obbligo di informarsi sulle norme che regolano l’attività in questione, di modo che, il non aver adempiuto a questo obbligo, comporta che la sua eventuale ignoranza della legge penale in materia è in ogni caso colpevole e pertanto non scusabile
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. Ernesto Lupo Presidente
2. Dott. Guido De Maio Consigliere
3. Dott. Aldo Fiale Consigliere
4. Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
5. Dott. Giulio Sarno Consigliere
ha pronunciato la seguente
l SENTENZA
sul ricorso proposto da Barvero Maria José, nata a Vigone 1'8 maggio 1930;
avverso la sentenza emessa il 2 1 marzo 2003 dalla corte d'appello di Torino;
udita nella pubblica udienza del 4 ottobre 2005 la relazione fatta dal 
Consigliere
Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona dell'Avvocato Generale dott. Antonio 
Siniscalchi,
che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con sentenza de11'8 aprile 1992, il giudice del tribunale di Mondovi dichiarò 
Barvero
Maria José e Chino Daniela Rinuccia colpevoli del reato di cui all'art. 20, 
lett. b), della legge
28 febbraio 1985, n. 47, per avere eseguito, senza concessione edilizia, i 
lavori di costruzione
di un basso fabbricato costituito da una struttura di sette pilastri e relative 
fondazioni in cemento
armato, tetto con orditura in legno e copertura di tegole e parte di muro 
perimetrale e le
condannò ciascuna alla pena di giorni dieci di arresto ed t? 500,OO (sic!) di 
ammenda.
La corte d'appello di Torino, con la sentenza in epigrafe assolse la Chino per 
non aver
commesso il fatto mentre confermò la sentenza di primo grado nei confronti della 
Barvero.
Quest'ultima propone ricorso per tassazione deducendo:
a) mancanza di motivazione in ordine al rigetto della eccezione con cui si 
chiedeva la
assoluzione per difetto dell'elemento soggettivo per ignoranza scusabile della 
legge penale, ai
sensi dell'art. 5 cod. pen. e della sent. n. 364 del 1988 della Corte 
costituzionale.
b) inosservanza dell'art. 522 cod. proc. pen. perché erroneamente la corte 
d'appello ha
ritenuto che non sussistesse una ipotesi di nullità della sentenza di primo 
grado per mancanza
di correlazione tra sentenza ed imputazione, dal momento che nel capo di 
imputazione le era
stata contestata l'esecuzione materiale delle opere abusive mentre era stata 
condannata pe
avere commissionato le opere stesse. 
C) erronea applicazione della legge penale per avere illegittimamente la corte 
d'appello
escluso che si trattasse di una mera pertinenza dell'edificio principale.
Con ordinanza del 10 ottobre 2003 questa Corte ha disposto la sospensione del 
decorso
della prescrizione ai sensi delle ultime disposizioni legislative in tema di 
condono edilizio.
Motivi della decisione
I1 primo motivo è manifestamente infondato per avere la corte d'appello fornito 
congrua,
specifica ed adeguata motivazione delle ragioni per le quali ha ritenuto che 
nella specie non si
potesse in alcun modo ravvisare una ipotesi di ignoranza inevitabile, e quindi 
scusabile, della
legge penale, in quanto l'imputata aveva tutte le possibilità di informarsi 
presso gli uffici comunali
di quali provvedimenti accorressero per la realizzazione del manufatto che 
intendeva
costruire. L'eccezione, del resto, era manifestamente infondata e, quindi, la 
corte d'appello
nemmeno era tenuta a motivare in ordine al suo rigetto. E difatti, la citata 
sentenza n. 364 del
1988 della Corte costituzionale, ha, tra l'altro, espressamente affermato che 
((incombono sul
privato, preliminarmente, strumentali, specifici doveri d'informazione e 
conoscenza.. ed è a
causa del non adempimento di tali doveri che è costituzionalmente consentito 
chiamare a rispondere
anche chi ignora la legge penale. Gli indicati doveri d'informazione, di 
conoscenza
ecc. costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale, di 
cui all'art. 2 Cost.
La Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima, costante tensione ai 
fini del rispetto
degli interessi dell'"a1trui" persona umana: ed è per la violazione di questo 
impegno di solidarietà
sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede 
tali
interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica)) e che se non 
esiste un
«"autonomo" obbligo di conoscenza delle singole leggi penali; non può 
disconoscersi, tuttavia,
l'esistenza in testa ai c.d. destinatari dei precetti "principali", nei 
confronti di tutto l'ordinamento,
di doveri "strumentali", d'attenzione, prudenza ecc. (simili a quelli che 
caratterizzano
le fattispecie colpose) nel muoversi in campi prevedibilmente lesivi di 
"interessi altrui";
doveri già incombenti prima della violazione delle singole norme penali, mirati, 
attraverso il
loro adempimento e, conseguentemente, attraverso la raggiunta conoscenza delle 
leggi, a
prevenire (appunto inconsapevoli) violazioni delle medesime. Inadempiuti tali 
doveri, l'ignoranza
della legge risulta inescusabile, evitabile)) (punto 18 del considerato in 
diritto), nonché
che verte in colpa evitabile e quindi inescusabile chi «è in errore 
sull'illiceità del fatto per
ignoranza della legge penale, pur essendo in grado di conoscere quest'ultima e 
di non errare
sulla predetta illiceità)) (punto 26 del considerato in diritto); che 
«l'inevitabilità dell'errore sul
divieto (e, conseguentemente, l'esclusione della colpevolezza) non va misurata 
alla stregua di
criteri C. d. soggettivi puri (ossia di parametri che valutino i dati influenti 
sulla conoscenza del
precetto esclusivamente alla luce delle specifiche caratteristiche personali 
dell'agente) bensì
secondo criteri oggettivi: ed anzitutto in base a criteri (c.d. oggettivi puri) 
secondo i quali
l'errore sul precetto è inevitabile nei casi d'impossibilità di conoscenza della 
legge penale da
parte d'ogni consociato» (punto 27 del considerato in diritto); che «ove (a 
parte i casi di carente
socializzazione dell'agente) la mancata previsione dell'illiceità. del fatto 
derivi dalla
violazione degli obblighi d'informazione giuridica, che sono, come s'é 
avvertito, alla base
d'ogni convivenza civile deve ritenersi che l'agente versi in evitabile e, 
pertanto, rimproverabile
ignoranza della legge penale)) (punto 28 del considerato in diritto). Nella 
specie
l'imputata, avendo intenzione di porre in essere una attività in un campo 
specifico come
quello edilizio, aveva lo specifico obbligo di informarsi sulle nonne che 
regolano la attività i
questione, di modo che, il non avere adempiuto a questo obbligo, comporta che la 
sua eventuale ignoranza della legge penale in materia sarebbe stata in ogni caso 
colpevole e pertanto
non scusabile. Del resto l'imputata non aveva dedotto e tanto meno fornito 
alcuna prova tesa a
dimostrare l'impossibilità di adempiere al suo specifico dovere di informazione.
I1 secondo motivo è anch'esso manifestamente infondato perché del tutto 
esattamente la
corte d'appello ha ritenuto che non sussistesse alcuna violazione del principio 
di corrispondenza
tra imputazione e condanna, Alla imputata, infatti, à stato contestato di 
((avere eseguito lavori
di costruzione)), espressione con la quale, con tutta evidenza, ci si riferiva 
(per lo meno
anche) all'aver fatto eseguire da terzi i lavori stessi e non certo (se non 
altro per la età della
Barvero) alla esecuzione materiale dei lavori edilizi da parte di costei, nel 
qual caso del resto il
capo di imputazione avrebbe parlato di ((avere eseguito materialmente)) e non di 
((avere eseguito)),
E' infine manifestamente infondato anche il terzo motivo perché la corte 
d'appello, con
congrua, specifica ed adeguata motivazione e con corretta applicazione dei 
principi di diritto
affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di natura pertinenziale 
dei fabbricati, ha
escluso che tale natura potesse riconoscersi al manufatto in questione, dal 
momento che lo
stesso non era posto oggettivamente e stabilmente al servizio di edifici 
esistenti attraverso un
nesso funzionale e strumentale, era comunque idoneo anche ad una destinazione 
diversa da
quella pertinenziale, non era sfornito di un autonomo valore di mercato e della 
possibilità di
autonoma utilizzazione, non era dotato di volume minimo.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta 
infondatezza dei
motivi.
Il corso della prescrizione è stato nella specie sospeso dal 4.6.2001 al 
3.12.2001, a seguito
di rinvio della udienza ad istanza della difesa e dal 10 ottobre 2003 al 5 
ottobre 2005 per
effetto della ordinanza emessa il 10 ottobre 2003 da questa Corte in 
applicazione delle recenti
disposizioni legislative in materia di condono edilizio. Ne consegue che il 
reato (consumato il
13.4.1999) alla data odierna non si è ancora prescritto. In ogni caso, 
quand'anche non si volesse
tener conto dei detti periodi di sospensione, la prescrizione eventualmente 
maturata dopo la
data di emissione della sentenza impugnata non potrebbe comunque essere rilevata 
e dichiarata
da questa Corte a causa della inammissibilità del ricorso per manifesta 
infondatezza dei
motivi e della conseguente mancata instaurazione di un valido rapporto 
processuale di impugnazione
in questa sede (Sez. Un., 22 novembre 2000, De Luca, m. 21 7.266; giur. 
costante).
In applicazione dell'art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della 
ricorrente al pagamento
delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non 
colpevole
la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa 
delle ammende
di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del 
ricorso stesso, si ritiene
congruo fissare in £ 500,OO.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle 
spese processuali
e della somma di € 500,OO in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 4 ottobre 
2005.
 
 
                    




