 Cass. Sez. III n. 17864 del 9 maggio 2011 (Cc. 16 mar. 2011)
Cass. Sez. III n. 17864 del 9 maggio 2011 (Cc. 16 mar. 2011)
Pres. Ferrua Est. Sarno Ric. Ferraioli
Rifiuti. Ecopiazzole e titolo abilitativo
Al fine di verificare la necessità o meno dell’autorizzazione regionale per le c.d. ecopiazzole, occorre in concreto anzitutto verificare se si sia in presenza di un centro di raccolta dei rifiuti e se il centro sia rispondente ai requisiti indicati dai decreti ministeriali di riferimento dovendosi escludere, in caso affermativo, la necessità di autorizzazione regionale e, dunque la configurabilità del reato per il mancato rilascio. Solo nel caso in cui si verifichi la non rispondenza alle previsioni indicate o si accerti l’effettuazione presso il centro di raccolta di attività che esulano dalla funzione propria di essi, si potrà valutare la necessità dell’autorizzazione regionale traendo le necessarie conseguenze sul piano penale dalla sua mancanza.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA                                  - Presidente
 Dott. MARIO GENTILE                                      - Consigliere
Dott. RENATO GRILLO - Consigliere
Dott. GIULIO SARNO - Rel. Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI - Consigliere
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) FERRAIOLI RAFFAELE N. IL 16/09/1942
 avverso l'ordinanza n. 431/2010 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 24/09/2010
 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Fraticelli Mario rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Ferraioli Raffaele, indagato per il reato di cui all'articolo 256 comma 1 d.L.gs  152/06 per avere effettuato, quale sindaco del comune di Furore, attività di  stoccaggio abusivo in località Schiato su un sito di circa 400 m quadri  completamente delimitato realizzando una piazzola ecologica in assenza della  prescritta iscrizione comunicazione e o autorizzazione, propone ricorso per  cassazione avverso l'ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Salerno  ha rigettato la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di sequestro  preventivo dell'area in questione emesso dal gip del medesimo tribunale.
 Deduce in questa sede il ricorrente:
 1) violazione di legge e vizio di motivazione avendo il tribunale del riesame  integrato la motivazione del primo giudice in relazione al fumus delicti;
 2) violazione di legge e difetto di motivazione non necessitando per il sito  l'autorizzazione regionale ma soltanto la semplice presa d'atto da parte  dell'amministrazione comunale.
 Sono stati successivamente depositati due motivi aggiunti.
 Con il primo si rileva l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge  penale nonché la mancanza e/o la manifesta illogicità della motivazione  evidenziandosi che l'articolo 183 comma 1 lettera cc) DLgs 152/06 offre  attualmente una nozione di centro di raccolta; che tale normativa integrata con  quella dei DM 8 aprile 2008 e 13 maggio 2009 rende non necessaria per tale  tipologie di sito l'autorizzazione regionale e che il tribunale non ha in alcun  modo considerato il mutamento del quadro normativo.
 Con il secondo si eccepisce l'inosservanza della legge penale; la mancanza e/o  la manifesta illogicità della motivazione avendo il giudice erroneamente  escluso, sulla base delle definizioni contenute nell'articolo 183 del DLGS  152/06, che la raccolta dei rifiuti in questione dovesse essere qualificata come  attività di deposito temporaneo.
 Motivi della decisione
 Si appalesa infondato il primo motivo di ricorso.
 Questa Corte ha più volte affermato, infatti, che in tema di riesame delle  misure cautelari reali, in base al richiamo del settimo comma dell'art. 324 cod.  proc. pen. al nono comma dell'art. 309 cod. proc. pen. il tribunale di riesame è  autorizzato a confermare il provvedimento di sequestro anche per ragioni diverse  da quelle indicate nella motivazione del relativo decreto, ed eventualmente a  rimediare alla sua mancanza sino a dare, sia pure ai fini cautelari, una diversa  corretta qualificazione al reato, purché ovviamente sia riaffermata la  correlazione della cosa con il fatto per cui si procede (Sez. 5, n. 1202 del  11/03/1997 Rv. 207395).
 Per quanto concerne gli altri motivi di ricorso essi possono essere trattati  congiuntamente per le ragioni di seguito indicate.
 Il sequestro - come si rileva dalla motivazione del riesame - risulta effettuato  dai Carabinieri del NOE di Salerno nel luglio 2010 avendo gli stessi accertato  nell'area utilizzata quale centro di raccolta comunale RSU la presenza di  rifiuti pericolosi e non, depositati sui lati del terreno, esposti agli agenti  atmosferici e privi di copertura, taluni dei quali contenuti in cassonetti,  altri in buste di plastica, altri ancora depositati invece alla rinfusa  direttamente sulla pavimentazione.
 La denuncia ed il sequestro erano in particolare determinati dal mancato  rinvenimento dell'autorizzazione regionale da parte degli operanti.
 Il tribunale ha rigettato la richiesta di riesame rilevando che l'autorizzazione  regionale si rendeva necessaria in quanto non appariva manifestamente infondata  la tesi accusatoria che qualificava le attività eseguite nell'area come  stoccaggio posto che non ricorrevano le condizioni del deposito temporaneo.
 Il ricorrente muove in questa sede sostanzialmente due obiezioni:
 a) il tribunale del riesame non avrebbe tenuto conto della nozione di "centro di  raccolta" prevista dall'articolo 183 comma 1 lettera cc) del DLgs 152/06 come  modificato nel 2008, e dei decreti ministeriali integrativi dovendosi escludere  sulla base di tali disposizioni che i centri di raccolta siano assoggettati ad  autorizzazione regionale;
 b) il tribunale stesso avrebbe erroneamente escluso la natura di deposito  temporaneo dei rifiuti contenuti nel centro di raccolta equivocando sulla  definizione di esso e della nozione di stoccaggio ricavabili dall'art. 183  citato.
 Fatta tale premessa si appalesa evidente come si renda necessario soffermarsi  anzitutto sui principi applicati in sede di riesame.
 Il tribunale sembra in effetti avere proceduto nella valutazione richiamandosi  al principio espresso in passato da questa Sezione, secondo cui l'attività di  raccolta differenziata di rifiuti urbani ad opera dei cittadini nelle piazzole  ecologiche, cosiddette ecopiazzole, istituite dai Comuni, non è qualificabile in  termini di deposito temporaneo ai sensi dell'art. 6, lett. m), del decreto n. 22  del 1997, atteso che nel concetto di luogo di produzione dei rifiuti non rientra  l'intero territorio comunale rispetto ai rifiuti prodotti dai suoi cittadini, ma  lo stesso si estende al massimo sino a ricomprendere siti infrastrutturali  collegati tra loro all'interno di un'area delimitata. Conseguentemente si verte  in tema di stoccaggio quale fase preliminare alle attività di smaltimento o  recupero, e come tale necessitante la prevista autorizzazione (Sez. 3, n. 45084  del 26/10/2005 Rv. 232353).
 Il principio di fondo ribadito anche in altre decisioni ed, invero, contestato  da autorevole dottrina, è che l'attività di gestione dei rifiuti operata dal  Comune nelle cosiddette piazzole ecologiche o ecopiazzole, ove i rifiuti vengono  conferiti dai cittadini in modo differenziato, configura un deposito preliminare  in vista dello smaltimento o una messa in riserva in vista del recupero, con la  conseguente necessità della preventiva autorizzazione regionale, la cui mancanza  configura reato (ex multis Sez. 3, n. 34665 del 27/06/2005 Rv. 232178).
 Va detto tuttavia che l'orientamento citato si è formato precedentemente alle  modifiche apportate alla disciplina sui rifiuti dal DLGS numero 4/08, che ha  modificato l'articolo 183 del DLgs 152/06 introducendo la lettera cc) la nozione  di centro di raccolta dei rifiuti, nonché dai decreti ministeriali in data 8  aprile 2008 e 13 maggio 2009.
 Alla luce di ciò si impongono, pertanto, alcune puntualizzazioni certamente  rilevanti per il procedimento in esame.
 Ed invero l'art. 183 co. 1 lett. cc) introdotto dal DLgs n. 4/08, offre una  definizione di centro di raccolta nei termini che seguono:
 cc) centro di raccolta: area presidiata ed allestita, senza ulteriori oneri a  carico della, finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante  raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee conferiti dai  detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La  disciplina dei centri di raccolta e' data con decreto del Ministro dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato  - Regioni, città e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto  1997, n. 281;
 Il Decreto 8 aprile 2008 del Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio e del mare ha poi dettato la "Disciplina dei centri di raccolta dei  rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto dall'articolo 183,"  definendo all'art. I il campo di applicazione della normativa, precisando tra  l'altro:
 Art. 1
 1. 1 centri di raccolta comunali o intercomunali disciplinati dal presente  decreto sono costituiti da aree presidiate ed allestite ove si svolge unicamente  attività di raccolta, mediante raggruppamento per frazioni omogenee per il  trasporto agli impianti di recupero, trattamento e, per le frazioni non  recuperabili, di smaltimento, dei rifiuti urbani e assimilati elencati in  allegato I, paragrafo 4.2, conferiti in maniera differenziata rispettivamente  dalle utenze domestiche e non domestiche, nonchè dagli altri soggetti tenuti in  base alle vigenti normative settoriali al ritiro di specifiche tipologie di  rifiuti dalle utenze domestiche.
 All'art. 2.( Autorizzazioni e iscrizioni):
 1. La realizzazione dei centri di raccolta di cui all'art. 1 è approvata dal  Comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente.
 2. I centri di raccolta di cui all'art. 1 sono allestiti e gestiti in conformità  alle disposizioni di cui all'allegato I, che costituisce parte integrante del  presente decreto. (omissis)
 L'Allegato I del decreto ministeriale detta a sua volta i requisiti tecnico  gestionali relativi al centro di raccolta dei rifiuti urbani e assimilati  individuando:
 1. Ubicazione del centro di raccolta;
 2. Requisiti del centro;
 3. Struttura del centro
 4. Modalità di conferimento e tipologie di rifiuti conferibili al centro di  raccolta;
 5. Modalità di deposito dei rifiuti nel centro di raccolta;
 6. Modalità di gestione e presidi del centro di raccolta;
 7. Durata del deposito.
 A tale proposito si stabilisce che:
 7.1. La durata del deposito di ciascuna frazione merceologica conferita al  centro di raccolta non deve essere superiore a due mesi.
 7.2. La frazione organica umida deve essere avviata agli impianti di recupero  entro 72 ore, al fine di prevenire la formazione di emissioni odorigene.
 
 Tale decreto è stato in seguito dichiarato privo di effetti, in virtù della nota  dell'Ufficio legislativo dello stesso Ministero, in quanto privo dei necessari  riscontri da parte degli organi di controllo.
 Di qui la necessità di un nuovo decreto ministeriale intervenuto alla data del  13 maggio 2009 recante "Modifica del decreto 8 aprile 2008, recante la  disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo  differenziato, come previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera cc) del decreto  legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche" ad opera del medesimo  Ministero con cui è stato revisionato il precedente decreto.
 L'articolo 1 apporta modifiche al precedente decreto del 2008 prevedendo tra  l'altro:
 1. All'articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008, dopo le parole "utenze  domestiche e non domestiche "sono aggiunte le parole "anche attraverso il  gestore del servizio pubblico".
 2. Nel titolo dell'articolo 2 la parola "Autorizzazioni" è sostituita dalla  parola "Approvazioni ".
 3. Il comma 1 dell'articolo 2 è sostituito dal seguente: "1. La realizzazione o  l'adeguamento dei centri di raccolta di cui all'articolo 1 è eseguito in  conformità con la normativa vigente in materia urbanistica ed edilizia e il  Comune territorialmente competente ne da comunicazione alla Regione e alla  Provincia ". (omissis).
 Il comma 6 prevede l'integrazione dell'elenco di cui all'allegato 1, paragrafò  4.2., del decreto ministeriale 8 aprile 2008 concernente le categorie di rifiuti  conferibili nei centri di raccolta.
 Il comma 10 sostituisce il al punto 7.1 dell'allegato 1 sostituire le parole  "due mesi" con le parole "tre mesi", così elevando così il termine di durata del  deposito di ciascuna frazione merceologica conferita al centro di raccolta.
 Ciò posto si possono immediatamente evidenziare alcuni aspetti direttamente  rilevanti per la vicenda in esame.
 Anzitutto si deve ritenere che per effetto delle nuove disposizioni l'attività  dei centri di raccolta non è più assoggettabile ad autorizzazione regionale in  quanto la realizzazione di essi è soggetta unicamente all'approvazione dal  Comune territorialmente competente.
 Il centro di raccolta come tale non richiede, quindi, alcuna autorizzazione  regionale non potendo essere di per sé classificato alla stregua degli impianti  di smaltimento e/o recupero dei rifiuti per i quali continua a rendersi  necessaria, invece, l'autorizzazione regionale.
 Ed a riprova di ciò si deve rilevare che nei centri di raccolta viene fatto dai  decreti menzionati in linea di principio espresso divieto di effettuare  trattamenti di qualsiasi tipo, fatte salve alcune eccezioni come accade per le  riduzioni volumetriche delle frazioni solide per agevolarne il successivo  trasporto.
 
 Il regime autorizzatorio è ovviamente diverso nel caso in cui il centro di  raccolta sia realizzato in contrasto con le prescrizioni ed i requisiti indicati  nei DM citati o sia adibito, ad esempio, anche operazioni di recupero.
 Non appare più possibile, dunque, nell'individuazione dell'autorità competente  al rilascio dell'autorizzazione, insistere sull'equazione centro di raccolta  uguale centro di stoccaggio e, dunque, necessità di autorizzazione regionale.
 Tra l'altro, come evidenziato in dottrina, comunque devono ritenersi logicamente  connesse alla fase di raccolta alcune operazioni astrattamente riconducibili  nella tipologia dello stoccaggio (operazioni di gestione di rifiuti che si  riducano al raggruppamento degli stessi, alla loro cernita - eventualmente come  attività complementare della raccolta differenziata - e al loro provvisorio  stazionamento in loco in attesa del ritiro da parte di altri soggetti).
 Al fine di verificare la necessità o meno dell'autorizzazione regionale,  occorrerà in concreto, dunque, anzitutto verificare se si sia in presenza di un  centro di raccolta dei rifiuti e se il centro sia rispondente ai requisiti  indicati dai DM citati dovendosi escludere, in caso affermativo, per le ragioni  esposte, la necessità di autorizzazione regionale e, dunque la configurabilità  del reato per il mancato rilascio.
 Solo nel caso in cui si verifichi la non rispondenza alle previsioni indicate o  si accerti l'effettuazione presso il centro di raccolta di attività che esulano  dalla funzione propria di essi, si potrà valutare la necessità  dell'autorizzazione regionale traendo le necessarie conseguenze sul piano penale  dalla sua mancanza.
 Ciò non è avvenuto nella specie essendosi la corte di merito limitata nella  specie a verificare sul piano astratto se nella specie potesse essere  configurabile un caso di deposito temporaneo dei rifiuti senza considerare in  alcun modo le disposizioni vigenti per i centri di raccolta in precedenza  illustrate.
 L'ordinanza va dunque annullata con rinvio per consentire un nuovo esame della  questione che tenga conto dei principi affermati.
 PQM
 La Corte Suprema di Cassazione
 Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Salerno.
 Così deciso in Roma il 16.3.2011
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 9 MAG. 2011
 
                    




