 Cass. Sez. III n. 41167 del 22 ottobre 2012 (Ud.17 apr 2012)
Cass. Sez. III n. 41167 del 22 ottobre 2012 (Ud.17 apr 2012) 
Pres. Squassoni Est. Grillo Ric. Ingrosso
Urbanistica.Variazione essenziale e sanzione applicabile
In materia urbanistica, la nozione di variazione essenziale dal permesso di costruire costituisce una tipologia di abuso intermedia tra la difformità totale e quella parziale, sanzionata dall'art. 44, lett. a), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. (Fattispecie relativa a modifica della sagoma, dell'altezza, del volume e della superficie del manufatto).
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. SQUASSONI Claudia          - Presidente  - del 17/04/2012
 Dott. FIALE     Aldo             - Consigliere - SENTENZA
 Dott. GRILLO    Renato      - rel. Consigliere - N. 1097
 Dott. MULLIRI   Guicla           - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. RAMACCI   Luca             - Consigliere - N. 44795/2011
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 1) INGROSSO GIOVANNI N. IL 22/01/1956;
 avverso la sentenza n. 299/2008 TRIB. SEZ. DIST. di MESAGNE, del  28/03/2011;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2012 la relazione fatta dal  Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Delehaye Enrico  che ha concluso per l'inammissibilità.
 RITENUTO IN FATTO
 1.1 Con sentenza del 28 marzo 2011 il Tribunale di Brindisi - Sezione  Distaccata di Mesagne - dichiarava INGROSSO Giovanni, imputato del  reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (esecuzione  di alcune opere edilizie eseguite in difformità al permesso di  costruire, colpevole del reato ascrittogli, previa riqualificazione  della condotta in quella di cui alla lettera a) del citato art. 44 e  lo condannava alla pena - condizionalmente sospesa - di Euro 6.000,00  di ammenda.
 1.2 Proponeva appello (poi convertito in ricorso) l'imputato a mezzo  del proprio difensore, censurando la decisione del Tribunale in  ordine alla affermazione della penale responsabilità, versandosi in  tema di variazioni non essenziali, come tali penalmente irrilevanti.  Lamentava anche il mancato proscioglimento per intervenuta  prescrizione, rilevando come dalla testimonianza in atti risultasse  che i lavori alla data dell'accertamento erano ultimati da un paio  d'anni rispetto alla data dell'accertamento.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 1. Il ricorso non è fondato. Quanto alla censura difensiva secondo  la quale nel caso in esame il Tribunale non avrebbe tenuto conto  della circostanza che l'intervento edilizio realizzato riguardava  varianti non essenziali per le quali non era necessario il permesso  di costruire, va ricordato che sul punto la giurisprudenza di questa  Corte è assolutamente pacifica nel ritenere che: a) le cd. "varianti  leggere o minori", tali, cioè, da non incidere sui parametri  urbanistici e sulle volumetrie, non modificative della destinazione  d'uso e della categoria edilizia e tali da non alterare la sagoma  dell'edificio oltre che rispettose delle prescrizioni eventualmente  contenute nel permesso a costruire, sono assoggettate alla mera  denuncia di inizio dell'attività da presentarsi prima della  dichiarazione di ultimazione dei lavori; b) le varianti in senso  proprio, consistenti in modificazioni qualitative o quantitative di  non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato (tali,  cioè, da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del  nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione)  necessitano del rilascio del cd. "permesso in variante",  complementare ed accessorio rispetto all'originario permesso a  costruire; c) le cd. "varianti essenziali", caratterizzate da  "incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio  originario rispetto ai parametri indicati dal D.P.R. n. 380 del 2001,  art. 32" sono invece soggette al rilascio di un permesso a costruire  nuovo ed autonomo rispetto a quello originario in osservanza delle  disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante (in  termini, tra le tante, Cass. Sez. 3^ 24.3.2010 n. 24236, Muoio ed  altro, Rv. 247686).
 2. Nel caso in esame le varianti apportate al preesistente manufatto  rientrano nel novero delle varianti essenziali in quanto modificative  - in modo consistente, come correttamente ritenuto dal Tribunale -  della sagoma, altezza, volume e superficie dell'edificio. La  manifesta infondatezza del rilievo difensivo emerge a chiare lettere  laddove in sentenza si fa cenno agli esiti degli accertamenti tecnici  condotti sull'intera struttura (costituita da un piano terrano, un  primo piano ed una mansarda) che avevano rilevato, oltre a  difformità di tipo estetico (volta a stella anziché volta piana  localizzata al piano terra), maggiori altezze rispetto a quelle  assentite (mt. 4,60 della volta a piano terra in luogo di mt. 3,50;
 mt. 2,50 della mansarda al colmo anziché mt. 2,30); maggiori  superfici del bagno e della mansarda e incremento dei volumi dei  detti locali. Ora, a parte la genericità del motivo, non coglie nel  segno nemmeno il riferimento ad un'espressione adoperata dal  Tribunale per giustificare la riqualificazione della condotta sotto  l'alveo del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a), laddove si  afferma testualmente che gli interventi edilizi in esame si erano  "concretizzati in divergenze quantitative non incidenti su elementi  essenziali della costruzione assentita". Invero con tale espressione  esattamente il primo giudice ha inquadrato la vicenda in un ambito  meno grave rispetto a quello originariamente contestato, ma pur  sempre penalmente rilevante per come ripetutamente affermato dalla  giurisprudenza di questa Corte. In materia urbanistica, infatti, la  nozione di variazione essenziale dal permesso di costruire, di cui al  D.P.R. n. 380 del 2004, art. 32, costituisce una tipologia di abuso  intermedia tra la difformità totale e quella parziale, sanzionata,  al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 32, comma 3, dall'art. 44,  lett. a) del citato D.P.R. (Cass. Sez. 3^ 25.1.2005 n. 8316, Guida ed  altri, Rv. 230977).
 3. Non manifestamente infondato, di contro, il motivo afferente alla  intervenuta prescrizione. Il Tribunale, investito della questione,  aveva respinto la tesi difensiva affermando che, in assenza di  indicazioni certe, la data dell'ultimazione coincideva con la data  dell'accertamento, effettuato in data 29 dicembre 2006, di guisa che  non poteva trovare applicazione il principio in dubio pro reo  invocato dall'imputato circa una diversa data di esecuzione delle  opere.
 9. A ben vedere, però, tale ragionamento non appare in assoluto  condivisibile, dovendo aversi riguardo alla natura dei lavori che  lasciava presumere ragionevolmente come l'ultimazione di essi dovesse  collocarsi prima dell'accertamento sulla base di tre circostanze  indiscutibili: 1) il rilascio del permesso di costruire risalente al  15 aprile 2004; 2) l'avvenuta constatazione della ultimazione dei  lavori al momento del controllo di P.G. avvenuto il 29 dicembre 2006  senza alcuna aggiunta significativa; 3) l'esito della testimonianza  dello stesso verbalizzante M.llo CC. SIMONETTI a detta del quale i  lavori difformi erano stati realizzati "da un paio di annetti". Ne  deriva che il ragionamento del Tribunale appare ancorato più a mere  supposizioni, peraltro su basi non pienamente rassicuranti (l'esito  del sopraluogo, sicuramente generico circa l'epoca di effettiva  ultimazione dei lavori, è stato irragionevolmente considerato  dirimente dal Tribunale) che a prove certe. Se così è deve  riconoscersi che il reato - la cui data di accertamento è stata  indicata nel 29 dicembre 2006 - in realtà risulterebbe commesso ben  prima della data dell'accertamento, non essendovi lavori in corso  alla data del sopraluogo ed avendo lo stesso verbalizzante parlato di  lavori "risalenti" nel tempo senza altre specificazioni.  10. Non convince, ancora, l'argomentazione del Tribunale in tema di  determinazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione  in caso di sua assoluta incertezza, dovendosi richiamare al riguardo  le regole interpretative più volte enuncia, di questa Corte secondo  le quali, quando vi sia incertezza circa il "tempus commissi  delicti", il termine di decorrenza va computato secondo il maggior  vantaggio per l'imputato, in quanto il principio "in dubbio pro reo"  trova applicazione anche in tema di cause di estinzione del reato,  con la conseguenza ch equesto va ritenuto consumato alla data più  risalente (Cass. Sez. 3^, 3.12.2009 n. 8283, Ilacqua ed altro, Rv.  246229; Cass. Sez. 3^ 17.10.2007 1182, Cilia ed altro, Rv. 238850;
 Cass. Sez. 4^ 9.5.2003 n. 37432, Munti ed altri, Rv. 225990).  11. Orbene, nel caso in esame, tenuto conto che certamente alla data  dell'accertamento (29 dicembre 2006) i lavori risultavano ultimati, e  da tempo, il termine iniziale di prescrizione può collocarsi in una  data anteriore all'accertamento e non In coincidenza con esso.  12. Se è così, alla data odierna può dirsi maturato il termine  prescrizionale massimo quinquennale, nonostante il periodo di  sospensione (pari a mesi quattro e giorni 21) determinato dal rinvio  dell'udienza dell'1 luglio 2010 per astensione dalle udienze dei  difensori, in ossequio al ricordato principio del favor rei, stante  l'obbiettivo incertezza sulla data di ultimazione dei lavori.  13. Stante, allora, la non manifesta infondatezza del ricorso, la  sentenza impugnata va annullata senza rinvio per intervenuta  prescrizione del reato. Vale, su, punto, li principio affermato dalle  SS.UU. di questa Corte secondo il quale, nel caso di maturazione del  termine prescrizionale successivamente alla sentenza impugnata, e  solo l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla  manifesta infondatezza dei motivi a precludere la possibilità di  rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art.  129 c.p.p., non potendo considerarsi formato un valido rapporto di  impugnazione (Cass. SS. UU 22.11.2000 n. 32; Cass. Sez. 20.11.2003 n.  47383; Cass. Sez. 4^ 20.1.2004 n. 18641).
 Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato  			estinto per prescrizione.
 Così deciso in Roma, il 17 aprile 2012.
 Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2012
 
                    




