 TAR Lombardia (BS) Sez.II n. 1313 del 19 marzo 2010
TAR Lombardia (BS) Sez.II n. 1313 del 19 marzo 2010
Rifiuti. Bonifica e proprietario dell'area
La normativa in materia di  inquinamento  se, da un lato, non consente di imporre alcun obbligo di bonifica in  capo al  proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento,   dall’altro, prevede espressamente che al proprietario intimato, che non  sia  responsabile dell’inquinamento, sia data la facoltà di provvedere  direttamente  alla bonifica al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli  che  gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale  immobiliare  e, quindi,  l’esproprio. L’intervento diretto del Comune per la bonifica non presuppone, infatti,   l’accertamento della responsabilità del proprietario, che non può  sottrarsi allo  stesso, se non provvedendovi direttamente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01313/2010 REG.SEN.
 N. 00007/1997 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
 
 sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 Sul ricorso numero di registro generale 7 del 1997, proposto da:
 Madella Rina per la Liquifert Srl, rappresentata e difesa dagli avv.  Maria  Ughetta Bini, Giuseppe Onofri, con domicilio eletto presso Maria Ughetta  Bini in  Brescia, via Ferramola, 14;
 
 contro
 
 Comune di Asola, rappresentato e difeso dall'avv. Cesare Nicolini, con  domicilio  eletto presso Cesare Nicolini in Mantova, via Mazzini, 32;
 
 per l'annullamento
 
 previa sospensione dell'efficacia,
 
 - della delibera della Giunta municipale del Comune di Asola n. 524 del  29  agosto 1996, con la quale è stato approvato il progetto esecutivo dei  lavori di  bonifica ex Flucosit;
 
 - della delibera della Giunta municipale del Comune di Asola n. 525 del  29  agosto 1996, con la quale è stata dichiarata l’indifferibilità e  l’urgenza delle  operazioni di bonifica ex Flucosit, nonché deliberata l’occupazione  temporanea e  d’urgenza degli immobili necessari per l’esecuzione delle opere di  bonifica  stesse;
 
 - del decreto di occupazione temporanea d’urgenza del Sindaco, prot. n.  13576  del 4 ottobre 1996;
 
 - dell’avviso di immissione in possesso dei beni;
 
 - del conseguente verbale di immissione nel possesso del  28/10/96-30/11/96;
 
 - di ogni altro atto presupposto connesso e/o conseguente.
 
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Asola;
 
 Viste le memorie difensive;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2010 il dott. Mara  Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel  verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 FATTO
 Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la sig.ra Madella Rina,  in  qualità di Amministratore unico della Liquifert s.r.l., espone quanto  segue.
 
 La Liquifert s.r.l. ha acquistato, nel 1984, lo stabilimento già di  proprietà  della Flucosit e precedentemente della società Industria Chimica  Asolana, le  quali raffinavano benzine e suoi omologhi superiori, ottenendo dal  Comune  l’autorizzazione ad utilizzare i serbatoi dello stabilimento per il  deposito di  intermedi per la produzione di fertilizzanti liquidi. Dopo pochi mesi  dall’inizio dell’attività, però, veniva notificata l’ordinanza di  sospensione  dell’attività, con contestuale contestazione di fattispecie di reato,  rispetto  alle quali l’odierna ricorrente ha riportato la piena assoluzione per  insussistenza del fatto, confermata anche in Appello ed in Cassazione.
 
 A seguito del dissequestro del 1990, però, il Comune dava inizio ad una  lunga  sequenza di provvedimenti con cui venivano ordinati interventi diversi,  ma tutti  volti, secondo quanto emerge dall’analisi degli stessi, sostanzialmente  allo  smaltimento di rifiuti contenenti amianto, eternit, alla messa in  sicurezza  delle cisterne, oltre che ad evitare l’attivazione di nuovi scarichi  senza  autorizzazione e lo smaltimento non conforme alla legge di liquami  provenienti  dallo scavo del terreno, fino all’adozione dell’ordinanza sindacale n.  1256,  prot. n. 6784 dell’1 giugno 1994 con cui si imponeva alla Liquifert  s.r.l. la  bonifica dell’area secondo le linee dettate dall’apposito progetto  approvato dal  Consiglio comunale.
 
 Ritenendo illegittimo tale provvedimento, il quale oltre a diffidare la  proprietà a provvedere, stabiliva che in caso di inerzia il Comune  avrebbe  provveduto d’ufficio, salvo refusione forzata delle spese a termini di  legge, la  sig. Madella proponeva il ricorso rubricato sub R.G. 1251-94.
 
 Data l’inerzia della proprietà, il Comune, con le deliberazioni n. n.  524 e 525  del 29 agosto 1996, approvava il progetto esecutivo dei lavori di  bonifica ex  Flucosit e ne dichiarava la pubblica utilità, dando atto della volontà  di fare  ricorso all’occupazione d’urgenza per entrare nella disponibilità  temporanea  delle aree da bonificare.
 
 Con il successivo decreto prot. n. 13576 del 4 ottobre 1996, disponeva,  quindi,  la suddetta occupazione d’urgenza.
 
 Ritenendo gli atti ora richiamati illegittimi, la sig.ra Madella  notificava il  ricorso in esame, deducendo le seguenti censure:
 
 A) quanto alle delibere n. 524 e 525 del 29 agosto 1996:
 
 1. violazione e falsa applicazione degli art. 7 e 8 della legge n.  241/90, per  omessa comunicazione di avvio del procedimento e difetto di motivazione  rispetto  all’urgenza di provvedere;
 
 2. violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi IV e V della legge  n. 1/78  e dell’art. 32 della legge n. 142/90 per incompetenza della Giunta  all’adozione  degli atti;
 
 3. violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 31 bis della L.R. 94  del  1980, come integrata dalla L.R. 99/83, secondo cui l’Amministrazione  potrebbe  eseguire i lavori di bonifica con addebito al responsabile  dell’inquinamento, ma  non anche espropriare in via definitiva il proprietario dell’area che  non sia  responsabile dell’abuso;
 
 4. illegittimità per omessa indicazione dei termini di inizio e  ultimazione  delle espropriazioni e dei lavori;
 
 5. violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 1/78 per  effetto  dell’omessa approvazione della variante al PRG, necessaria attesa la  destinazione dell’area, rispetto a cui la Giunta sarebbe incompetente e  che,  comunque, avrebbe necessitato l’approvazione Regionale;
 
 6. violazione e falsa applicazione dell’art. 55 della legge n. 142/90  per  incongruità delle somme corrisposte;
 
 B) quanto al decreto di occupazione d’urgenza:
 
 7. illegittimità derivata da quella delle delibere n. 524 e 525 del 29  agosto  1996.
 
 In vista della pubblica udienza la ricorrente ha ribadito quanto già  rappresentato nel ricorso, non senza aver sostenuto l’effetto  caducatorio  dell’intervenuto annullamento (con sentenza di questo Tribunale n.  1038/2009)  dell’ordine di provvedere alla bonifica intimato alla Liquifer su tutti  gli atti  successivi oggetto del ricorso in esame.
 
 Il Comune, costituitosi in giudizio nel 1998, esplicava, quindi, le  proprie  difese sostenendo, oltre all’infondatezza del ricorso in ragione della  normativa  in materia di bonifica, la carenza di interesse della ricorrente  all’annullamento degli atti impugnati, tutt’ora gravati da onere reale e   comunque inutilizzabili essendo stati ritenuti insufficienti gli  interventi di  bonifica già posti in essere.
 
 Dalla documentazione depositata si è altresì potuto dedurre, in punto di  fatto,  che, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 8 del 20 gennaio 2000, è  stato  costituito, sul compendio di proprietà della Liquifert, l’onere reale  previsto  dall’art. 17, comma 1, del d. lgs. 22/97 e conseguentemente apposto il  privilegio immobiliare e generale.
 
 Nel 2001 è stata, quindi, rigettata la richiesta di utilizzo dell’area  inoltrata  dalla Liquifert, atteso che anche dopo l’intervento di bonifica non sono  stati  raggiunti i parametri che lo consentirebbero e, proprio in ragione della   riscontrata permanenza delle condizioni di inquinamento, nel 2001 è  stata  disposta una nuova occupazione d’urgenza.
 
 Alla pubblica udienza la causa, su conforme richiesta dei procuratori  delle  parti, è stata trattenuta in decisione.
 DIRITTO
 Deve essere preliminarmente respinta la tesi di parte ricorrente secondo  cui  l’intervenuto annullamento dell’ordinanza con cui, illegittimamente, è  stato  ordinato alla Liquifert di provvedere alla bonifica del sito inquinato  di sua  proprietà (in violazione delle specifiche disposizioni che disciplinano  il  procedimento e che, in particolare escludono l’obbligo di bonifica in  capo al  proprietario che non sia stato accertato essere anche il responsabile  dell’inquinamento) avrebbe determinato la caducazione anche degli atti  impugnati  con il ricorso in esame.
 
 Questi ultimi non sono, infatti, direttamente conseguenti all’ordine di  bonifica  annullato; la loro adozione non vede quale atto prodromico necessario il   suddetto ordine di bonifica.
 
 L’acquisizione della disponibilità dell’area, infatti, non è conseguenza   dell’inadempimento del suddetto ordine di bonifica, bensì della mera  circostanza  di fatto dell’omessa bonifica: essa rappresenta il passaggio necessario  affinché  il Comune, data la necessità di provvedere alla bonifica dell’area, a  prescindere dall’intervento del soggetto responsabile dell’inquinamento,  nei cui  confronti potranno poi essere eventualmente esercitate le dovute azioni  di  regresso, possa in concreto intervenire per bonificare il sito.
 
 La dichiarazione di pubblica utilità e il successivo decreto di  occupazione  d’urgenza si caratterizzano, quindi, per il fatto di essere totalmente  autonomi  rispetto al provvedimento oggetto della sentenza richiamata, annullato  in  ragione della mancata istruttoria diretta ad appurare le responsabilità  della  ricorrente.
 
 A conforto di tale tesi basti ricordare come questo Tribunale ha già  avuto modo  di precisare, nella sentenza 1038/2009, la normativa in materia di  inquinamento  se, da un lato, non consente di imporre alcun obbligo di bonifica in  capo al  proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento,   dall’altro, prevede espressamente che al proprietario intimato, che non  sia  responsabile dell’inquinamento, sia data la facoltà di provvedere  direttamente  alla bonifica al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli  che  gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale  immobiliare  (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525) e, quindi,  l’esproprio.
 
 L’intervento diretto del Comune per la bonifica non presuppone, infatti,   l’accertamento della responsabilità del proprietario, che non può  sottrarsi allo  stesso, se non provvedendovi direttamente. Tutt’al più parte ricorrente  avrebbe  potuto dedurre un’illegittimità del procedimento di occupazione  d’urgenza in  quanto posto in essere senza aver formalmente consentito al proprietario  di  valutare l’opzione di provvedere esso stesso alla bonifica, ma nessuna  doglianza  di tale tenore risulta essere stata dedotta in giudizio.
 
 Nel ricorso si lamenta, invece, la violazione dell’obbligo di  comunicazione  dell’avvio del procedimento preordinato alla dichiarazione di pubblica  utilità.
 
 Accedendo al principio sostanzialistico - che ha ispirato l’introduzione  nella  legge n. 241/90 dell’art. 21 octies – il quale consente di superare il  vizio  formale in questione, laddove la partecipazione al procedimento sia in  concreto  avvenuta, nel caso di specie deve essere rilevato come, in data 13  maggio 1996  (e quindi ben prima dell’approvazione del progetto equivalente a  dichiarazione  di pubblica utilità adottata in data 29 agosto 1996) la Liquifert avesse   trasmesso al Comune una nota riportante le condizioni alla quale la  stessa  intendeva subordinare “l’adesione consensuale all’esproprio dell’area di   proprietà”.
 
 Ciò dimostra come la odierna ricorrente non solo fosse a conoscenza del  procedimento, ma vi abbia anche concretamente partecipato.
 
 Sgomberato il dubbio dall’esistenza del c.d. vizio formale dei  provvedimenti,  prima di procedere oltre nell’esame delle doglianze di cui al ricorso si  rende  necessario, a parere del Collegio, porre in evidenza come, nonostante  l’improprio uso della terminologia, sembra potersi dedurre che il Comune  non  abbia in concreto inteso esercitare la facoltà di acquistare la  proprietà a  fronte del diniego del proprietario all’intervento di bonifica, ma si  sia  limitato alla, ovviamente meno incisiva e meno lesiva, acquisizione  temporanea  della disponibilità delle aree ai fini dell’esecuzione dei lavori.
 
 Ciò precisato, a prescindere dalla possibile incidenza di tale  puntualizzazione  sulla permanenza di un interesse concreto ed attuale all’annullamento  del  provvedimento, non meritano accoglimento nemmeno le ulteriori censure.
 
 La seconda, invero, appare del tutto generica, in quanto si limita a  dedurre la  ravvisata incompetenza della Giunta municipale all’approvazione del  progetto  dell’opera e alla sua dichiarazione di pubblica utilità senza peraltro  precisare  la ragioni, nel caso di specie, dell’incompetenza stessa.
 
 Il terzo motivo di illegittimità rappresentato non appare pertinente,  posto che  è stato premesso come nel caso di specie il procedimento non risulti in  concreto  preordinato all’acquisto della proprietà, ma solo alla detenzione delle  aree al  fine della materiale esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e   bonifica.
 
 Né, proprio in ragione di ciò, può avere rilievo il fatto che (come  rilevato  nella quarta censura) il provvedimento volto a dichiarare la pubblica  utilità  non contenesse l’indicazione dei termini di inizio e fine espropriazioni  e  lavori: termini che da sempre la giurisprudenza ha ritenuto necessari  solo  nell’ipotesi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia preordinata   all’esproprio e non anche alla mera occupazione destinata a non divenire   definitiva, corredata di diversi ed autonomi termini previsti dalla  legge.
 
 Anche sotto il profilo urbanistico (quinta doglianza) il ricorso non  merita  positivo apprezzamento, posto che l’approvazione del progetto non tende  ad  introdurre alcuna variante allo strumento urbanistico, né l’intervento  l’avrebbe  richiesto, con la conseguenza che non può configurarsi la lamentata  incompetenza  della Giunta comunale.
 
 Rispetto alla sesta censura, infine, non può che essere ravvisata la  carenza di  giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che ogni controversia  in ordine  alla corretta quantificazione dell’indennità di occupazione è rimessa  dalla  legge (sin dall’entrata in vigore della legge 865/77) alla competenza,  in unico  grado, della Corte d’Appello.
 
 In ragione di quanto sin qui rappresentato deve, naturalmente,  escludersi anche  la sussistenza della illegittimità derivata dedotta in relazione al  decreto di  occupazione d’urgenza.
 
 Le spese del giudizio non possono che seguire l’ordinaria regola della  soccombenza.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda  di  Brescia, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe  indicato.
 
 Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida  in Euro  2,500,00 (duemilacinquecento/00), oltre al rimborso forfetario delle  spese.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11 marzo  2010 con  l'intervento dei Magistrati:
 
 Giorgio Calderoni, Presidente
 
 Stefano Tenca, Primo Referendario
 
 Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE                                                                                        IL PRESIDENTE
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 19/03/2010
 
                    




