 TAR Piemonte Sez. I n. 2356 del 7 maggio 2010
TAR Piemonte Sez. I n. 2356 del 7 maggio 2010
Urbanistica. Individuazione confini
In situazioni dominicali risalenti e connotate anche da condizioni del territorio particolari, quali l’acclività e la natura scoscesa dei terreni, la presenza di segni materiali esteriori di antica origine quali muri in pietra realizzati con tecnica a secco, soprattutto se esistenti tra fondi posti a dislivello, l’Amministrazione deve conferire il giusto rilievo significante a siffatti elementi materiali nella individuazione dei reali confini tra fondi finitimi, non potendosi arrestare al dato emergente dalle risultanze catastali, le quali: 1.sono dotate, per costante incontrastata giurisprudenza, di una valenza probatoria soltanto residuale e pertanto cedevole a fronte di emergenze di natura reale; 2. devono essere stimate ancor più inattendibili nelle riferite particolari situazioni del territorio, contraddistinte da acclività, natura scoscesa dei terreni, presenza in loco di segni esteriori materiali, quali muri a secco di antica origine o termini lapidei (non a caso il Codice civile del 1942 istituì l’actio regundorum finum e l’apposizione di termini: art. 951 c.c.).
E’, del resto, patrimonio memoriale comune il dato che i muri a secco nelle campagne e nei territori montani more solito sostanziano dei veri e propri confini tra fondi, rappresentando la reale situazione dominicale in maniera ben più fedele che non le risultanze del catasto terreni.
N. 02356/2010 REG.SEN.
 N. 01244/1990 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
 
 (Sezione Prima)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 Sul ricorso numero di registro generale 1244 del 1990, proposto da:
 Maero Remigio, rappresentato e difeso dagli avv. Salvatore Capello, Gian  Luigi  Graneris, Giorgio Panero, con domicilio eletto presso l’avv. Federico  Bernardi  in Torino, corso A. Tassoni, 16;
 contro
 Comune Melle, non costituito in giudizio;
 
 per l'annullamento,previa sospensione dell'efficacia,
 
 del provvedimento del Sindaco di Melle datato 20.4.1990, con il quale  viene  annullata la concessione edilizia n. 18/89 per la costruzione di  fabbricato  rurale e del provvedimento in pari data col quale il Sindaco ordina la  demolizione delle opere realizzate in forza di tale concessione, nonché  la  remissione in pristino dello stato dei luoghi oggetto di movimenti di  terra in  assenza di autorizzazione di cui alla legge reg. 9.8.1989 n. 45.
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 Esaminate le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 25 marzo 2010 il Referendario  Avv.  Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel  verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
 1. Il ricorrente impugna con il gravame in epigrafe il provvedimento del  Sindaco  di Melle assunto in data 20.4.1990, con il quale viene annullata la  concessione  edilizia n. 18/89 per la costruzione di fabbricato rurale e del  provvedimento in  pari data col quale il Sindaco ordina la demolizione delle opere  realizzate in  forza di tale concessione, nonché la remissione in pristino dello stato  dei  luoghi oggetto di movimenti di terra in assenza di autorizzazione di cui  alla  legge reg. 9.8.1989 n. 45.
 
 Con Ordinanza cautelare n. 790/1990 il Tribunale accoglieva la domanda  di  sospensiva valorizzando il profilo afferente al periculum in mora.
 
 Non si è costituito in giudizio il Comune intimato. Il ricorrente  depositava  memoria il 12.3.2010 e alla pubblica Udienza del 25.3.2010 sulle sue  conclusioni  e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano il ricorso è stato   introitato per la definitiva decisione.
 
 2.1. Il Comune, ultimati i lavori di cui alla concessione edilizia n.  18/89  rilasciata al deducente, accertava che l’immobile da questi realizzato  era posto  a meno di 5 mt dal confine della proprietà comunale. Con ulteriore  sopralluogo  l’Ente rilevava che il manufatto insisteva in parte sul contiguo mappale  n. 175  di proprietà comunale e sulla scorta di tale secondo verbale di  accertamento,  con l’impugnato provvedimento del 20.4.1990 annullava la concessione  edilizia a  suo tempo rilasciata, contestualmente ordinando la demolizione e la  riduzione in  pristino dell’antistante area trasformata in piazzola, parimenti  ritenuta  insistere su suolo comunale e in assenza dell’autorizzazione ambientale  di cui  alla L. Reg. Piemonte n. 45/1989.
 
 2.2. Con il primo motivo il ricorrente deduce carenza di presupposti e  di  istruttoria per essersi il Comune, per accertare che la porzione di  terreno su  cui è stato in parte eretto il fabbricato in causa è di proprietà  comunale,  basato unicamente sulle risultanze catastali, che hanno solo un valore  residuale  ed indiziario,. L’Ente ha trascurato la rilevanza del confine materiale  esistente in loco e costituito da un vecchio muro a secco, che ab  immemorabile  sostanziava il confine reale tra la proprietà del ricorrente e quella  comunale  attigua. Il ricorrente sostiene inoltre che, quand’anche tale muro, come  afferma  nei vari atti il Comune, fosse interno al contiguo mappale comunale,  egli ne  avrebbe comunque usucapito la proprietà per effetto del possesso  pacifico e  continuato esercitato su di esso dal suo dante causa.
 
 Sottolinea anche che si richiedeva al Comune l’effettuazione di  un’approfondita  istruttoria circa l’individuazione del reale confine tra i due fondi,  stante  l’inattendibilità delle risultanze catastali a cagione della natura  scoscesa del  terreno.
 
 3.1. Le doglianze ora riassunte persuadono il Collegio e vanno  conseguentemente  accolte, sulla base di una più articolata interpretazione della vicenda.
 
 Invero, va precisato che non è del tutto esatto che il Comune abbia  individuato  il confine solo sulla base delle mappe catastali, poiché il verbale n.  2/90 del  10.3.1990 (all. 1 alla nota di trasmissione in data 20.9.1990 della  documentazione prodotta in forza dell’Ordinanza istruttoria della  Sezione n.  790/1990) dà atto che “il confine è stato individuato tramite i vecchi  muri in  pietra esistenti, i quali presumibilmente separano la proprietà comunale  da  quella privata”.
 
 Pur avendo, peraltro, i rilevatori, tratteggiato la predetta corretta  linea di  indagine, ossia il giusto rilievo significante da annettere alla  presenza dei  vecchi muri in pietra al fine di risalire ai reali confini tra i fondi,  sono poi  incorsi in errore nel passo successivo, dove, di fatto, hanno vanificato  il  delineato elemento di giudizio, dissolvendolo nell’eccessivo inesatto  peso  probatorio attribuito alle risultanze catastali.
 
 Affermano infatti che “da misurazioni effettuate in loco…è risultato che  il muro  in pietra predetto non è posto sul confine catastale, ma lo stesso è  totalmente  in proprietà comunale e che i confinanti si sono appropriati di una  fascia di  terreno comunale avente larghezza media di circa metri 5,00”.
 
 3.2. Non può non rimarcare il Collegio l’intrinseca contraddittorietà  delle due  predette proposizioni, posto che, avendo correttamente i rilevatori  assunto che  “il confine è stato individuato tramite i vecchi muri in pietra  esistenti, i  quali presumibilmente separano la proprietà comunale da quella privata” e   conferito quindi ai segni materiali esteriori concretantisi nella  presenza di  vecchi muri a secco il valore indiziario, assai rilevante, di  rappresentazione  dei confini, non dovevano poi nullificare siffatto significante  principio di  prova di matrice reale e fattuale, facendolo soccombere a fronte di  risultanze  catastali che, come esattamente denota il ricorrente, non potevano  essere  ritenute attendibili al punto da elidere la pregnanza del cennato  elemento  probatorio reale.
 
 La rilevata contraddizione trasmoda nel difetto di istruttoria e di  presupposto  dedotti dal ricorrente, in quanto a fronte della valenza dell’illustrato  rilievo  già dagli stessi rilevatori annesso al vecchio muro, era onere degli  uffici  tecnici dar corso ad un’adeguata istruttoria intesa ad acclarare gli  effettivi  confini tra le due proprietà, avvalendosi di ogni consentito strumento  di  indagine (assunzione di informazioni testimoniali tra la popolazione più   anziana, esame degli atti notarili databili al periodo storico più  vicino  all’epoca dell’acquisto della proprietà del ricorrente e quant’altro).
 
 3.3. Ritiene al riguardo il Collegio di dover precisare che in  situazioni  dominicali risalenti e connotate anche da condizioni del territorio  particolari,  quali l’acclività e la natura scoscesa dei terreni, la presenza di segni   materiali esteriori di antica origine quali muri in pietra realizzati  con  tecnica a secco, soprattutto se esistenti tra fondi posti a dislivello,  l’Amministrazione deve conferire il giusto rilievo significante a  siffatti  elementi materiali nella individuazione dei reali confini tra fondi  finitimi,  non potendosi arrestare al dato emergente dalle risultanze catastali, le  quali:  1.sono dotate, per costante incontrastata giurisprudenza, di una valenza   probatoria soltanto residuale e pertanto cedevole a fronte di emergenze  di  natura reale; 2. devono essere stimate ancor più inattendibili nelle  riferite  particolari situazioni del territorio, contraddistinte da acclività,  natura  scoscesa dei terreni, presenza in loco di segni esteriori materiali,  quali muri  a secco di antica origine o termini lapidei (non a caso il Codice civile  del  1942 istituì l’actio regundorum finum e l’apposizione di termini: art.  951  c.c.).
 
 E’, del resto, patrimonio memoriale comune il dato che i muri a secco  nelle  campagne e nei territori montani more solito sostanziano dei veri e  propri  confini tra fondi, rappresentando la reale situazione dominicale in  maniera ben  più fedele che non le risultanze del catasto terreni.
 
 Reputa pertanto il Collegio fondata la censura di carenza di istruttoria  e di  presupposto articolata con il primo motivo di ricorso che va quindi  accolto.
 
 4.1 Co il secondo mezzo parte ricorrente rubrica violazione di legge ed  esercizio del potere di autotutela per sanzionare una violazione  edilizia nonché  eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di motivazione e  sviamento, lamentando che il Comune ha fatto uso del potere di  annullamento  d’ufficio della concessione edilizia per reprimere una difformità  esecutiva  rispetto al progetto licenziato.
 
 Il provvedimento impugnato, infatti, annulla la concessione edilizia del  1989,  che era e resta legittima, per sanzionare lo sconfinamento sulla part.  175 di  asserita proprietà comunale, posto in essere dal ricorrente in fase di  realizzazione del progetto e, quindi, in definitiva, per tutelare la  proprietà  comunale. Ma siffatta difformità esecutiva potrebbe unicamente  comportare  l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge per gli abusi edilizi  ma non  l’annullamento del titolo.
 
 4.2. La censura si presta ad essere positivamente valutata e va quindi  accolta.
 
 In chiave documentale accerta il Collegio che il provvedimento fonda  sull’accertata esecuzione del fabbricato in parte sulla proprietà  comunale. I  verbali 2/90 e 4/90 danno atto essersi “rilevato che parte del  fabbricato è  stato eseguito sulla proprietà comunale e precisamente sul mappale 175”.
 
 4.3. In puto di diritto ritiene la Sezione di dover chiarire che ove una   concessione edilizia o permesso di costruire sia stato legittimante  assentito ma  in fase di realizzazione del relativo progetto il privato destinatario  ponga in  essere delle difformità dal medesimo, nella specie invadendo con parte  della  costruzione, particelle appartenenti ad altri o al Comune, siffatti  abusi  debbano essere sanzionati attivando il procedimento sanzionatorio  definito dal  T.U di cui al D.P.R. 6.12.2001 n. 380 (artt. 31 ss.) ma giammai possono  legittimante costituire motivo di annullamento in autotutela della  concessione  edilizia legittimamente assentita.
 
 4.4. Presupposto indefettibile del legittimo esercizio del potere di  autotutela  c.d. decisoria culminante nell’adozione di provvedimenti di secondo  grado di  annullamento di precedenti provvedimenti, è, infatti, ai sensi dell’art.   21-nonies della L. n. 241/1990 ricettivo di un radicato costrutto  pretorio di  origine giurisprudenziale, l’esistenza e l’acclaramento di un vizio di  legittimità originario che affligga il provvedimento oggetto  dell’autotutela  decisoria.
 
 Laddove, invece, il provvedimento sia e rimanga all’attualità del tutto  legittimo, l’eventuale contegno del privato che sostanzi una difformità  esecutiva rispetto al contenuto delle facoltà concesse con il  provvedimento, può  rilevare unicamente ai fini del’adozione di misure sanzionatorie  repressive, non  potendo invece infirmare ex post la legittimità del provvedimento e  correlativamente legittimare il ricorso dal potere di annullamento in  autotutela.
 
 Si profila pertanto illegittimo l’impugnato provvedimento di  annullamento della  concessione edilizia per essere stato fondato sul presupposto  dell’avvenuta  realizzazione della costruzione in difformità rispetto al progetto  legittimamente assentito, difformità consistente nel rilevato presunto  sconfinamento sulla particella 175 di asserita proprietà comunale.
 
 Anche il motivo in scrutinio va dunque accolto.
 
 In definitiva, l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso consente  di  accogliere il gravame con assorbimento del terzo motivo che deduce  illegittimità  derivata del contestuale provvedimento di demolizione e rimessione in  pristino.
 
 Le spese possono peraltro essere compensate per eque ragioni.
 
 La motivazione della presente decisione è stata depositata mediante  rilascio al  Nuovo Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa in data  29.4.2010.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – Prima Sezione –  definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e, per  l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
 
 Compensa integralmente le spese di lite.
 
 Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio del giorno 25 marzo 2010  con  l'intervento dei Magistrati:
 
 Franco Bianchi, Presidente
 Richard Goso, Primo Referendario
 Alfonso Graziano, Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
                    




