 Cass. Sez. III n. 18546 del 17 maggio 2010 (Cc.7 apr. 2010)
Cass. Sez. III n. 18546 del 17 maggio 2010 (Cc.7 apr. 2010)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Borra
Urbanistica. Attività di cava
L’attività di cava non e attività urbanistica in quanto lo sfruttamento del suolo per tale attività è di competenza della Regione(artt. 50 e 62 del D.P.R. n 616 del 1977).Di conseguenza l’attività di cava può interessare gli strumenti urbanistici soltanto sotto il profilo della tutela del paesaggio Quindi tale attività può essere vietata solo per talune parti del territorio meritevoli di speciale tutela. Per il restante territorio comunale l’attività estrattiva non è in linea di massima incompatibile con la destinazione agricola del terreno e viene svolta in base a leggi regionali le quali di solito stabiliscono l’obbligo di successiva restituzione dei luoghi allo stato precedente. Tale obbligo tuttavia non rende le opere edili realizzate all’interno di un cava per natura precarie e come tali realizzabili senza titolo abilitativo. L’attività’ di apertura e coltivazione di cava, pur non essendo subordinata al potere di controllo edilizio comunale, deve comunque svolgersi nel rispetto dei piani di settore e delle norme urbanistiche allorché si realizzino opere edili stabili o comunque durevoli ancorché connesse al ciclo produttivo ,potendosi configurare, in difetto, la contravvenzione di cui all’art. 44 lett. a) D.P.R. n. 380 del 2001.
UDIENZA del 07.03.2010
SENTENZA N. 539
REG. GENERALE N. 45287/2009
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dai sigg.  magistrati:
 Dott. Guido De Maio                      presidente
 Dott. Ciro Petti                              consigliere
 Dott. Mario Gentile                        consigliere
 Dott. Silvio Amoresano                    consigliere
 Dott. Santi Gazzarra                      consigliere
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 - sul ricorso proposto dal difensore di Borra Roberto, nato nel Congo il  xx/xx/xxxx,  avverso l'ordinanza del tribunale della libertà di Savona del 14 ottobre  del  2009;
 - udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
 - sentito il Procuratore generale dott. Gioacchino Izzo, il quale ha  concluso  per il rigetto del ricorso;
 - udito il difensore prof. Giovanni Aricò, quale sostituto dell'avv.  Fausto  Mazzitelli di Savona, il quale ha concluso per l'accoglimento del  ricorso;
 - Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue:
 IN FATTO
 Il tribunale del riesame di Savona, con ordinanza del 6 ottobre del  2009,  respingeva la richiesta avanzata nell'interesse di Borra Roberto,  diretta ad  ottenere la revoca del sequestro preventivo di alcuni manufatti  sequestrati dal  giudice per le indagini preliminari presso il medesimo tribunale,  realizzati  all'interno di un'area di cava senza alcun titolo abilitativo ed in  contrasto  con il nulla osta paesaggistico.
 Secondo il tribunale l'indagato aveva realizzato un fabbricato in  calcestruzzo  armato della superficie di circa m 70 X 24 con altezza di m 26 di cui 5  interrati; un corpo di fabbrica di calcestruzzo armato di m 30 X 10;  vasche in  cemento prevalentemente interrate, il tutto in assenza di permesso di  costruire  ed in violazione del piano di fabbricazione comunale che nella  zona,classificata  come E/1 non consente interventi di alcun genere ad accezione di quelli  produttivi connessi all'attività forestale.
 Ricorre per cassazione il Borra per mezzo del proprio difensore  deducendo:
 1) la violazione dell'articolo 324 c.p.p. per la non configurabilità dei  reati  ipotizzati, in quanto per le attività di cava non è necessario il  permesso di  costruire;
 2) violazione dell'articolo 125 c.p.p. per omessa motivazione in quanto  il  tribunale si è limitato a richiamare quella contenuta nella richiesta  del  pubblico ministero e nel provvedimento del giudice;
 3) la violazione della legge regionale n 12 del 1979 come modificata  dalla legge  n 63 del 1993, giacché, in base all'articolo 2 della citata legge, lo  svolgimento della coltivazione di cave e torbiere è assicurato dalla  Regione  mediante uno specifico piano il quale prevale nei confronti degli atti  di  pianificazione territoriale delle province nonché degli strumenti  urbanistici  comunali; l'articolo 9 della citata legge richiamato dal pubblico  ministero  impone il rilascio del permesso di costruire alle sole opere edilizie  comprese  nel ciclo produttivo e non alle opere destinate ad ospitare impianti; il  fatto  che le tamponature siano state realizzate in cemento armato non esclude  la  temporaneità;
 4) la violazione dell'articolo 44 del d.P.R. n 380 del 2001, in quanto  gli  interventi in questione non rientrano tra quelli per i quali è previsto  il  permesso di costruire, trattandosi di impianti ed in ogni caso di volumi  tecnici  a servizio di attrezzature esistenti, assentibili con semplice DIA a  norma  dell'articolo 23 della legge regionale n 16 del 2008;
 5) violazione dell'articolo 181 comma 1 bis decreto legislativo n 42 del  2004  perché le opere erano state autorizzate, in quanto l'impiego del cemento  armato  si desumeva agevolmente dallo spessore delle strutture.
 IN DIRITTO
 Il ricorso va respinto perché infondato.
 I primi quattro motivi, essendo strettamente connessi perché tutti  relativi alla  configurabilità del reato edilizio, vanno esaminati congiuntamente.
 In proposito, con riferimento alle dedotte carenze motivazionali, va  rilevato  che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (cfr per tutte  Cass. n  4181 del 2008) la motivazione per relationem di un provvedimento  giudiziale e' da considerarsi legittima quando: a) faccia riferimento ad  altro  atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto  all'esigenza  di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; b)  fornisca la  dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto delle  ragioni del  provvedimento di riferimento ritenendole coerenti con la sua decisione;  c)  l'atto di riferimento sia conosciuto dall'interessato o almeno a lui  ostensibile  (conf. Cass. Sez. Un. n.17 del 2000; Cass. n. 41569 del 2007; n. 3255  del 2007).
 Nel caso in esame non sono state prospettate questioni diverse da quelle  già  esaminate nel provvedimento con cui è stato disposto il sequestro.
 Ciò premesso, si osserva che l'attività di cava non è attività  urbanistica in  quanto lo sfruttamento del suolo per tale attività é di competenza della  Regione  (artt. 50 e 62 del D.P.R. n 616 del 1977). Di conseguenza l'attività di  cava può  interessare gli strumenti urbanistici soltanto sotto il profilo della  tutela del  paesaggio. Quindi tale attività può essere vietata solo per talune parti  del  territorio meritevoli di speciale tutela. Per il restante territorio  comunale  l'attività estrattiva non è in linea di massima incompatibile con la  destinazione agricola del terreno e viene svolta in base a leggi  regionali le  quali di solito stabiliscono l'obbligo di successiva restituzione dei  luoghi  allo stato precedente. Tale obbligo tuttavia non rende le opere edili  realizzate  all'interno di un cava per natura precarie e come tali realizzabili  senza titolo  abilitativo. Secondo l'orientamento di questa Corte (Cass. n 39056 del  2008, n  21736 del 2007 n. 26140 del 2002) l'attivita' di apertura e coltivazione  di  cava, pur non essendo subordinata al potere di controllo edilizio  comunale, deve  comunque svolgersi nel rispetto dei piani di settore e delle norme  urbanistiche  allorché si realizzino opere edili stabili o comunque durevoli ancorché  connesse  al ciclo produttivo, potendosi configurare, in difetto, la  contravvenzione di  cui all'art. 44 lett. a) d.P.R. n. 380 del 2001.
 L'articolo 9 della legge Regione Liguria n 12 del 10 aprile del 1979,  come  modificato dalla legge n 63 del 1993, dispone che " le opere edilizie  ricompresse nel ciclo produttivo, le strade di accesso, escluse le piste  di  servizio, comunque connesse all'attività estrattiva, sono soggette,  oltre che  alla preventiva autorizzazione regionale di cui all'articolo 3, anche a  concessione o autorizzazione edilizia".
 Il ricorrente sostiene che tale norma si applica per i fabbricati  aziendali  diversi da quelli destinati a contenere gli impianti anche se questi  ultimi,  come nella fattispecie, sono di notevoli dimensioni e realizzati in  cemento  armato.
 L'interpretazione prospettata non può essere condivisa. Anzitutto si  rileva che,  come emerge dal provvedimento impugnato, alcuni fabbricati ancora in  fase di  realizzazione risultano già dotati di finestroni, alcuni dei quali  muniti di  infissi in alluminio di cui non si comprende la finalità ove il  manufatto fosse  finalizzato esclusivamente al contenimento di emissione di polvere e  rumori. In  ogni caso, quand'anche si trattasse di opere destinate all'alloggiamento  degli  impianti, sarebbe ugualmente necessario il permesso di costruire perché  la norma  dianzi richiamata parla genericamente di "opere edilizie comprese nel  ciclo  produttivo", senza alcuna eccezione. Orbene la definizione di opera  edile  comprende qualsiasi manufatto idoneo ad incidere sull'aspetto del  territorio.  Pertanto anche i fabbricati destinati all'installazione d'impianti, se  non  finalizzati ad un uso meramente precario, specialmente se di notevoli  dimensioni, sono assentibili solo con il permesso di costruire. D'altra  parte,  una cosa è l'impianto tecnologico, altra è l'opera edilizia destinata al  suo  alloggiamento. La valutazione del giudice in termini di abuso edilizio è   pertanto logica e coerente avuto riguardo alla molteplicità ed alle  dimensioni  dei manufatti realizzati.
 L'articolo 23 lettera I della legge Regione Liguria n 16 del 2008,  citata dal  ricorrente, si riferisce agli impianti e non agli edifici destinati a  riceverli.  I volumi tecnici menzionati nella norma sono quelli strettamente  dipendenti  dall'installazione dell'impianto. Il fabbricato che contiene un  impianto,  specialmente se di notevoli dimensioni, non può considerarsi volume  tecnico solo  perché non destinato a fini abitativi, in quanto alla locuzione "volume  tecnico"  deve darsi in via generale un significato aderente alle reali necessità  edificatorie e tale soprattutto da non consentire in via generale  l'elusione  delle norme urbanistiche, come è avvenuto nella fattispecie che, sotto  il  paravento del volume tecnico destinato ad ospitare gli impianti, si è  apportata  una rilevante modifica al territorio senza alcun controllo da parte  dell'autorità amministrativa.
 Alla stregua delle considerazioni svolte il reato di cui all'articolo 44  del  T.U. sull'edilizia è astrattamente configurabile e giustifica di per sé  il  sequestro preventivo. Ma nella fattispecie è configurabile anche il  reato  paesaggistico, in quanto il funzionario dell'ente preposto alla tutela  del  vincolo ha precisato che l'autorizzazione era stata rilasciata per  un'opera  diversa. Tale testimonianza allo stato è sufficiente per la  configurabilità del  reato Gli approfondimenti sono riservati alla fase di cognizione piena.
 P.Q.M
 LA CORTE
 Letto l'art. 616 c.p.p.
 Rigetta
 il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  processuali.
 
 Così deciso in Roma, il 17 aprile del 2010
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  17 MAG. 2010
 
                    




