 TAR Piemonte Sez. II sent. 973 del 18 febbraio 2010
TAR Piemonte Sez. II sent. 973 del 18 febbraio 2010
 Rifiuti. Bonifiche
 
 L’ordinanza con la quale si impone la presentazione del piano di  caratterizzazione del sito (che è il primo passo per la realizzazione  del progetto di bonifica e di ripristino ambientale, così come indicato  dall’Allegato IV al d.m. n. 471 del 1999) deve essere diretta unicamente  al responsabile del rilevato inquinamento: in mancanza del  responsabile, non può essere coinvolto direttamente il proprietario  dell’area, ma è semmai il Comune stesso a doversi attivare per la  realizzazione degli interventi necessari, salva la costituzione  dell’onere reale sul terreno interessato.
N. 00973/2010 REG.SEN.
 N. 00982/2002 REG.RIC.
 
 REPUBBLICA ITALIANA
 
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
 
 (Sezione Seconda)
 
 
 ha pronunciato la presente
 
 
 SENTENZA
 
 
 Sul ricorso numero di registro generale 982 del 2002, proposto da:
 SOCIETÀ CB DI CERVI MARCO E ROSSO IVAN s.n.c., in persona del legale  rappresentante pro tempore dott. Cervi Marco, con sede legale in Nole  C.se (TO), Via Amianto n. 1, SOCIETÀ IMMOBILIARE SANVITO DI COSTA SALUTE  FLAVIO & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro  tempore sig. Costa Salute Flavio, con sede legale in Nole C.se (TO), Via  Amianto n. 1, COSTA SALUTE FLAVIO in proprio, residente in Ciriè (TO),  Via Rossetti n. 1, DITTA INDIVIDUALE M.M.R. DI MARZOLLA MARIA ROSA, in  persona del titolare pro tempore Marzolla Maria Rosa, con sede legale in  Nole C.se (TO), Via Amianto n. 1 e SOCIETA’ IMMOBILIARE CAR.GI DI  FEDRIZZI CARLO E TARANTOLA GIANNA s.a.s., in persona del legale  rappresentante pro tempore Tarantola Gianna, con sede legale in Torino,  Via Schina n. 7, rappresentati e difesi dall’avv. Paolo Forno ed  elettivamente domiciliati presso lo studio dello stesso in Torino, corso  Vittorio Emanuele II, 198
 
 contro
 
 COMUNE DI NOLE CANAVESE, in persona del Sindaco pro tempore,  rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Maria Saracco, con domicilio  eletto presso il suo studio in Torino, corso Re Umberto, 65;
 
 per l'annullamento
 
 previa sospensione dell'efficacia,
 
 a) dell’ordinanza n. 17/02, Prot. n. 3200, a firma del responsabile  dell’Area Tecnica del Comune di Nole C.se, emessa in data 16.5.2002 e  notificata ai ricorrenti in data 17.5.2002, con la quale si ordina di  presentare presso l’Ufficio Tecnico Comunale entro trenta giorni dalla  notifica il piano di caratterizzazione del sito redatto ai sensi del  D.M. 471/99;
 
 b) di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso e  consequenziale.
 
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Nole Canavese;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 03/02/2010 il dott. Antonino  Masaracchia e comparso l’avv. Forno per i ricorrenti; nessuno per il  Comune resistente;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
 
 FATTO
 
 
 1. Con ordinanza n. 17/02, prot. n. 3200 del 16 maggio 2002, il  Responsabile dell’Area tecnica del Comune di Nole Canavese ha ordinato  ai proprietari di immobili “ricadenti all’interno dell’area facente  parte del complesso industriale ex Bender e Martiny”, sito nel  territorio comunale in località “Stabilimento Amianto”, di presentare  presso l’Ufficio Tecnico comunale il piano di caratterizzazione del sito  redatto ai sensi del d.m. n. 471 del 1999 (Regolamento recante criteri,  procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il  ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17 del  D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e  integrazioni).
 
 Il provvedimento prende le mosse dal “verbale di sequestro redatto  dall’ASL 6 del cantiere all’interno del comprensorio industriale ex  Bender & Martiny” e dalla successiva “perizia di analisi dell’ARPA  prot. n. 1391 del 29/04/2002 relativa al campione di materiale prelevato  presso il cantiere [...] nella quale si rileva che il materiale è  costituito prevalentemente da amianto di tipo crisotilo”. Il  responsabile è quindi addivenuto al riferito dispositivo, avendo  ritenuto che “lo stato dei terreni all’interno dell’intero comprensorio  industriale, potrebbe rappresentare un concreto pericolo per la salute  pubblica e l’ambiente naturalmente anche in considerazione del fatto che  nel comprensorio industriale in questione ha operato per anni la Bender  & Martiny, azienda nella quale veniva lavorato l’amianto nelle sue  diverse forme”.
 
 
 2. Avverso la descritta ordinanza hanno presentato ricorso a questo TAR  la società CB di Cervi Marco e Rosso Ivan s.n.c., la società Immobiliare  Sanvito di Costa Salute Flavio & C. s.n.c., il sig. Flavio Costa  Salute in proprio, la ditta individuale M.M.R. di Marzolla Maria Rosa e  la società Immobiliare Car.Gi di Fedrizzi Carlo e Tarantola Gianna  s.a.s., tutti proprietari di porzioni di terreni e di fabbricati siti  nell’area denominata “ex Bender & Martiny”, come tali destinatari  dell’ordinanza suddetta.
 
 I ricorrenti chiedono l’annullamento dell’ordinanza n. 17/02, previa  sospensiva cautelare anche inaudita altera parte.
 
 Essi premettono che sulle aree di loro proprietà (tutte ricomprese  nell’area denominata “ex Bender & Martiny, dal nome della società  che precedentemente l’occupava, ivi svolgendo lavorazioni di amianto)  vengono svolte attività che “non comportano, né hanno mai comportato  escavazioni, movimentazioni di terra o attività simili, tanto che il  suolo sul quale gli impianti insistono appare ricoperto da  pavimentazione omogenea in cemento e asfalto”. A seguito dell’apertura  di un cantiere nelle proprietà di altri soggetti (pur sempre ricomprese  nell’area dell’ex Bender & Martiny) “con attività di scavo”,  “perveniva segnalazione Comune di Nole C.se circa la presenza di amianto  crisotilo, “fatto poi accertato dall’A.R.P.A. con perizia prot. n. 1391  del 29.04.2002”. Sopraggiungeva, quindi, l’impugnata ordinanza rivolta  anche ai ricorrenti “benchè del tutto estranei all’area ove venne  reperito il campione contenente amianto crisotilo”.
 
 Ciò premesso, i ricorrenti deducono, in diritto, tre motivi di gravame.
 
 
 2.1. Con il primo motivo si fa valere: “Eccesso di potere per carenza  assoluta di motivazione. Omessa motivazione. Difetto assoluto di  istruttoria. Contraddittorietà e perplessità dell’iter amministrativo”.
 
 Osservano i ricorrenti che, nel caso di specie, “la sola ed unica area  nella quale si è avuta la presenza di amianto crisotilo, con conseguente  pericolo concreto ed attuale di inquinamento, è costituita dal cantiere  edile”, laddove “nessun rilevamento risulta invece essere stato fatto  nelle aree di proprietà dei ricorrenti”. Da ciò questi ultimi deducono  “il gravissimo difetto di istruttoria dell’amministrazione, la quale ha  ordinato la bonifica del sito ai ricorrenti sulla mera base di  presunzioni assolutamente non consentite”, invece di limitarsi “alle  aree sulle quali insiste il cantiere in cui è stato rilevato  l’inquinamento”. Di conseguenza, mancherebbe il requisito del “pericolo  concreto ed attuale” – con riferimento alla aree di proprietà dei  ricorrenti – previsto dall’art. 8 del d.m. n. 471 del 1999 per  l’adozione dell’ordinanza comunale.
 
 Del resto, con riferimento alla normativa di cui al d.lgs. n. 22 del  1997, i siti di proprietà dei ricorrenti “già rispettano i parametri di  legge” e “non comportano alcun pericolo né concreto né attuale di  superamento dei limiti di accettabilità fissati con il D.M. n. 471/99”.
 
 I ricorrenti inoltre evidenziano un “ulteriore elemento sintomatico  dell’eccesso di potere”, ossia “il lungo lasso di tempo trascorso tra  l’ipotetico inquinamento (pacificamente determinato dall’attività della  società Bender & Martiny S.p.A. in epoca anteriore al 1987, come  ammesso dalla stessa amministrazione nel provvedimento impugnato)” e  l’adottata ordinanza.
 
 
 2.2. Con il secondo motivo di gravame i ricorrenti fanno valere:  “Violazione di legge in riferimento all’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio  1997 n. 22 ed agli artt. 7 e 8 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471”.
 
 Ai sensi delle richiamate disposizioni, il procedimento di bonifica dei  siti inquinati, a partire dalla presentazione del “piano di  caratterizzazione”, riguarderebbe “solo ed unicamente il soggetto che ha  cagionato per dolo o colpa l’inquinamento”, mentre il soggetto  proprietario del sito “risponde delle operazioni di bonifica solo se ed  in quanto sia il responsabile dell’inquinamento”: in caso diverso, la  notificazione dell’ordinanza comunale varrebbe nei suoi confronti “ai  soli fini di costituire onere reale sulle aree inquinate (art. 17 comma  10 D.Lgs. n. 22/97) e di fare assistere da privilegio speciale  immobiliare sulle aree le spese di bonifica e ripristino (art. 17 comma  11 D.Lgs. n. 22/97)”. Da qui l’illegittimità dell’impugnata ordinanza  “in quanto si rivolge non già al responsabile dell’inquinamento, ma ai  singoli (e neppure tutti [...]) proprietari dei lotti afferenti il  complesso denominato ‘ex Bender & Martiny’”.
 
 
 2.3. Con il terzo motivo di gravame, infine, si deduce: “Eccesso di  potere per difetto assoluto di istruttoria”.
 
 Nessuna adeguata istruttoria avrebbe preceduto, secondo i ricorrenti, il  provvedimento impugnato: ciò, “al fine di identificare tutti i  proprietari del sito ritenuto inquinato”. I proprietari, infatti, “non  sono soltanto quelli interessati dal provvedimento impugnato, bensì  anche altri soggetti, in parte identificati con certezza dagli odierni  ricorrenti [...], in parte non identificati”, come emergerebbe “in modo  in equivoco” dalla planimetria del sito.
 
 
 3. Con decreto n. 701 del 2002 il Presidente di questa Sezione ha  accolto la richiesta di sospensione cautelare inaudita altera parte,  rilevando la sussistenza dei presupposti di estrema gravità ed urgenza.
 
 
 4. Si è costituito in giudizio il Comune di Nole Canavese, in persona  del Sindaco pro tempore, depositando documenti e chiedendo il rigetto  del ricorso.
 
 Osserva l’amministrazione che “costituisce dato inconfutabile il fatto  che i ricorrenti siano proprietari di terreni e fabbricati siti  nell’area denominata ‘Ex Bender & Martiny’”. La situazione  ambientale di tali proprietà sarebbe “chiaramente pericolosa per la  salute pubblica” proprio in considerazione della presenza di “una  notevole percentuale di amianto”. Del resto, anche per le proprietà dei  ricorrenti (attualmente non interessate dalle attività di escavazione  proprie del cantiere) non potrebbe per il futuro escludersi “che nuove o  diverse esigenze di lavoro sollecitino ulteriori attività di  escavazione, movimentazione di terra e/o rimozione dell’esistente  pavimentazione”.
 
 In ogni caso l’ordinanza impugnata, che richiede unicamente la  predisposizione del piano di caratterizzazione, non avrebbe “natura  sanzionatoria, non essendo diretta a punire i soggetti responsabili  della situazione di pericolo, quanto invece finalità programmatoria  nella parte in cui costituisce il primo livello di progettazione come  prevista dalla legislazione vigente”.
 
 
 5. Con ordinanza n. 872 del 2002 questo TAR ha accolto la domanda  cautelare di sospensione dell’atto impugnato “limitatamente alla  posizione dei ricorrenti”, sulla base della considerazione che “non  sussiste un pericolo attuale di inquinamento” ed attesa “la sussistenza  di un danno grave ed irreparabile”.
 
 
 6. Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2010 il ricorso è stato  trattenuto in decisione.
 
 
 DIRITTO
 
 
 1. Con il ricorso in epigrafe viene contestata la legittimità  dell’ordinanza comunale con la quale è stato ingiunto ai ricorrenti –  tutti proprietari di lotti ricompresi in un’area denominata “ex Bender  & Martiny”, dal nome dell’impresa che, in passato, esercitava  sull’intero sito attività industriali che implicavano l’uso di amianto –  di predisporre il piano di caratterizzazione del sito ai sensi del d.m.  n. 471 del 1999 ai fini della successiva bonifica e ripristino del sito  inquinato dall’amianto.
 
 Gli aspetti salienti della fattispecie per la quale è causa, come si  legge nello stesso atto impugnato, sono i seguenti: la ASL n. 6 aveva  proceduto al sequestro di un “cantiere all’interno del comprensorio  industriale ex Bender & Martiny”; il campione di materiale prelevato  presso lo stesso cantiere è stato analizzato dall’ARPA ed è stato  rilevato che tale materiale “è costituito prevalentemente da amianto di  tipo crisotilo”; quindi è stata adottata l’impugnata ordinanza rivolta  ai “proprietari di immobili ricadenti all’interno dell’area facente  parte del complesso industriale ex Bender e Martiny”, ossia non ai  proprietari del cantiere già oggetto delle verifiche della ASL e  dell’ARPA ma a coloro che hanno titolo di proprietà su aree diverse dal  cantiere ma pur sempre ricadenti nel comprensorio ex Bender &  Martiny.
 
 
 2. Il ricorso è fondato.
 
 Colgono nel segno i primi due motivi di gravame, mediante i quali i  ricorrenti lamentano difetto di istruttoria e violazione dell’art. 17,  comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997 e degli artt. 7 e 8 del d.m. n. 471  del 1999.
 
 In primo luogo, emerge chiaramente dal testo dello stesso atto impugnato  che l’ordinanza comunale è stata adottata senza previamente svolgere  alcun rilevamento nelle aree di proprietà dei ricorrenti. Se le  verifiche della ASL e dell’ARPA si erano concentrate, unicamente, sul  cantiere esistente all’interno del comprensorio industriale – tanto che  la presenza di amianto è stata individuata soltanto con riferimento “al  campione di materiale prelevato presso il cantiere” – la valutazione  sullo stato complessivo dei terreni diversi dal cantiere è stato invece  realizzato senza alcuna verifica in loco. Si legge nell’ordinanza  impugnata che, anche per questi terreni, “potrebbe” sussistere un  “concreto pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente”, “anche in  considerazione del fatto che nel comprensorio industriale in questione  ha operato per anni la Bender & Martiny, azienda nella quale veniva  lavorato l’amianto nelle sue diverse forme”. In sostanza, la presenza di  amianto e la conseguente pericolosità salubre anche con riferimento ai  terreni diversi dal cantiere dove erano stati svolti gli accertamenti è  stato ricavato, dall’amministrazione, in modo del tutto ipotetico ed  astratto, sostanzialmente estendendo i risultati che si erano ricavati a  seguito delle verifiche operate sulla zona del cantiere. Circostanza  che ha determinato, all’evidenza, soltanto una prognosi futura ed  eventuale di pericolosità, ma non certo attuale, come sarebbe stato  doveroso ai fini dell’adozione dell’atto impugnato.
 
 In secondo luogo – come ulteriormente argomentato dai ricorrenti – in  base all’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997 (vigente all’epoca  dei fatti) è il responsabile dell’inquinamento, e non anche il  proprietario dei luoghi, a dover “procedere a proprie spese agli  interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale  delle aree inquinate”. Soggiunge il comma 9 dello stesso art. 17 che,  “Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili,  gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino  ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente  competente”; in tal caso, “Gli interventi di messa in sicurezza, di  bonifica e di ripristino ambientale nonché la realizzazione delle  eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree  inquinate” (comma 10) e le spese sostenute per la messa in sicurezza, la  bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonché per la  realizzazione delle eventuali misure di sicurezza sono assistite da  privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime nonché da privilegio  generale mobiliare (comma 11). Ad analoghi principi sono ispirati gli  artt. 7 e 8 del d.m. n. 471 del 1999 (decreto, del resto, emanato  proprio in attuazione del d.lgs. n. 22 del 1997). In particolare, per  quanto qui più interessa, l’art. 8, commi 2 e 3, del citato d.m. prevede  che il Comune diffida, con propria ordinanza, “il responsabile  dell’inquinamento” ad adottare gli interventi necessari per la messa in  sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei luoghi e che  l’ordinanza è notificata anche al proprietario del sito “ai sensi e per  gli effetti dell'articolo 17, commi 10 e 11, del decreto legislativo 5  febbraio 1997, n. 22”, ossia unicamente ai fini della costituzione  dell’onere reale sulle aree e dei privilegi immobiliare e mobiliare.
 
 Il punto è, del resto, confermato dall’unanime giurisprudenza  amministrativa, anche recente, che sottolinea l’operatività, nel nostro  ordinamento, del principio “chi inquina paga” (cfr. TAR Calabria,  Catanzaro, sez. I, n. 1118 del 2009; TAR Toscana, sez. II, n. 1448 del  2009; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, n. 1052 del 2009; Cons.  Stato, sez. V, n. 3885 del 2009), all’epoca dei fatti qui considerati  cristallizzato proprio dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997.
 
 In definitiva, l’ordinanza con la quale si impone la presentazione del  piano di caratterizzazione del sito (che è il primo passo per la  realizzazione del progetto di bonifica e di ripristino ambientale, così  come indicato dall’Allegato IV al d.m. n. 471 del 1999) deve essere  diretta unicamente al responsabile del rilevato inquinamento: in  mancanza del responsabile, non può essere coinvolto direttamente il  proprietario dell’area, ma è semmai il Comune stesso a doversi attivare  per la realizzazione degli interventi necessari, salva la costituzione  dell’onere reale sul terreno interessato.
 
 
 3. Il ricorso, quindi, è da accogliere con riferimento ai primi due  motivi di gravame e con assorbimento del terzo. L’ordinanza gravata va,  pertanto, annullata nella parte in cui si riferisce ai ricorrenti.
 
 Le spese seguono la soccombenza e sono da liquidarsi, equitativamente,  in euro 500,00 (cinquecento/00) a favore di ognuno dei ricorrenti.
 
 
 P.Q.M.
 
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda,  definitivamente pronunciando,
 
 Accoglie
 
 il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 17/02,  prot. n. 3200, del 16 maggio 2002, emessa dal Responsabile dell’Area  Tecnica del Comune di Nole Canavese, nella parte in cui si riferisce ai  ricorrenti.
 
 Condanna il Comune di Nole Canavese al pagamento delle spese  processuali, fissate in euro 500,00 (cinquecento/00), oltre accessori di  legge, in favore di ciascun ricorrente.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 03/02/2010  con l'intervento dei Magistrati:
 
 Giuseppe Calvo, Presidente
 
 Ofelia Fratamico, Referendario
 
 Antonino Masaracchia, Referendario, Estensore
 
 
 L'ESTENSORE                                                IL PRESIDENTE
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 18/02/2010
 
                    




