 Corte di Giustzia(Quarta Sezione)11 aprile 2013
Corte di Giustzia(Quarta Sezione)11 aprile 2013 
«Ambiente – Convenzione di Aarhus – Direttiva 85/337/CEE – Direttiva 2003/35/CE – Articolo 10 bis – Direttiva 96/61/CE – Articolo 15 bis – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Nozione di procedimenti giurisdizionali ‘non eccessivamente onerosi’»
 Nella causa C‑260/11, avente  ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte,  ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Supreme Court of the United  Kingdom (Regno Unito), con decisione del 17 maggio 2011, pervenuta in  cancelleria il 25 maggio 2011, nel procedimento The Queen, con l’intervento di: David Edwards, Lilian Pallikaropoulos contro Environment Agency, First Secretary of State, Secretary of State for Environment, Food and Rural Affairs, LA CORTE (Quarta Sezione), composta  dai sigg. L. Bay Larsen, facente funzione di presidente della Quarta  Sezione, J.-C. Bonichot (relatore), dalle sig.re C. Toader, A. Prechal e  dal sig. E. Jarašiūnas, giudici, avvocato generale: sig.ra J. Kokott cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2012, considerate le osservazioni presentate: –        per L. Pallikaropoulos, da R. Buxton, solicitor, e D. Wolfe, QC; –        per il governo del Regno Unito, da C. Murrell e J. Maurici, in qualità di agenti, assistiti da R. Palmer, barrister; –        per il governo danese, da S. Juul Jørgensen e V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agenti; –        per l’Irlanda, da E. Creedon e D. O’ Hagan, in qualità di agenti, assistiti da N. Hyland, barrister-at-law; –        per il governo ellenico, da G. Karipsiades, in qualità di agente; –        per la Commissione europea, da P. Oliver e L. Armati, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 ottobre 2012, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La  domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione  dell’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337/CEE del  Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto  ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175,  pag. 40), e dell’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61/CE  del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione  integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26), quale modificata dalla  direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26  maggio 2003 (GU L 156, pag. 17; in prosieguo, rispettivamente, la  «direttiva 85/337» e la «direttiva 96/61»). 2 Tale  domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che  contrappone il sig. Edwards e la sig.ra Pallikaropoulos all’Environment  Agency, al First Secretary of State nonché al Secretary of State for  Environment, Food and Rural Affairs, in merito all’autorizzazione  concessa dall’Environment Agency all’esercizio di un cementificio. La  domanda riguarda la conformità con il diritto dell’Unione della  decisione della House of Lords che condanna la sig.ra Pallikaropoulos,  la cui impugnazione è stata respinta in quanto infondata, al pagamento  delle spese delle controparti. Contesto normativo Il diritto internazionale 3 Ai  sensi del preambolo della convenzione sull’accesso alle informazioni,  la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla  giustizia in materia ambientale, approvata a nome della Comunità europea  con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005  (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»): «(...) [r]iconoscendo  altresì che ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente atto ad  assicurare la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare e  migliorare l’ambiente, individualmente o collettivamente, nell’interesse  delle generazioni presenti e future, [c]onsiderando  che, per poter affermare tale diritto e adempiere a tale obbligo, i  cittadini devono avere accesso alle informazioni, essere ammessi a  partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in  materia ambientale, e riconoscendo che per esercitare i loro diritti  essi possono aver bisogno di assistenza, (...) [i]nteressate  a che il pubblico (comprese le organizzazioni) abbia accesso a  meccanismi giudiziari efficaci, in grado di tutelarne i legittimi  interessi e di assicurare il rispetto della legge, (...)». 4 L’articolo 1 della convenzione di Aarhus, intitolato «Finalità», prevede quanto segue: «Per  contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni  presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua  salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di  accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi  decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in  conformità delle disposizioni della presente convenzione». 5 L’articolo 3 della convenzione in parola, che s’intitola «Disposizioni generali», al suo paragrafo 8 recita: «Ciascuna  Parte provvede affinché coloro che esercitano i propri diritti in  conformità della presente convenzione non siano penalizzati, perseguiti o  soggetti in alcun modo a misure vessatorie a causa delle loro azioni.  La presente disposizione lascia impregiudicato il potere dei giudici  nazionali di esigere il pagamento di un importo ragionevole a titolo di  spese processuali». 6 Sotto il titolo «Accesso alla giustizia», l’articolo 9 della medesima convenzione precisa quanto segue: «(…) 2.      Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato a)     che vantino un interesse sufficiente o in alternativa b)     che  facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto  processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto, abbiano  accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale  e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge,  per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni,  atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi  previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre  pertinenti disposizioni della presente convenzione. (...) 3.      In  aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1  e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che  soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale  possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o  giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei  privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto  ambientale nazionale. 4.      Fatto salvo il  paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire  rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti  ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non  eccessivamente onerose. (...) 5.      Per  accrescere l’efficacia delle disposizioni del presente articolo,  ciascuna Parte provvede affinché il pubblico venga informato della  possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o  giurisdizionale e prende in considerazione l’introduzione di appositi  meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli  finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia». Il diritto dell’Unione  7 A norma dell’articolo 10 bis della direttiva 85/337 nonché dell’articolo 15 bis della direttiva 96/61: «Gli  Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento  giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato: a)      che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa, b)     che  facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto  processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto, abbiano  accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale  o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge,  per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni,  atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del  pubblico stabilite dalla presente direttiva. Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni. Gli  Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e  violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al  pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. (...) Le  disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di  avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità  amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle  procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento  di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia  prescritto dal diritto nazionale. Una siffatta procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa. (...)». 8 La  direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del  13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di  determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), ha  proceduto alla codificazione della direttiva 85/337. L’articolo 11,  paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2011/92 prevede disposizioni  identiche a quelle dell’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva  85/337. 9 La  direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15  gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate  dell’inquinamento (GU L 24, pag. 8), ha provveduto alla codificazione  della direttiva 96/61. L’articolo 16, paragrafo 4, secondo comma, della  direttiva 2008/1 prevede disposizioni identiche a quelle dell’articolo  15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61. Il diritto del Regno Unito 10 L’articolo  49, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Supreme Court del  2009 (Supreme Court Rules 2009, SI 2009, n. 1603) dispone quanto segue: «La valutazione dettagliata delle spese viene effettuata da due costs officers nominati dal presidente, e: a)     uno di essi deve essere un costs judge (un Taxing Master presso le Senior courts) e b)      il secondo può essere il cancelliere». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 11 Il  sig. Edwards ha contestato la decisione dell’Environment Agency di  autorizzare lo sfruttamento di un cementificio, compreso l’incenerimento  di rifiuti, a Rugby (Regno Unito), alla luce del diritto ambientale,  facendo segnatamente valere la mancata valutazione dell’impatto  ambientale del progetto. In tale contesto, il sig. Edwards ha potuto  fruire di un’assistenza giurisdizionale. 12 Il  suddetto ricorso è stato respinto e il sig. Edwards ha interposto  appello dinanzi alla Court of Appeal prima di decidere, infine, di  rinunciare al procedimento l’ultimo giorno di udienza. 13 Su  propria richiesta la sig.ra Pallikaropoulos è stata ammessa a  partecipare in qualità di ricorrente per il seguito del procedimento.  Essa non soddisfaceva le condizioni necessarie per fruire  dell’assistenza giurisdizionale, ma la Court of Appeal ha accettato di  limitare i suoi obblighi in materia di spese a GBP 2 000. 14 La  Court of Appeal ha respinto l’appello della sig.ra Pallikaropoulos e ha  condannato la stessa al pagamento delle proprie spese nonché a quelle  delle controparti entro il limite massimo sopra citato. 15 La  sig.ra Pallikaropoulos ha proposto impugnazione dinanzi alla House of  Lords, dove ha chiesto di non essere tenuta a prestare la cauzione,  richiestale da tale giudice, per le spese prevedibili, di un importo  pari a GBP 25 000. Tale istanza è stata respinta. 16 La  sig.ra Pallikaropoulos ha anche chiesto di beneficiare di un  provvedimento cautelare in materia di spese («protective costs order»)  volto a limitare la sua responsabilità in materia di spese nell’ipotesi  in cui la sua impugnazione fosse rimasta infruttuosa. Tale istanza è  stata respinta. 17 Con  decisione del 16 aprile 2008, la House of Lords ha confermato la  decisione della Court of Appeal di respingere l’appello e, in data 18  luglio seguente, ha condannato la sig.ra Pallikaropoulos a pagare ai  convenuti le spese inerenti all’impugnazione, il cui importo, in caso di  disaccordo tra le parti, doveva essere fissato dal Clerk of the  Parliaments. I convenuti hanno presentato due fatture di GBP 55 810 e di  GBP 32 290 a titolo di spese ripetibili. 18 La  competenza della House of Lords è stata trasferita alla Supreme Court  of the United Kingdom, nuovamente costituita il 1° ottobre 2009. In base  al regolamento di procedura della Supreme Court del 2009, la  valutazione dettagliata delle spese è stata effettuata da due «costs  officers» designati dal presidente di tale organo giurisdizionale. In  tale contesto, la sig.ra Pallikaropoulos ha invocato le direttive 85/337  e 96/61 per contestare la sua condanna alle spese. 19 Con  decisione del 4 dicembre 2009, i «costs officers» hanno dichiarato di  essere competenti, in linea di principio, a valutare la fondatezza di  tale argomento. 20 I  convenuti nel procedimento principale, nel giudizio relativo alle  spese, hanno proposto impugnazione avverso la suddetta decisione dinanzi  ad un giudice unico della Supreme Court of the United Kingdom,  nell’ambito della quale invitavano quest’ultima a rinviare la causa  dinanzi ad un collegio di cinque giudici, rinvio che è stato infine  deciso. 21 Tale  collegio si è pronunciato il 15 dicembre 2010. Esso ha ritenuto che i  «costs officers» avrebbero dovuto attenersi alle sole competenze loro  assegnate dal regolamento di procedura della Supreme Court del 2009 e  limitarsi, di conseguenza, a liquidare le spese. A suo giudizio, la  questione se il procedimento seguito sia eccessivamente oneroso ai sensi  delle direttive 85/337 e 96/61 compete unicamente al giudice del  merito, il quale può statuire o in limine litis, quando esamina la  domanda di provvedimento cautelare in materia di spese, oppure  contestualmente alla sua decisione nel merito. 22 Lo  stesso collegio ha anche ritenuto che la questione se la condanna della  sig.ra Pallikaropoulos al pagamento delle spese dei convenuti fosse  contraria a tali direttive non sia stata esaminata dalla House of Lords  nell’ambito dell’esame della sua istanza di provvedimento cautelare in  materia di spese. 23 Atteso  quanto precede, la Supreme Court of the United Kingdom ha deciso di  sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni  pregiudiziali: «1)   In che modo un giudice  nazionale debba affrontare la questione della condanna alle spese di un  privato, rimasto soccombente come ricorrente in una controversia in  materia ambientale, alla luce delle prescrizioni dell’articolo 9,  paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, quale attuato dall’articolo  10 bis della [direttiva 85/337] e dall’articolo 15 bis della [direttiva  96/61]. 2)     Se la questione se il procedimento  sia da considerarsi “eccessivamente oneroso” o meno, ai sensi  dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, quale attuata  da [tali] direttive, debba essere decisa sulla base di criteri  oggettivi (considerando, ad esempio, la capacità di un soggetto privato  “medio” di far fronte all’eventuale pagamento delle spese giudiziali), o  di criteri soggettivi (considerando i mezzi di cui dispone un  ricorrente in particolare), o sulla base di una combinazione di tali due  criteri. 3)     Oppure se si tratti invece di  una questione che rientra interamente nel diritto interno degli Stati  membri, a condizione che sia conseguito l’obiettivo prefissato dalle  [suddette] direttive, ossia che il procedimento di cui trattasi non sia  “eccessivamente oneroso”. 4)     Se sia  rilevante, al fine di valutare se il procedimento sia o meno  “eccessivamente oneroso”, che il ricorrente non sia stato, di fatto,  dissuaso dal proporre ricorso o dal proseguire il procedimento. 5)     Se,  in fase i) di appello o ii) di ulteriore impugnazione, sia ammissibile  un approccio a tali questioni diverso da quello che occorre adottare in  primo grado». Sulle questioni pregiudiziali 24 Con  le sue diverse questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il  giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare, da un lato, il  significato del requisito di cui all’articolo 10 bis, quinto comma,  della direttiva 85/337 nonché all’articolo 15 bis, quinto comma, della  direttiva 96/61, secondo cui le procedure giurisdizionali contemplate  dalle predette disposizioni non devono essere eccessivamente onerose, e,  dall’altro, i criteri di valutazione di tale requisito, che possono  essere applicati da un giudice nazionale quando statuisce sulle spese,  nonché il margine di manovra degli Stati membri nella definizione di  tali criteri nel diritto interno. Nell’ambito della valutazione, ad  opera del giudice nazionale, dell’eventuale eccessiva onerosità del  procedimento, il giudice del rinvio chiede parimenti alla Corte di  precisare se il giudice debba prendere in considerazione la circostanza  che la parte che può essere condannata alle spese non sia stata  effettivamente dissuasa dal promuovere o proseguire il suo ricorso e se,  peraltro, la sua analisi possa divergere a seconda che egli statuisca  in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad  un’ulteriore impugnazione. Sulla nozione di procedimento «non eccessivamente oneroso» ai sensi delle direttive 85/337 e 96/61 25 Come  già statuito dalla Corte, va anzitutto ricordato che il requisito che i  procedimenti giurisdizionali non siano eccessivamente onerosi, previsto  dall’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337 e  dall’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61, non vieta ai  giudici nazionali di pronunciare una condanna alle spese (v., in tal  senso, sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Irlanda, C‑427/07,  Racc. pag. I‑6277, punto 92). 26 Ciò  emerge esplicitamente dalla convenzione di Aarhus sulla quale il  legislatore dell’Unione deve essere «adeguatamente allineato», come  risulta dal considerando 5 della direttiva 2003/35, che ha modificato le  direttive 85/337 e 96/61, mentre l’articolo 3, paragrafo 8, di tale  convenzione precisa che rimane impregiudicato il potere dei giudici  nazionali di esigere un importo ragionevole a titolo di spese  processuali in esito ad un procedimento giurisdizionale. 27 Va,  poi, sottolineato che il requisito che il procedimento non sia  eccessivamente oneroso riguarda il complesso dei costi finanziari  derivanti dalla partecipazione al procedimento giurisdizionale (v., in  tal senso, Commissione/Irlanda, cit., punto 92). 28 Pertanto,  il carattere eccessivamente oneroso deve essere valutato globalmente,  tenendo conto di tutte le spese sostenute dall’interessato. 29 Peraltro,  dai requisiti inerenti tanto all’applicazione uniforme del diritto  dell’Unione quanto al principio di uguaglianza discende che i termini di  una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun  espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della  determinazione del suo senso e della sua portata, di norma devono essere  oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma ed  uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e  della finalità perseguita (v., in particolare, sentenza del 14 febbraio  2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, non ancora pubblicata nella Raccolta,  punto 37). 30 Ne  consegue che, sebbene né la convenzione di Aarhus, il cui articolo 9,  paragrafo 4, prevede che le procedure contemplate ai suoi paragrafi 1‑3  non debbano essere eccessivamente onerose, né le direttive 85/337 e  96/61 precisino in che modo vada valutato il costo di un procedimento  giurisdizionale al fine di determinare se debba essere considerato  eccessivamente oneroso, tale valutazione non può rientrare nel solo  diritto nazionale. 31 Come  esplicitamente specificato agli articoli 10 bis, terzo comma, della  direttiva 85/337 e 15 bis, terzo comma, della direttiva 96/61,  l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione consiste nel  conferire al pubblico interessato «un ampio accesso alla giustizia». 32 Tale  obiettivo rientra, più ampiamente, nella volontà del legislatore  dell’Unione di preservare, proteggere e migliorare la qualità  dell’ambiente e di assegnare al pubblico un ruolo attivo a tal fine. 33 Peraltro,  il requisito inerente al procedimento «non eccessivamente oneroso», nel  settore ambientale, contribuisce al rispetto del diritto ad un ricorso  effettivo, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali  dell’Unione europea, nonché del principio di effettività secondo cui le  modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei  diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono  rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio  dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in  particolare, sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie VLK,  C‑240/09, Racc. pag. I‑1255, punto 48). 34 Infine,  anche se il documento pubblicato nel 2000 dalla Commissione economica  per l’Europa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, intitolato «La  convenzione di Aarhus, guida all’applicazione», non può fornire  un’interpretazione vincolante di tale convenzione, si può rilevare che  quest’ultima precisa che le spese di un ricorso ai sensi della  convenzione o per fare applicare il diritto nazionale dell’ambiente non  devono essere tanto elevate da impedire ai membri del pubblico di  proporre ricorso ove lo reputino necessario. 35 Da  quanto precede risulta che il requisito secondo cui il procedimento  giurisdizionale non deve essere eccessivamente oneroso, previsto  dall’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337 e  dall’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61 implica che  alle persone ivi contemplate non venga impedito di proporre o di  proseguire un ricorso giurisdizionale rientrante nell’ambito di  applicazione di tali articoli a causa dell’onere finanziario che  potrebbe risultarne. Qualora un giudice nazionale sia chiamato a  pronunciarsi sulla condanna alle spese di un privato rimasto  soccombente, in qualità di ricorrente, in una controversia in materia  ambientale o, più in generale, qualora sia tenuto, come possono esserlo i  giudici del Regno Unito, a prendere posizione, in una fase anteriore  del procedimento, su un’eventuale limitazione dei costi che possono  essere posti a carico della parte rimasta soccombente, egli deve  assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo conto tanto  dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti  quanto dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente. Sui criteri pertinenti di valutazione del requisito inerente al procedimento «non eccessivamente oneroso» 36 Come  specificato al punto 24 della presente sentenza, la Supreme Court of  the United Kingdom desirerebbe conoscere i criteri di valutazione che il  giudice nazionale deve applicare per assicurare il rispetto del  requisito, in sede di pronuncia sulla spese, che i costi del  procedimento non siano di un importo eccessivamente oneroso. Essa  chiede, in particolare, se tale valutazione abbia carattere oggettivo o  invece soggettivo, nonché in quale misura si debba tenere conto del  diritto nazionale. 37 Occorre  ricordare che, in virtù di una giurisprudenza costante, in mancanza di  precisazioni da parte del diritto dell’Unione, spetta agli Stati membri,  nell’attuare una direttiva, garantire la piena efficacia di questa, pur  disponendo di un ampio margine discrezionale quanto alla scelta dei  mezzi (v., in particolare, sentenza del 9 novembre 2006, C‑216/05,  Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑10787, punto 26). 38 Ne  consegue che, per quanto attiene ai mezzi atti a conseguire l’obiettivo  di garantire una tutela giurisdizionale effettiva senza costi eccessivi  nel settore del diritto ambientale, si devono prendere in  considerazione tutte le disposizioni del diritto nazionale pertinenti e,  in particolare, di un sistema nazionale di assistenza giurisdizionale,  nonché di un regime cautelare in materia di spese, come quello indicato  al punto 16 della presente sentenza. Infatti, occorre tenere conto delle  notevoli differenze nelle normative nazionali in tale settore. 39 Peraltro,  come precedentemente rilevato, il giudice nazionale chiamato a statuire  sulle spese deve assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo  conto sia dell’interesse della persona che desidera difendere i propri  diritti sia dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente. 40 Di  conseguenza, tale valutazione non può essere compiuta unicamente in  relazione alla situazione economica dell’interessato, ma deve anche  poggiare su un’analisi oggettiva dell’importo delle spese, e ciò a  fortiori in quanto, come precisato al punto 32 della presente sentenza, i  privati e le associazioni sono naturalmente chiamati a svolgere un  ruolo attivo nella tutela dell’ambiente. In tal senso, le spese di un  procedimento non devono apparire, in determinati casi, oggettivamente  irragionevoli. Pertanto, le spese di un procedimento non devono superare  le capacità finanziarie dell’interessato né apparire, ad ogni modo,  oggettivamente irragionevoli. 41 Per  quanto riguarda l’analisi della situazione economica dell’interessato,  la valutazione che il giudice nazionale deve effettuare non può basarsi  unicamente su una stima delle capacità finanziarie di un ricorrente  «medio», poiché siffatti dati possono avere soltanto un esile  collegamento con la situazione dell’interessato. 42 Peraltro,  il giudice può tener conto della situazione delle parti in causa, delle  ragionevoli possibilità di successo del richiedente, dell’importanza  della posta in gioco per quest’ultimo nonché per la tutela  dell’ambiente, della complessità del diritto e della procedura  applicabili nonché del carattere eventualmente temerario del ricorso  nelle varie sue fasi (v., per analogia, sentenza del 22 dicembre 2010,  DEB, C‑279/09, Racc. pag. I‑13849, punto 61). 43 Va  altresì precisato che la circostanza, addotta dalla Supreme Court of  the United Kingdom, che l’interessato non sia stato in concreto dissuaso  dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per  considerare che il procedimento non sia eccessivamente oneroso per il  medesimo, nel senso, sopra precisato, delle direttive 85/337 e 96/61. 44 Infine,  per quanto riguarda la questione se la valutazione del carattere non  eccessivamente oneroso del procedimento dovrebbe essere diversa a  seconda che il giudice nazionale statuisca sulle spese in esito ad un  procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore  impugnazione, parimenti evocata dal giudice del rinvio, oltre al fatto  che tale distinzione non è prevista nelle direttive 85/337 e 96/61, una  siffatta interpretazione non sarebbe atta a rispettare pienamente  l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione, che è quello di  garantire un ampio accesso alla giustizia e di contribuire al  miglioramento della tutela dell’ambiente. 45 Il  requisito del carattere non eccessivamente oneroso del procedimento  giurisdizionale non può quindi essere valutato in modo diverso da un  giudice nazionale a seconda che egli statuisca in esito ad un  procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore  impugnazione. 46 Di  conseguenza, si deve ritenere che, qualora il giudice nazionale, nel  contesto ricordato al punto 41 della presente sentenza, sia chiamato a  pronunciarsi in merito al carattere eccessivamente oneroso, per  l’interessato, di un procedimento giurisdizionale in materia ambientale,  egli non può basarsi unicamente sulla situazione economica di  quest’ultimo, ma deve altresì procedere ad un’analisi oggettiva  dell’importo delle spese. Peraltro, egli può tenere conto della  situazione delle parti in causa, delle ragionevoli possibilità di  successo del richiedente, dell’importanza della posta in gioco per il  medesimo e per la tutela dell’ambiente, della complessità del diritto e  della procedura applicabili, del carattere eventualmente temerario del  ricorso nelle sue varie fasi nonché della sussistenza di un sistema  nazionale di assistenza giurisdizionale o di un regime cautelare in  materia di spese. 47 Per  contro, la circostanza che l’interessato, in concreto, non sia stato  dissuaso dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per  considerare che il procedimento non abbia per il medesimo un siffatto  carattere eccessivamente oneroso. 48 Infine,  tale valutazione non può essere compiuta in base a criteri diversi a  seconda che essa abbia luogo in esito ad un procedimento di primo grado,  ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione. Sulle spese 49 Nei  confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa  costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui  spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti  per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a  rifusione. Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara: Il  requisito secondo cui il procedimento giurisdizionale non deve essere  eccessivamente oneroso, previsto dall’articolo 10 bis, quinto comma,  della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985,  concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati  progetti pubblici e privati, e dall’articolo 15 bis, quinto comma, della  direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla  prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, come modificate  dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del  26 maggio 2003, implica che alle persone ivi contemplate non venga  impedito di proporre o di proseguire un ricorso giurisdizionale  rientrante nell’ambito di applicazione di tali articoli a causa  dell’onere finanziario che potrebbe risultarne. Qualora un giudice  nazionale sia chiamato a pronunciarsi sulla condanna alle spese di un  privato rimasto soccombente, in qualità di ricorrente, in una  controversia in materia ambientale o, più in generale, qualora sia  tenuto, come possono esserlo i giudici del Regno Unito, a prendere  posizione, in una fase anteriore del procedimento, su un’eventuale  limitazione dei costi che possono essere posti a carico della parte  rimasta soccombente, egli deve assicurarsi del rispetto di tale  requisito tenendo conto tanto dell’interesse della persona che desidera  difendere i propri diritti quanto dell’interesse generale connesso alla  tutela dell’ambiente.  Nell’ambito  di tale valutazione, il giudice nazionale non può basarsi unicamente  sulla situazione economica dell’interessato, ma deve altresì procedere  ad un’analisi oggettiva dell’importo delle spese. Peraltro, egli può  tenere conto della situazione delle parti in causa, delle ragionevoli  possibilità di successo del richiedente, dell’importanza della posta in  gioco per il medesimo e per la tutela dell’ambiente, della complessità  del diritto e della procedura applicabili, del carattere eventualmente  temerario del ricorso nelle sue varie fasi nonché della sussistenza di  un sistema nazionale di assistenza giurisdizionale o di un regime  cautelare in materia di spese. Per  contro, la circostanza che l’interessato, in concreto, non sia stato  dissuaso dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per  considerare che il procedimento non sia eccessivamente oneroso per il  medesimo.  Infine, tale  valutazione non può essere compiuta in base a criteri diversi a seconda  che essa abbia luogo in esito ad un procedimento di primo grado, ad un  appello o ad un’ulteriore impugnazione. Firme
 
                    




