 TAR Friuli VG Sez. I n. 267 del 30 aprile 2010
TAR Friuli VG Sez. I n. 267 del 30 aprile 2010
Urbanistica. Competenze
Quanto ai soggetti pubblici istituzionalmente deputati a dettare norme in materia urbanistica, non è revocabile in dubbio che essi possano statuire anche in materia ambientale: materia, questa, sussumibile nella nozione di “urbanistica”. La possibilità di dettare norme, stabilire vincoli e procedure a tutela dell'ambiente naturale deve ritenersi compresa nella competenza legislativa e amministrativa in materia urbanistica, che è comune a tutte le Regioni a statuto ordinario come a quelle statuto speciale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00267/2010 REG.SEN.
 N. 00429/2001 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
 
 (Sezione Prima)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 429 del 2001, proposto da:
 Worldwide Fund For Nature-Fondo Mondiale Natura Onlus - G.P.,  rappresentato e  difeso dall'avv. Alessandro Giadrossi, con domicilio eletto presso  Alessandro  Giadrossi Avv. in Trieste, via S. Caterina Da Siena 5;
 contro
 Comune di Muggia, rappresentato e difeso dagli avv. Cesare Pellegrini,  Lorenzo  Pellegrini, con domicilio eletto presso Cesare Pellegrini Avv. in  Trieste, via  Xxx Ottobre 19; Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia, rappresentato e  difeso  dall'avv. Vinicio Martini, con domicilio eletto presso Vinicio Martini  Avv. in  Trieste, c/o Uff. Legale Regione-V.Carducci 6;
 
 per l'annullamento
 previa sospensione dell'efficacia,
 
 della deliberazione del Comune di Muggia dd. 13 aprile 1999; della  deliberazione  dd. 18 dicembre 2000; del decreto del Presidente della Giunta Reg.le del  F.V.G.  dd. 20 aprile 2001..
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Muggia e di  Regione  Autonoma Friuli - Venezia Giulia;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2010 il dott.  Vincenzo Farina  e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
 L’ Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature ONLUS— Fondo  Mondiale  per la Natura ONLUS, in persona del suo Presidente, con il ricorso in  esame,  rubricato al n. 429/01, ha chiesto l’annullamento:
 
 a) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia (TS) del 13  aprile1999,  n. 21, recante la adozione della variante generale al Piano regolatore  generale  comunale n. 15, in parte qua;
 
 b) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia del 18 dicembre  2000, n.  62, recante la approvazione della variante generale del PRGC, n. 15, in  parte  qua;
 
 e) del decreto del Presidente della Giunta Regionale del Friuli Venezia  Giulia  del 20 aprile 2001, n. 0115/Pres, recante la conferma parziale  dell’esecutività  della deliberazione consiliare di approvazione della variante generale  del PRGC,  n. 15 e della deliberazione della Giunta regionale n. 1213 del 13 aprile  2001,  recante la introduzione di modifiche e la conferma parziale della  esecutività  della deliberazione consiliare n. 62/2000, in parte qua;
 
 d) di ogni altro atto comunque, connesso, presupposto o conseguente.
 
 La ricorrente associazione esordisce ricordando che il Comune di Muggia,  con  delibera consiliare di 31 maggio 1995, n. 36, adottava le direttive per  la  formazione della variante generaIe al PRGC, ai sensi dell’art. 31 della  legge  regionale 52 del 1991; tra le direttive si evidenziava come uno degli  obiettivi  del piano (punto b) fosse la conferma con previsioni di tutela attiva  della  protezione delle aree soggette a vincolo archeologico, bellezze naturali  e  interesse ambientale, limitando comunque la potenzialità edificatoria  nelle zone  pregevoli dal punto di vista paesaggistico; venivano indicate in tale  senso  alcune aree di particolare importanza.
 
 Al fine di dotarsi di uno strumento di conoscenza delle vocazioni del  territorio  e raggiungere gli obiettivi di tutela che con le direttive erano stati  prefissati – prosegue la ricorrente - veniva dato incarico al dott.  Michele  Cassol, naturalista, dì predisporre un elaborato denominato “Risorse  naturalistiche e ambientali. Tutela e valorizzazione” (l’elaborato è  stato  richiamato e fatto proprio nella tavola A3 degli elaborati costituenti  la  variante de qua): in questo studio sono state indicate le c.d. emergenze   ambientali, distinguendole tra: aree di rilevante interesse  naturalistico, aree  di interesse ambientale ( boschi, paesaggio agrario tipico, fasce di  margine,  fasce cuscinetto, prati, corsi d’acqua ) nonché aree di interesse  paesaggistico.
 
 Con deliberazione del Comune di Muggia, dd. 13 aprile 1999, n. 21 -  ricorda  l’istante - veniva adottata la variante generale del PRGC, n. 15;  tempestivamente venivano inoltrate dall’associazione ricorrente,  unitamente ad  altre associazioni, delle osservazioni sulla variante: la Regione si  esprimeva  con proprie riserve vincolanti a seguito del parere reso dal Comitato  Tecnico  Regionale nella seduta dell’8 novembre 1999 e comunque recepito nella  delibera  della Giunta Regionale, dd. 23 dicembre 1999, n. 3996; il Comune di  Muggia  istruiva nuovamente la variante sulla base delle riserve regionali e  delle  osservazioni presentate dall’ associazione e dai privati. Sulla base  delle  controdeduzioni predisposte dagli uffici comunali e dai professionisti  incaricati, venivano formate delle schede riassuntive, che venivano  sottoposte  all’esame del Consiglio Comunale in varie sedute: al riguardo la  ricorrente  sottolinea il fatto che non risulta che i consiglieri abbiano esaminato  le  osservazioni, in quanto la valutazione si sarebbe limitata alle schede  riassuntive predisposte dagli uffici; in particolare, rispetto alle  osservazioni  il Comune controdeduceva come da elaborato inviato all’ Associazione  ricorrente.  Con delibera consiliare del Comune di Muggia, dd. 18 dicembre 2000, n.  62 veniva  approvata la variante generale del PRGC, n. 15: da questa delibera  -precisa la  deducente – non risulta l’avvenuto accoglimento o meno delle  osservazioni; si  accertava direttamente che agli elaborati della variante erano state  apportate  delle modifiche derivanti dall’accoglimento delle osservazioni -  opposizioni e  dal recepimento delle riserve vincolanti formulate dalla Giunta  Regionale;  inoltre, in detta delibera non vi sarebbe alcun riferimento a precedenti   deliberazioni consiliari, facendosi solo riferimento ai lavori della II  Commissione Consiliare: di qui la conclusione che le osservazioni non  sono state  respinte ed accolte nella seduta del 18 dicembre 2000, ma in eventuali  (ignote)  sedute precedenti: questa delibera, inoltre, non sembrerebbe che fosse  stata  esaminata dalla Regione, come risulta anche dalla loro mancata citazione  nel  decreto; la medesima delibera risulta, poi, sprovvista degli allegati  citati nel  testo ed in particolare delle intese raggiunte con l’Ezit , la  Capitaneria di  Porto e l’Autorità Portuale di Trieste; gli atti citati dalla delibera  comunale  – a detta dell’istante - non rappresenterebbero comunque atti d’intesa:  quanto  al provvedimento della Capitaneria, questo costituirebbe semplicemente  un parere  di massima favorevole alla variante di piano: ben poco in considerazione   dell’importanza degli interventi a mare previsti lungo tutta la linea di  costa;  la delibera dell’ Ezit, a sua volta, non si atteggerebbe ad atto  d’intesa bensì  a mero atto preparatorio volto a indicare all’ Amministrazione Comunale  le  richieste di modifica da apportare al piano: si tratterebbe, infatti,  essenzialmente di una richiesta comportante una modifica della variante  per aree  non di competenza dell’ EZIT (zona portuale L.1); l’Ezit ha inoltre  invitato il  Comune di Muggia a recepire nel proprio piano la normativa contenuta  nella  variante al PRGC del Comune di Trieste: tale recepimento è stato così  pedissequo  da comprendere anche una previsione sull’Adriaterminal che si ignorava,  sino a  questo momento, fosse localizzato anche sul territorio muggesano. La  proposta di  intesa formulata dall’ EZIT non sarebbe stata, d’ altra parte,  integralmente  recepita e quindi non sarebbe stata effettivamente raggiunta l’intesa  così come  dichiarato in delibera (ad esempio altezza max. di 12 m. nelle zone  D3a).
 
 La variante approvata – prosegue la ricorrente - è stata trasmessa alla  Regione  Friuli - Venezia Giulia, che si è espressa, a seguito del parere reso  dal  Comitato Tecnico Regionale (CTR) in data 13 marzo 2001 con parere 46/1 —  T/01,  con propria delibera della Giunta 13 aprile 2001, n. 1213, dopo un’  istruttoria  che non appare essere avvenuta con la dovuta attenzione, considerate le  clamorose incongruenze della variante che avrebbero dovuto essere  rilevate;  inoltre, la zonizzazione e la normativa contenuta nella variante  prevedono  destinazioni del territorio che grande impatto hanno su un ambiente  certamente  meritevole di tutela: non vengono in alcun modo recepiti, ma anzi  contraddittoriamente pretermessi – denuncia l’istante - i contenuti  dello studio  naturalistico sopra citato ( questo agire illegittimo era stato anche  oggetto di  rilievo da parte della Regione nelle sue riserve vincolanti nn. Rd2 -  Rd10); in  particolare, in località Punta Sottile vengono individuate delle zone  nelle  quali sono previsti interventi di rilevante impatto paesaggistico ed  ambientale:  come risulta dalla carta della zonizzazione (P14) le destinazioni a zona  G1,  attrezzature ricettive di tipo turistico marino (ambito F), a zona G4,  strutture  ricettive alberghiere esistenti (ambito E); in località Lazzaretto viene   prevista una zona G1 ( ambito D ), identificandola per la parte a mare,  attraverso un disegno della linea di costa non corrispondente alla  realtà, ma  solo ad un progetto non assentito dalla autorità marittima;  l’interramento a  mare, da una parte, va a coprire un sito archeologico la cui importanza è  stata  anche segnalata dalla Soprintendenza; dall’altra parte l’interramento  provocherebbe l’intombamento della foce dei Rio Almerigotti.
 
 La ricorrente sottolinea il fatto che il perimetro dell’ambito D  comprende  un’area di rilevante interesse naturalistico - Rio Almerigotti, come  risulta  dalla stessa zonizzazione; sempre il Rio Almerigotti viene compreso  marginalmente da una destinazione incompatibile (zona S5a); la rilevata  opportunità di un collegamento naturalistico tra il Rio Almerigotti e  l’area del  Bosco di Punta Ronco viene invece immotivatamente compromessa dalla  previsione  di un’urbanizzazione per servizi ed attrezzature collettive  (parcheggio);  ancora, l’area del Bosco di Punta Ronco viene identificata di alto  valore  naturalistico dallo studio Cassol, ma destinata dalla variante ad  insediamenti  edilizi, turistici e sportivi di rilevante impatto ambientale e quindi  incompatibili con un’effettiva tutela; il Bosco di S. Rocco,  classificato area  di interesse ambientale, è poi solo in parte oggetto di tutela,  attraverso una  destinazione a zona omogenea E2, venendo invece alcune sue parti  orientali  destinate a zona omogenea C1 con la previsione del massimo indice di  edificabilità consentito dalla variante; il Bosco Farnei, classificato  di  interesse ambientale, è anch’esso solo in parte oggetto di tutela;  infatti una  sua parte è destinata all’ampliamento dell’attività estrattiva  esistente; l’area  dei Laghetti delle Noghere, sottoposta al vincolo paesaggistico con  recente  decreto puntuale della Regione Friuli - Venezia Giulia, viene  parzialmente  destinata ad insediamenti industriali, in particolare per tutta la sua  parte in  destra orografica del rio Ospo: la destinazione – si duole la ricorrente  -  appare chiaramente incompatibile con le previsione di tutela indicate  nel  provvedimento di vincolo paesaggistico.
 
 La deducente contesta, poi, la previsione del mutamento della linea di  costa,  che viene in parte destinata al reperimento di standard urbanistici  (parcheggi):  viene in particolare zonizzata un’area non esistente nella realtà ma che  potrà  essere realizzata solo a seguito di specifiche procedure volte alla  valutazione  dell’impatto ambientale e paesaggistico; la realizzazione di questi  interramenti  a mare verrebbe a costituire una grave alterazione ambientale e  paesaggistica,  comportando l’insediamento dì una “quinta” di urbanizzazioni  contraddittoria con  gli scopi di tutela dei vincoli a suo tempo imposti, nonchè il degrado  ambientale dei fondali marini interessati in un’area oggetto di svariati  studi e  di proposte di tutela.
 
 Infine le nuove previsioni della variante, attraverso l’adozione di una  normativa formulata in modo erroneo, appaiono alla ricorrente solo  apparentemente interdittive della possibilità di insediamento dei  depositi  costieri di GPL proposti dalla “Seastok spa”: il riferimento normativo è  infatti  erroneo, essendo stato il dPR 175 del 1988 espressamente abrogato  dall’art. 30  del d.lgs 334 del 1999; la destinazione urbanistica impressa nella  variante  sarebbe, comunque, in contrasto con l’intesa raggiunta con l’ Autorità  Portuale:  in forza di questa intesa l’area avrebbe dovuto infatti ricevere una  destinazione urbanistica portuale, essendo stata giudicata dall’Autorità  come  strategica rispetto ai programmi di espansione del porto; la  destinazione  prevista dalla variante, invece, neppure prevede la realizzazione di  aree  portuali, più esattamente confinandole in una ristrettissima fascia  classificata  L1 — zona portuale di interesse regionale: proprio l’estensione di  questa fascia  appare in netto contrasto con la planimetria, allegata alla delibera  d’intesa,  del Comitato Portuale, in quanto si trova ad insistere su aree marine  esterne a  quelle perimetrate dall’ Autorità Portuale. La futura linea di costa  nella  variante appare, poi, sensibilmente diversa da quella indicata nel  citato  elaborato allegato alla delibera del Comitato Portuale.
 
 A questo punto la deducente sottolinea il grave pregiudizio che deriverà   all’Associazione ricorrente da tali previsioni di piano regolatore,  laddove  consentono interventi di grave impatto sull’ambiente: di qui la sua  legittimazione a ricorrere, essendo associazione di protezione  ambientale  riconosciuta ai sensi della legge 349 del 1986, avverso i provvedimenti  sopra  indicati, per i seguenti motivi:
 
 1 - Primo mezzo: VIOLAZIONE DELLA L.R. 52 DEL 1991 - ART. 32; VIOLAZIONE  DEL  PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DI CONTRODEDUZIONE ALLE OSSERVAZIONI -  ERRONEITA’  NEI RISULTATI DELLE VOTAZIONI
 
 L’Associazione ricorrente ricorda di aver tempestivamente depositato  delle  osservazioni alla variante; sulla base di queste osservazioni gli uffici   comunali ed i professionisti incaricati, hanno formato una scheda  riassuntiva (  n. 117) sottoposta all’esame del Consiglio Comunale: nella scheda  vengono  sintetizzate le osservazioni, talvolta riducendone il contenuto ad una  sola  riga; dai verbali delle sedute risulta che i consiglieri non hanno  esaminato e  votato le osservazioni, ma la valutazione e votazione si e limitata alle  schede  riassuntive predisposte dagli uffici: infatti al verbale avrebbero  dovuto essere  allegate le osservazioni presentate dai cittadini; eventualmente poi,  per una  più semplice lettura, le stesse avrebbero potuto essere suddivise per  argomenti.
 
 Il risultato – sottolinea l’istante - è stato quello di un voto espresso  sulle  sole schede riassuntive degli uffici e non sulle osservazioni proposte  dall’  Associazione e dai cittadini: ciò appare in netta violazione della legge   urbanistica, la quale prevede che il Consiglio Comunale si pronuncia  motivatamente sulle osservazioni ed opposizioni.
 
 Quanto il giudizio sia stato affrettato – puntualizza la ricorrente - è  dimostrato dal fatto che, ad esempio, sul punto 26 della scheda relativa  alla  propria osservazione, risultano voti dei Consiglieri comunali favorevoli  O,  contrari 8 e votanti 12; sul punto 29B, 2 favorevoli, 8 contrari e  votanti 12;  la scheda viene poi erroneamente indicata come osservazioni proposte  dalle  “Società ambientaliste“ (WWF); non ci si premura neppure di specificare  che  l’osservazione è stata proposta anche da altre due Associazioni, una  delle quali  particolarmente presente proprio sul territorio muggesano.
 
 La ricorrente sottolinea inoltre la sommarietà ed ambiguità delle  sintesi  effettuate dagli uffici comunali, sia rispetto al contenuto delle  osservazioni,  sia per quel che concerne i conseguenti pareri tecnici: ad esempio, il  punto  delle osservazioni dell’Associazione relativo alla riclassificazione da  zona S5  a E2 ed all’eliminazione della zona C1 nell’area di Bosco S Rocco, viene   sintetizzato nella scheda come “classificazione del Bosco di S. Rocco in  E2” ed  il parere tecnico è sintetizzato come segue: “la richiesta può essere  accolta  anche per quanto contenuto nelle riserve regionali a proposito delle  eccedenze  delle aree verdi SS”. La ricorrente assume che si sia omesso ogni  riferimento  esplicito alla zona C1 e si fuorvia, nel parere tecnico, rispetto alla  vera  scelta operata dagli uffici, che è bensì quella di accogliere la  proposta di  riclassificazione da S5 a E2, ma invece di non accogliere la  cancellazione della  zona C1: di qui l’illegittimità delle deliberazioni nelle quali il  Consiglio  comunale si e pronunciato sulle osservazioni dell’Associazione e quindi  l’illegittimità dell’intervenuta approvazione della variante.
 
 2. Secondo mezzo: VIOLAZIONE DELLLA L.R. 5 DEL 1991 - ART. 32 -  VIOLAZIONE DEL  PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DI CONTRODEDUZIONE ALLE OSSERVAZIONI
 
 La ricorrente sostiene che, dalla comunicazione pervenutale, si ricava  che il  Consiglio Comunale si sarebbe espresso sulle osservazioni, da essa  ricorrente  proposte, nella seduta del 18 dicembre 2000: ciò appare in contrasto con  il  contenuto della delibera, posto che la votazione sulle osservazioni è  avvenuta  in precedenza, in altre deliberazioni consiliari; queste delibere non  vengono  citate pur essendo la necessaria premessa della delibera di approvazione  da  parte del Consiglio delle modifiche che sarebbero state apportate a  seguito  dell’accoglimento delle osservazioni — opposizioni e dal recepimento  delle  riserve vincolanti formulate dalla Giunta Regionale. L’illegittimità del   provvedimento – si duole la ricorrente - ha comportato un’omissione di  controllo  da parte della Regione, alla quale potrebbero non essere pervenute le  delibere  del Consiglio, non permettendo così a tale organo di venire a conoscenza  delle  osservazioni.
 
 3. Terzo mezzo - VIOLAZIONE DELLA L.R. 52 DEL 1991 - ART. 32- VIOLAZIONE  DEL  PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DI ADOZIONE DI DELIBERAZIONI CONSILIARI -  VIOLAZIONE  PER MANCATO RAGGIUNGIMENTO DELLE INTESE PREVISTE DAL V COMMA DELL’ ART.  32 DELLA  L.R. 52 DEL 1991
 
 
 La impugnata deliberazione approvativa della variante n. 15 – si duole  la  ricorrente – è sprovvista di allegati fondamentali, pur citati nel  testo; in  particolare non risultano allegate le intese raggiunte con l’Ezit, la  Capitaneria di Porto e l’Autorità Portuale di Trieste: la delibera è  stata  approvata quindi incompleta e carente di elementi fondamentali; tali  sono i  documenti nei quali sarebbero state rappresentate le intese raggiunte  tra il  Comune di Muggia e l’Ezit, la Capitaneria di Porto e l’Autorità  Portuale.
 
 La deducente, inoltre, rileva che anche in carenza di una allegazione,  di una  specifica votazione e di un conseguente deliberato, nessuna intesa è  stata  votata dal Consiglio Comunale: quest’organo si sarebbe, in realtà,  limitato alla  presa d’atto di un atto di intesa che, se avvenuto, sarebbe stato  adottato da  organo diverso e quindi incompetente; l’approvazione della variante  sarebbe,  quindi, avvenuta in violazione della legge regionale laddove prevede  l’obbligatorio raggiungimento degli atti d’intesa.
 
 4. Quarto mezzo - VIOLAZIONE PER MANCATO RAGGIUNGIMENTO DELLE INTESE  PREVISTE  DAL V COMMA DELL’ ART. 32 DELLA L.R. 52 DEL 1991 - VIOLAZIONE DEL  PRINCIPIO  AMMINISTRATIVO DI INTESA - VIOLAZIONE DELLA LEGGE 84 DEL 1994
 
 Gli atti citati dalla delibera comunale di approvazione della variante –  assume  la ricorrente - non rappresentano comunque atti d’intesa; quanto al  provvedimento della Capitaneria di Porto, costituirebbe semplicemente un  “parere  di massima favorevole alla variante di piano”: ben poco in  considerazione  dell’importanza degli interventi a mare (interramenti, ecc.) previsti  lungo  tutta la linea di costa; anche la delibera dell’ Ezit non sembrerebbe un  atto  d’intesa, atteggiandosi a mero atto preparatorio, volto a indicare  all’Amministrazione Comunale le richieste di modifica da apportare alla  variante, anche per aree non di competenza dell’ EZIT (come la zona  portuale  L.1); l’ Ezit invita il Comune di Muggia a modificare la variante  adottata; nel  c. d. recepimento comunale – prosegue la deducente - sono state,  altresì,  erroneamente inserite norme assolutamente inconferenti, come il ricalco  letterale di una norma per le zone L1 tratta dal vigente piano  regolatore di  Trieste (variante n. 66) relativa all’Adriaterminal: anche laddove si  dovesse  ritenere che l’intesa si raggiunga attraverso un solo atto di proposta  (il che  giuridicamente non avviene), la proposta di intesa formulata dall’ EZIT  non  sarebbe stata recepita e quindi non sarebbe stata effettivamente  raggiunta  l’intesa dichiarata in delibera.
 
 Infine, a detta dell’istante, pure l’atto dell’Autorità portuale  costituisce  mera proposta e non intesa; anche in questo caso le destinazioni  urbanistiche  impresse con la variante in sede di approvazione appaiono in netto  contrasto con  le proposte dell’ Autorità Portuale, la quale, in sostanza, chiedeva per  l’area  dell’ ex raffinera “Aquila” una destinazione portuale commerciale, con  esplicita  esclusione tra l’altro del previsto deposito costiero di GPL; il Comune  ha  previsto, invece, una destinazione per attività industriali: ne consegue  il  mancato raggiungimento delle intese e quindi la violazione dell’art. 32  della  l.r. 52 del 1991.
 
 5. Quinto mezzo — ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE — CARENZA  ASSOLUTA DI  MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE  PRESENTATA - VIOLAZIONE DELLA L.R. 18 APRILE 1997, N.17.
 
 L’individuazione in località Punta Sottile di interventi di rilevante  impatto  paesaggistico ed ambientale - esordisce la ricorrente – contrasta con la   circostanza che l’area è stata considerata di “interesse ambientale”: le   destinazioni a zona G1 per attrezzature ricettivo di tipo turistico  marino (  ambito F) con possibilità di realizzare villaggi turistici ed  appartamenti per  vacanze, nonché attrezzature commerciali e per la promozione turistica  con  indice territoriale di 5.000 mq/ha e altezze massime degli edifici di  7.5 m.,  nonché a zona G4 per strutture alberghiere esistenti (parte dell’ambito  E),  risultano in evidente contrasto con l’individuazione dell’area quale  area di  interesse ambientale sopracitata.
 
 La previsione di un’area destinata a strutture ricettive - turistiche  (villaggi  turistici) – prosegue l’istante - è comunque in violazione della legge  regionale  17 del 1997, art. 9; il parere tecnico degli uffici comunali su questo  punto  dell’osservazione dell’Associazione ricorrente (parere avallato dal  Consiglio  Comunale), era che “la richiesta non può essere accolta, in quanto  trattasi di  un piano attuativo in itinere”: elemento questo – sottolinea l’istante -  di  certo non determinante, sussistendo un impedimento al mutamento della  destinazione urbanistica solo in forza di un piano attuativo debitamente   approvato e convenzionato: la destinazione di piano appare quindi  incoerente con  il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare  i  tracciati su cui impostare le scelte di piano; di qui la violazione  delle  direttive per la formazione della variante.
 
 Al riguardo la ricorrente ricorda che le osservazioni dei privati ad un  piano  regolatore in itinere non costituiscono rimedi giuridici in senso  proprio, ma  semplici apporti collaborativi al piano: ne consegue che la motivazione  del loro  rigetto può risultare sintetica ed anche riferita al contesto  complessivo del  piano medesimo; tuttavia il rigetto alle controdeduzioni deve avvenire  attraverso una motivazione improntata ai criteri di logicità e  razionalità.
 
 6. Sesto mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, IIIOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA  ASSOLUTA DI  MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE  PRESENTATA - VIOLAZIONE DELLA L.R. 18 APRILE 1997, N.17.
 
 In località Lazzaretto – ricorda la ricorrente - viene prevista una zona  G1  (ambito D), con elevato indice territoriale (10.000 mc/ha edificabili )  ed  altezza massima degli edifici pari a 10,5 m, identificandola per la  parte a mare  attraverso un disegno della linea di costa non corrispondente alla  realtà ma  solo ad un progetto non assentito dalla autorità marittima;  l’interramento a  mare andrebbe da una parte a coprire un sito archeologico la cui  importanza è  stata anche segnalata dalla Soprintendenza; dall’altra parte  l’interramento  provocherebbe l’intombamento della foce del rio Almerigotti, definito  area di  rilevante interesse naturalistico dall’elaborato A3 della variante.
 
 La previsione dì un’area destinata a strutture ricettive turistiche  (villaggi  turistici) – denuncia l’istante - è comunque in violazione della legge  regionale  17 del 1997, art. 9: il parere tecnico degli uffici comunali su questo  punto  dell’osservazione dell’Associazione ricorrente (parere avallato dal  Consiglio  Comunale), era che “la richiesta non può essere accolta, in quanto  trattasi di  un piano attuativo in itinere”: elemento questo di certo non  determinate,  sussistendo un impedimento al mutamento della destinazione urbanistica  solo in  forza di un piano attuativo debitamente approvato e convenzionato; la  destinazione di piano appare quindi incoerente con il quadro  conoscitivo, che è  stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare  le  scelte di piano; appaiono quindi anche violate le direttive per la  formazione  della variante.
 
 Infine – puntualizza la deducente - valgono le censure evidenziate nel  quinto  mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.
 
 7. Settimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’
 
 NELLA ZONIZZAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA
 
 La ricorrente parte dalla considerazione che il perimetro dell’ambito D  comprende un’area di rilevante interesse naturalistico - Rio  Almerigotti,  indicata nella stessa zonizzazione e nell’elaborato A3 della variante;  sempre il  Rio Almerigotti viene compreso parzialmente in una destinazione  incompatibile  (zona S5a per verde di connettivo), in cui sono ammesse” attrezzature  per il  verde urbano ed il gioco “; la rilevata opportunità di un collegamento  naturalistico tra il Rio Almerigotti e l’area del Bosco di Punta Ronco  viene,  inoltre, immotivatamente stroncata dalla previsione di un’urbanizzazione  per  servizi ed attrezzature collettive (S1b — parcheggi di relazione)  attestata  sulla strada che discende da S. Floriano: la destinazione della variante  piano  appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto  proprio  al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano;  appaiono  quindi anche violate le direttive per la formazione della variante;  valgono le  censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della  controdeduzione.
 
 8. Ottavo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA  ASSOLUTA DI  MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE  PRESENTATA
 
 L’area del Bosco di Punta Ronco – assume la ricorrente - viene  identificata di  alto valore naturalistico dallo studio Cassol e dall’elaborato A3 della  variante, ma è destinata dalla variante stessa ad insediamenti edilizi,  turistici e sportivi di rilevante impatto ambientale e quindi  incompatibili con  un’effettiva tutela: sono previste, infatti, zone omogenee G1b1 e G1c,  con una  volumetria complessiva di 120.000 mc ed altezze massime degli edifici  fino a  12.5 m, nonché una zona S5f per attrezzature sportive (campo di golf)  con  ulteriore volumetria edificabile pari a 5.000 mc.
 
 L’istante sottolinea che un campo di golf rappresenta un habitat  antropico dal  pesante impatto ambientale a causa del notevole afflusso di persone,  delle  cospicue necessità di irrigazione e concimazione chimica potenzialmente  inquinante e soprattutto per la sostituzione della vegetazione naturale  (particolarmente ricca in biodiversità nell’area di Punta Ronco) con un  manto  erboso artificiale, assimilabile ad una monocoltura; anche  sull’adiacente area  di interesse ambientale (e parzialmente boscata), che dal margine  occidentale  del Bosco di Punta Ronco si estende a Punta Sottile, si sovrappongono le   medesime destinazioni incompatibili di cui sopra.
 
 Ciò posto, la deducente osserva che il parere tecnico degli uffici  comunali,  fatto proprio dal Consiglio, su questo punto dell’osservazione  dell’Associazione, era il seguente: “si ritiene che la richiesta non  possa  essere accolta in quanto in contrasto con le direttive del PUR”: il PUR,   tuttavia, non contiene direttive ma previsioni azzonative di massima,  risalenti  al 1978 e soggette ad autonomo recepimento comunale, con l’unico vincolo  —  decaduto successivamente all’entrata in vigore della legge regionale 52  del 1991  — consistente nell’approvazione delle previsioni dei PRGC e delle loro  varianti  da parte della Regione.
 
 La destinazione della variante – conclude la deducente - appare quindi  incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al  fine di  delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; inoltre,  appaiono  violate le direttive per la. formazione della variante stessa; valgono  le  censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della  controdeduzione.
 
 9. Nono mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA  ASSOLUTA DI  MOTIVAZIONE -ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE  PRESENTATA
 
 Il Bosco di S. Rocco, classificato area di interesse ambientale –  ricorda la  ricorrente - è poi solo in parte oggetto di tutela, attraverso una  destinazione  a zona omogenea E2, venendo invece alcune sue parti orientali destinate a  zona  omogenea C1 con la previsione del massimo indice dì edificabilità  consentito  dalla variante.
 
 La contraddittorietà di tale destinazione con l’individuazione dell’area  di  interesse ambientale e con il vincolo paesaggistico di cui al d.lgs.  490/99,  gravante sull’area stessa – sottolinea l’istante - è stata peraltro  rilevata  anche dalla Regione nella riserva R.d2., di cui al parere del CTR dell’8   novembre 1999: la destinazione della variante appare quindi incoerente  con il  quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i  tracciati su cui impostare le scelte di piano; appaiono, quindi, violate  le  direttive per la formazione della variante stessa.
 
 La ricorrente prosegue ricordando che il punto dell’osservazione  dell’Associazione, relativo alla riclassificazione da zona S5 a E2 ed  all’eliminazione della zona C1 nell’area di Bosco S. Rocco, viene  sintetizzata  nella scheda nel modo seguente: “classificazione del Bosco di S. Rocco  in E2” ed  il relativo parere tecnico è sintetizzato come segue: “la richiesta può  essere  accolta anche per quanto contenuto nelle riserve regionali a proposito  delle  eccedenze delle aree verdi S5”: a detta della istante viene omesso ogni  riferimento esplicito alla zona C1 e si fuorvia, nei parere tecnico,  rispetto  alla vera scelta operata dagli uffici, che non è quella di accogliere la   proposta di riclassificazione da S5 a E2, ma che è, invece, quella di  non  accogliere la cancellazione della zona C1; valgono quindi le censure  evidenziate  nel quinto mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.
 
 10. Decimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA  ASSOLUTA DI  MOTIVAZIONE- ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE  PRESENTATA
 
 La ricorrente ricorda che il Bosco Farnei, classificato area di  interesse  ambientale nella variante, è anch’esso solo in parte oggetto di tutela;  infatti  una sua parte è destinata (zona omogenea D4 ) all’ampliamento  dell’attività  estrattiva in atto, in evidente contrasto con le esigenze di tutela  ambientale  manifestate negli elaborati della variante stessa; la destinazione della   variante appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato   prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le  scelte di  piano; appaiono quindi anche violate le direttive per la formazione  della  variante stessa; valgono le censure evidenziate nel quinto mezzo in  ordine al  rigetto della controdeduzione.
 
 11. Undicesimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO,  ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA  ASSOLUTA DI  MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE  PRESENTATA
 
 L’istante rammenta che l’area dei Laghetti delle Noghere, sottoposta al  vincolo  paesaggistico con decreto puntuale della Regione e definita di rilevante   interesse naturalistico dallo studio Cassol e dall’elaborato A3 della  variante,  viene parzialmente destinata ad attività industriali (zona D1 per  insediamenti  industriali di interesse regionale), in particolare nella sua parte in  destra  orografica del rio Ospo: la destinazione appare chiaramente  incompatibile con le  previsioni di tutela indicate nel provvedimento di vincolo  paesaggistico; la  destinazione della variante appare quindi incoerente anche con il quadro   conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i  tracciati su  cui impostare le scelte di piano; appaiono quindi anche violate le  direttive per  la formazione della variante stessa.
 
 Tale contraddittorietà – conclude la ricorrente - era stata rilevata  anche dalla  Regione, con la riserva vincolante R.d7 di cui al parere del CTR dell’8  novembre  1999; valgono, infine, le censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine  al  rigetto della controdeduzione.
 
 12. Dodicesimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO,  ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA  ASSOLUTA DI  MOTIVAZIONE- ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE  PRESENTATA
 
 La ricorrente contesta la previsione del mutamento della linea di costa,  che  viene in parte destinati al reperimento di standard urbanistici (zone  S1b per  parcheggi); viene altresì zonizzata (zona S5g, destinata ad attrezzature  e  servizi per la balneazione in cui viene consentita la costruzione di  edifici di  altezza fino a 4,5 m. ) un’area non esistente nella realtà, ma che potrà  essere  realizzata solo a seguito di specifiche procedure volte alla valutazione   dell’impatto ambientale e paesaggistico: la realizzazione di questi  interramenti  a mare – si duole la ricorrente - costituirà una grave alterazione  ambientale e  paesaggistica, comportando l’insediamento di una “quinta” di  urbanizzazioni  contraddittoria con gli scopi di tutela dei vincoli a suo tempo imposti,  nonchè  il degrado ambientale dei fondali marini interessati in un’area oggetto  di  svariati studi e di proposte di tutela.
 
 13. Tredicesimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO,  ILLOGICITA’,  IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA NORMATIVA E ZONIZZAZIONE -  CARENZA  ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL  RIGETTO  DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA - FALSO RIFERIMENTO NORMATIVO - VIOLAZIONE  DELL’INTESA
 
 La ricorrente sostiene che le nuove previsioni di piano, attraverso  l’adozione  di una normativa (art. 20 delle N.d.A.) formulata in modo erroneo,  appaiono solo  apparentemente interdittive della possibilità di insediamento dei  depositi  costieri di GPL proposti dalla “Seastok spa” e di altri poli energetici  (com’era  invece nella precedente formulazione dell’art. 20, come da variante  adottata):  il riferimento normativo è infatti erroneo, essendo stato il dPR 175 del  1988  espressamente abrogato dall’art. 30 del d.lgs 334 del 1999; la  destinazione  urbanistica impressa nel piano è comunque in contrasto con l’intesa  raggiunta  con l’ Autorità Portuale; in forza di questa intesa, infatti, l’area  coincidente  con il sito dell’ex raffineria “Aquila” e con un futuro interramento a  mare,  avrebbe dovuto ricevere una destinazione urbanistica di tipo portuale  commerciale, essendo stata giudicata dall’Autorità come strategica  rispetto ai  programmi di espansione del porto; la destinazione prevista dalla  variante,  invece, neppure prevede la realizzazione di aree portuali, più  esattamente  confinandole in una ristrettissima fascia classificata L1 — zona  portuale di  interesse regionale: proprio l’estensione di questa fascia appare  peraltro in  netto contrasto con la planimetria allegata alla delibera d’intesa del  Comitato  Portuale, in quanto si trova ad insistere su aree marine esterne a  quelle  perimetrate dall’ Autorità Portuale stessa; la linea dì costa, per la  parte di  futuro interramento, nella variante appare poi sensibilmente diversa da  quella  indicata nel citato elaborato allegato alla delibera del Comitato  Portuale.
 
 La deducente sottolinea che la destinazione dell’area di futuro  interramento a  mare nella zona corrispondente al sito dell’ex raffineria Aquila, ambiti  S e T,  corrisponde nella variante approvata a quanto richiesto dall’Ezit per  quell’area  e non a quanto richiesto invece dall’Autorità portuale; benchè sia  ovviamente  quest’ultima, e non certo I’Ezit, competente per quanto riguarda le aree   appartenenti al demanio portuale; l’osservazione dell’Associazione era,  su  questo punto, peraltro di contenuto analogo alla proposta di intesa  dell’Autorità portuale.
 
 14. Quattordicesimo mezzo - VIOLAZIONE DELLA L.R. 52 DEL 1991 - ART. 32  -.  ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’ E CONTRADDITORLETA’ NEL PROVVEDIMENTO  REGIONALE NEL QUALE SONO STATE RITENUTE SUPERATE ALCUNE RISERVE  VINCOLANTI
 
 La ricorrente ricorda che ai sensi dell’ art. 32 della legge regionale  52 del  1991 la Regione ha il compito, qualora nel PRGC siano interessati beni  vincolati  a tutela del paesaggio, di comunicare al Comune le proprie riserve  vincolanti; a  fronte di tali riserve il Comune ha l’obbligo di esaminarle,  accogliendole o  controdeducendo l’eventuale loro non accoglimento; quindi la Regione,  esaminando  l’atto approvato, dovrà dichiarare l’intervenuto o meno superamento  delle  riserve.
 
 A tale proposito la deducente censura l’illogicità e contraddittorietà  con la  quale la Regione con il proprio decreto ha dichiarato l’intervenuto  superamento  delle riserve: ciò vale in particolare per le riserve R.d2, R.d7 e  R.d10, che  rivestono particolare interesse ambientale e paesaggistico.
 
 Si sono costituiti in giudizio il Comune di Muggia e la Regione autonoma  Friuli  Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del gravame.
 
 Sembra opportuno premettere alcune puntualizzazione in punto di fatto.
 
 Con la deliberazione consiliare n. 36 del 31.5.1995 il Comune di Muggia  impartiva, ai sensi dell’art. 31 della legge regionale 19 novembre 1991,  n. 52,  le direttive da seguire nell’elaborazione di una variante generale al  vigente  Piano Regolatore.
 
 Con deliberazione consiliare n. 21 dei 13.4.1999 il Comune adottava il  progetto  di PRGC ai sensi dell’art. 32 della citata L.R. n. 52/91.
 
 Con deliberazione n. 3996 del 23.12.1999 la Giunta regionale esprimeva  le  proprie riserve vincolanti in ordine alla predetta variante, recependo  il parere  n. 204/1-T/99 reso dal Comitato tecnico regionale (CTR) in data  8.11.1999,  nonché l’osservazione formulata dalla Soprintendenza archeologica e per i  beni  ambientali, architettonici, artistici e storici del Friuli Venezia  Giulia con la  nota n. 7807/19.0 del 28.7.1999. In particolare, il CTR, nella parte  relativa al  sistema azzonativo residenziale, ritenuto apprezzabile e condivisibile  nei suoi  contenuti generali, segnalava l’esigenza di verificare la previsione  afferente  l’individuazione di una zona C1 collocata in gran parte su un’area che  il Piano  struttura indicava come area boschiva, rientrante anche nelle zone  paesaggisticamente tutelate (riserva Rd2).
 
 Quanto al settore produttivo industriale, il CTR, pur riconoscendo il  carattere  sostanzialmente ripetitivo delle previsioni, già contenute nel vigente  PRG,  chiedeva all’Amministrazione comunale delle delucidazioni in merito alla  scelta  ed alla possibilità di conciliare indicazioni aventi una chiara valenza  ambientale con altre improntate all’utilizzo produttivo industriale  (riserva  Rd7).
 
 Riguardo al settore agricolo ambientale, il CTR sottolineava il fatto  che le  zone di interesse ambientale di Punta Rocco e Punta Sottile risultavano  interessate da strutture turistiche di previsione, la cui attuazione  sembrava  compromessa dalla esigenza di tutela rappresentata dalla variante  (riserva Rd10)
 
 Il Consiglio comunale, con la deliberazione n. 62 del 18.12.2000,  approvava la  variante generale n. 15 al PRGC, controdeducendo alle opposizioni ed  osservazioni e rispondendo alle riserve regionali.
 
 Con deliberazione della Giunta regionale n. 1213 del 13 aprile 2001,  veniva  confermata la esecutività della deliberazione consiliare n. 62/2000.
 
 Con decreto n. 0115/Pres. del 20.4.2001 il Presidente della Giunta  regionale,  fatto proprio il parere del CTR n. 46/1-T/O1, del 13.3.2001, confermava  l’esecutività dello strumento urbanistico, introducendo d’ufficio le  modifiche  conseguenti al mancato accoglimento delle riserve vincolanti poste con  la citata  delibera giuntale n. 3996 del 23.12.1999.
 
 Ciò premesso, come si è visto, il gravame è diretto all’annullamento:
 
 a) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia (TS) del 13  aprile1999,  n. 21, recante la adozione della variante generale al Piano regolatore  generale  comunale n. 15, in parte qua;
 
 b) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia del 18 dicembre  2000, n.  62, recante la approvazione della variante generale del PRGC, n. 15, in  parte  qua;
 
 e) del decreto del Presidente della Giunta Regionale del Friuli Venezia  Giulia  del 20 aprile 2001, n. 0115/Pres, recante la conferma parziale  dell’esecutività  della deliberazione consiliare di approvazione della variante generale  del PRGC,  n. 15 e della deliberazione della Giunta regionale n. 1213 del 13 aprile  2001,  recante la introduzione di modifiche e la conferma parziale della  esecutività  della deliberazione consiliare n. 62/2000, in parte qua;
 
 d) di ogni altro atto comunque, connesso, presupposto o conseguente.
 
 Il thema decidendum ruota intorno ai poteri pianificatori comunali e  regionali  in materia di ambiente e di paesaggio.
 
 Al riguardo non sembra inutile ricordare che il significato del termine  «urbanistica» è andato sempre più identificandosi con la generale  disciplina  dell'uso del territorio: intesa, cioè, come regolamentazione degli  insediamenti  umani e non solo come disciplina dello sviluppo della città.
 
 Il legislatore, attraverso l'indicazione di valori per la prima volta  «normativizzati»  (acqua, aria, suolo, valori artistici, storici, archeologici,  paesaggistici, lo  stesso paesaggio come specchio della civiltà e della cultura nella  natura) ha  inteso riportare le singole parti all'integrità del tutto cui  appartengono, cioè  all'ambiente come « ciò che circonda la persona » e ne determina la  qualità  della vita sotto il profilo fisico e morale; e questo ha fatto con il  riconoscimento formale dell'ambiente, come bene unitario sebbene a varie   componenti, in armonia con i precetti costituzionali che vogliono  quest'ultimo  in posizione primaria (cfr. sent. Corte cost. n. 641 del 30 dicembre  1967;  T.A.R. Lombardia, 17 gennaio 1990, n.15).
 
 In particolare, con la sentenza testè citata, la Corte costituzionale ha   osservato come la circostanza che «l'ambiente possa essere fruibile in  varie  forme e differenti modi, così come possa essere oggetto di varie norme  che  assicurano la tutela dei vari profili in cui si estrinseca, non fa venir  meno e  non intacca la sua natura e la sua sostanza di bene unitario che  l'ordinamento  prende in considerazione» e che tutela proprio in quanto «elemento  determinativo  della qualità della vita »: il bene giuridico « ambiente » - ha  sottolineato il  Giudice delle leggi - appartiene alla categoria dei «cosiddetti beni  liberi,  fruibili dalla collettività e dai singoli » e come tale non è oggetto di   situazioni soggettive di tipo appropriativo.
 
 Detto questo, quanto ai soggetti pubblici istituzionalmente deputati a  dettare  norme in materia urbanistica, non è revocabile in dubbio che, alla  stregua delle  suesposte osservazioni, essi possano statuire anche in materia  ambientale:  materia, questa, sussumibile nella nozione di “urbanistica”.
 
 Più specificatamente, in relazione al caso di specie, è a dirsi che lo  Statuto  della Regione Friuli-Venezia Giulia non prevede espressamente una  competenza  regionale per la tutela dell'ambiente.
 
 Tuttavia, come esattamente rilevato nel piano urbanistico regionale, in  coerenza  con una evoluzione dottrinale e anche legislativa oramai datata, la  possibilità  di dettare norme, stabilire vincoli e procedure a tutela dell'ambiente  naturale  deve ritenersi compresa nella competenza legislativa e amministrativa in  materia  urbanistica, che è comune a tutte le Regioni a statuto ordinario come a  quelle  statuto speciale: anche per il Friuli-Venezia Giulia l’urbanistica è  indicata  fra le materie di competenza primaria dall’art. 4 n. 12 dello Statuto  (Cfr.,  secondo una giurisprudenza risalente, Cons. St., VI, 15 settembre  1986,n.720).
 
 Assodato questo, quanto alla istituzionale competenza comunale in  materia  urbanistica, essa – ripetesi - è pacifica, alla stregua di precise  previsioni  ordinamentali; in particolare (da ultimo, con riferimento all’epoca del  ricorso  in esame) l’art.13 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267  (recante il  :”Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), che ha  novellato  l’art. 9 della legge 8 giugno 1990, n. 142, così recita:” 1. Spettano al  comune  tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il  territorio  comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e  alla  comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo  economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri  soggetti dalla  legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze [……]”.
 
 Per quel che riguarda il Friuli-Venezia Giulia – sempre con riferimento  alla  normativa vigente all’epoca del ricorso - specifiche disposizioni  attribuiscono  ai Comuni poteri pianificatori in materia ambientale: in particolare, la  legge  regionale 19 novembre 1991, n. 52 (ad oggetto: ”Norme regionali in  materia di  pianificazione territoriale ed urbanistica”), all’art. 29 (Finalità) ha  stabilito che:” 1. I Comuni devono dotarsi di un piano regolatore  generale  comunale (PRGC) al fine di disciplinare l'uso e l'assetto dell'intero  territorio  comunale [……].
 
 2. Il PRGC è lo strumento di sintesi di tutte le disposizioni in materia  di  assetto territoriale del territorio comunale.
 
 3. In particolare il PRGC è finalizzato a garantire:
 
 a) la tutela e l'uso razionale delle risorse naturali nonché la  salvaguardia dei  beni di interesse culturale, paesistico ed ambientale;[……]”.
 
 Il successivo art. 30 (Contenuti ed elementi) ha previsto che :”1. Il  PRGC, che  considera la totalità del territorio comunale, deve contenere: […….] c)  la  definizione degli interventi per la tutela e valorizzazione delle  risorse  naturali, ambientali, agricole, paesistiche e storiche, con  l'indicazione dei  vincoli di conservazione imposti da normative sovraordinate;[……]
 
 2. Con il PRGC possono essere posti vincoli di inedificabilità  relativamente a:
 
 a) protezione delle parti del territorio e dell'edificato di interesse  ambientale, paesistico e storico-culturale;”[…..].
 
 Fermi restando siffatti poteri in capo ai Comuni, occorre doverosamente  puntualizzare che in sede di pianificazione del territorio questi ultimi  non  possono in alcun caso trascurare l'esistenza e la cogenza di altri  strumenti  pianificatori, ancorché riconducibili ad altri soggetti istituzionali  (in  particolare, i Comuni non possono disattendere i piani territoriali  paesistici  elaborati dalla Regione od altri piani similari), considerata la  tendenziale  unitarietà ed omogeneità delle previsioni che devono caratterizzare, in  un  coordinato assetto globale, i diversi strumenti pianificatori del  territorio:  questo perché il potere pianificatore è preordinato alla ordinata  programmazione  e sviluppo delle aree abitate ed alla salvaguardia dei valori non solo  urbanistici, ma – si ribadisce ancora una volta - anche dei valori  ambientali  esistenti (Cfr., ex pluribus, Cons. Stato, IV Sez., 14 dicembre 1993, n.   1068;T.A.R. Lazio, II, 14 settembre 1994, n.1028).
 
 E’ d’uopo ulteriormente precisare – in relazione al caso di specie - che   l'Autorità urbanistica, nell'esercizio dei suoi poteri di  pianificazione, non è  vincolata – di norma - al pedissequo recepimento dei vincoli discendenti  dai  provvedimenti adottati dalle Amministrazioni preposte alla tutela degli  interessi di carattere storico, ambientale e paesistico, ma è  legittimata ad una  nuova e diversa valutazione degli stessi: la quale, nel rispetto dei  vincoli  predetti, può portare a nuove ed ulteriori limitazioni (Cfr., secondo  una  giurisprudenza risalente, Cons. Stato, Ap., 19 marzo 1985, n. 6; T.A.R.  Toscana,  16 novembre 1987, n.1349).
 
 Inoltre – sempre in relazione al caso di specie e con riferimento ai  rilievi  attorei – va detto che i beni aventi valore ambientale e paesistico  costituiscono una categoria originariamente di interesse pubblico,  rispetto alla  quale è da escluderne l'equiparazione a quella relativa ai vincoli  imposti con  provvedimenti amministrativi comportanti la espropriazione: vincoli –  questi  ultimi - soggetti all'obbligo costituzionalmente garantito di  corrispondere un  indennizzo.
 
 Alla luce di quanto testè detto, la competenza comunale (e regionale,  secondo lo  schema dell’atto complesso, segnatamente per quanto riguarda i piani  regolatori  comunali) è fuori discussione.
 
 Questa conclusione non è scalfita dal fatto che la legge ha previsto la  redazione di piani paesistici ed ambientali o di “piani territoriali  regionali  paesistici”(art. 1 bis della legge 8 agosto 1985, n.431; art. 82 del  D.P.R. 24  luglio 1977, n. 616; artt. 5 , comma 3, 18, 134, 139 della legge  regionale 19  novembre 1991, n. 52; artt. 138 ss. , art. 149 del decreto legislativo  29  ottobre 1999, n. 490). Ed invero, non bisogna confondere il generale  potere  pianificatorio comunale in materia ambientale, di cui si è parlato, con  il  potere attribuito dalla legge ad altri soggetti, e ,segnatamente, alla  Regione  ed alla Provincia (ma anche allo Stato) di predisporre degli speciali  strumenti  di pianificazione nella medesima materia, ai quali gli enti sotto  ordinati (in  particolare i Comuni) devono uniformarsi.
 
 Su questo punto si è già accennato sopra.
 
 Occorre, ulteriormente ricordare che, per giurisprudenza consolidata, le  scelte  urbanistiche costituiscono apprezzamento di merito sottratto al  sindacato di  legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto, da  travisamento,  o da abnormi illogicità e contraddittorietà (Cfr. tra le tante,  Cons.St., Ad.  plen., 22 dicembre 1999, n. 24; IV, 31 gennaio 2005, n. 259; 25 luglio  2001, n.  4077; 22 maggio 2000, n. 2934; 9 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio 1999,  n.  121;T.A.R. Lombardia, Brescia 28 giugno 1990, n. 770, T.A.R. Toscana, I  Sez., 27  gennaio 1994 n. 39; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 24 settembre 1994, n.  349 e;  23 febbraio 2002, n. 50; 26 luglio 2006, n. 482;T.A.R. Abruzzo,  Pescara,11  luglio 1998, n. 496).
 
 Sotto il profilo motivazionale, poi, è stato deciso che la destinazione  data con  lo strumento urbanistico ad un’area o ad una zona del territorio  comunale e le  connesse valutazioni dell'Amministrazione non necessitano di apposita  motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali di  ordine  tecnico-discrezionale seguiti nell’impostazione del piano stesso:  criteri che  possono essere desunti anche dagli elaborati tecnici che lo  accompagnano,  richiamati dal provvedimento conclusivo (Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 22   dicembre 1999, n. 24,cit.; IV, 31 gennaio 2005, n. 259; 25 luglio 2001,  n. 4077;  22 maggio 2000, n. 2934; 9 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio 1999, n.  121, cit.;  IV,12 giugno 1995, n. 439; 4 marzo 1993, n. 240; IV Sez., 11 dicembre  1979, n.  1141).
 
 In particolare, la giurisprudenza ha avvertito che le scelte  urbanistiche  destinate a tutelare l’ambiente (anche quando consistono nell’imprimere  ad  un’area il connotato di zona agricola o di parco privato o di verde  privato),  non richiedono una diffusa analisi argomentativa con riguardo al valore  del  paesaggio, a mente dell’art. 9 della Costituzione (Cfr., ex permultis,  Cons.St.,  IV, 1° febbraio 2001, n. 420; 8 maggio 2000, n. 2639 e 19 gennaio 2000,  n. 245).
 
 Ciò ricordato, ritiene il Collegio di dovere, altresì, richiamare il  consolidato  - e risalente - orientamento giurisprudenziale, secondo il quale le  scelte  urbanistiche che l'Amministrazione compie per la disciplina del  territorio  comunale non comportano di regola la necessità di una specifica  motivazione che  tenga conto delle aspirazioni dei privati (Cfr., per tutte, Cons. St.,  Ap., 21  ottobre 1980, n. 37; IV Sez., 11 gennaio 1985, n. 2; IV Sez., 2 luglio  1983, n.  488; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 24 settembre 1994, n. 349 e 26 luglio  2006,  n. 482; 23 febbraio 2002, n. 50).
 
 Tale principio (che comunque non preclude al giudice amministrativo di  verificare se le scelte operate siano irrazionali o manifestamente  illogiche e  contraddittorie) è operante anche quando l'Autorità urbanistica adotti  una  variante, anche generale, al piano vigente (Cfr. Cons. St., IV Sez., 30  giugno  1993, n. 642; IV Sez., 2 luglio 1983, n. 488), sulla base di una diversa   valutazione delle esigenze pubbliche (Cfr., Cons. St., IV Sez., 20 marzo  1985,  n. 96), essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione  d'accompagnamento al progetto di modificazione (Cfr. Cons.St., IV Sez., 4  marzo  1993, n. 240; IV Sez., 11 dicembre 1979, n. 1141), pur quando la  variante  disponga vincoli sulla proprietà privata, prevedendone l'espropriazione o  la  inedificabilità assoluta.
 
 I suesposti principi in tema di motivazione degli strumenti urbanistici,   ribaditi dall'art. 3, secondo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241  (in base  al quale :” …….La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e  per  quelli a contenuto generale”…), subiscono, però, un correttivo – così è  stato  stabilito da una giurisprudenza lontana nel tempo, ma che ancora oggi  incontra  un significativo seguito - quando particolari situazioni abbiano creato  aspettative qualificate o concreti affidamenti (Cfr. Cons. St., IV Sez.,  4  settembre 1985, n. 328; IV Sez., 13 aprile 1984, n. 243) in favore di  soggetti,  le cui posizioni appaiono meritevoli di speciale considerazione (Cfr.,  Cons.  St., IV Sez., 13 maggio 1992, n. 511; IV Sez., 27 aprile 1989, n. 267).
 
 In questo contesto non è inutile ricordare che la posizione del privato è   recessiva di fronte al potere di pianificazione rimesso dall'ordinamento   all'Ente esponenziale della comunità e nell'esercizio del quale  l'Amministrazione si fa portatrice dell'interesse collettivo (Cfr.  T.A.R.  Toscana, III, 21 novembre 1998, n. 396).
 
 Alla luce delle surriferite coordinate normative e giurisprudenziali,  una prima  considerazione di ordine generale da farsi è quella che le scelte  pianificatorie  del Comune di Muggia, qui contestate, si sottraggono ai rilievi attorei.
 
 Si è visto sopra che, per giurisprudenza consolidata, le scelte  urbanistiche  costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di  legittimità,  salvo che non siano inficiate da errori di fatto, da travisamento, o da  abnormi  illogicità, irrazionalità e contraddittorietà.
 
 Ora, non è revocabile in dubbio che – a parte le ipotesi di errori di  fatto, di  travisamento e di contraddittorietà, laddove questa sia manifesta – i  casi di  abnorme illogicità od irrazionalità si correlano ad un giudizio di  valore che  necessariamente non è ancorato a parametri oggettivi, incontrovertibili e   predeterminati.
 
 Da ciò deriva la conseguenza che i referti di disvalore riposano su  elementi  assolutamente opinabili (se si escludono i casi limite di abnormità ictu  oculi  rilevabili in base alla semplice rappresentazione della realtà).
 
 Questo è tanto più vero in tema di scelte che impingono su valori  ambientali  (comprensivi, come si è visto, di quelli paesaggistici), ove si  coordinano una  pluralità di interessi e di istanze che non sono riconducibili ad uno  spettro  unitario.
 
 Ed invero, in disparte la difficoltà di individuare, concretamente, di  volta in  volta, questa categoria, ossia quella dei valori ambientali (atteso un  indiscusso margine di opinabilità: con la sola eccezione per i beni  oggetto di  una espressa tutela normativa), è evidente che la violazione di questi  valori  implica un giudizio che si appalesa latamente discrezionale.
 
 Nel caso di specie il Collegio ritiene che le doglianze attoree non  rappresentino delle situazioni affette ictu oculi da abnorme illogicità  od  irrazionalità, bensì delle situazioni che si prestano, alla stregua di  un  giudizio soggettivo, a rilievi critici.
 
 Neppure questi rilievi sono, però, apprezzabili, perché le scelte de  quibus non  appaiono, comunque, confliggere con l’esigenza di salvaguardare  l’ambiente,  inteso secondo lo schema surriferito, compatibilmente con altre  esigenze, quali  gli insediamenti abitativi e gli interventi di natura turistica,  industriale,  commerciale, ecc.
 
 Contrariamente opinando, potrebbe ritenersi – in astratto - che  qualsiasi  modifica dell’assetto territoriale sia suscettibile di pregiudicare i  valori  ambientali.
 
 Nel caso di specie, come risulta dalla documentazione versata agli atti  e, in  particolare, dagli interventi regionali nel corso dell’iter approvativo  della  variante, non è dato ravvisare la contrarietà ai valori ambientali  denunciati  dalla associazione ricorrente.
 
 Non è dato, neppure, ravvisare delle carenze sotto il profilo  motivazionale, nel  ristretto ambito – come si è detto – in cui è consentito indagare lo  spettro  giustificativo.
 
 Ciò vale, segnatamente, per le zone di Punta Ronco, di Punta Sottile,  per la  zona G1 in località Lazzaretto, per l’area del Bosco di Punta Ronco, del  Bosco  San Rocco e dei Laghetti delle Noghere (di cui si dirà amplius più  avanti).
 
 Fatte salve le suesposti conclusioni e venendo ai singoli mezzi, il  Collegio ne  rileva l’infondatezza.
 
 Quanto ai primi due mezzi – da esaminarsi congiuntamente - afferenti le  33  osservazioni/opposizioni (su un totale di 192 complessive) presentate  dalla  ricorrente Associazione, va premesso che le osservazioni e le  opposizioni al  piano regolatore generale di un Comune si riferiscono a due distinte  sfere di  interessi; le prime, infatti, si sostanziano in suggerimenti di modifica  o delle  linee generali del piano o di previsioni specifiche di esso, che  incidono su  situazioni di interesse diffuso di tutti i residenti nella zona; le  seconde,  invece, si concretizzano in vere e proprie censure a specifiche  previsioni  urbanistiche che, riguardando in modo diretto l'opponente, incidono su  posizioni  di interesse legittimo del proprietario leso dall'atto di pianificazione  e non  rientrano, quindi, nel modello partecipativo, ma costituiscono, al  contrario,  esercizio di un vero e proprio interesse oppositivo (Cfr. T.A.R. Puglia,  II, 20  ottobre 1994, n.1379).
 
 Detto questo, è pacifico che le suddette osservazioni ed opposizioni  impongono  all'Amministrazione, anche in ossequio al citato art. 3 della legge 7  agosto  1990, n. 241, l’obbligo di motivare congruamente la loro eventuale  reiezione, in  modo che sia assicurata l'esigenza che le scelte urbanistiche siano non  soltanto  formalmente legittime, ma anche in concreto razionali ed opportune  nell'interesse reale della popolazione (Cfr. Csi,1° giugno 1993, n. 227;   T.R.G.A., Bolzano, 25 febbraio 1998, n. 42).
 
 E’ stato, altresì, avvertito che non si rende necessaria una motivazione   particolarmente penetrante, essendo sufficiente una motivazione dalla  quale  possa evincersi con chiarezza la ratio del provvedimento di rigetto  (Cfr. Cons.  Stato, IV Sez., 15 luglio 1999, n. 1237 e Csi. 1 febbraio 2001, n. 42;  T.A.R.  Sicilia, 21 gennaio 2008, n. 66 e 18 gennaio 2000, n. 44; T.R.G.A., 23  aprile  2002, n. 174).
 
 Il Collegio ritiene che i referti giustificativi effusi dall’intimato  Comune di  Muggia, ancorchè sintetici (anche in relazione alla individuazione della   identità dei proponenti, qualificati, correttamente – ancorchè  compendiosamente  - come “Società ambientaliste”), siano stati adeguatamente  rappresentativi delle  ragioni poste a fondamento delle determinazioni reiettive: tenuto conto  del  fatto che le motivazioni rese vanno necessariamente integrate dai  riscontri  testuali emergenti dagli atti della variante.
 
 Quanto alla scansione procedimentale relativa alla fase partecipativa  delle  osservazioni ed opposizioni, dagli atti di causa e, segnatamente, dalle  impugnate deliberazioni comunali (v., anche, la nota del Sindaco di  Muggia prot.  n. 3669 del 5.2.2001, inviata alla Direzione regionale per le Autonomie  Locali –  Comitato Regionale di Controllo, in risposta alla ordinanza istruttoria  del  20.1.2001, riguardante la deliberazione consiliare n. 62 del 18.12.2000)  non è  dato evincere che i consiglieri comunali non abbiano esaminato e votato  gli  apporti dati dai privati (che erano stati messi a disposizione sia dei  membri  della II^ Commissione consiliare che dei singoli consiglieri); al  contrario, la  suddetta deliberazione dà espressamente atto della regolarità della  procedura  sotto il profilo motivazionale dei provvedimenti reiettivi: la  motivazione è  data per relationem alla scheda valutativa complessiva n. 117  predisposta dagli  Uffici, che fa parte integrante della medesima deliberazione n. 62/2000  (scheda  compilata sulla base del documento, redatto dagli Uffici comunali e dai  progettisti, così intitolato: “Principi informatori alla base della  disamina  delle osservazioni e delle opposizioni”).
 
 Neppure il terzo ed il quarto motivo – da esaminarsi congiuntamente -  meritano  condivisione.
 
 Contrariamente a quanto opina l’istante, alla deliberazione consiliare  n. 62 del  18.12.2000 sono allegate le “intese” di cui trattasi, intervenute tra  l’intimato  Comune e l’Ezit, la Capitaneria di Porto e l’Autorità Portuale a mente  dell’art.  32, comma 5 della legge regionale n. 52 del 1991: si è trattato, in  sostanza, al  di là delle espressioni usate, di proposte comunali di contenuto  pianificatorio  condivise dagli Enti suddetti e formalmente assentite (l’Ezit lo ha  fatto con  deliberazione del Consiglio direttivo n. 273/00 del 13.7.2000 e  l’Autorità  Portuale con deliberazione n. 31/2000/CP del 26.9.2000: quest’ultima  Autorità –  occorre sottolineare - aveva espresso dei meri auspici per quanto  riguarda  l’area dell’ex Raffineria Aquila nonché la realizzazione di una zona  industriale  a vocazione portuale nell’area retrostante il Terminal Contenitori).
 
 Va soggiunto che, come esattamente sottolineato dalla Regione  resistente, la  ricorrente si sofferma sulle valutazioni espresse dalla Capitaneria di  Porto,  dall’EZIT e dall’Autorità portuale di Trieste; se non che queste  valutazioni  comportano una verifica di puro merito e non di legittimità; inoltre, le  intese  non sono state contestate da parte degli Enti interessati in quanto, per   l’appunto, ritenuti veri e propri atti di intesa alla stregua della  disposizione  surriferita.
 
 Con il quarto motivo la ricorrente si duole dell’individuazione in  ambiti di  interesse ambientale di interventi di rilevante impatto turistico e  ricettivo,  denunciando l’incoerenza delle scelte comunali con il quadro conoscitivo  del  territorio.
 
 Va premesso che la questione è stata oggetto di specifica riserva  regionale  (riserva Rd10): il CTR, per il settore agricolo ambientale, entro cui si   collocano gli ambiti in argomento, aveva espresso alcune considerazioni  sugli  aspetti naturalistici, ambientali e paesaggistici, indicandoli in  zonizzazione  come ambiti zonali sovraordinati sia alle zone agricole che alle zone  adibite ad  altri usi, quali quelli turistici e produttivi.
 
 L’Organo tecnico regionale, e, quindi, la Giunta regionale, sia pure nel   contesto di un giudizio di massima favorevole, aveva espresso talune  perplessità  – chiedendo gli opportuni chiarimenti - circa la disciplina delle zone  di  interesse naturalistico, ambientale e paesaggistico, con particolare  riguardo  alle zone di Punta Ronco e Punta Sottile, interessate dalla previsione  di  strutture turistiche.
 
 Il Comune introduceva, quindi, gli opportuni correttivi alla normativa,  onde  renderla più chiara ed azionabile, in linea con i principi informatori  del Piano  e con le esigenze di tutela connesse agli ambiti in questione.
 
 In sede di conferma dell’esecutività del Piano, il CTR ha riconosciuto  superata  la riserva, rawisando adeguati i correttivi apportati alla normativa di  Piano in  rapporto alle citate finalità di tutela.
 
 Occorre sottolineare che la impugnata variante, delle tre aree previste  (aree di  interesse naturale, di interesse paesaggistico e di interesse  ambientale) ha  attribuito un maggior livello di tutela a quelle di interesse  naturalistico e  paesaggistico; per le aree di interesse ambientale, ancorchè tutelate in  misura  idonea, è previsto un maggiore spettro di urbanizzazione, e, in genere,  di  destinazioni d’uso (v. Relazione generale illustrativa di cui al punto  8.1 ed  8.1.1, nonché l’art. 17 delle Norme tecniche di attuazione).
 
 Per quanto riguarda la lamentata carenza di motivazione da parte del  Consiglio  comunale in relazione alle osservazioni presentate dalla Associazione  ricorrente, vanno confermate le considerazioni suesposte, nel senso che i   referti giustificativi forniti dal Comune, sia pure succinti, appaiono  congrui;  anche perché questi referti – come già si è detto – vanno  necessariamente letti  insieme agli atti della variante, che li integrano.
 
 In particolare, il Comune ha sottolineato la presenza, in queste aree,  di un  Piano regolatore particolareggiato comunale d’iniziativa privata, che,  in quanto  tale, andava salvaguardato.
 
 Circa il sesto mezzo, va detto che, quanto all’area d’interesse  naturalistico  relativa al Rio Almerigotti, in essa insisteva un Piano attuativo in  itinere,  per il quale il Comune ha individuato una situazione di legittimo  affidamento:  con la variante de qua viene mantenuta la fascia boscata E2 lungo il  predetto  Rio (tranne che nel tratto più prossimo alla Strada provinciale n. 14,  dove  viene confermata la destinazione turistica).
 
 Di qui il convincimento – espresso in esordio – che la tutela degli  interessi  ambientali sia stata adeguatamente apprezzata e contemperata con  interessi di  altra natura.
 
 Riguardo all’esigenza di tener conto di un sito archeologico meritevole  di  tutela (molo romano), del quale fa cenno la Soprintendenza archeologica e  per i  beni ambientali, architettonici, artistici e storici del Friuli Venezia  Giulia  con la nota n. 7807/19.0 del 28.07.1999, dagli elaborati della variante  non è  dato trarre la conclusione che questo sito sia suscettibile di  compromissione;  in ogni caso, appare discutibile che la impugnata variante dovesse  contenere una  specifica previsione di salvaguardia.
 
 Quanto al settimo mezzo, circa la scelta di destinare ad aree a verde  pubblico  degli ambiti di interesse naturalistico, questa – al pari delle altre  scelte  azzonative censurate – non si appalesa irrazionale o contraddittoria,  tenuto  conto della circostanza che trattasi di interventi minimi destinati ad  integrarsi con le caratteristiche naturalistiche del luogo.
 
 Del tutto congrue si appalesano, poi (al pari delle altre) le  controdeduzioni  comunali alle osservazioni della società ricorrente (n. 22 della scheda  n. 117)  relative alla zona S5a: controdeduzioni che sottolineano l’utilizzo  pubblico  dell’area e la preclusione di nuove edificazioni.
 
 L’ ottavo motivo riguarda l’area di Bosco Punta Ronco.
 
 Si possono riproporre – mutatis mutandis – le considerazioni sopra  svolte in  relazione al quinto motivo, relativamente alla possibilità di interventi   edificatori in aree di interesse ambientale.
 
 Il nono mezzo concerne il Bosco di San Rocco.
 
 Il CTR, sul punto, ha formulato una precisa riserva (riserva Rd2),  rilevando una  zona C a monte del Porto di San Rocco, nonchè una porzione di zona B  immediatamente adiacente ed evidenziando come l’ambito si collochi per  gran  parte su un’area che il Piano struttura indicava come aree boschive,  rientranti  anche nelle zone tutelate dalla L. n. 1497/39: trattandosi di zona  vincolata e  di dichiarato valore naturalistico ambientale, veniva espressa una  riserva, con  la richiesta al Comune di verificare la compatibilità di tali  caratteristiche  con le scelte di espansione residenziale, ritenute idonee a comprimere  l’esigenza di tutela ed in quanto tali non condivisibili.
 
 Il Comune controdeduceva a tale riserva confermando le previsioni  azzonative del  Piano, in quanto frutto di situazioni pregresse, subordinando però la  redazione  dei progetti ad uno studio approfondito del patrimonio arboreo, tale da  tutelare  le macchie più fitte nonchè le essenze pregiate e vietando la  trasformazione dei  muretti a secco nonchè dei terrazzamenti a pietrame.
 
 La riserva veniva ritenuta superata in quanto le previsioni si  appalesavano  adeguatamente motivate sia dalla analoga destinazione d’uso contenuta  nel  vigente strumento urbanistico, sia dagli accorgimenti tecnici introdotti  allo  scopo di tutelare il pregio ambientale dell’area attraverso  l’approfondita  valutazione del patrimonio naturalistico esistente.
 
 Il Collegio, nel ravvisare la sufficienza delle controdeduzioni comunali  (che  rinviano ad analoghe previsioni per le aree verdi S5) alla osservazione  presentata sul punto dalla ricorrente associazione (n. 27 della scheda  n. 117),  ritiene – al pari della Regione - che le motivazioni addotte dal Comune  per  superare la riserva siano assentibili, con particolare riguardo al fatto  che le  esigenze di salvaguardia dell’ambiente sono state idoneamente  compatibilizzate  con esigenze di diverso tenore (in specie, subordinando l’intervento in  zona C1  ad uno specifico studio ambientale).
 
 Il decimo motivo riguarda l’attività estrattiva (storicamente insediate  sul  Monte Castellier), ricadente nell’ambito del Bosco Farnei.
 
 La determinazione di confermare queste possibilità di intervento non  sembra  confliggere con il comparto di interesse ambientale su cui insiste  (tenuto,  anche, conto del previsto ripristino ambientale dell’area al termine  dell’attività estrattiva).
 
 Del tutto ineccepibili si appalesano le motivazioni comunali (fondate  sulla  risalenza nel tempo della industria estrattiva e sul ripristino  ambientale di  cui si è detto) in ordine alla relativa osservazione (la n. 28 della  scheda n.  117):
 
 Con l’undicesimo mezzo la ricorrente si duole della decisione di  destinare ad  attività industriali parte dell’area dei Laghetti delle Noghere, in  asserita  violazione del rilevante interesse naturalistico della medesima.
 
 La Regione, con la riserva Rd7 formulata dal CTR con il parere 204/1  -T/99  dell’8.11.1999, aveva sollecitato l’Amministrazione comunale a chiarire  la  compatibilità delle indicazioni di Piano non omogenee ed insistenti  sulla stessa  area.
 
 Alla luce di ciò e nell’ambito dell’intesa raggiunta con l’EZIT (nel cui   comprensorio ricade l’area in questione), il Comune modificava  parzialmente tale  zonizzazione, confermando la destinazione industriale, ma introducendo  la  previsione di una fascia di zona omogenea E2/2 destinata a circondare  due lati  dell’ambito stesso.
 
 Il CTR, con il parere 46/1-T/O1 del 13.03.2001, riteneva la riserva  superata, in  considerazione delle modifiche azzonative operate dal Comune, ritenute  idonee ad  assicurare la salvaguardia delle esigenze naturalistiche e produttive  della zona  de qua.
 
 Il Collegio, ravvisa anche in questo caso la adeguatezza dei referti  comunali  circa la relativa osservazione (n. 31 della scheda n. 117), basati sul  parziale  accoglimento della osservazione stessa (creazione di una fascia verde di   cuscinetto a protezione delle sponde dell’Ospo).
 
 Quanto al dodicesimo motivo, concernente l’ampliamento del lungomare (la  linea  di costa) tra il centro della città e Punta Sottile, nel ravvisare la  sufficienza (ancorchè la formulazione non sia perspicua) della  giustificazione  comunale in relazione alla osservazione presentata dalla deducente (la  n. 3  della scheda n. 117, postulante una preventiva procedura di V.I.A.),  fondata, in  buona sostanza, sulla mancanza di una specifica procedura di VAS (non  esistente  all’epoca), anch’esso non merita accoglimento, posto che l’intervento de  quo  (frutto anche dell’”Intesa” con l’Autorità Portuale e la Capitaneria di  Porto) è  volto a migliorare la viabilità lungo la SP n. 14, nonché la fruizione  della  costa ed è soggetto ad appropriate valutazioni tecniche e  paesaggistiche.
 
 E’ evincibile, quindi, un generale apprezzamento dei valori ambientali,  secondo  i principi sopra esposti.
 
 Riguardo il tredicesimo mezzo, relativo alla modifica della linea di  costa in  ambito industriale - portuale, nel ravvisare la congruità del referto  giustificativo comunale (la necessità di una apposita intesa con l’EZIT)  in  relazione alla osservazione n. 32 della scheda n. 117, il Collegio  osserva che  la destinazione urbanistica dell’area de qua deriva dalla doppia intesa  con  l’Autorità Portuale e con l’Ezit e si appalesa del tutto consona ad un  assetto  razionale dell’intero comparto.
 
 Circa il quattordicesimo ed ultimo mezzo, la ricorrente contesta la  correttezza  dell’operato regionale, rawisando il vizio di violazione di legge nella  parte in  cui il Presidente della Regione con il decreto n. 01 15/Pres. del  20.04.2001, ha  ritenuto superate le riserve Rd2, Rd7 e Rd10.
 
 Il superamento – ritiene il Collegio – è avvenuto sulla base di  un’accurata  analisi delle controdeduzioni comunali.
 
 Con riguardo alla riserva Rd2, il CTR ha rilevato che la risposta  comunale era  da ritenersi in linea con i principi informatori della riserva medesima,   mediante la introduzione di un preventivo studio del patrimonio arboreo  esistente, tale da assicurare la tutela delle macchie di vegetazione più  fitte e  le essenze pregiate (in sostanziale conformità allo strumento  urbanistico allora  vigente).
 
 Circa la riserva Rd7, va detto che il Comune ha parzialmente modificato  l’azzonamento di Piano e la destinazione industriale, ma ha introdotto  contemporaneamente la previsione di una fascia di zona omogenea E2/2,  destinata  a circondare due lati dell’ambito stesso, in una prospettiva di tutela  naturalistica ed ambientale.
 
 Con la riserva Rd10, poi, il CTR evidenziava che le zone di Punta Rocco e  Punta  Sottile erano interessate da strutture turistiche di previsione, la cui  attuazione sembrava compromessa dalla necessità di tutela sancita dalla  variante.
 
 Il Comune introduceva, conseguentemente, degli opportuni correttivi alla   normativa di Piano che la rendevano più chiara, gestibile e soprattutto  coerente  con i principi informatori del Piano stesso.
 
 In conclusione, alla luce delle complessive considerazioni che  precedono, il  ricorso va respinto.
 
 Le spese del giudizio possono venire compensate, sussistendone le giuste   ragioni.
 P.Q.M.
 il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia,  definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni  contraria  istanza ed eccezione,
 
 lo rigetta.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 24 marzo  2010 con  l'intervento dei Magistrati:
 
 Saverio Corasaniti, Presidente
 Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
 Rita De Piero, Consigliere
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 30/04/2010
 
                    




