 T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA Sez. I n. 6 del 13 gennaio 2011
T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA Sez. I n. 6 del 13 gennaio 2011
Rifiuti. Obblighi di bonifica
La legge pone l’obbligo di bonifica in capo al responsabile dell’inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l’onere di ricercare ed individuare (v. gli artt. 242 e 244 del D.Lgs. n. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera “facoltà” di effettuare interventi di bonifica (art. 245 D.Lgs. n. 152/2006); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250 decreto cit.), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l’esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253 decreto cit.).Da tutto il sistema normativo di cui al D.Lgs. n. 152/2006 emerge quindi che l’Amministrazione è tenuta ad accertare la responsabilità dell’inquinamento e, in caso di accertamento infruttuoso, è la stessa Amministrazione che dovrà procedere alla bonifica, per poi operare il recupero delle somme a carico del proprietario del fondo incolpevole, ma salvaguardando in questo caso l’apporto partecipativo di queste ultime, in specie per quanto riguarda le modalità dell’intervento e fermo restando, comunque, che a carico del suddetto proprietario il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al fondo.
N. 00006/2011 REG.PROV.COLL.
 
 N. 00356/2008 REG.RIC.
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
 
 (Sezione Prima)
 
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 356 del 2008, proposto da: 
 Auta Marocchi Spa, Am Immobiliare Spa, rappresentati e difesi dagli avv.  Alessandro Giadrossi, Gilberto Tommasini, con domicilio eletto presso Alessandro  Giadrossi Avv. in Trieste, via S. Caterina Da Siena 5; 
 contro
 Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e Ispesl,  rappresentati e difesi dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in  Trieste, piazza Dalmazia 3; 
 Ministero Infrastrutture, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero del  Lavoro e delle Politiche Sociali, Regione Friuli-Venezia Giulia, Provincia di  Trieste, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle,  Autorita' Portuale di Trieste, Capitaneria di Porto di Trieste, Agenzia  Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Friuli Venezia Giulia, Apat, Icram, Enea,  Iss - Istituto Superiore di Sanita', Asl 101 - Triestina, C.C.I.A.A. di Trieste  ed Ezit, non costituiti in giudizio; 
 per l'annullamento
 del decreto dd. 6 giugno 2008, emesso dal Direttore Generale del Ministero  dell'Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, delle determinazioni della  Conferenza dei Servizi decisoria dd. 28.5.2008, delle determinazioni assunta  dalla Conferenza di Servizi Istruttoria dd. 4.4.2008 e di ogni altro atto  connesso, presupposto o conseguente
 
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
 Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della  Tutela del Territorio e del Mare e dell’ Ispesl;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2010 il dott. Oria  Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
 La ricorrente espone di svolgere la propria attività in area in locazione, che  ricade nel perimetro del Sito di Interesse Nazionale individuato dal d.m. 24  febbraio 2003, n. 11025, ove si prevede l'effettuazione di "attività di  caratterizzazione per accertare le effettive condizioni di inquinamento al fine  di pervenire alla individuazione del perimetro definitivo".
 Nel mese di marzo 2005 l'Auta Marocchi predisponeva una proposta di piano di  caratterizzazione relativo all'area da essa utilizzata avvalendosi di  professionisti che esperivano indagini da cui risultava l'assenza di alcuna  forma di contaminazione attuale, con la precisazione che non si conoscevano  episodi avvenuti in passato, di contaminazione del sito. Venivano definite  altresì le indagini necessarie alla verifica dello stato di contaminazione del  terreno e delle acque sotterranee rispetto all'area contermine a quella in cui è  insediata la Auta Marocchi S.p.a., con la previsione, sotto quest'ultimo  aspetto, di installare alcuni tubi piezometrici.
 Detto piano di caratterizzazione veniva approvato con prescrizioni dalla  conferenza di servizi decisoria, indetta dal Ministero dell'Ambiente, della  Tutela del Territorio e del Mare, del 27 aprile 2005 e si indicava la necessità  di integrarlo con riferimento alla residua area di competenza della ricorrente.  Il piano integrativo veniva redatto nel novembre e nell'elaborato veniva  descritto l'intervento realizzato dalla Auta Marocchi, consistente nella posa in  opera di cinque tubi piezometrici per il controllo delle acque sotterranee,  nonché riportati i risultati delle analisi delle acque sotterranee estratte da  un unico piezometro (CA9) in quanto i residui quattro erano rimasti asciutti.  Veniva riscontrato un modesto superamento dei limiti previsti dall'allegato 1 al  d.m. 471 del 1999 con riferimento all'alluminio, all'arsenico e al manganese.
 I professionisti affermavano che la modesta contaminazione da metalli pesanti  riscontrata nel campione prelevato dal piezometro CA9 era accettabile e non  poteva, in ogni caso, essere ricondotta in alcun modo all'attività della Auta  Marocchi. Veniva inoltre esclusa la necessità di procedere ad interventi di  barrieramento idraulico, attesa l'eccessiva onerosità degli stessi, l'assenza di  pericoli di ordine sanitario, la sussistenza di un confinamento fisico dell'area  già determinato dall'asfaltatura esistente sull'intera superficie della stessa,  rilevando altresì il basso coefficiente di trasmissività idraulica del terreno  (in nessuno dei campioni di terreno prelevati era stata infatti riscontrata la  presenza dei metalli presenti nel campione di acqua di falda).
 Al fine di ottenere la restituzione dell'area agli usi legittimi, venivano  proposte alcune misure di sicurezza consistenti in prescrizioni tecniche  limitative dell'attività edilizia sul fondo utilizzato dalla Auta Marocchi  (pagine 68 - 70).
 La conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2006 prendeva atto dei risultati  della caratterizzazione dell'area ed approvava il piano integrativo, "a  condizione che siano ottemperate tutte le prescrizioni sopra formulate dalla  Conferenza di Servizi istruttoria del 19 dicembre 2005, dal Comune di Trieste e  da APAT di concerto con la Direzione per la Qualità della Vita" . - Nelle  premesse, infatti, veniva specificato come la documentazione relativa alle  analisi doveva essere rivista, sulla base di svariate prescrizioni da  applicarsi, sia per ciò che atteneva alle verifiche relative ai suoli che a  quelle relative alla falda.
 Veniva, in ogni caso richiesto alla Auta Marocchi la predisposizione di idonei  interventi di messa in sicurezza della falda, alla luce delle evidenze di  contaminazione riscontrate nel campione estratto dal piezometro CA9, lasciando  all'utilizzatrice dell'area la scelta sulle modalità da adottare e, in  particolare la scelta se aderire alla soluzione unitaria o continuare a  procedere singolarmente.
 Nella conferenza di servizi decisoria del 7 settembre 2006 veniva deliberato di  chiedere ad Autamarocchi di adottare idonei interventi di messa in sicurezza  della falda contaminata e di richiedere all'ARPA Friuli Venezia Giulia di  chiarire se i risultati della caratterizzazione delle acque di falda riportati  nell'elaborato redatto nel mese di novembre 2005 potessero ritenersi validati,  attesa la riscontrata presenza di alcune discrepanze rispetto a quanto accertato  dall'agenzia regionale. La conferenza di servizi, inoltre, richiedeva la  trasmissione dei dati relativi alle attività di estrazione dell'acqua dalla  falda dai pozzi piezometrici.
 Nel mese di luglio 2007 la conferenza di servizi decisoria prendeva atto dei  contenuti dello" Studio sui livelli naturali di arsenico baro ferro e manganese"  redatto dall'ARPA Friuli Venezia Giulia, nel quale veniva chiarito come le  concentrazioni di manganese e ferro riscontrate nelle acque di falda all'interno  del perimetro del Sito di Interesse Nazionale di Trieste non avessero origine  antropica. Al fine di ottenere conferma di ciò, la conferenza di servizi  deliberava di chiedere all’ARPA Friuli Venezia Giulia di effettuare ulteriori  prelievi nell'area non antropizzata a monte del Sito di Interesse Nazionale di  Trieste.
 Nel mese di novembre 2007 il consorzio Copernico S.c.a r.l., su incarico della  Auta Marocchi, redigeva una relazione tecnico-descrittiva dei dati riscontrati  nel corso dei prelievi dell'acqua di falda effettuati tramite i cinque  piezometri, dando atto del fatto che "la precedente caratterizzazione effettuata  nel sito, infatti, non permetteva con i dati di un unico piezometro di  sviluppare un accurato modello concettuale dell'area". Nell'elaborato si  riportavano i risultati dei tre monitoraggi della falda effettuati  rispettivamente, nei mesi di giugno, settembre e ottobre 2007, dando atto del  superamento della CSC relativamente ai parametri ferro, manganese e boro - tutti  non ascrivibili ad origine antropica, come rilevato dall'ARPA - nonché con  riferimento al parametro arsenico in un solo piezometro (CA4) e al valore dei  solfati, giudicato ascrivibile all'interazione della falda con l'acqua di mare.  Si descrivevano altresì le metodologie d'indagine adottate (realizzazione di una  pompa a tre stadi per il prelievo d'acqua dai piezometri), facendo rientrare tra  queste anche lo spurgo del piezometro CA4, adottato quale intervento di messa in  sicurezza, con contestuale monitoraggio delle acque di falda.
 In data 1.2.2008 la ricorrente inviava al Ministero dell’Ambiente – direzione  qualità della vita una nota integrativa, precisando che il piezometro dove era  stata rilevata la presenza di arsenico si trovava sull’area in corrispondenza  della zona dei serbatoi interrati di proprietà della ENI Div. R&M spa, che è il  soggetto obbligato ad effettuare l’emungimento dei piezometri installati in  detta zona e che, a seguito degli interventi di messa in sicurezza operati da  ENI, i valori di arsenico nel piezometro CA4 risultavano dimezzati.
 Infine, in data 28 maggio 2008, la Conferenza di Servizi decisoria indetta dal  Ministero dell’Ambiente, prendeva atto degli esiti delle tre campagne di  monitoraggio e recepiva anche le prescrizioni indicate nella conferenza di  servizi istruttoria del 4 aprile 2008, nella quale si era deliberato di  richiedere all’utilizzatrice dell’area un ulteriore intervento, qualificato come  messa in sicurezza d’emergenza, consistente nell’emungimento dei piezometri con  contestuale “dimostrazione dell’efficienza idraulica nonché l’efficacia  idrochimica del sistema di sbarramento proposto”.
 Seguiva il decreto direttoriale Ministero dell’Ambiente di adozione delle  determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria del 28.5.08.
 Il ricorso si rivolge avverso detto atto e le conferenze prodromiche ( decisoria  e istruttoria) del 28.5 e 4.8.2008 e deduce i seguenti motivi:
 1) Violazione dell’art. 3 l. 241/90, atteso il difetto assoluto di motivazione  del decreto del Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare  del 6 giugno 2008 – violazione dell’art. 14 ter della l. 241/90 – violazione  dell’art. 252 del d.lgs 153/2006 – incompetenza dell’organo che ha emesso il  decreto del 6 giugno 2008, attesa la mancanza di un’intesa con il ministero  dello sviluppo economico.
 La decisione di “considerare definitive tutte le prescrizioni stabilite nel  verbale della conferenza di servizi decisoria del 28.5.2008” sarebbe del tutto  immotivata mentre la legge richiede una motivazione ad hoc non supplibile per  relationem. Sarebbe mancata anche la necessaria intesa con il ministero dello  sviluppo economico.
 Il profilo di doglianza relativo alla mancata acquisizione del parere del  Ministero dello Sviluppo economico è poi stato rinunciato con memoria  14.10.2009.
 2) Violazione degli artt. 242, 245 e 252 d.lgs 152/2006 - violazione del  principio “ chi inquina paga” applicabile agli interventi di bonifica e altresì  di messa in sicurezza d’emergenza - violazione degli artt. 7, 8 e 15 del d.m.  471 del 1999 – eccesso di potere per illogicità manifesta, attesa l’evidente  erroneità nella valutazione dei presupposti per ordinare la messa in sicurezza  dell’area al proprietario o all’utilizzatore incolpevole dell’inquinamento –  eccesso di potere per difetto di istruttoria in punto individuazione del  responsabile della contaminazione – violazione dell’art. 3 della l. 241/1990,  atteso il difetto di motivazione sul punto.
 Le attività di messa in sicurezza sono state ordinate alla ricorrente senza dar  atto di alcun accertamento in ordine alla responsabilità della contaminazione  delle acque di falda, in relazione alla quale non sarebbero state effettuate le  necessarie verifiche ed alla quale la ricorrente sarebbe necessariamente  estranea, non avendo mai realizzato opere o attività suscettibili di interessare  il sottosuolo dell’area utilizzata. Non si tratterebbe di atti di urgenza, per i  quali è prevista la competenza sindacale ex art. 50 comma 5 d.lgs 267/2000,  sicchè questa non può essere invocata per escludere la necessità della previa  individuazione del responsabile dell’inquinamento.
3) Violazione degli artt. 242, 245 e 252 nonché dell’allegato 3 alla parte quarta del d.lgs 152/2006 - violazione dell’art. 5 dell’allegato 3 del D.M. 471 del 1999 – Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e illogicità manifesta, attesa l’evidente erroneità nella valutazione dei presupposti per ordinare un intervento di messa in sicurezza operativa dell’area;
 L’ordine impartito, comportando la posa in opera di un sistema di sbarramento  idraulico che consenta di intercettare tutta l’acqua di falda e di prelevarla  per impedirne la propagazione a valle, ancorchè qualificato come messa in  sicurezza d’emergenza, sarebbe in realtà un vero e proprio ordine di bonifica o  di messa in sicurezza operativa, trattandosi di una misura prevista proprio tra  le misure di contenimento da adottarsi nell’ambito degli interventi di messa in  sicurezza operativa ai sensi dell’allegato 3 alla parte IV del d.lgs 152/2006.
 Non essendo noto il grado di accettabilità della contaminazione riscontrata  nelle campagne di monitoraggio del 2007, in assenza di una analisi di rischio  sito specifica ai sensi dell’art. 242 c. 11 e c. 4 del d.lgs 152/2006 – che era  già in vigore all’epoca in cui si è manifestata la contaminazione , non  sussistevano i presupposti per ordinare all’utilizzatore dell’area una misura di  contenimento.
 Anche in ipotesi di applicazione alla fattispecie del d.m. 471/1999 l’intervento  andrebbe classificato come misura di sicurezza e – in quanto previsto come  intervento con funzione parzialmente sostitutiva al risanamento – avrebbe  richiesto la già previa effettuazione di interventi di bonifica o l’approvazione  di un progetto che accertasse l’impossibilità di rispettare i valori di  concentrazione limite.
 4) Violazione dell’art. 245 del dlgs 152/2006 e dell’art.7 del D.M. 471/99 –  eccesso di potere per illogicità manifesta, attesa l’evidente erroneità nella  valutazione del presupposto costituito dalla repentinità della contaminazione –  eccesso di potere per difetto di istruttoria, attesa la comprovata diminuzione  dei valori di contaminazione – violazione del principio del minimo mezzo –  eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione in punto origine  naturale della contaminazione – violazione dell’art.3 della l. 241/90 – eccesso  di potere per contraddittorietà con le determinazioni assunte nella conferenza  di servizi del 26 luglio 2007;
 Ove le attività prescritte venissero qualificate come messa in sicurezza  d’emergenza mancherebbe comunque il requisito della repentinità della situazione  d’emergenza. Le risultanze dell’iter procedimentale dimostrerebbero, invece, che  la contaminazione deriverebbe da fattori pregressi e sarebbe in progressiva  diminuzione. Sarebbe stato anche imposto il mezzo più dispendioso senza verifica  della sua effettiva necessità.
 5) Violazione della l. 241/90 – violazione del principio del contraddittorio  procedimentale; per il mancato coinvolgimento nel procedimento del proprietario  del terreno, la AM Immobiliare spa.
 6) Eccesso di potere per illogicità, attesa la previsione di un termine per  ottemperare alle prescrizioni di 10 giorni a decorrere dalla data della  conferenza di servizi istruttoria del 4 aprile 2008 – eccesso di potere per  contraddittorietà; perché il termine imposto, oltre ad essere insufficiente per  la complessità dell’opera, viene fatto decorrere da una data anteriore a quella  del decreto ministeriale impugnato.
 Come questo Tribunale ha già avuto diffusamente occasione di precisare con la  precedente sentenza n. 837/2009, in linea di principio si ritengono” illegittime  quelle determinazioni amministrative che pongono in tutto o in parte a carico  del proprietario o del detentore di un fondo i costi e gli oneri, anche  procedurali, di bonifica dei suoli o dell’ambiente dai danni derivanti  dall’inquinamento; a meno che non venga accertata rigorosamente la  responsabilità dei soggetti suindicati, anche in relazione alla specifica  attività svolta.”
 Pertanto ne deriva che in caso di inquinamento c.d. “diffuso”, ossia in quei  casi in cui detto accertamento non sia possibile o risulti oltremodo  difficoltoso, la bonifica non può che restare a carico della Pubblica  amministrazione ed i relativi vantaggi dei privati proprietari o detentori dei  fondi bonificati, in termini di aumento di valore del fondo, potranno costituire  giusta causa di recupero delle corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle  azioni di arricchimento.
 Infatti, come già chiarito con la sopracitata sentenza, la legge pone l’obbligo  di bonifica in capo al responsabile dell’inquinamento, che le Autorità  amministrative hanno l’onere di ricercare ed individuare (v. gli artt. 242 e 244  del D.Lgs. n. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile  dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera “facoltà” di  effettuare interventi di bonifica (art. 245 D.Lgs. n. 152/2006); nel caso di  mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le  opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250  decreto cit.), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l’esistenza di un  privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica  e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso,  onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno  (art. 253 decreto cit.).
 Da tutto il sistema normativo di cui al D.Lgs. n. 152/2006 emerge quindi che  l’Amministrazione è tenuta ad accertare la responsabilità dell’inquinamento e,  in caso di accertamento infruttuoso, è la stessa Amministrazione che dovrà  procedere alla bonifica, per poi operare il recupero delle somme a carico del  proprietario del fondo incolpevole, ma salvaguardando in questo caso l’apporto  partecipativo di queste ultime, in specie per quanto riguarda le modalità  dell’intervento e fermo restando, comunque, che a carico del suddetto  proprietario il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel  limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al  fondo.
 “Sotto quest’ultimo profilo” – affermava infatti la succitata sentenza – “il  diritto dell’amministrazione al recupero delle somme va ricondotto nell’alveo  delle azioni di ingiustificato arricchimento, rispetto alle quali la azione in  parola si differenzia essenzialmente per l’esistenza di particolari forme di  garanzia (onere reale e privilegio speciale immobiliare) che assicurano il  recupero dei costi di intervento.”
 Il TAR ha chiarito anche che dal D.Lgs. n. 152/2006 ( art. 311, comma 2) si  evince che la responsabilità per i danni all’ambiente rientra nel paradigma  della “tradizionale” responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d.  “responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia  forma di responsabilità oggettiva.
 E’ quindi evidente che, applicando questi concetti anche al caso di specie, si  deve anzitutto ribadire che sul proprietario dell’area inquinata non  responsabile della contaminazione ( e a maggior ragione sull’utilizzatore della  stessa non proprietario) non incombe l’obbligo di porre in essere gli interventi  ambientali in questione, avendo solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare  l’espropriazione del terreno interessato, gravato, per l’appunto, da onere  reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale  assistite anche da privilegio speciale immobiliare.
 L’imposizione dell’onere reale sui terreni oggetto di intervento di bonifica  presuppone, infatti, non solo il pieno coinvolgimento del proprietario  incolpevole nel procedimento, ma, prima ancora, che sia stato compiuto ogni  possibile sforzo per identificare il responsabile della contaminazione e  imporgli l’intervento di ripristino e/o il relativo costo, dando adeguato  riscontro motivazionale di tali indagini dell’espletamento e dei risultati di  tali indagini.
 Infatti in tema di responsabilità da inquinamento vige il principio comunitario,  espressamente richiamato dall’art. 239 del D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui “chi  inquina paga”.
 Pertanto si deve concludere che il provvedimento impositivo della messa in  sicurezza e bonifica va notificato al proprietario al fine di renderlo edotto  del suindicato onere reale (che egli ha facoltà di assolvere per liberare l’area  dal relativo vincolo), ma non può imporre misure di bonifica senza un adeguato  accertamento della responsabilità, o corresponsabilità, del proprietario (e,  anche a maggior ragione, del mero utilizzatore di cui non viene dimostrata e  nemmeno minimamente postulata la responsabilità) per l’inquinamento del sito.
 Ciò premesso risulta fondata la censura riguardante il mancato accertamento  della responsabilità della contaminazione, sotto i profili della mancanza di una  apposita istruttoria e di correlati referti motivazionali, in spregio alla  normativa surriferita ed all’art. 3 della legge n. 241 del 1990, il cui  carattere assorbente esime il Collegio dal prendere in esame le altre censure,  che restano assorbite.
 Il ricorso deve essere pertanto accolto, con conseguente annullamento:
 1) dell’impugnato verbale della conferenza di servizi decisoria del 28.5.2008 e  del relativo decreto di approvazione del 6.6.2008 in parte qua, vale a dire  nelle parti relative alla società ricorrente;
 2) del gravato verbale della conferenza di servizi istruttoria del 4 aprile 2008  in parte qua, vale a dire nelle parti relative alla società ricorrente.
 Le spese vanno compensate tra le parti per giusti motivi ad eccezione  dell’importo del contributo unificato che va posto a carico del soccombente  Ministero.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione  Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo  accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei termini di cui in  motivazione.
 Condanna il Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare a  rifondere alla parte ricorrente l’importo del contributo unificato nei termini  di legge e compensa tra le parti le restanti spese del giudizio.
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con  l'intervento dei magistrati:
 Saverio Corasaniti, Presidente
 Oria Settesoldi, Consigliere, Estensore
 Rita De Piero, Consigliere
 
 
 L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 13/01/2011
 
                    




