 TAR Veneto Sez. II sent. 1550 del 23 aprile 2010
TAR Veneto Sez. II sent. 1550 del 23 aprile 2010
Beni ambientali. Autorizzazione e ruolo della sovrintendenza
Il d.lg. n. 42 del 2004, ridisegnando il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, ha eliminato il potere della Soprintendenza di annullare l'autorizzazione paesaggistica già emessa dal Comune e ha previsto l'intervento della medesima Soprintendenza in sede endoprocedimentale, con facoltà di formulare un parere che risulta espressione di un potere decisorio complesso facente capo a due apparati distinti. L'art. 146 comma 12 - nella versione modificata dall'entrata in vigore del d.lg. n. 157 del 2006 "Disposizioni correttive ed integrative al d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42, in relazione al paesaggio" - prevede che non possano più essere rilasciate autorizzazione paesaggistiche "in sanatoria", ossia successive alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, salvo le ipotesi tassative volte a sanare "ex post" gli interventi abusivi di cui all'art. 167. In tali casi deve essere instaurata un'apposita procedura ad istanza della parte interessata che contempla - a differenza dell'ordinario procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (in vigore in via transitoria) - l'accertamento della compatibilità paesaggistica, demandato all'amministrazione preposta alla gestione del vincolo, previa acquisizione del parere della Soprintendenza che nella particolare fattispecie in esame assume carattere non solo obbligatorio, ma vincolante
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01550/2010 REG.SEN.
 N. 01507/2009 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
 (Sezione Seconda)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 Sul ricorso numero di registro generale 1507 del 2009, proposto da  Martini  Giustina, rappresentato e difeso dall'avv. Diego Signor, con domicilio  eletto  presso lo studio dell’avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Santa Croce,  312/A;
 
 contro
 
 l’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali, in persona del  Ministro  pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello  Stato,  domiciliataria per legge in Venezia, San Marco, 63;
 il Comune di Seren del Grappa, in persona del Sindaco pro tempore, non  costituito in giudizio;
 
 per l'annullamento
 
 del parere del Ministero per i Beni e le Attività Culturali -  Soprintendenza per  i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia,  Belluno,  Padova e Treviso prot. n. 0007897 del 16.4.2009 di accertamento di  compatibilità  paesaggistica;
 
 dell'ordinanza del Comune di Seren del Grappa n. 612, prot. 2999, prot.  3766 del  12 maggio 2009, con la quale è stata ingiunta la demolizione di opere  asseritamente abusive;
 
 di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, anche non  conosciuto ivi  compresa, per quanto occorra, l’ordinanza di demolizione n. 534 del 29  aprile  2008, prot. 3260, il parere della Commissione edilizia espresso nella  seduta del  22 aprile 2008 e l’ordinanza di sospensione dei lavori n.527 del 10  dicembre  2007..
 
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
 Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione per i Beni  e le  Attività Culturali;
 
 Viste le memorie difensive;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2010 la dott.ssa  Brunella  Bruno e uditi per le parti i difensori come da verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
 
 FATTO
 
 Con ricorso iscritto al n. 1507 del 2009 Giustina Martini – proprietaria  di un  immobile ad uso abitazione rurale sito nel Comune di Seren del Grappa,  ubicato  in Z.T.O. E2, in area vincolata ai sensi del d.lgs. n.42 del 2004– ha  agito in  giudizio per l’annullamento del provvedimento, adottato in data 16  aprile 2009,  con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici  per le  Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, ha valutato gli  interventi  edilizi riferiti al suddetto immobile non compatibili con gli aspetti  ambientali  e paesaggistici dell’area vincolata, ai sensi del disposto della lettera  a),  comma 4, dell’art. 167 del d. lgs. n.42 del 2004, dell'ordinanza del  Comune di  Seren del Grappa, adottata in data 12 maggio 2009, con la quale è stata  ingiunta  la demolizione di opere asseritamente abusive e di ogni altro atto  presupposto,  connesso o conseguente.
 
 Nello specifico, la difesa dell’odierna ricorrente rappresenta, di aver  coltivato – allo scopo di realizzare un intervento di riqualificazione  dell’immobile in proprietà, in stato di avanzato degrado –l’istanza  presentata,  in data 20 ottobre 2005, al Comune di Seren del Grappa dal suo dante  causa,  volta a conseguire il necessario titolo edilizio, che è stato  effettivamente  rilasciato dall’Amministrazione comunale in data 16 marzo 2007, a  seguito di  articolata istruttoria nel corso della quale la Commissione edilizia  integrata  comunale ha espresso parere favorevole.
 
 Nel corso dell’esecuzione di lavori l’intervento non è stato realizzato  conformemente al progetto assentito, a motivo dell’asserita necessità di   procedere al totale rifacimento del tetto e, in data, 5 aprile 2008, a  seguito  di sopralluogo effettuato dai compenti uffici dell’Amministrazione  comunale, è  stato riscontrato che: a) “una parte dell’edificio ex ripostiglio posto a  nord  est” è stato ricostruito “previa sua integrale demolizione” con  “dimensioni  planimetriche e volumetriche leggermente superiori allo stato  preesistente”; b)  si è provveduto alla “sostituzione integrale del tetto, anche della  struttura  portante, della rimanente parte del fabbricato ………..provvedendo, nel  contempo,  ad un modesto innalzamento dell’altezza del fabbricato sia del colmo che  di  lato”.
 
 Constatata l’esecuzione di interventi edilizi non assentiti, il  Responsabile del  Servizio Tecnico, ha ordinato la rimessione in pristino con ordinanza  del 29  aprile 2008, previo parere favorevole della Commissione edilizia,  espresso nella  seduta del 22 aprile 2004.
 
 Successivamente, in data 1° agosto 2008, la Martini ha presentato  istanza di  permesso di costruire in sanatoria, richiedendo, conseguentemente,  l’accertamento della compatibilità paesaggistica, secondo le procedure  di cui al  d. lgs. n. 42 del 2004.
 
 Tale istanza è stata riscontrata dall’Amministrazione comunale  positivamente,  sia pure con prescrizioni e, ai sensi degli artt. 167 e 181 del d. lgs.  n. 42  del 2004, la trattazione è stata trasmessa alla competente  Soprintendenza per i  Beni Architettonici ed Ambientali del Veneto Orientale per le  valutazioni di  competenza.
 
 Con nota del 16 aprile 2009, la Soprintendenza ha espresso parere  negativo,  ritenendo “gli interventi eseguiti sull’immobile (…) non (…) compatibili  con gli  aspetti ambientali e paesaggistici propri dell’area vincolata  interessata, ai  sensi di quanto disposto dalla lett. a), comma 4, dell’art. 167 del  D.Lgs.  42/04”.
 
 L’Amministrazione comunale ha, dunque, proceduto all’adozione, in data  12 maggio  2009, dell’ordinanza con la quale ha ingiunto alla Martini la  demolizione “delle  opere abusivamente realizzate sulla porzione di fabbricato insistente  sul  mappale sopra richiamato” ed il “ripristino dello stato dei luoghi, come  in  origine, riportando l’immobile entro le dimensioni planovolumetriche  così come  trascritte nelle tavole grafiche dello stato attuale allegate al  permesso di  costruire n.086/P05 del 16 marzo 2007, prot. 2076, conformemente alla  normativa  sismica vigente”.
 
 I suddetti provvedimenti sono stati impugnati con il ricorso  introduttivo del  presente giudizio.
 
 L’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali si è costituita in  giudizio  per resistere al gravame.
 
 Con ordinanza n.740/09 del 28 luglio 2009 questa Sezione ha accolto,  limitatamente al provvedimento demolitorio, l’istanza cautelare  presentata dalla  ricorrente, ritenendo sussistente, ad un primo sommario esame, il  requisito del  fumus, a motivo della carenza di motivazione del parere negativo  espresso dalla  Soprintendenza.
 
 All’udienza del 15 gennaio 2010 il ricorso è stato trattenuto per la  decisione.
 
 DIRITTO
 
 1.Il Collegio ritiene di dover procedere direttamente all’esame del  primo motivo  di ricorso con il quale la difesa della ricorrente ha dedotto la  violazione  degli artt. 167, commi 4 e 5 e 181, commi 1 ter ed 1 quater, del d. lgs.  n. 42  del 2004, ritenendo, nello specifico, ormai decorso il termine di  novanta giorni  entro il quale la Soprintendenza avrebbe potuto esprimersi negativamente  in  ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento. Da ciò  discenderebbe,  secondo parte ricorrente, l’illegittimità, in via derivata, anche  dell’ordinanza  di demolizione adottata in data 12 maggio 2009, in quanto fondata sul  parere  tardivamente espresso dalla Soprintendenza.
 
 La censura è infondata.
 
 Il Collegio evidenzia, in primo luogo, che, come evidenziato dalla  recente  giurisprudenza in materia, il d.lg. n. 42 del 2004, ridisegnando il  procedimento  per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, ha eliminato il  potere della  Soprintendenza di annullare l'autorizzazione paesaggistica già emessa  dal Comune  e ha previsto l'intervento della medesima Soprintendenza in sede  endoprocedimentale, con facoltà di formulare un parere che risulta  espressione  di un potere decisorio complesso facente capo a due apparati distinti.  L'art.  146 comma 12 - nella versione modificata dall'entrata in vigore del  d.lg. n. 157  del 2006 "Disposizioni correttive ed integrative al d.lg. 22 gennaio  2004 n. 42,  in relazione al paesaggio" - prevede che non possano più essere  rilasciate  autorizzazione paesaggistiche "in sanatoria", ossia successive alla  realizzazione, anche parziale, degli interventi, salvo le ipotesi  tassative  volte a sanare "ex post" gli interventi abusivi di cui all'art. 167. In  tali  casi deve essere instaurata un'apposita procedura ad istanza della parte   interessata che contempla - a differenza dell'ordinario procedimento di  rilascio  dell'autorizzazione paesaggistica (in vigore in via transitoria) -  l'accertamento della compatibilità paesaggistica, demandato  all'amministrazione  preposta alla gestione del vincolo, previa acquisizione del parere della   Soprintendenza che nella particolare fattispecie in esame assume  carattere non  solo obbligatorio, ma vincolante (cfr., T.A.R. Lombardia Brescia, sez.  I, 27  marzo 2009, n. 709).
 
 A prescindere dalle dirimenti considerazioni sopra svolte, deve essere,  altresì,  sottolineato che l‘art. 167, comma 4 del d. lgs. n. 42 del 2004 consente   l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria in specifiche e tassative  ipotesi  nelle quali i lavori, pur essendo stati eseguiti in assenza o in  difformità  dall’autorizzazione paesaggistica, non abbiano comportato la creazione  di  superfici utili o di volumi ovvero non abbiano comportato un aumento  delle  superfici o dei volumi legittimamente realizzati sulla base del relativo  titolo  abilitativo e, ancora, nelle fattispecie in cui siano stati impiegati  materiali  difformi rispetto a quanto oggetto di autorizzazione o nelle quali i  lavori  siano qualificabili in termini di interventi di manutenzione ordinaria o   straordinaria ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001.
 
 Ai fini della decorrenza dei termini fissati nella disposizione sopra  citata non  è sufficiente, tuttavia, la presentazione di una domanda di sanatoria  postuma ma  è necessario che ricorrano i presupposti prescritti dal comma 4  dell’art. 167  suddetto, che non è dato riscontrare nella fattispecie oggetto del  presente  giudizio posto che, come si avrà modo di meglio evidenziare, gli  interventi  eseguiti dalla ricorrente hanno comportato la creazione di nuovi volumi  rendendo  del tutto inconfigurabile l’ammissibilità di una sanatoria postuma.
 
 2. Del pari infondati si palesano il secondo ed il terzo motivo di  ricorso con i  quale la difesa della ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 della  l. n.  241 del 1990 s.m.i, degli artt. 167 ss. e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004  nonché  l’eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e per  erronea  valutazione dei presupposti di fatto e di diritto.
 
 In particolare, parte ricorrente, si duole dell’assenza di un adeguato  substrato  motivazionale, posto che il provvedimento si sarebbe limitato ad  affermare in  maniera del tutto apodittica la non compatibilità dell’intervento con i  valori  paesaggistici tutelati e che dallo stesso non sarebbe dato desumere  perchè la  Soprintendenza abbia ritenuto che, nella fattispecie esaminata, fossero  stati  creati volumi o superfici utili ulteriori rispetto a quelli assentiti:  ipotesi  nella quale ,peraltro, la Soprintendenza non avrebbe dovuto esprimersi  con un  parere negativo bensì con una determinazione di inammissibilità  dell’istanza.  Complessivamente emergerebbe, dunque, un difetto di motivazione  associato alla  carenza di istruttoria in considerazione, peraltro, della circostanza  che gli  incrementi volumetrici sono stati minimali e tali da poter essere  ragionevolmente tollerati, in specie considerando che dai volumi devono  essere,  comunque, scomputati i tamponamenti perimetrali, i muri perimetrali  portanti, i  tamponamenti orizzontali ed i solai realizzati per contribuire al  miglioramenti  dei livelli di isolamento termico, acustico o di inerzia. Oltre a ciò si   asserisce che l’intervento avrebbe migliorato e non peggiorato il  contesto  ambientale circostante.
 
 Ad un approfondito esame il Collegio ritiene le censure infondate e,  dunque, da  disattendere.
 
 Non è, infatti, in contestazione che la ricorrente abbia realizzato un  intervento che ha comportato un aumento di superficie utile di mq 1,84,  con  incremento volumetrico di circa 25 mc, corrispondente a circa il 3.4%  della  superficie coperta autorizzata.
 
 Ciò è sufficiente ad escludere l’ammissibilità di un’autorizzazione  paesaggistica postuma, risultando di immediata evidenza l’insussistenza  delle  condizioni in presenza delle quali ai sensi dell’art. 167, comma 4,  lett. a) è  consentita una valutazione in termini di compatibilità paesaggistica  dell’intervento. Doverosamente la Soprintendenza ha, dunque, negato  l’assentibilità dell’intervento, posto che la preclusione discende  direttamente  dal dettato normativo, rispetto al quale non era necessaria alcuna  diffusa  motivazione.
 
 Stante il particolare rilievo anche costituzionale dei valori tutelati,  il  riferimento alla cd. “tolleranza di cantiere” appare del tutto non  pertinente ed  alla stregua della chiara previsione legislativa non sono da ritenere  consentite  interpretazioni estensive che finirebbero con il tradire la ratio stessa  della  disposizione in esame. A ciò si aggiunga che, al di là delle asserzioni,  la  difesa della ricorrente non fornisce alcun elemento idoneo a comprovare  che i  volumi ulteriori realizzati sarebbero da qualificare come volumi  tecnici, in  quanto tali irrilevanti al fine del calcolo della volumetria.
 
 Del pari non pertinente risulta l’isolata giurisprudenza tesa ad  estendere le  ipotesi di ammissibilità delle autorizzazioni paesaggistiche postume,  atteso che  la stessa si riferisce ad un vantaggio ambientale derivante  dall’assunzione di  specifici obblighi diversi dalla mera modifica dello stato dei luoghi  determinato dall’intervento abusivamente effettuato, che non sono stati  né  indicati né concretamente dimostrati dalla ricorrente.
 
 3.Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta, con specifico  riferimento all’ordinanza di demolizione adottata dall’Amministrazione  comunale  in data 12 maggio 2009, la violazione degli artt. 3 e 10 bis della legge  n. 241  del 1990, la violazione degli artt. 31 e 44 del D.P.R. n. 380 del 2001 e  degli  artt. 167 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 nonché l’eccesso di potere  per  contraddittorietà tra atti amministrativi, erronea valutazione dei  presupposti e  sviamento.
 
 La doglianza si appunta, in particolare, sulla circostanza che  l’Amministrazione  comunale non ha fatto precedere l’ordinanza di demolizione dalla  comunicazione  del preavviso di rigetto in ordine all’istanza di sanatoria e, inoltre,  sull’erronea applicazione dell’art. 31, comma 3 del d.p.r. n. 380 del  2001, non  richiamato dall’art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004. Oltre a ciò viene  pure  dedotta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione che non indica in  modo  preciso la superficie da acquisire al patrimonio comunale e, senza  motivazione  alcuna, quantifica tale superficie in una misura notevolmente superiore a  quella  normativamente consentita.
 
 La doglianza è infondata.
 
 Per giurisprudenza costante, in materia urbanistica, il presupposto per  l'adozione dell'ordine di demolizione di opere edilizie abusive è  soltanto la  constatata esecuzione dell'opera in difformità dalla concessione o in  assenza  della medesima, con la conseguenza che tale provvedimento, ove ricorrano  i  predetti requisiti, è atto dovuto ed è sufficientemente motivato con  l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera, essendo "in re ipsa"   l'interesse pubblico alla sua rimozione.
 
 Di conseguenza, l'ordinanza di demolizione - in quanto atto vincolato -  non  richiede, in alcun caso, una specifica motivazione su puntuali ragioni  di  interesse pubblico o sulla comparazione di quest'ultimo con gli  interessi  privati coinvolti o sacrificati (cfr., ex multis, T.A.R. Campania  Napoli, sez.  VI, 09 novembre 2009 , n. 7077) tanto più in una fattispecie quale  quella  oggetto del presente giudizio, nella quale l’Autorità competente alla  tutela del  vincolo si è espressa negativamente in ordine alla compatibilità delle  opere  abusivamente realizzate.
 
 In relazione alla omessa comunicazione dei motivi ostativi  all’accoglimento  dell’istanza di sanatoria, deve essere evidenziato che, nella  fattispecie  oggetto del presente giudizio, una specifica comunicazione era  effettivamente  superflua, poiché dagli atti di causa emerge che l'emanazione  dell'impugnato  provvedimento costituiva atto dovuto a seguito dell’accertata abusività  dell’opera e dell’inammissibilità di un’autorizzazione paesaggistica  postuma  sicché l’eventuale partecipazione del ricorrente al procedimento non  avrebbe  potuto incidere sul contenuto dell’ordinanza concretamente adottata.
 
 Si osserva, inoltre, che il rinvio operato dall’art. 181 del d. lgs. n.  42 del  2004 al solo art. 44 del D.P.R. n. 380 del 2001 si giustifica in  relazione alla  circostanza che esso è operato al solo fine delle determinazione della  sanzione  penale non valendo certo ad escludere l’irrogazione delle altre sanzioni   correlate agli abusi commessi e, in primis, di quella demolitoria che  costituisce la regola nelle ipotesi di interventi non compatibili con i  valori  paesaggistici tutelati.
 
 Del tutto infondata è anche la parte della censura riferita alla mancata   indicazione nel provvedimento impugnato dell'area di sedime da acquisire  al  patrimonio comunale in caso di inerzia dell'ingiunta.
 
 Sul punto è sufficiente rilevare che siffatta specificazione è elemento  essenziale del provvedimento di accertamento della mancata ottemperanza  alla  demolizione: requisiti dell'ingiunzione di demolizione sono, infatti,  l'esistenza della condizione che la rende vincolata, cioè l'accertata  esecuzione  di opere abusive e il conseguente ordine di demolizione, non anche la  specificazione puntuale della portata delle successive sanzioni,  richiamate  nell'atto quanto alla tipologia prevista dalla legge, ma recate con  successivo,  eventuale provvedimento (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 26 gennaio  2000,  n.341; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 26 giugno 2009, n.3530).
 
 4. Il ricorso va pertanto respinto.
 
 5. Le spese seguono, come d’ordine, la soccombenza e vengono determinate  nella  misura di cui al dispositivo.
 
 P.Q.M.
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione,  definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo  rigetta.
 
 Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio a favore  dell’Amministrazione resistente, liquidandole complessivamente in €  1.500,00 di  cui € 200,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari,  oltre  i.v.a. e c.p.a
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio  2010 con  l'intervento dei Magistrati:
 
 Angelo De Zotti, Presidente
 
 Marina Perrelli, Referendario
 
 Brunella Bruno, Referendario, Estensore
 
                    




