 Cass. Sez. III n. 24427 del 17 giugno 2011 (Cc. 25 mag. 2011)
Cass. Sez. III n. 24427 del 17 giugno 2011 (Cc. 25 mag. 2011)
Pres. Petti Est. Gentile Ric. Calcagni
Rifiuti. Cessazione della qualifica di rifiuto
Fattispecie in tema di ritagli di materiali tessili
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
 Presidente Dott. Ciro Petti
 Consigliere "      Alfredo Maria Lombardi
 "      Silvio Amoresano
 Elisabetta Rosi 
 Santi Gazzarra
 ha pronunciato la seguente:
 SENTENZA
 - Sul ricorso proposto da Calcagni Luca, n. a Recanati il 29.8.1969, avverso  l'ordinanza in data 15.6.2010 del Tribunale di Taranto, con la quale è stato  confermato il decreto di sequestro preventivo di 6 containers emesso dal G.I.P.  del medesimo Tribunale in data 25.5.2010.
 - Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
 - Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
 - Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo  Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 - Udito il difensore dell'indagato Avv. Piergiorgio Villa, che ha concluso per  l'accoglimento del ricorso;
 CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
 Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Taranto, in funzione di giudice del  riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo di 6 containers,  contenenti kg 160.829 di ritagli di materiali tessili, emesso dal G.I.P. del  medesimo Tribunale in data 25.5.2010 nei confronti di Calcagni Luca, indagato  dei reati: 1) di cui all'art. 259, comma 1, del D. Lgs 152/2006; 2) di cui  all'art. 260, comma 1, del D. Lgs n. 152/2006; 3) di cui all'art. 483 c.p., a  lui ascritti per avere, quale titolare della ditta Green Line, effettuato una  spedizione di rifiuti verso paesi terzi, in specie il Vietnam, costituente  traffico illecito ai sensi dell'art. 2, comma 1, punto 35 lett. e) del  Regolamento CEE 1.2.1993 n. 259; avere, al fine di trarne un ingiusto profitto,  effettuato un traffico illecito di un ingente quantitativo di rifiuti mediante  l'allestimento di attività continuative ed organizzate, nonché avere falsamente  attestato nelle bollette doganali che il contenuto dei container era costituito  da ritagli di tessuti, materia prima secondaria.
 In sintesi, il tribunale del riesame ha affermato la sussistenza del fumus dei reati oggetto di indagine, oltre che delle esigenze cautelare che hanno  giustificato l'emissione della misura, emergendo dalle indagini della GGFF.  sufficienti elementi per ritenere che il contenuto dei containers era costituito  da rifiuti speciali non pericolosi e non da materie prime secondarie come  sostenuto dall'indagato.
 In particolare, l'ordinanza ha affermato che nel caso in esame non erano state  rispettate le procedure di recupero, cui avrebbero dovuto essere sottoposti i  materiali sequestrati, nonché la sussistenza di ulteriori elementi indiziari che  si trattasse di rifiuti, quale il valore nullo o irrisorio della merce da  esportare, e che la consulenza fatta espletare dall'indagato sui materiali non  era idonea a confutare i citati elementi indicati dalla pubblica accusa.
 L'ordinanza ha anche precisato in punto di diritto che il riferimento contenuto  nell'art. 259 del D. Lgs n. 152/2006 al Regolamento CEE 259/1993 deve intendersi  riferito al successivo Regolamento CE 1013/2006, che ha sostituito il primo e  che in tale ultimo Regolamento CE la nozione di "traffico illecito di rifiuti" è  stata sostituita con quella più ampia di "spedizione illecita di rifiuti"  secondo le indicazioni di cui all'art. 2, comma 35, del Regolamento medesimo.
 Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso l'indagato, che la denuncia per  violazione degli art. 183, comma 1 lett. q), e 181 bis del D. Lgs n. 152/2006,  dell'art. 9 bis, comma 1 lett. a), del D.L. 6.11.2008 n. 172, convertito con  modificazioni nella L. n. 210/2008.
 Si deduce, in estrema sintesi, che, mentre nell'ipotesi di svolgimento  dell'attività di recupero dei rifiuti in regime semplificato, ai sensi dell'art.  214 e ss. del D. Lgs n. 152/2006 sino all'emanazione dei decreti di cui al comma  2 del predetto articolo, continuano ad applicarsi alle attività di smaltimento o  recupero dei rifiuti le disposizioni di cui ai DM 5.2.1998 e 12.6.2002 n. 161,  nell'ipotesi di attività autorizzata ai sensi dell'art. 208 e ss. del medesimo  testo unico le operazioni possono svolgersi in conformità di quanto previsto  dall'autorizzazione medesima.
 Tale principio è stato in particolare precisato dall'art. 9 bis, comma 1 lett.  a), del D.L. 6.11.2008 n. 172, convertito con modificazioni nella L. n.  210/2008.
 Pertanto, la qualifica di materia prima secondaria deve essere riconosciuta non  solo ai materiali derivanti da attività di recupero svolte in conformità di  quanto previsto dai DM 5.2.1998 e 2.6.2002 n. 161, ma anche ai materiali  derivanti da attività di recupero svolte in base ad autorizzazione conformemente  a quanto previsto dalla autorizzazione medesima.
 Nella sostanza si deduce, poi, che gli ufficiali di polizia giudiziaria, che  hanno proceduto agli accertamenti, hanno erroneamente fatto esclusivo  riferimento al DM 5.2.1998 per valutare la legittimità dell'attività di recupero  svolta dalla Green Line, senza tener conto delle specifiche previsioni  dell'autorizzazione ottenuta dalla società, cui detta attività risultava  conforme.
 Nel prosieguo, previa analitica descrizione delle caratteristiche delle materie  prime secondarie costituite da ritagli tessili, si sostiene che i tessuti  cosiddetti millefiori contenuti nei container, in quanto destinati ad essere  utilizzati per la produzione di filato di poco pregio o la produzione di feltri  o "tessuti non tessuti", corrispondono alle caratteristiche merceologiche  richieste per detta produzione. Sul punto vengono estesamente riportati i  risultati delle analisi e le osservazioni contenute nella consulenza fatta  espletare dalla difesa dell'indagato e si lamenta che il Tribunale del riesame  né ha svalutato la rilevanza sulla base di osservazioni incongrue.
 Si deduce, infine, che la Direttiva Comunitaria 19.11.2008 n. 2008/98/CE, che,  con effetto dal 12.12.2010 abrogherà le Direttive 75/439/CEE, 91/689/CE e  2006/12/CE, ha escluso che la materia derivante dall'attività di recupero debba  avere, ai fini della perdita della qualifica di rifiuto, anche un valore  economico intrinseco, essendo sufficiente che esista un mercato o una domanda di  tale sostanza o oggetto.
 Sulla base del citato riferimento normativo si sostiene che, nel caso in esame,  doveva ritenersi irrilevante, al fine di escludere la natura di materia prima  secondaria, la mancanza di valore dei materiali contenuti nei container ovvero  il loro valore irrisorio.
 Si chiede inoltre a questa Corte di rimettere eventualmente alla Corte di  Giustizia della CE la questione relativa alla corretta interpretazione della  nozione di materia prima secondaria.
 Il ricorso é fondato nei limiti e per le ragioni che di seguito vengono  precisate.
 
 Con decreto legislativo 3 dicembre 2010 n. 205 lo Stato italiano ha dato  attuazione alla Direttiva 19.11.2008 n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio.
 L'art. 39, comma 3, del citato decreto legislativo ha abrogato, tra l'altro,  l'art. 181 bis del D. Lgs n. 152/2006, che conteneva la definizione di materia  prima secondaria e indicava i requisiti richiesti dalla norma per tale  classificazione, escludendo le materie prime secondarie dalla categoria dei  rifiuti di cui all'art. 183, comma 1, lett. a), del medesimo testo unico.
 L'art. 12 del citato decreto legislativo inoltre ha introdotto l'art. 184 bis  nel D. Lgs n. 152/2006, che ridefinisce, ampliandone la sfera di applicabilità,  le caratteristiche del sottoprodotto, la cui nozione é stata espunta dall'art.  183 del medesimo testo unico in sede di ridefinizione della norma contenuta  nell'art. 10 del D. Lgs n. 205/2010 che ha sostituito il testo del medesimo art.  183.
 L'art. 13, infine, ha introdotto l'art. 184 ter nel D. Lgs n. 152/2006, che  definisce i criteri in base ai quali un materiale perde la qualifica di rifiuto.
 Si tratta, pertanto, di un criterio di classificazione innovativo, che, nella  sostanza, ove rapportato alla previgente nozione di materia prima secondaria ne  amplia la sfera di applicabilità.
 Orbene, tali modificazioni legislative hanno indubbia influenza sulla  valutazione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti nel caso  in esame.
 Sul punto é opportuno precisare che, in ogni caso, i materiali oggetto di  sequestro non possono rientrare nella nozione di sottoprodotto, sia pure come  novata dall'art. 184 bis del D. Lgs. n. 152/2006, trattandosi di materiali già  sottoposti ad un ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale  (art. 184 bis, comma 1 lett. c).
 Deve essere, invece, valutata la attuale sussistenza del fumus dei reati  con riferimento ai criteri specificati nell'art. 184 ter del D. Lgs n. 152/2006,  concernenti la perdita della qualifica di rifiuto. Sulla necessità di una  valutazione di merito sul punto, ovviamente nell'ambito del giudizio sommario  proprio del riesame, si deve rilevare che l'ordinanza impugnata ha, tra l'altro,  valorizzato, per escludere che i materiali sequestrati fossero qualificabili  quali materia prima secondaria, la assenza di valore economico o il suo  carattere irrisorio, requisito del valore economico, che era richiesto  dall'abrogato art. 181 bis, comma 1 lett. e), mentre il vigente art. 184 ter,  comma 1 lett. b), richiede solo che vi sia "un mercato o una domanda per tale  sostanza o oggetto."
 L'ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per un nuovo  esame che tenga conto delle innovazioni normative introdotte dal citato decreto  legislativo in materia ambientale.
 P.Q.M.
 La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Taranto.
 Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 25.5.2011.
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA 17 GIU. 2011
 
                    




