 T.A.R. Puglia (LE) Sez. I  n. 1365 del 18 luglio 2011
T.A.R. Puglia (LE) Sez. I  n. 1365 del 18 luglio 2011
Sviluppo sostenibile. Impianti di energie rinnovabili e leggi regionali dichiarate incostituzionali
L’art. 1-quater del decreto legge n. 105 del 2010, consente la salvezza degli effetti dei titoli abilitativi formatisi in relazione ad impianti di energie rinnovabili (recanti soglie superiori rispetto alla disciplina statale) per effetto di leggi regionali dichiarate poi incostituzionali. Un tale effetto si riconnette anche alle ipotesi come quelle esaminate dove il privato ha ritenuto in ogni caso di chiedere il permesso di costruire comunale (ma non anche l’autorizzazione espressa regionale) in luogo della DIA. Né si può ritenere che la salvezza del titolo sia esclusa per l’insussistenza della condizione cui tale salvezza è subordinata dalla legge,cioè l’entrata in servizio dell’impianto entro 150 giorni dall’entrata in vigore della norma,posto che l’atto di annullamento è anteriore a tale data e non può di conseguenza essere giustificato da un fatto all’epoca non verificatosi e quindi dal venir meno dell’effetto salvifico.
N. 01365/2011 REG.PROV.COLL.
 N. 01387/2010 REG.RIC.
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
 Lecce - Sezione Prima
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 1387 del 2010, proposto da:
 Societa' Tersicore Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Italo Ferrari,  Francesco Fontana, Gianfranco Fontana ed Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio  eletto presso lo studio di quest’ultimo in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria n. 9;
 contro
 Comune di Cursi, rappresentato e difeso dall'avv. Tommaso Millefiori, presso il  cui studio in Lecce, via Mannarino n. 11/A, è elettivamente domiciliato;
 
 nei confronti di
 
 Angelo Chilla, Samantha Chilla, Laura Macchia ed Anna Maria Macchia, non  costituiti;
 
 per l'annullamento
 
 dell'annullamento d'ufficio del permesso di costruire n.16/2009 e della  presupposta autorizzazione paesaggistica n. 16/2009 emanato dal Comune di Cursi  in data 11 giugno 2010.
 
 
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cursi;
 Viste le memorie difensive rispettivamente prodotte dalle parti costituite;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2011 il dott. Massimo Santini  e uditi per le parti i difensori Sticchi Damiani e Millefiori.;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
 1. La società ricorrente otteneva permesso di costruire, in data 22 luglio 2009,  per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW in  agro del Comune di Cursi.
 
 A seguito della comunicazione di inizio lavori (nonché a seguito di ricorso  giurisdizionale interposto da terzi proprietari di terreni limitrofi all’area  oggetto di intervento), il Comune di Cursi annullava in autotutela il predetto  permesso di costruire sia per effetto della sentenza della Corte costituzionale  n. 119 del 2010 con la quale si dichiarava l’illegittimità costituzionale della  legge regionale n. 31 del 2008 (la quale consentiva per impianti ricompresi tra  i 20 kw ed i 100 kw di evitare il procedimento dell’autorizzazione unica  regionale), sia per l’erronea classificazione dell’area alla stregua di ambito  territoriale esteso C del PUTT piuttosto che “B”, sia per la mancanza di un  titolo idoneo a dimostrare la disponibilità dell’area (risultando inidonea tal  fine, nella prospettiva dell’amministrazione comunale, il contratto di opzione  stipulato tra la società ricorrente ed i proprietari dell’area per la  concessione di un diritto di superficie).
 
 2. La suddetta determinazione di annullamento veniva impugnata per i seguenti  motivi:
 
 a) violazione dell’art. 21-nonies ed erroneità dei presupposti, in quanto la  citata pronunzia di incostituzionalità non avrebbe potuto sortire effetto su un  rapporto da ritenersi ormai esaurito;
 
 b) eccesso di potere per erroneità dei presupposti nella parte in cui  l’amministrazione avrebbe ritenuto sussistente un vincolo paesaggistico sulla  base di una errata rappresentazione dello stato dei luoghi;
 
 c) erroneità dei presupposti nella parte in cui l’amministrazione ha ritenuto  l’insussistenza di un titolo di disponibilità dell’area, laddove il contrato di  opzione stipulato tra società ricorrente e soggetti proprietari risulterebbe al  contrario idoneo ai fini di cui si discute;
 
 d) violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui  non sarebbe stata attentamente valutata la sussistenza di tutti i presupposti  per la sua applicazione (interesse pubblico all’annullamento, termine  ragionevole e legittimo affidamento sorto in capo ai privati interessati).
 
 Veniva inoltre formulata istanza di risarcimento per i danni patiti.
 
 3. Si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale intimata per chiedere il  rigetto del gravame.
 
 4. Alla pubblica udienza del 23 marzo 2011 le parti rassegnavano le proprie  rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
 
 5. Tutto ciò premesso il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
 
 5.1. Il primo motivo deve essere invece accolto in quanto, a prescindere dalla  sussistenza o meno di un rapporto esaurito, trova in ogni caso applicazione, nel  caso di specie, l’art. 1-quater del decreto legge n. 105 del 2010, il quale  consente come noto la salvezza degli effetti dei titoli abilitativi formatisi in  relazione ad impianti di energie rinnovabili (recanti soglie superiori rispetto  alla disciplina statale) per effetto di leggi regionali dichiarate poi  incostituzionali. Un tale effetto si riconnette anche alle ipotesi come quelle  esaminate dove il privato ha ritenuto in ogni caso di chiedere il permesso di  costruire comunale (ma non anche l’autorizzazione espressa regionale) in luogo  della DIA.
 
 Né si può ritenere che la salvezza del titolo sia esclusa per l’insussistenza  della condizione cui tale salvezza è subordinata dalla legge,cioè l’entrata in  servizio dell’impianto entro 150 giorni dall’entrata in vigore della norma,posto  che l’atto di annullamento è anteriore a tale data e non può di conseguenza  essere giustificato da un fatto all’epoca non verificatosi e quindi dal venir  meno dell’effetto salvifico.
 
 Sotto altro profilo,si deve osservare che la norma portata dall’art. 1 quater  citato subordina la salvezza della DIA al completamento ed all’esercizio  dell’impianto entro una certa data,questo anche per l’utilità che gli impianti  in esame hanno per l’economia nazionale e per l’affidamento riposto nella norma  dichiarata incostituzionale.
 
 Se questo è vero per le procedure in cui,fisiologicamente,alla DIA sono seguiti  i lavori,è parimenti vero per i casi in cui l’intervento dell’autorità ha  impedito l’operatività della DIA e l’esecuzione dei lavori.
 
 Se la norma prevede la salvezza delle situazioni fondate sulla norma dichiarata  incostituzionale semprecchè l’impianto entri in esercizio entro una certa  data,il lasso di tempo previsto costituisce un elemento essenziale della norma  di salvezza in quanto sia utile.
 
 L’effettività della norma,connotato essenziale della giuridicità,impone che il  lasso di tempo sia utilizzabile per completare la fattispecie con l’attivazione  dell’esercizio;ciò porta a ritenere che l’impossibilità di eseguire i lavori  dovuta ad un ordine di sospensione o all’annullamento del titolo,lungi  dall’impedire la salvezza delle DIA, comporti lo spostamento in là della data  ultima per il conseguimento della salvezza.
 
 5.2. Anche il secondo motivo deve essere accolto in quanto l’amministrazione  comunale, con l’atto di annullamento, non ha allegato, al di là della corretta  qualificazione dell’area sotto il profilo della pianificazione paesaggistica,  elementi seri e circostanziati circa la effettiva incompatibilità delle opere  progettate con lo specifico sito oggetto di intervento.
 
 Al riguardo non è stata infatti fornita una precisa ed accurata rappresentazione  dello stato dei luoghi, essendosi limitata la amministrazione intimata, anche in  sede processuale, a richiamare genericamente l’esistenza di una diversa  qualificazione paesaggistica dell’area de qua.
 
 5.3. Quanto alla mancanza di un titolo idoneo a dimostrare la disponibilità  dell’area, osserva il collegio che l’art. 11 del DPR n. 380 del 2001, nel  prevedere che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario  dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, richiede, quale titolo  astrattamente idoneo a legittimare la richiesta del permesso di costruire, la  sussistenza di una situazione giuridica assimilabile alla proprietà o,  eventualmente, alla qualificata aspettativa di poter esercitare le prerogative  del proprietario sull’area in cui si intende realizzare un determinato  intervento: rientra in tali ipotesi anche la stipulazione di un contratto di  opzione il quale, per la sua configuarazione di sostanziale proposta  irrevocabile (con vincolo a carico del concedente e diritto potestativo in  favore dell’opzionario), senz’altro è istituto idoneo a far insorgere, in capo  all’interessato, una situazione, per l’appunto, di qualificata aspettativa;  anzi, in forza dell’assetto di poteri che si instaura tra concedente ed  opzionario (al quale è rimesso il semplice esercizio di un diritto potestativo  ai fini del perfezionamento del successivo contratto) esso risulta persino più  incisivo, sotto il profilo della effettiva disponibilità dell’immobile, rispetto  al contratto preliminare di vendita che, per giurisprudenza pressoché costante,  è da tempo ritenuto titolo idoneo a richiedere il permesso di costruire.
 
 A ciò si aggiunga che, dal contesto delle dichiarazioni contenute nel contratto  di opzione in data 22 gennaio 2007 (“Per progettare e ottenere le autorizzazioni  per la realizzazione del Campo Fotovoltaico la Società ha bisogno della  collaborazione del Concedente per effettuare accurati rilievi tecnici e  topografici su i terreni e per richiedere le autorizzazioni necessarie”) nonché  nella dichiarazione integrativa del 15 marzo 2010 (“si concede … il permesso di  accedere al terreno e di procedere con le attività preliminari alla costruzione  dell’impianto”) emerge nella sostanza che: a) il contratto di opzione contempla  espressamente la destinazione dell’immobile alla installazione di un impianto  fotovoltaico; b) lo stesso contratto contiene nella sostanza il consenso del  proprietario affinché l’opzionario, nelle more del perfezionamento della  costituzione del diritto di superficie, possa richiedere le autorizzazioni  necessarie alla realizzazione dell’impianto stesso.
 
 Con ogni conseguenza in ordine alla sussistenza di tutti i presupposti richiesti  dalla giurisprudenza ai fini della giuridica disponibilità dell’area (cfr. Cons.  Stato, sez. IV, 18 gennaio 2010, n. 144; TAR Emilia Romagna Parma, sez. I, 1°  luglio 2008, n. 338; TAR Lazio Latina, 26 gennaio 2005, n. 636).
 
 In ulteriore analisi, va da sé che per ragioni di convenienza economica e di  ragionevolezza il privato non può essere gravato da una sorta di investimento  “al buio”, ossia da un acquisto oneroso senza che lo stesso possa avere contezza  o meglio certezza circa la effettiva possibilità (giuridica, prima ancora che  materiale) di concretare poi l’investimento medesimo.
 
 Anche tale censura merita dunque accoglimento per le ragioni testé esposte.
 
 6. Da quanto sopra detto deriva che il provvedimento di annullamento difetta in  radice del primo presupposto richiesto a tal fine dall’art. 21-nonies della  legge n. 241 del 1990, ossia la sussistenza di profili di illegittimità del  permesso di costruire rilasciato in data 22 luglio 2009.
 
 In conclusione il ricorso, assorbita ogni altra censura, è fondato e deve essere  accolto. Per l’effetto va annullato l’atto in epigrafe indicato.
 
 7. Va invece respinta l’istanza di risarcimento stante in ogni caso la  sussistenza dell’errore scusabile, data l’oscillazione che, sul piano  giurisprudenziale e legislativo, da tempo caratterizza la materia di cui si  discute.
 
 8. Sussistono in ogni caso giusti motivi per compensare le spese di lite.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,  definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
 
 a) accoglie l’azione impugnatoria e per l’effetto annulla la determinazione n.  4020 in data 11 giugno 2010 del Comune di Cursi;
 
 b) respinge l’azione risarcitoria.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Lecce nelle camere di consiglio dei giorni 23 marzo 2011 e 13  luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:
 
 Antonio Cavallari, Presidente
 Luigi Viola, Consigliere
 Massimo Santini, Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 18/07/2011
 
                    




