 T.A.R. Lombardia (BS) Sez. I n. 188 del 31 gennaio 2011, n. 188
T.A.R. Lombardia (BS) Sez. I n. 188 del 31 gennaio 2011, n. 188
Urbanistica. Contributo di costruzione
Il contributo di costruzione è il corrispettivo del diritto di costruire e quando il diritto di costruire non è esercitato viene meno il titolo in forza del quale il Comune ha incassato il contributo di costruzione. Questo principio vale anche quando il titolo edilizio è stato utilizzato soltanto in parte, nel qual caso esso viene meno pro quota
N. 00188/2011 REG.PROV.COLL.
 N. 01117/2000 REG.RIC.
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
 
 sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
 
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 1117 del 2000, proposto da:
 TORRI BATTISTA, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Franchina, con domicilio  eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;
 contro
 COMUNE DI GANDINO, non costituito in giudizio;
 
 per l'annullamento
 
 della concessione edilizia 11.5.1998, N. 48/98 (limitatamente a liquidazione del  contributo di concessione e condanna alla restituzione del contributo con  interessi e rivalutazione)
 
 
 Visti il ricorso e tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2011 il dott. Carmine Russo  e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 FATTO
 L’odierno ricorrente impugna la concessione edilizia n. 48/98 nella parte in cui  quantificava il contributo di costruzione dovuto in lire 8.057.423, contributo  che egli afferma non essere dovuto in toto.
 
 Il ricorrente chiede, in particolare, che l’amministrazione sia condannata a  restituirgli la somma in parola (posto che il contributo richiesto è stato  comunque corrisposto per poter effettuare i lavori), oltre interessi legali e  rivalutazione monetaria.
 
 La vicenda in cui si inserisce il presente contenzioso è la seguente:
 
 - il ricorrente aveva già ottenuto una prima concessione edilizia 27. 10. 1994,  i cui lavori non aveva completato nel termine triennale di legge, e di cui aveva  chiesto il rinnovo,
 
 - il rinnovo era stato ottenuto con la concessione 48/98 che però aveva previsto  di nuovo il pagamento del contributo di costruzione in quanto, a suo giudizio,  si tratterebbe di nuovo titolo, autonomo rispetto al precedente.
 
 
 Trattandosi di un ricorso in materia di giurisdizione esclusiva, attinente ad un  giudizio sul rapporto, non sono formulati dei veri e propri motivi. Il  ricorrente, infatti, si limita ad evidenziare che, a suo giudizio,  l’obbligazione di pagamento del contributo di costruzione è il corrispettivo  dell’attività edilizia, e non del mero rilascio del titolo, talchè la nuova  concessione avrebbe dovuto tener conto anche di quanto già pagato dal ricorrente  per i lavori non eseguiti e di cui era stato chiesto di rinnovare il titolo  abilitativo.
 
 
 Nessuno si costituiva per le parti convenute in giudizio.
 
 
 Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 12. 1. 2011, all’esito  della quale veniva trattenuto in decisione.
 DIRITTO
 I. Il ricorso è parzialmente fondato.
 
 
 II. Sull’an della pretesa del ricorrente va osservato quanto segue.
 
 Il contributo di costruzione è il corrispettivo del diritto di costruire e  quando il diritto di costruire non è esercitato viene meno il titolo in forza  del quale il Comune ha incassato il contributo di costruzione. Questo principio  vale anche quando il titolo edilizio è stato utilizzato soltanto in parte, nel  qual caso esso viene meno pro quota (T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, sentenza  n. 728 del 24/03/2010: il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso  in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso  di costruire sia stato utilizzato soltanto parzialmente, tenuto conto che sia la  quota degli oneri di urbanizzazione che la quota relativa al costo di  costruzione sono correlati, sia pure sotto profili differenti, all'oggetto della  costruzione. L'avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie consentite  da un permesso di costruire comporta dunque il sorgere, in capo al titolare, del  diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di  esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata).
 
 Il ragionamento del Comune - secondo cui occorre pagare tutto ciò che è dovuto  per la nuova concessione senza stornare il pregresso di cui al limite verrà  chiesto il rimborso -, al di là del fatto che il rimborso è stato chiesto e non  ottenuto, non può reggere perché la seconda concessione, rilasciata dal Comune  ai ricorrenti sullo stesso edificio del titolo precedente e per completare i  lavori rimasti in sospeso a seguito dell’abbandono di quel titolo edilizio, è di  rinnovo della concessione.
 
 L’argomento della unicità del titolo è stata quindi valutata anche dal Comune e  risolta in senso positivo. Nel momento in cui si ragiona in termini di titolo  unico tra concessione del 1994 e concessione del 1998 non si può far pagare il  contributo di costruzione due volte, e doveva quindi stornarsi per sottrazione  quanto pagato dai ricorrenti in occasione della prima concessione.
 
 
 II. Sul quantum della pretesa del ricorrente.
 
 Della somma originariamente chiesta dal Comune (lire 8.057.423) almeno 302.850  lire erano dovute, perché nella concessione rinnovata erano stati aggiunti  lavori ulteriori che contribuivano ad aumentare l’importo del contributo e che  non erano assorbiti dal pagamento precedente.
 
 Lo stesso ricorrente riconosce la circostanza nella memoria conclusiva,  rettificando parzialmente la somma richiesta.
 
 Ne consegue che il Comune deve essere condannato alla restituzione di soli  7.754.573 lire.
 
 
 III. Sono stati chiesti gli interessi e la rivalutazione automatica.
 
 Gli interessi legali devono essere riconosciuti. Si versa, infatti, in presenza  di interessi corrispettivi (art. 1282 c.c.), che sono fondati sulla naturale  fecondità del denaro, e che prescindono pertanto da profili di colpa, che  rileverebbero in presenza di interessi con funzione risarcitoria quali quelli  moratori (art. 1224 c.c.).
 
 Quanto alla loro decorrenza, la norma generale dell’art. 1282 c.c. prevede che  gli interessi decorrano dal momento in cui il credito è liquido ed esigibile. In  base alla teoria generale, credito esigibile è quello che non è sottoposto a  condizione sospensiva o termine in favore del debitore; credito liquido è quello  il cui ammontare è certo o accertabile mediante operazioni di mero conteggio  aritmetico.
 
 Nel caso in esame, posto che non vi possono essere questioni sulla esigibilità  del credito, non ve ne sono neanche sulla liquidità dello stesso, in quanto la  determinazione del credito degli oneri di urbanizzazione è frutto di un mero  calcolo aritmetico fondato sull’applicazione dei criteri predeterminati previsti  dalla legge. Ne consegue che il credito in esame era liquido fin dalla data in  cui è sorto.
 
 Il primo atto in cui è stato richiesto il pagamento risulta essere la domanda  del 15. 12. 1998 (ricevuta al protocollo lo stesso 15. 12. 1998), depositata dal  ricorrente con il doc. 6 (cfr. T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, 728/10: il  privato, sulle somme indebitamente riscosse dalla P.A., ha diritto agli  interessi legali i quali, qualora non vi siano elementi che escludano la buona  fede dell'Amministrazione, spettano dalla data della domanda).
 
 Ne consegue che gli interessi legali devono essere riconosciuti dal 15. 12.  1998.
 
 
 IV. E’ dovuta anche la rivalutazione automatica.
 
 E’ vero che il credito di restituzione del contributo di costruzione pagato in  misura maggiorata non è un credito di valore, ma un credito di valuta in cui la  rivalutazione è possibile soltanto se si prova il maggior danno ex art. 1224 co.  2 c.c., qui del tutto pretermesso dall’esposizione dei ricorrenti.
 
 Ma è anche vero che Cass. civ., sezioni unite, sentenza 18 luglio 2008 n. 19499  ha sostenuto che nelle obbligazioni pecuniarie, in difetto di discipline  particolari dettate da norme speciali, il maggior danno di cui all'art. 1224  c.c., comma 2, rispetto a quello già coperto dagli interessi moratori è, in via  generale, riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore che ne  domandi il risarcimento, nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di  insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli  di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi  legali determinato per ogni anno ai sensi dell'art. 1284 c.c., comma 1, salva la  possibilità per il debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior  danno o che lo ha subito in misura inferiore e per il creditore di provare il  maggior danno effettivamente subito.
 
 Nel caso in esame, in cui nessuna delle parti in causa si è preoccupata di  provare alcunché sulla esistenza o meno di un maggior danno va applicato  pertanto il criterio presuntivo appena citato.
 
 Per escludere la rivalutazione automatica non è sufficiente affermare (come  aveva fatto in passato T.a.r. Marche 296/04) che si tratterebbe di indebito  oggettivo, ai sensi dell'art. 2033 c.c., in quanto anche l’indebito oggettivo  non è altro che “una obbligazione pecuniaria di fonte legale (art. 2033 c.c.)  assoggettata alla disciplina propria di tali obbligazioni, in particolare alla  disposizione dell'art. 1224 c.c. in tema di interessi moratori e risarcimento  del maggior danno per il ritardo nell'adempimento” (Cass. civ, sez. lav.,  4833/09).
 
 Dalle somme dovute a titolo di rivalutazione monetaria va defalcata la somma  percepita a titolo di interessi legali, in quanto – non trattandosi di credito  di lavoro – non è consentito il cumulo tra interessi e rivalutazione.
 
 
 V. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo (vi è  nota spese del difensore, che si assume come criterio di calcolo).
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di  Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in  epigrafe proposto:
 
 ACCOGLIE PARZIALMENTE il ricorso, e per l’effetto, condanna il Comune a  restituire ai ricorrenti la somma di lire 7.754.573, oltre interessi legali e  rivalutazione monetaria (calcolati come in motivazione) a partire dal 15. 12.  1998 e fino alla data dell’effettivo pagamento.
 
 RESPINGE per il resto.
 
 CONDANNA il Comune di Gandino al pagamento in favore del ricorrente delle spese  di lite, che determina in euro 4.300 (comprese i.v.a. e c.p.a).
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Giuseppe Petruzzelli, Presidente
 Sergio Conti, Consigliere
 Carmine Russo, Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 31/01/2011
 
                    




