 Cass. Sez. III n. 25028 del 22 giugno 2011 (Ud.12 mag. 2011)
Cass. Sez. III n. 25028 del 22 giugno 2011 (Ud.12 mag. 2011)
Pres.De Maio Est. Lombardi Ric.Pacchetti
Beni ambientali.Sanatoria costruzione eseguita in zona vincolata e silenzio assenso
La speciale causa di estinzione del reato paesaggistico introdotta dall'art. 39, comma ottavo, della l. 23 dicembre 1994, n. 724, è subordinata, in caso di opere eseguite in zona vincolata, al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, non essendo applicabile la procedura del silenzio-assenso, prevista dal comma quarto della richiamata disposizione, in quanto riferibile alla sola ipotesi di violazioni edilizie eseguite in zona non vincolata.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. DE MAIO   Guido            - Presidente  - del 12/05/2011
 Dott. TERESI    Alfredo          - Consigliere - SENTENZA
 Dott. LOMBARDI  Alfredo Maria    - Consigliere - N. 1092
 Dott. AMORESANO Silvio           - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. GAZZARA   Santi            - Consigliere - N. 39051/2010
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 Avv. Scovazzi Paolo, difensore di fiducia di Pacchetti Elena, n. in  			Etiopia il 11.8.1942;
 avverso la sentenza in data 22.1.2007 del Tribunale di Chiavari, con  			la quale venne emessa pronuncia di non doversi procedere nei  			confronti della Pacchetti in ordine al reato di cui alla L. n. 47  			del 1985, art. 20, lett. c) per essere detto reato estinto per  			prescrizione.
 Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
 Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo  			Maria Lombardi;
 Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott.  			DELEHAYE Enrico che ha concluso per il rigetto del ricorso.  			SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Con la sentenza impugnata il Tribunale di Chiavari ha emesso  			pronuncia di non doversi procedere nei confronti di Pacchetti Elena  			in ordine al reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c)  			per essere detto reato estinto per prescrizione.
 La Pacchetti era stata tratta a giudizio, unitamente ad altri, per  			rispondere del predetto reato, loro ascritto per avere, in zona  			sottoposta a vincolo paesaggistico, cambiato la destinazione d'uso di  			sei baracche preesistenti (da baracche inabitabili in bungalows)  			senza la prescritta concessione, ne' autorizzazione.  			Nella sentenza si rileva che nel 1996 era stata disposta la  			sospensione del processo in attesa della definizione della domanda di  			condono edilizio presentata dagli interessati.
 Con determinazione dell'1.12.1997 l'amministrazione comunale aveva  			respinto la domanda di sanatoria per motivi estetico ambientali.  			Il giudice di merito ha, perciò, ritenuto che la sospensione del  			processo successivamente a tale decisione non aveva esplicato effetti  			sul decorso del termine di prescrizione, con la conseguente  			estinzione del reato ascritto agli imputati.
 Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore della  			Pacchetti, che la denuncia per violazione di legge e vizi di  			motivazione.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con i motivi di gravame si deduce:
 1) che l'integrale pagamento dell'oblazione prevista dalla L. n. 724  			del 1994 sul condono edilizio ha determinato, ai sensi della L. n. 47  			del 1985, art. 38 la estinzione del reato, sicché il giudice di  			merito avrebbe dovuto dichiarare la improcedibilità dell'azione  			penale per detta causale e si chiede a questa Corte di dichiarala.  			2) che ai sensi della L. n. 724 del 1994 il Comune avrebbe dovuto  			pronunciarsi entro un anno dalla data di presentazione della domanda  			di condono edilizio, verificandosi altrimenti il silenzio assenso  			sulla richiesta di sanatoria. Nel caso in esame l'ente locale si è  			pronunciato in data 2.12.1997, ben oltre il termine di un anno, con  			la conseguenza che il giudice di merito, disapplicando l'atto  			amministrativo negatorio, avrebbe dovuto dichiarare il reato estinto  			per effetto della sanatoria formatasi per silenzio assenso.  			3) che la sentenza è totalmente carente di motivazione in ordine  			alle ragioni per le quali è stata negata l'applicazione della L. n.  			47 del 1985, art. 39.
 Il ricorso è manifestamente infondato.
 La L. n. 47 del 1985, art. 32, comma 8, inserito dalla L. 23 dicembre  			1994, n. 724, art. 39, comma 7, stabilisce che, nel caso di  			costruzioni realizzate in zona sottoposta a vincolo, fattispecie  			specificamente contestata alla Pacchetti nel capo di imputazione,  			la estinzione del reato si verifica solo a seguito del rilascio della  			concessione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle  			autorizzazioni delle amministrazioni preposte alla tutela del  			vincolo.
 L'esistenza del vincolo, perciò, rende inapplicabili le disposizioni  			sul silenzio assenso, che si riferiscono alla sola ipotesi di  			violazioni edilizie eseguite in zona non vincolata, secondo quanto si  			evince chiaramente dai riferimenti normativi contenuti nella L. n.  			724 del 1994, art. 39, comma 4, e dal riferimento all'ente locale che  			deve emettere il provvedimento negativo entro il termine stabilito,  			mentre nell'ipotesi di costruzioni in zone vincolate il rilascio  			della concessione in sanatoria è subordinato alla autorizzazione  			della amministrazione competente per il vincolo; autorizzazione che  			non è affatto presa in esame dalla norma citata.
 Il silenzio assenso di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 4,  			non è, quindi, applicabile alle costruzioni realizzate in zona  			vincolata, sicché il giudice di merito ha correttamente dichiarato  			la estinzione del reato per essersi verificata la prescrizione, non  			essendo in ogni caso applicabili altre cause estintive.  			Nè appare rilevante la carenza di motivazione sul punto, considerata  			la manifesta infondatezza delle deduzioni della ricorrente.  			Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi  			dell'art. 606 c.p.p., u.c. con le conseguenze di legge.  			P.Q.M.
 La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente  			al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di Euro  			1.000,00 alla cassa delle ammende.
 Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 12 maggio 2011.  			Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011
 
                    




